Stati di ansia e depressione solo tra le mura domestiche
Buonasera, sono un ragazzo di 24 anni e vorrei porvi una semplice domanda su un aspetto della mia vita molto banale che però mi crea molti disagi: divento molto ansioso, apatico, depresso quando per un motivo o per l’altro passo molto tempo a casa.
Sento come se i muri di casa mi soffocassero, mi tolgano l’aria (tanto è vero che in estate quando posso aprire le finestre questo mi dona un piccolo sollievo), ma in generale ho sempre una certa avversione per i luoghi chiusi rispetto a luoghi aperti. Per molto tempo ho pensato che questo fosse collegato direttamente a casa mia, ma ricordo distintamente una volta in cui ho provato le stesse sensazioni nella casa di un mio amico; anche in quella occasione siamo stati a casa soli senza fare nulla di particolare per tutta la giornata. Purtroppo per molto tempo questo stato di ansia mi faceva sentire depresso e lo collegavo a problemi della mia vita che in realtà di per sé non centravano nulla, che sparivano nella loro intensità una volta usciti di casa.
Ieri però ho riprovato le stesse sensazioni dopo tanto tempo, poiché sono rimasto 2 giorni a casa da solo lasciandomi leggermente andare alla pigrizia, e incredibilmente mi sono reso conto come quel che provavo non avesse alcun senso logico e conscio ( se non che forse ero particolarmente colpito per i fatti di Parigi). Sentivo distintamente una parte della mia mente nel panico più irrazionale mentre la mia mente conscia aveva ben chiara la tranquillità della situazione ma non aveva alcun potere. Stamattina poi tornato all’università e ricominciando la mia vita di sempre tutto è sparito subito in una bolla d’aria, come se niente fosse mai successo.
Ora vorrei fare dei chiarimenti: questi eventi li ho sempre vissuti fin da quando ero appena adolescente, ma ormai col passare del tempo diminuiscono in frequenza e intensità.
A me piace molto la mia vita, nel bene e nel male me la sono costruita con molta fatica affrontando la depressione ( scusate la parola, non so mai se è giusto usarla o meno, diciamo la “cosa” che avevo) con due anni di psicoterapia e tante altre fatiche interiori. Ho passato tanti anni a casa da solo senza fare niente ( a parte studiare), può essere semplicemente e banalmente che il ricordo di quei tempi tristi mi faccia ripiombare nelle stesse sensazioni ?
C’è qualcosa che posso fare, oltre a cercare di vivere pienamente la mia vita come già faccio ? Quel che più mi dispiace e di sentire la mia casa e in particolare la mia stanza come “nemica”, un qualcosa da cui scappare.
Lo chiedo con la massima serenità e calma possibile, ho accettato ormai che la depressione non è un qualcosa che sparisce per sempre. Nel mio caso come in quello di tante persone è un qualcosa che trama nell’ ombra e con cui in un certo senso bisognerebbe anche fare la pace, in fondo mi ha formato e mi ha insegnato molto. Non voglio però ora dilungarmi troppo,: insomma riuscirò a far pace con i muri o dovremmo sopportarci per forza a vicenda per sempre ? :D
Sento come se i muri di casa mi soffocassero, mi tolgano l’aria (tanto è vero che in estate quando posso aprire le finestre questo mi dona un piccolo sollievo), ma in generale ho sempre una certa avversione per i luoghi chiusi rispetto a luoghi aperti. Per molto tempo ho pensato che questo fosse collegato direttamente a casa mia, ma ricordo distintamente una volta in cui ho provato le stesse sensazioni nella casa di un mio amico; anche in quella occasione siamo stati a casa soli senza fare nulla di particolare per tutta la giornata. Purtroppo per molto tempo questo stato di ansia mi faceva sentire depresso e lo collegavo a problemi della mia vita che in realtà di per sé non centravano nulla, che sparivano nella loro intensità una volta usciti di casa.
Ieri però ho riprovato le stesse sensazioni dopo tanto tempo, poiché sono rimasto 2 giorni a casa da solo lasciandomi leggermente andare alla pigrizia, e incredibilmente mi sono reso conto come quel che provavo non avesse alcun senso logico e conscio ( se non che forse ero particolarmente colpito per i fatti di Parigi). Sentivo distintamente una parte della mia mente nel panico più irrazionale mentre la mia mente conscia aveva ben chiara la tranquillità della situazione ma non aveva alcun potere. Stamattina poi tornato all’università e ricominciando la mia vita di sempre tutto è sparito subito in una bolla d’aria, come se niente fosse mai successo.
