Transfert e controtransfert?

Salve gentili Dottori,

sono un ragazzo di 30 anni che da due mesi segue un percorso terapeutico presso una psicologa coetanea. Per mia fortuna già domani dovrebbe essere il nostro penultimo incontro.
Mi sento meglio, non lo nego, ma allo stesso tempo un cruccio mi ha raggiunto.

Credo di essere seriamente invaghito della mia terapeuta, cosa che ho sentito dal momento esatto in cui lei mi apri la porta del suo studio ed io aspettavo con "timore e un pizzico di vergogna" di sottopormi alla prima seduta psicologica della mia vita. All'inizio ho fatto opera di auto negazione ma ora non posso piu nasconderlo a me stesso. Però ormai abbiamo terminato con successo la terapia e dunque non so che fare.

Seppur molto professionale e brava, la mia psicologa sembra anch'essa "interessata" a me, nel senso che ha cambiato il modo in cui mi guarda, ride molto alle mie piccole battute, si complimenta spesso per la mia intelligenza e cultura generale, non regge più il mio sguardo come prima, etc... Non ho prove, ovviamente, ma riconosco uno sguardo "interessato" di donna e credo proprio che anche la dott.sa lo abbia.
Continuiamo a darci del lei ed il rapporto è molto rispettoso e professionale, senza mai allusioni o ammiccameti di nessun genere.

Dovrei dirglielo anche se siamo alla penultima seduta o è meglio tenermi questo segreto? Sarebbe deontologicamente scorretto vedersi con un "ex" paziente appena salutato? Insomma, tra 2-3 settimane potrei contattarla in forma privata senza causarle imbarazzi deontologici?

Non voglio arrecarle alcun problema ne' fastidio ma allo stesso tempo non vorrei far finta che quel sentimento che mi ha preso dal primo momento che la vidi non esista.

Grazie mille anticipatamente per i Vostri preziosi consigli che vorrete offrirmi.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 86
Gent.le Utente,
innanzi tutto sarebbe utile anche per gli altri utenti che ci leggono fare un po' di chiarezza su alcuni aspetti che riguardano il corretto funzionamento della psicoterapia:
- due mesi non sono un arco di tempo sufficiente per parlare di percorso terapeutico, il discorso cambia se parliamo di un percorso di counselling che può avere obiettivi particolarmente circoscritti e raggiungibili a breve termine.
In secondo luogo, la relazione terapeutica è una dimensione fondamentale del processo di cambiamento e lo specialista deve essere in grado di utilizzarla in modo trasparente al fine di creare le condizioni favorevoli all'instaurarsi dell'alleanza terapeutica, tutto questo non va confuso con atteggiamenti ascrivibili alla simpatia e/o alla benevolenza.
Sarebbe il caso di parlarne esplicitamente per verificare se le sue impressioni sono corrette oppure no, riguardo poi all'eventuale frequentazione non sono 3 settimane che fanno la differenza, ma il modo nel quale vi siete conosciuti che inevitabilmente condiziona la qualità della relazione interpersonale instaurata, ignorarlo non servirebbe a molto oltre ad essere deontologicamente discutibile.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Gentile Utente,
Concordo con la collega circa i chiarimenti puntualizzati.

È possibile che lei si senta attratto dalla sua terapeuta, sentimenti normali e consequenziali al legame, all'asimemmetria e sperequazione del legame terapeutico, ed alla dimensione di cura e di presa in carico del paziente.

È anche possibile che lei attribuisca alla sua terapeuta dei segnali di risposta al suo smentire, ne parli con lei, il vostro percorso verrà arricchito da nuovi elementi, non seduttivi...ma empatici.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#3]
Utente
Utente
Gentili Dottoresse,

grazie mille per il Vostro prezioso parere professionale.

Il mio percorso "terapeutico" è abbastanza breve in quanto sin da subito furono escluse cause patologiche o situazioni particolarmente complesse, trattandosi invece solo di un mio momento di "stanca" particolarmente amplificato da circostanze contingenti che e, per la prima volta nella mia vita, mi hanno reso assai più complicato il "reagire" spontaneamente.

Non so se chiamarlo counseling o terapia dunque, so solo che mi disse da subito che sarebbe stato un percorso abbastanza corto.

Ho deciso di seguire le Vostre indicazioni e dunque parlerò della questione alla mia terapeuta poiché oltre che per non inficiare la sua ottima attività di consulto ritengo le sia doveroso a livello personale, per onestà e correttezza nei suoi confronti.

Ammetto adesso di sentirmi un po' in "colpa" per non averla informata prima e dunque permetterle di calibrare (eventualmente) in modo diverso la cura o semplicemente indirizzarmi da un altro collega.
Ma le settimane son volate poiché ho cercato di negarlo anche a me stesso, ho cercato di non essere precipitoso nelle valutazioni, ho mantenuto estremo riserbo nei suoi confronti, mi sono "auto analizzato" decine di volte sulla questione evidenziandone la inopportunità e la improbabilità.

Sono un libero professionista abbastanza affermato, ho una grande esperienza di vita e sono molto corteggiato dalle donne dunque non mi ritengo (rectius: ritenevo) uno sprovveduto sulla questione eppure quella dottoressa mi ha colpito profondamente sin dall'uscio del suo studio.
Poi quelli che a me sembravano piccoli "cambiamenti" avevano alimentato quella mia illusione: era molto più empatica, mi faceva molti complimenti personali, mi guardava in modo più assorto,cominciava a vestirsi in modo sempre più ricercato ed elegante ad ogni incontro (jeans e maglioncino al primo incontro, orecchini di perle e tailleur negli ultimi..)
Ammetto che è duro riconoscereche sia stato solo un normalissimo e comune effetto transfer ma evidentemente (e per fortuna) sono anche io una persona come tutte le altre.

Grazie ancora per il Vostro gentile e prezioso parere.