Malessere lacerante e insoddisfazione
Salve,
Sono una ragazza di 23 anni, studio ingegneria e sono prossima alla laurea triennale.
Soffro enormemente perché alla fine di questo percorso sono insoddisfatta, affranta,con un insostenibile macigno sullo stomaco.Il motivo è semplice:non ho dato il massimo.Non so da dove partire;sicuramente dal fatto che l'università mi ha peggiorata.
Mi spiego, da quando ho iniziato a frequentare le scuole elementari, e procedendo con le medie mi sono sempre distinta, ho amato profondamente la scuola, amavo essere orgogliosa di me stessa, amavo rendere orgogliosi i miei genitori, amavo l'idea di poter apprendere, migliorarmi, crescere con lo studio.Credevo nella funzione educativa, didattica dello studio, lo consideravo come una esperienza elevante, un'opportunità da sfruttare al meglio.Ero felice, davvero.Poi il liceo è stato l'apoteosi del successo, più voti alti prendevo, più mi incentivavo a studiare, a distinguermi,ad amare quello che stavo studiando, a trovare il bello e l'interessante anche nel più tedioso degli argomenti.Non mi pesava mai studiare, ero così motivata. Era tutto così semplice.Non mi staccavo da un libro se non quando non ero certa di sapere tutto alla perfezione, di aver fatto mio il concetto.Poi ho iniziato l'università, piena di me.E qui cominciano i problemi. Studentessa fuori sede, vivevo con una mia amica che non c'era mai e quindi ero praticamente sola, in una casa nuova, in un paese che non è il tuo.Con tutte le difficoltà del caso, legate al passaggio da un'area prettamente umanistica(liceo classico) ad una scientifica(ingegneria), difficoltà che ero pronta ad affrontare, sono crollata.A gennaio, prima sessione d'esame muore la mia amata nonna, e la sessione diventa un fiasco.Di lì in poi solo insuccessi:umore a terra,in estate prendo un paio di esami, voti bassi; inizia uno stato di depressione.Nuovo anno accademico,cambio casa,abbiamo problemi con una coinquilina(un'altra mia amica): perdo le mie amiche d'infanzia(questa e quella della precedente convivenza).Mi sentivo uno schifo.In estate mi segue una psicologa, a settembre inizio il terzo anno carica, conosco il mio attuale ragazzo, riprendo alla grande all'università, una sfilza di 28,29,30.13 esami in un sono anno.Ma non basta per recuperare, così divento fuori corso.Sfiducia totale, amaro in bocca(vedendo i miei compagni di scuola laurearsi),proseguo per inerzia:non profondo più impegno nello studio, ho difficoltà nel mantenere l'attenzione per più di 10 minuti, mi scoccia ripetere, e ovviamente non riesco ad ottenere buoni voti.Quando torno a casa mi sfogo, piango, sto male da sentirmi morire dentro, chiedendomi dove sia finita la parte Buona di me, nonostante abbia provato ad auto-incentivarmi con libri motivanti. Non riesco a trovare la determinazione,migliorarmi, nonostante stia maledettamente male.Mi sento un fallimento:come tornare a brillare,credere in ciò che si fa,amarlo,impegnarsi,motivarsi al massimo?
Chiedo scusa per la lunghezza,grazie per l'attenzione.
Sono una ragazza di 23 anni, studio ingegneria e sono prossima alla laurea triennale.
Soffro enormemente perché alla fine di questo percorso sono insoddisfatta, affranta,con un insostenibile macigno sullo stomaco.Il motivo è semplice:non ho dato il massimo.Non so da dove partire;sicuramente dal fatto che l'università mi ha peggiorata.