Ora vorrei fare dei chiarimenti: questi eventi li ho sempre vissuti fin da quando ero appena adolescente, ma ormai col passare del tempo diminuiscono in frequenza e intensità.
A me piace molto la mia vita, nel bene e nel male me la sono costruita con molta fatica affrontando la depressione ( scusate la parola, non so mai se è giusto usarla o meno, diciamo la “cosa” che avevo) con due anni di psicoterapia e tante altre fatiche interiori. Ho passato tanti anni a casa da solo senza fare niente ( a parte studiare), può essere semplicemente e banalmente che il ricordo di quei tempi tristi mi faccia ripiombare nelle stesse sensazioni ?
C’è qualcosa che posso fare, oltre a cercare di vivere pienamente la mia vita come già faccio ? Quel che più mi dispiace e di sentire la mia casa e in particolare la mia stanza come “nemica”, un qualcosa da cui scappare.
Lo chiedo con la massima serenità e calma possibile, ho accettato ormai che la depressione non è un qualcosa che sparisce per sempre. Nel mio caso come in quello di tante persone è un qualcosa che trama nell’ ombra e con cui in un certo senso bisognerebbe anche fare la pace, in fondo mi ha formato e mi ha insegnato molto. Non voglio però ora dilungarmi troppo,: insomma riuscirò a far pace con i muri o dovremmo sopportarci per forza a vicenda per sempre ? :D
[#1]
Salve, ho letto con interesse il suo racconto e ci tengo a lasciarle alcune suggestioni evocate in me dalla sua narrazione.
Mi ha colpito quando ha detto di sentire la sua casa e la sua stanza come "nemica", sottolineando la sensazione di soffocamento e la necessità di uscire, immagino per scappare, come lei dice, da quella situazione.
Quando domanda se "può essere semplicemente e banalmente che il ricordo di quei tempi tristi mi faccia ripiombare nelle stesse sensazioni", mi sono chiesto se forse non li stia in qualche modo rivivendo, oltre che ricordando, magari anche solo in parte.
E quando parla delle sue sensazioni di soffocamento e dice che "per molto tempo ho pensato che questo fosse collegato direttamente a casa mia, ma ricordo distintamente una volta in cui ho provato le stesse sensazioni nella casa di un mio amico", potremmo dire che è pur vero che possono esserci svariate variabili che evocano in lei certe sensazioni, anche se si trova altrove. Possono essere legate ai luoghi chiusi, alle persone con le quali si trova, alle attività che sta svolgendo ad esempio.
Si chiede cosa può fare, e dal mio punto di vista è necessario comprendere il senso dei suoi vissuti. Ad esempio capire come mai sente nella sua stanza, e non so se posso dire dentro di sé, la presenza di persone nemiche. Convivere con questa sensazione non posso non pensare che non abbia un suo peso per lei.
Questo discorso mi fa pensare che a volte il desiderio di essere se stessi si scontra con stati d'animo che possono bloccarci. Ad esempio un senso di paura, un senso di responsabilità, un senso di colpa possono farci vivere come estranei i nostri desideri, pur presenti in noi.
Questi miei pensieri aprono in me diversi discorsi sul suo mondo interiore e sulle sue relazioni familiari nonché sui suoi progetti di vita, quando ad esempio dice che "nel bene e nel male" si è costruito la vita con molta fatica. Sono vissuti molto delicati che meritano la massima attenzione e devono essere adeguatamente approfonditi.
Ci tengo a dirle che sento importante il suo consulto. Affronta temi di grande portata che la riguardano intimamente. Io credo, per rispondere alla sua ultima domanda, che possa fare pace con i muri e con i nemici con i quali sembra convivere. Deve però conoscerli per lasciare uscire loro, senza che ogni volta esca lei. Uscire è fondamentale, ma dev'essere una scelta, non una forzatura.
Nei consulti precedenti ho avuto occasione di leggere che non se la sente di riprendere un percorso psicoterapeutico e che cambiare le sembra un'impresa particolarmente ardua.
