Disturbo ossessivo-compulsivo depressione

Gentili dottori, vi scrivo per avere un visto parere. Sono una ragazza di 25 anni. Dopo un anno di depressione e solitudine da più di due mesi soffro di ossessioni compulsive legate per lo più al senso di colpa ( quindi fare certe azioni in un certo modo perché non succeda niente agli altri o per dimostrare che ci tengo a loro o compiere rituali per togliere un qualche senso di colpa) e si esplicano per lo più nel Dover "rifare" le cose. Non so quanto io possa essere stata chiara. Comunque la mia domanda è: È giusta un tipo di psicoterapia che mira a scavare e a trovare il senso di queste ossessioni (quella che tengo attualmente) o sarebbe meglio il tipo cognitivo-comportamentale? Aggiungo che da qualche giorno ho iniziato la cura farmacologica con fevarin e xanax all'occorrenza. Ma mi sento senza forze, senza uno scopo, senza più una vita. Ormai non faccio più nulla per paura di potermici ossessionare sopra. Ringrazio per eventuali risposte.
[#1]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Salve, immagino la sofferenza legata al malessere di cui ci parla. Prima depressione e solitudine, poi le compulsioni che descrive con chiarezza come l'obbligo di dover fare e rifare certe azioni.

Le sue riflessioni sul senso di colpa, non so se posso dire sul timore di ferire gli altri e sulla necessità di dimostrargli che invece ci tiene, sono preziose. Mi sento di ipotizzare che tutti questi vissuti possano essere tra loro collegati, e che un punto chiave possano essere le sue relazioni e la possibilità o meno di esprimersi.

Per rispondere alla sua domanda, avendo un orientamento psicoanalitico, penso che sia giusto che sia lei a scegliere in relazione alle sue aspettative e al suo sentire. Anche se lascio ai colleghi competenti dell'orientamento cognitivo-comportamentale di esprimersi in merito, posso dirle che entrambi gli orientamenti teorici si occupano del malessere che descrive.

Personalmente non mi focalizzo sulla diagnosi, ma sulla persona nella sua interezza e complessità. Nel mio orientamento non sono previsti esercizi né tecniche mirate, l'importante è dare senso ai vissuti emergenti nella relazione con il terapeuta, riattraversando così la propria storia e le sue emozioni. È una terapia emancipativa che mira alla libertà e alla soggettività della persona, operando una trasformazione profonda di sé.

Come consiglio, quando incontrerà un terapeuta, si fidi anche del suo istinto nel momento in cui entra in contatto con lui.

Un saluto,
Enrico de Sanctis

Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it

[#2]
Utente
Utente
La mia attuale psicoterapeuta credo miri a questo tipo di cura ma io non vedo miglioramenti.. Sto sempre peggio.. Forse proprio a causa di una troppo forte depressione e insoddisfazione di vita.. Non so a cosa aggrapparmi per risalire. La ringrazio per la sua risposta.
[#3]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Posso chiederle da quanto tempo la sta facendo e se ha occasione di dire alla terapeuta questo vissuto di cui ci sta parlando?
[#4]
Utente
Utente
Ho fatto psicoterapia per quasi un anno dopo che sono caduta in uno stato depressivo..poi questa estate sono stata bene e ho interrotto.. A settembre il doc che è coinciso con il ritorno ad una vita insoddisfacente. Si la mia psicoterapeuta sa ciò di cui vi ho parlato.. Io mi chiedo se sia più giusto scovare le cause senza dare consigli su come. Affrontare le ossessioni o se sia meglio la strategia che le affronta di petto. Affrontarle non è facile.. Se evito di compulsare soffro molto, ho avuto qualche crisi, ma forse perché non stiamo affrontando il problema dalla giusta prospettiva?
[#5]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
I suoi sono interrogativi e dubbi legittimi.

Il mio punto di vista è che un anno di terapia è in genere poco. E sarebbe importante capire come mai non è tornata quando si è ripresentato il senso di insoddisfazione di cui ci parla.

Magari quel tipo di terapia non l'ha convinta del tutto o forse la relazione con la terapeuta non è stata soddisfacente e non sente la spinta a tornare da lei ad esempio.

Le dico questo perché quello che viviamo e facciamo ha un senso. Dal mio punto di vista la terapia stessa è un modo per dare senso al nostro comportamento, a quello che sentiamo, al nostro malessere. E perché funzioni deve portare un cambiamento emotivo.

Affrontare tutto questo non è facile, come lei dice. Significa assumersi la responsabilità di sé e della propria soggettività.

Certo può senz'altro guardarsi altrove e sperimentare altri modi di lavorare, facendosi un'idea personale, misurandosi nel vivo della sua esperienza, e riconoscere quale sia la giusta prospettiva per lei.

Un caro saluto,
Enrico de Sanctis

[#6]
Utente
Utente
In realtà credo di non essere stata molto chiara.. In effetti ho scritto in maniera un po' confusa. Sono ritornata dalla stessa psicoterapeuta proprio a causa del doc solo che non sono molto sicura dell'approccio. Comunque la ringrazio davvero per le sue risposte e delucidazioni.
[#7]
Dr. Enrico De Sanctis Psicologo, Psicoterapeuta 1.3k 66
Stia tranquilla, mi sono confuso anch'io per il discorso dell'interruzione. Chissà che questa confusione non rifletta anche un senso di ambivalenza per la terapia e per le difficoltà che comporta e che si vorrebbero comprensibilmente evitare.

Alla luce di questo ci tengo a lasciarle un'ultima annotazione. È possibile che la terapia faccia stare peggio, ci sono dei momenti in cui questo purtroppo capita.

Per farle un esempio semplificato, se i rituali che mette in atto li utilizza per alleviare i sensi di colpa, questi rituali potremmo dire che sono utili per lei, anche se sono una schiavitù e sono dannosi.
Se la terapia lavora per ridurre i rituali, i sensi di colpa non sono più alleviati e restano forti, generando un aumento del senso di malessere, che può esprimersi anche attraverso vissuti depressivi che grazie al rituale erano attenuati.

Non so se l'aumento del malessere è dovuto a questo, senz'altro è importante che lei possa valutarlo insieme alla sua terapeuta. Come dicevo prima può comunque considerare altri modi di lavorare, l'importante è che non pensi ad altri approcci in quanto il suo dolore in questo momento è troppo alto. So che è faticoso ma affrontarlo è il modo per non soccombervi e alla fine esserne libera.