Mi spiego, da quando ho iniziato a frequentare le scuole elementari, e procedendo con le medie mi sono sempre distinta, ho amato profondamente la scuola, amavo essere orgogliosa di me stessa, amavo rendere orgogliosi i miei genitori, amavo l'idea di poter apprendere, migliorarmi, crescere con lo studio.Credevo nella funzione educativa, didattica dello studio, lo consideravo come una esperienza elevante, un'opportunità da sfruttare al meglio.Ero felice, davvero.Poi il liceo è stato l'apoteosi del successo, più voti alti prendevo, più mi incentivavo a studiare, a distinguermi,ad amare quello che stavo studiando, a trovare il bello e l'interessante anche nel più tedioso degli argomenti.Non mi pesava mai studiare, ero così motivata. Era tutto così semplice.Non mi staccavo da un libro se non quando non ero certa di sapere tutto alla perfezione, di aver fatto mio il concetto.Poi ho iniziato l'università, piena di me.E qui cominciano i problemi. Studentessa fuori sede, vivevo con una mia amica che non c'era mai e quindi ero praticamente sola, in una casa nuova, in un paese che non è il tuo.Con tutte le difficoltà del caso, legate al passaggio da un'area prettamente umanistica(liceo classico) ad una scientifica(ingegneria), difficoltà che ero pronta ad affrontare, sono crollata.A gennaio, prima sessione d'esame muore la mia amata nonna, e la sessione diventa un fiasco.Di lì in poi solo insuccessi:umore a terra,in estate prendo un paio di esami, voti bassi; inizia uno stato di depressione.Nuovo anno accademico,cambio casa,abbiamo problemi con una coinquilina(un'altra mia amica): perdo le mie amiche d'infanzia(questa e quella della precedente convivenza).Mi sentivo uno schifo.In estate mi segue una psicologa, a settembre inizio il terzo anno carica, conosco il mio attuale ragazzo, riprendo alla grande all'università, una sfilza di 28,29,30.13 esami in un sono anno.Ma non basta per recuperare, così divento fuori corso.Sfiducia totale, amaro in bocca(vedendo i miei compagni di scuola laurearsi),proseguo per inerzia:non profondo più impegno nello studio, ho difficoltà nel mantenere l'attenzione per più di 10 minuti, mi scoccia ripetere, e ovviamente non riesco ad ottenere buoni voti.Quando torno a casa mi sfogo, piango, sto male da sentirmi morire dentro, chiedendomi dove sia finita la parte Buona di me, nonostante abbia provato ad auto-incentivarmi con libri motivanti. Non riesco a trovare la determinazione,migliorarmi, nonostante stia maledettamente male.Mi sento un fallimento:come tornare a brillare,credere in ciò che si fa,amarlo,impegnarsi,motivarsi al massimo?
Chiedo scusa per la lunghezza,grazie per l'attenzione.
[#1]
Gentile ragazza,
La possibilita' di "brillare" e' data dall'interesse per quello che si fa.
Una parte di tale interesse puo' essere sostenuta dal tono dell'umore.
Quindi e' su queste due dimensioni che dovrebbe lavorare.
Faccia una riflessione su questi temi, e se vuole ci faccia sapere.
I migliori saluti
La possibilita' di "brillare" e' data dall'interesse per quello che si fa.
Una parte di tale interesse puo' essere sostenuta dal tono dell'umore.
Quindi e' su queste due dimensioni che dovrebbe lavorare.
Faccia una riflessione su questi temi, e se vuole ci faccia sapere.
I migliori saluti
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#2]
Gentile Ragazza,
mi colpisce la descrizione che fa di se stessa, di un "prima" come ragazza e studentessa brillante, orgogliosa di sè, motivata, ... mentre adesso il "crollo" come dice lei.
Tenendo conto sia del cambio di tipologia di studio (da umanistico a scientifico) e anche la perdita di sua nonna, tuttavia adesso manca di motivazione, di voglia, di vedersi indietro rispetto agli altri e di tutto ciò (giustamente) ne soffre.
Sembra di capire che questo suo malessere derivi proprio da questo suo non riconoscersi rispetto a come era prima. Parla di "la parte Buona di me" come prima si andava bene (e ne era orgogliosa) e adesso non più (la sua parte NO?).