Sisifo spinge il masso, ci ricordava nel consulto "Perché, nonostante tutto, non riesco a essere sereno?". Ma è interessante che Sisifo deve farlo perché è punito da Zeus, per avere osato sfidare gli dei. Allora potremmo chiederci se anche lei ha sfidato qualcuno o vorrebbe farlo. E se c'è qualcuno che potrebbe rappresentare Zeus, pronto a punirla.
Sto pensando quando ha parlato del peso di essere "stato amato tantissimo dai miei genitori (sono figlio unico) e lo sono ancora, sono il loro punto di riferimento, il senso della loro vita. Effettivamente è abbastanza pesante, ma non so proprio cosa farci”, sempre nello stesso consulto. Se da una parte immagino sia riconoscente per tanto amore, dall’altra può anche giustamente sentire il peso di rappresentare il punto di riferimento dei suoi genitori. Se ho capito bene il senso delle sue parole, mi corregga se sbaglio, posso dirle che sarebbe una cosa naturale essere insieme, ma anche separarsi e proseguire la sua strada per conto suo.
Cambiare è un processo faticoso e davvero ambizioso, sollecita il vasto spettro delle emozioni. Ma è l'unico modo per diventare amico di se stesso e, facendo luce sulle sue ombre, riuscire ad abitare il mondo essendo se stesso.
È la sfida di quel Sisifo che, stanco di portare sulla sua testa il masso, lo prende e, conoscendolo, riesce a essere libero di muoversi.
Un saluto,
Enrico de Sanctis
Mi ha colpito quando ha detto di sentire la sua casa e la sua stanza come "nemica", sottolineando la sensazione di soffocamento e la necessità di uscire, immagino per scappare, come lei dice, da quella situazione.
Quando domanda se "può essere semplicemente e banalmente che il ricordo di quei tempi tristi mi faccia ripiombare nelle stesse sensazioni", mi sono chiesto se forse non li stia in qualche modo rivivendo, oltre che ricordando, magari anche solo in parte.
E quando parla delle sue sensazioni di soffocamento e dice che "per molto tempo ho pensato che questo fosse collegato direttamente a casa mia, ma ricordo distintamente una volta in cui ho provato le stesse sensazioni nella casa di un mio amico", potremmo dire che è pur vero che possono esserci svariate variabili che evocano in lei certe sensazioni, anche se si trova altrove. Possono essere legate ai luoghi chiusi, alle persone con le quali si trova, alle attività che sta svolgendo ad esempio.
Si chiede cosa può fare, e dal mio punto di vista è necessario comprendere il senso dei suoi vissuti. Ad esempio capire come mai sente nella sua stanza, e non so se posso dire dentro di sé, la presenza di persone nemiche. Convivere con questa sensazione non posso non pensare che non abbia un suo peso per lei.
Questo discorso mi fa pensare che a volte il desiderio di essere se stessi si scontra con stati d'animo che possono bloccarci. Ad esempio un senso di paura, un senso di responsabilità, un senso di colpa possono farci vivere come estranei i nostri desideri, pur presenti in noi.
Questi miei pensieri aprono in me diversi discorsi sul suo mondo interiore e sulle sue relazioni familiari nonché sui suoi progetti di vita, quando ad esempio dice che "nel bene e nel male" si è costruito la vita con molta fatica. Sono vissuti molto delicati che meritano la massima attenzione e devono essere adeguatamente approfonditi.
Ci tengo a dirle che sento importante il suo consulto. Affronta temi di grande portata che la riguardano intimamente. Io credo, per rispondere alla sua ultima domanda, che possa fare pace con i muri e con i nemici con i quali sembra convivere. Deve però conoscerli per lasciare uscire loro, senza che ogni volta esca lei. Uscire è fondamentale, ma dev'essere una scelta, non una forzatura.
Nei consulti precedenti ho avuto occasione di leggere che non se la sente di riprendere un percorso psicoterapeutico e che cambiare le sembra un'impresa particolarmente ardua.
Sisifo spinge il masso, ci ricordava nel consulto "Perché, nonostante tutto, non riesco a essere sereno?". Ma è interessante che Sisifo deve farlo perché è punito da Zeus, per avere osato sfidare gli dei. Allora potremmo chiederci se anche lei ha sfidato qualcuno o vorrebbe farlo. E se c'è qualcuno che potrebbe rappresentare Zeus, pronto a punirla.
