Che fine ha fatto la mia vita?

Buongiorno a tutti,

ho 30 anni e vi scrivo per cercare un aiuto, gli ultimi mesi mi hanno infatti molto disorientata.
Vi faccio un breve riassunto dell'ultimo periodo. Nel momento in cui sono stata licenziata dal lavoro che avevo fatto per quasi 3 anni subito dopo la laurea (marzo 2010-gen 2013) a causa del fallimento della ditta, mi è crollato il mondo addosso. Ho passato 3 mesi (gennaio-marzo 2013) a mandare candidature, poi sono caduta in depressione e ho smesso per pensare a curarmi.
Ho fatto volontariato nella mia parrocchia fino a quando (ottobre 2013) una multinazionale a cui avevo mandato un cv non mi ha chiamata per un lavoro di 4 mesi in cui stavo molto bene, ma sono stata licenziata (febbraio 2014) a causa "dell'infelice congiuntura economica."
Questa volta ho cercato di reagire e mettere a frutto le mie conoscenze professionali per riuscire comunque a guadagnare qualcosa: ho iniziato a fare traduzioni, a lavorare saltuariamente come interprete, ad insegnare in corsi per adulti e in una cooperativa di aiuto allo studio per ragazzi, oltre che a dare lezioni privatamente. Ho avuto la conferma della mia bravura nell'insegnamento e stavo quasi valutando di iscrivermi ad un corso di laurea di 2 anni che mi avrebbe consentito di accedere alle graduatorie per l'insegnamento. Nel frattempo le suddette attività, che ho portato avanti da marzo 2014 a giugno 2015, mi hanno consentito di avere un guadagno dignitoso. La scorsa estate, da giugno ad agosto (7 settimane totali), sono stata chiamata a lavorare in un'azienda ed è stata la peggiore esperienza lavorativa della mia vita, sia dal punto di vista umano che professionale. Il licenziamento, avvenuto perché "lei è un'interprete, a noi serve un commerciale"(non avevo mai detto di esserlo), per me è stata una manna perché avevo sviluppato molti disturbi psicosomatici, ma da allora non ho più pace.Mia madre mi ha infatti enormemente colpevolizzata,non fa altro che farmi sentire un peso (mi chiama "il mio mutuo", "la mia cambiale" perché a 30 anni sto ancora in casa con i miei genitori, io dico solo che non sono abbastanza avventata da trasferirmi in pianta stabile dal mio fidanzato) e mi ha letteralmente costretta a iscrivermi a un corso di laurea in Scienze Religiose, "così potrai insegnare religione, sei sempre stata molto cattolica e ti piace insegnare."Da allora (settembre), avendo un obbligo di frequenza e dovendo studiare, non sto combinando niente: non posso più impegnarmi a tempo pieno nei lavori che dicevo prima, ho comunque poco tempo per studiare, guadagno pochissimo e mi sento frustrata, ma mi sento costretta a frequentare per non sentirmi additare per sempre come una sfaticata che vuole a vivere sulle spalle degli altri (n.b. da quando mi sono laureata non più chiesto 1 cent). Mi dico: fino a maggio non avevo un lavoro fisso, ma almeno stavo bene, ora né lavoro né studio né sto bene.
Vorrei un vostro prezioso consiglio su come provare a uscire da questa situazione, grazie infinite.
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Cara Sigorina,
Se Lei si trova cosi' male in questo corso di studi verso cui e' stata diciamo indirizzata dalle lamentele di Sua madre la risposta l'ha gia' trovata: non e' quello che desidera e lo sta seguendo per non sentirsi di peso nei confronti della Sua famiglia.
A questo punto penso che debba Lei scegliere il "male minore". Le alternative sono due : concludere questa esperienza negativa o poseguirla.
Si chieda se davvero e' disposta a proseguire lo studio e eventualmente insegnare o cio' non corrisponde proprio al Suo desiderio.

Ne parli con qualcuno di cui Lei abbia fiducia e faccia una scelta.
Restare in una condizione di insoddisfazione non credo sia quello che puo' tollerare.
I migliori saluti.

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Lei sembra molto riflessiva:
<<non sono abbastanza avventata da trasferirmi in pianta stabile dal mio fidanzato<<

eppure non è stata in grado di resistere alle pressioni di Sua madre.

Ora che è a contatto col proprio disagio riesce con maggiore chiarezza a capire di cosa ha bisogno.

Leggendo il suo storico, si osserva però che disagi ne manifesta da tempo.

Occorrerebbe prendere la decisione di farsene carico, di intraprendere un percorso psicologico; altrimenti continuerà a "rammendare" ferite che non cicatrizzano.



Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#3]
Utente
Utente
Buongiorno e grazie mille per avermi risposto.
Rispondo alla dottoressa Brunialti: purtroppo non posso permettermi di andare da uno psicoterapeuta come ho fatto in passato per ragioni economiche e le mie ferite non fanno che diventare sempre più grandi, provocandomi moltissimo dolore. Spero arrivi presto il giorno in cui guariranno spontaneamente, credo infatti che tutto ciò che mi manca sia "solo" un po'di felicità e serenità perché in passato non mi sono mai state diagnosticate patologie mentali gravi oltre a depressione (quella sì, era grave) e moltissima ansia.
Rispondo alla dottoressa Esposito: ogni giorno penso di lasciar perdere tutto, ribellarmi e smettere di frequentare perché non ne posso più.
I miei genitori hanno sempre e solo saputo pretendere tanto da me dandomi in cambio poco o niente. Ricordo come se fosse oggi la rabbia che provavo quando andavo al liceo o all'università: non si degnavano neanche di dirmi un "brava" di fronte a una pagella tutta di 9 e 10 o a una laurea con lode (in una facoltà non esattamente facile).
Gli era tutto dovuto, era tutto ovvio, scontato.
Dovevo soltanto restare a guardare i miei coetanei a cui i genitori facevano regali o davano dei soldi ogni volta che portavano a casa un bel voto, mentre io dovevo anche sorbirmi la faccia di disapprovazione di mia madre di fronte a un mio 8 e mezzo o a un 28...e magari anche un "potevi impegnarti di più."
I miei genitori probabilmente si aspettavano da me che diventassi un premio Nobel, vedere che ho 30 anni e non ho un lavoro fisso dev'essere qualcosa di insostenibile per loro. Io non ho mai preteso niente, non ho mai ricevuto un minimo di gratificazione, non ne parliamo di regali...alla mia migliore amica per la laurea hanno regalato un'auto, a ma i miei hanno detto "il vestito per la laurea e il pranzo con i parenti li paghiamo noi!"Alla faccia dello sforzo!Bella ricompensa per una figlia che non gli ha MAI dato un problema, per la quale hanno sempre ricevuto solo ed esclusivamente complimenti!
Forse il comportamento di mia madre è dovuto al fatto che non ha potuto studiare lei (a parte il fatto che secondo me questa è una storiella che si racconta lei, perché le scuole superiori serali e le università pullulano di adulti...ovviamente, tanto per farmi sentire meglio, dice che non lo ha fatto perché doveva stare dietro a me e mia sorella). Non mi sono mai sentita e non mi sento libera di nulla.
Faccio un esempio: la settimana scorsa il mio fidanzato mi ha detto che per l'anno nuovo se voglio può inserirmi come socia partecipante nella sua attività, così avrei un reddito fisso e i contributi pagati. Io invece che dirgli subito di sì (tanto già ora passo quasi sempre delle mattinate intere ad aiutarlo dalle 7 alle 14, orario di lavoro completo, avrei solo da guadagnarci) ho immediatamente pensato: "e mia mamma chi la sente???Sua figlia laureata che va a...fare l'artigiana(lo direbbe come se stesse dicendo "a prostituirsi"). Gli ho quindi detto :"grazie, ma non lo so, non vorrei che i miei si arrabbiassero e ce l'avessero con me a vita" e il mio fidanzato "ma è una decisione tua, sei tu che sai che cosa vuoi fare, che cosa ti rende più felice."
Il problema è che io non lo so, mi sento stordita, disorientata e impaurita. Ho sempre fatto molta fatica a prendere delle decisioni per paura del giudizio altrui.
Una parte di me si dice che la cosa più giusta è quella di lavorare stabilmente con il mio fidanzato, che ha le migliori intenzioni con me sin dal primo giorno e non fa altro che fare progetti per il nostro futuro (progetti che si stanno già concretizzando nella ristrutturazione della sua casa di famiglia).
Forse è la strada più facile, più naturale e, per una volta, pur dovendo camminare in salita, forse non sarei sola.
Un'altra parte di me invece vorrebbe inseguire il proprio sogno di diventare insegnante ora che ha scoperto che cosa le piace davvero, ma è impaurita dal caos che regna nel settore e dal fatto che ormai ho 30 anni, dovrei farne altri 2 per poter accedere alle graduatorie per le lingue straniere, un anno di tirocinio...finirei a 35 anni.Anche se volessi ottenere i requisiti per insegnare religione dovrei studiare per altri 5 anni...e a 30 anni tutto questo è molto pesante, mi fa pensare che non vedrò mai un po' di speranza e mi ritrovo a dover dire "non posso uscire perché devo studiare."A 15 anni per me era la normalità, ora che ne ho il doppio è un sacrificio.
Sono stanca, esausta e so che è orribile, ma volte vorrei che mia madre morisse, così forse la smetterei finalmente di sentirmi sempre in colpa, inadeguata e stupida. O forse mi sentire in colpa per sempre.
Grazie di cuore a tutti voi, buona giornata.
[#4]
Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

<<Spero arrivi presto il giorno in cui guariranno spontaneamente, <<.
Glielo auguro di cuore!

Mi pemetta però di segnalarLe che qualche incontro con lo Psicologo presso il Consultorio lo potrebbe proprio fare; gratuitamente.
Ritengo abbia bisogno anche di persona...