Perchè dividere in due quello che è lei?
Se va bene negli studi, ha buoni voti, è motivata è "Buona" se invece ha dei momenti di calo, allora no?
Credo che la sua sofferenza possa anche derivare dal fatto forse di non accettare che anche lei (come tutti noi ,del resto) possiamo avere anche dei momenti di calo, di non brillare sempre al massimo, di essere anche per un momento un passo indietro, sembra invece che questo sia quasi inaccettabile o comunque mal digerito, un fallimento per usare le sue parole.
(forse non è un caso che lei chieda come poter "tornare a brillare").
Cosa ne pensa?
mi colpisce la descrizione che fa di se stessa, di un "prima" come ragazza e studentessa brillante, orgogliosa di sè, motivata, ... mentre adesso il "crollo" come dice lei.
Tenendo conto sia del cambio di tipologia di studio (da umanistico a scientifico) e anche la perdita di sua nonna, tuttavia adesso manca di motivazione, di voglia, di vedersi indietro rispetto agli altri e di tutto ciò (giustamente) ne soffre.
Sembra di capire che questo suo malessere derivi proprio da questo suo non riconoscersi rispetto a come era prima. Parla di "la parte Buona di me" come prima si andava bene (e ne era orgogliosa) e adesso non più (la sua parte NO?).
Perchè dividere in due quello che è lei?
Se va bene negli studi, ha buoni voti, è motivata è "Buona" se invece ha dei momenti di calo, allora no?
Credo che la sua sofferenza possa anche derivare dal fatto forse di non accettare che anche lei (come tutti noi ,del resto) possiamo avere anche dei momenti di calo, di non brillare sempre al massimo, di essere anche per un momento un passo indietro, sembra invece che questo sia quasi inaccettabile o comunque mal digerito, un fallimento per usare le sue parole.
(forse non è un caso che lei chieda come poter "tornare a brillare").
Cosa ne pensa?
Dott.ssa Ilaria La Manna
Psicologa Psicoterapeuta - Padova
[#3]
Utente
Grazie per la risposta.
Non riesco ad accettare il fatto di non trovare stimoli, dentro e fuori di me,per determinarmi. Il mio problema è che ultimamente mi rendo conto di studiare con una certa superficialità; penso che se ce la mettessi davvero tutta potrei raggiungere ottimi risultati, eppure non mi impegno.So cosa voglio e non abbastanza per ottenerlo. Cosa mi blocca/frena?
Non riesco ad accettare il fatto di non trovare stimoli, dentro e fuori di me,per determinarmi. Il mio problema è che ultimamente mi rendo conto di studiare con una certa superficialità; penso che se ce la mettessi davvero tutta potrei raggiungere ottimi risultati, eppure non mi impegno.So cosa voglio e non abbastanza per ottenerlo. Cosa mi blocca/frena?
[#4]
Gentile Utente,
Spesso, esattamente come vasi comunicanti, il disagio di un ambito - come lo studio - passa ad altri ambiti, come quelli relazionali, affettivi, sociali...e soprattutto.
Oltre lo studio e la sua fatica, non ci dice nulla di se...
Ha un amore?
È felice?
Ha dei buoni rapporti con i suoi genitori?
Le pesa tanto vivere fuori sede?
Si sente sola, distante...?
Leggo che ha avuto un raschiamento, è certa di averlo superato?
Si interroghi alche su altro, oltre lo studio.
Spesso, esattamente come vasi comunicanti, il disagio di un ambito - come lo studio - passa ad altri ambiti, come quelli relazionali, affettivi, sociali...e soprattutto.
Oltre lo studio e la sua fatica, non ci dice nulla di se...
Ha un amore?
È felice?
Ha dei buoni rapporti con i suoi genitori?
Le pesa tanto vivere fuori sede?
Si sente sola, distante...?
Leggo che ha avuto un raschiamento, è certa di averlo superato?
Si interroghi alche su altro, oltre lo studio.
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 4.5k visite dal 02/02/2016.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.