Sto pensando quando ha parlato del peso di essere "stato amato tantissimo dai miei genitori (sono figlio unico) e lo sono ancora, sono il loro punto di riferimento, il senso della loro vita. Effettivamente è abbastanza pesante, ma non so proprio cosa farci”, sempre nello stesso consulto. Se da una parte immagino sia riconoscente per tanto amore, dall’altra può anche giustamente sentire il peso di rappresentare il punto di riferimento dei suoi genitori. Se ho capito bene il senso delle sue parole, mi corregga se sbaglio, posso dirle che sarebbe una cosa naturale essere insieme, ma anche separarsi e proseguire la sua strada per conto suo.
Cambiare è un processo faticoso e davvero ambizioso, sollecita il vasto spettro delle emozioni. Ma è l'unico modo per diventare amico di se stesso e, facendo luce sulle sue ombre, riuscire ad abitare il mondo essendo se stesso.
È la sfida di quel Sisifo che, stanco di portare sulla sua testa il masso, lo prende e, conoscendolo, riesce a essere libero di muoversi.
Un saluto,
Enrico de Sanctis
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#2]
Caro ragazzo,
penso che l'analisi che ha fatto Lei stesso delle cause del Suo disagio siano verosimili.
La depressione e' un male che non si dimentica, anche quando la si supera.
E quel sentirsi chiuso in una stanza potrebbe rievocare negli strati piu' profondi di Lei l' angoscia che ha conosciuto. Che connota pesantemente lo stato d'animo del soggetto depresso.
Nel modello psicodinamico la depressione occupa un posto rilevante. Di tutto rispetto, in quanto segnala delle problematiche antiche.
Quello che noto pero' e' che se Lei ha 24 anni, ha fatto 2 anni di terapia, come minimo la depressione dovrebbe averLa conosciuto in una tarda adolescenza, intorno ai 20 anni, che e' un'eta' abbastanza precoce per incontarla.
Si trattava di una depressione endogena che Lei ricordi?
Segui' una terapia farmacologica oltre alla psicoterapia?
Le sono stati consigliati dei folow-up di controllo?
Cerchiamo di inquadrare al meglio la situazione attuale.
I migliori saluti.
penso che l'analisi che ha fatto Lei stesso delle cause del Suo disagio siano verosimili.
La depressione e' un male che non si dimentica, anche quando la si supera.
E quel sentirsi chiuso in una stanza potrebbe rievocare negli strati piu' profondi di Lei l' angoscia che ha conosciuto. Che connota pesantemente lo stato d'animo del soggetto depresso.
Nel modello psicodinamico la depressione occupa un posto rilevante. Di tutto rispetto, in quanto segnala delle problematiche antiche.
Quello che noto pero' e' che se Lei ha 24 anni, ha fatto 2 anni di terapia, come minimo la depressione dovrebbe averLa conosciuto in una tarda adolescenza, intorno ai 20 anni, che e' un'eta' abbastanza precoce per incontarla.
Si trattava di una depressione endogena che Lei ricordi?
Segui' una terapia farmacologica oltre alla psicoterapia?
Le sono stati consigliati dei folow-up di controllo?
Cerchiamo di inquadrare al meglio la situazione attuale.
I migliori saluti.
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
Utente
E' stata endogena, ho fatto psicoterapia dai 20 ai 22 anni (più o meno) , ma stavo male da tempo. Avrei un mare di cose da raccontare, ci vorrebbero dei giorni interi XD
Non seguii una terapia farmacologica e non mi sono stati consigliati (purtroppo ? ) folow-up di controllo. Ecco, per esempio questa cosa mi ci fa rimanere abbastanza male e per questo mi arrabbio quando mi si consiglia di andare di nuovo in psicoterapia. Io non devo ricominciare da capo, ho fatto un percorso ed ho avuto un coraggio enorme, ma dopo la terapia ho vissuto molto male il distacco. La psicologa dell'università che è stata la prima persona che ho contattato si è trasferita ( però un paio di volte in questi anni ci siamo mandati degli sms e l'ho sempre sentita molto vicina) e la seconda con cui ho fatto il mio percorso mi ha lasciato andare. E basta. Mi ha lasciato, punto e questo mi ha fatto pensare che in fondo non mi abbia mai capito davvero.
Ho vissuto dei momenti di una felicità e di una intensità rara in ogni ambito della mia vita negli ultimi 3 anni, però mi sento un po' stanco. In fondo vorrei che per una volta il mondo che ho intorno ( o dentro di me ? ) mi renda le cose un pelino più facili, senza dover creare tutto camminando totalmente da solo, senza il benché minimo punto di riferimento. Io non sono superman. Vorrei, ma se è giusto o necessario che io faccia così, lo farò ugualmente, bene inteso.
Dottor De Santis, la sua risposta è molto bella. Grazie. Eh, Zeus...
Non seguii una terapia farmacologica e non mi sono stati consigliati (purtroppo ? ) folow-up di controllo. Ecco, per esempio questa cosa mi ci fa rimanere abbastanza male e per questo mi arrabbio quando mi si consiglia di andare di nuovo in psicoterapia. Io non devo ricominciare da capo, ho fatto un percorso ed ho avuto un coraggio enorme, ma dopo la terapia ho vissuto molto male il distacco. La psicologa dell'università che è stata la prima persona che ho contattato si è trasferita ( però un paio di volte in questi anni ci siamo mandati degli sms e l'ho sempre sentita molto vicina) e la seconda con cui ho fatto il mio percorso mi ha lasciato andare. E basta. Mi ha lasciato, punto e questo mi ha fatto pensare che in fondo non mi abbia mai capito davvero.
Ho vissuto dei momenti di una felicità e di una intensità rara in ogni ambito della mia vita negli ultimi 3 anni, però mi sento un po' stanco. In fondo vorrei che per una volta il mondo che ho intorno ( o dentro di me ? ) mi renda le cose un pelino più facili, senza dover creare tutto camminando totalmente da solo, senza il benché minimo punto di riferimento. Io non sono superman. Vorrei, ma se è giusto o necessario che io faccia così, lo farò ugualmente, bene inteso.
Dottor De Santis, la sua risposta è molto bella. Grazie. Eh, Zeus...
[#4]
Gentile ragazzo,
Dispiace sentire che il Suo sforzo non sia stato sostenuto!
Avrebbe dovuto esserlo, soprattutto per la Sua giovanissima eta' che autorizza a trovare una soluzione positiva e permanente.
Certamente dopo la delusione che ancora si sente nelle Sue parole forse Lei non ha piu' voglia di attivarsi.
Per ora va bene cosi', ma considerata la Sua esperienza Lei e' in grado di valutare se dovesse avere nuovamente desiderio almeno di un sostegno.
Non esiti a cercarlo se lo riterra' utile, perche' la solitudine non e' mai una buona compagna, specialmente in caso di una personalita' sensibile.
Le formulo i miei auguri e ci faccia avere Sue notizie!
I migliori saluti
Dispiace sentire che il Suo sforzo non sia stato sostenuto!
Avrebbe dovuto esserlo, soprattutto per la Sua giovanissima eta' che autorizza a trovare una soluzione positiva e permanente.
Certamente dopo la delusione che ancora si sente nelle Sue parole forse Lei non ha piu' voglia di attivarsi.
Per ora va bene cosi', ma considerata la Sua esperienza Lei e' in grado di valutare se dovesse avere nuovamente desiderio almeno di un sostegno.
Non esiti a cercarlo se lo riterra' utile, perche' la solitudine non e' mai una buona compagna, specialmente in caso di una personalita' sensibile.
Le formulo i miei auguri e ci faccia avere Sue notizie!
I migliori saluti
[#5]
Ho l'impressione che non dobbiamo sottovalutare il suo vissuto relativamente alla sua psicoterapia e alla sua terapeuta. Mi corregga se mi sbaglio, ma mi sembra che lei viva emozioni intense, tra queste ci sono forse la sua cotta, un senso di rabbia e un senso di abbandono.
Questo lo ricollego anche alle sue parole in un suo consulto precedente "Sentire la mancanza della psicologa dopo un anno". Essendo passato quasi un anno magari le cose oggi sono cambiate, mi corregga senz'altro in proposito.
Posso comunque dirle che i sentimenti emergenti nella relazione con la sua psicoterapeuta sono molto delicati e complessi. La cotta può significare tante cose ad esempio, ma anche i sentimenti che descrive oggi, che potrebbero essere conseguenza di un senso di frustrazione e mancanza.
Mi ha colpito quando ha scritto che voleva lasciare la terapia e, poiché la sua terapeuta ha insistito è rimasto e, in seguito, ha potuto riconoscere i suoi sentimenti.
Così glieli ha comunicati, "ma ho avuto la sensazione come se cercasse di sviare il discorso". È stato ammirevole e sincero il suo gesto, è fondamentale poter dialogare sui suoi sentimenti, manifesti nel vivo della relazione, potendo soffermarsi su essi per darsi l'occasione di elaborarli e oltrepassarli.
Questi suoi vissuti meritano la massima attenzione ed è necessario che ci sia uno spazio in cui possano essere compresi e pensati.
Mi sembra che il percorso della vostra terapia, dall'interruzione mancata all'interruzione effettiva, sia particolarmente prezioso e veicoli un senso che a mio parere è un'occasione da approfondire.
In queste sede posso chiederle, se non sono indiscreto e le va di parlarne, se può accennare alla fine del vostro rapporto terapeutico? Come mai ha deciso di interrompere questa volta?
Quella domanda che pone tra parentesi "(dentro di me?) è centrale. Il mondo non ce le rende sempre facili le cose, anzi. E la capisco che vorrebbe fosse il contrario.
Il punto è che se mette un ulteriore carico su di sé, come Sisifo, è ancora più difficile. Sarebbe bello che quel masso glielo togliesse con amore qualcuno.
Però potrebbe essere importante che sia lei stesso a toglierlo. Non è facile, ma non è impossibile. Certo ha ragione a dire che tocca farlo da solo, ma è un inizio. Una volta libero di essere se stesso, solo allora, potrà incontrare un mondo in cui costruire appartenenza, e poter incontrare l'amore.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
Questo lo ricollego anche alle sue parole in un suo consulto precedente "Sentire la mancanza della psicologa dopo un anno". Essendo passato quasi un anno magari le cose oggi sono cambiate, mi corregga senz'altro in proposito.
Posso comunque dirle che i sentimenti emergenti nella relazione con la sua psicoterapeuta sono molto delicati e complessi. La cotta può significare tante cose ad esempio, ma anche i sentimenti che descrive oggi, che potrebbero essere conseguenza di un senso di frustrazione e mancanza.
Mi ha colpito quando ha scritto che voleva lasciare la terapia e, poiché la sua terapeuta ha insistito è rimasto e, in seguito, ha potuto riconoscere i suoi sentimenti.
Così glieli ha comunicati, "ma ho avuto la sensazione come se cercasse di sviare il discorso". È stato ammirevole e sincero il suo gesto, è fondamentale poter dialogare sui suoi sentimenti, manifesti nel vivo della relazione, potendo soffermarsi su essi per darsi l'occasione di elaborarli e oltrepassarli.
Questi suoi vissuti meritano la massima attenzione ed è necessario che ci sia uno spazio in cui possano essere compresi e pensati.
Mi sembra che il percorso della vostra terapia, dall'interruzione mancata all'interruzione effettiva, sia particolarmente prezioso e veicoli un senso che a mio parere è un'occasione da approfondire.
In queste sede posso chiederle, se non sono indiscreto e le va di parlarne, se può accennare alla fine del vostro rapporto terapeutico? Come mai ha deciso di interrompere questa volta?
Quella domanda che pone tra parentesi "(dentro di me?) è centrale. Il mondo non ce le rende sempre facili le cose, anzi. E la capisco che vorrebbe fosse il contrario.
Il punto è che se mette un ulteriore carico su di sé, come Sisifo, è ancora più difficile. Sarebbe bello che quel masso glielo togliesse con amore qualcuno.
Però potrebbe essere importante che sia lei stesso a toglierlo. Non è facile, ma non è impossibile. Certo ha ragione a dire che tocca farlo da solo, ma è un inizio. Una volta libero di essere se stesso, solo allora, potrà incontrare un mondo in cui costruire appartenenza, e poter incontrare l'amore.
Un caro saluto,
Enrico de Sanctis
[#6]
Utente
Ho tralasciato non volendolo una cosa importante e ora mi chiedo come ho fatto a dimenticarmene e a non accennarne.
Mi sono lasciato dalla mia ragazza da due settimane. L'ho lasciata io dopo che stavamo insieme da un mese e mezzo. E' stata la prima ragazza con cui sono stato fidanzato. Ho dei validi motivi per dire questo, la mia è stata una decisione sofferta ma che ho ritenuto obbligata per non soffrire troppo successivamente. Però ci sta, sono cose che fanno parte della vita, lo accetto.
Non provo gli stessi sentimenti ancora per la mia psicologa, però per me è davvero dura parlare di quel che è successo con lei e del modo in cui è finita. Niente di così eccessivo, ma avrei serie difficoltà a spiegare in modo preciso quel che è successo e allo stesso tempo ancora mi fa male. Molto più del fatto che mi sono lasciato con la mia ragazza da due settimane. Rabbia, frustrazione, solitudine, vergogna, sono questi i sentimenti che mi esprime.
Niente, ho come la sensazione che quasi nessuno mi voglia bene per come sono. Io non voglio essere solo il paziente, il fidanzato, lo studente, l'amante ecc...
Se io fossi meno bello, meno intelligente, meno riflessivo, meno coraggioso ecc... Chi mi vorrebbe bene o mi apprezzerebbe ? Chi mi amerebbe solo ( o almeno anche) per quello che ho dentro ?
I miei genitori e i miei amici. E quindi va bene, ma non mi basta. Tanto più che con i primi sono costretto a combattere ancora la mia battaglia personale.
Sia ben chiaro, non è che piango tutto il giorno, la mia vita è bella e sono davvero felice di viverla. Questo deve essere chiaro, mi sto solo focalizzando sul mio disagio.
Vi ringrazio per avermi aiutato a focalizzarlo meglio.
Mi sono lasciato dalla mia ragazza da due settimane. L'ho lasciata io dopo che stavamo insieme da un mese e mezzo. E' stata la prima ragazza con cui sono stato fidanzato. Ho dei validi motivi per dire questo, la mia è stata una decisione sofferta ma che ho ritenuto obbligata per non soffrire troppo successivamente. Però ci sta, sono cose che fanno parte della vita, lo accetto.
Non provo gli stessi sentimenti ancora per la mia psicologa, però per me è davvero dura parlare di quel che è successo con lei e del modo in cui è finita. Niente di così eccessivo, ma avrei serie difficoltà a spiegare in modo preciso quel che è successo e allo stesso tempo ancora mi fa male. Molto più del fatto che mi sono lasciato con la mia ragazza da due settimane. Rabbia, frustrazione, solitudine, vergogna, sono questi i sentimenti che mi esprime.
Niente, ho come la sensazione che quasi nessuno mi voglia bene per come sono. Io non voglio essere solo il paziente, il fidanzato, lo studente, l'amante ecc...
Se io fossi meno bello, meno intelligente, meno riflessivo, meno coraggioso ecc... Chi mi vorrebbe bene o mi apprezzerebbe ? Chi mi amerebbe solo ( o almeno anche) per quello che ho dentro ?
I miei genitori e i miei amici. E quindi va bene, ma non mi basta. Tanto più che con i primi sono costretto a combattere ancora la mia battaglia personale.
Sia ben chiaro, non è che piango tutto il giorno, la mia vita è bella e sono davvero felice di viverla. Questo deve essere chiaro, mi sto solo focalizzando sul mio disagio.
Vi ringrazio per avermi aiutato a focalizzarlo meglio.
[#7]
So che può essere dura parlarne, è del tutto comprensibile, oltretutto siamo online e non ci conosciamo. Non c'è alcun problema.
I sentimenti che descrive sono importanti e trovo giusto che non se ne faccia carico tutto da solo, ma possa avere accanto a sé qualcuno con il quale confidarsi e condividerli.
Io le auguro che lei possa essere amato per quello che ha dentro, potrei dire senza bisogno di fare niente, se non essere se stesso.
Grazie a lei per averci reso partecipi dei suoi vissuti e per questo nostro scambio.
Con sincerità,
Enrico de Sanctis
I sentimenti che descrive sono importanti e trovo giusto che non se ne faccia carico tutto da solo, ma possa avere accanto a sé qualcuno con il quale confidarsi e condividerli.
Io le auguro che lei possa essere amato per quello che ha dentro, potrei dire senza bisogno di fare niente, se non essere se stesso.
Grazie a lei per averci reso partecipi dei suoi vissuti e per questo nostro scambio.
Con sincerità,
Enrico de Sanctis
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 5.8k visite dal 18/11/2015.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.