Questione di transfert
Gentili psicologi, vorrei porvi una domanda: può succedere in terapia di provare dei sentimenti negativi nei confronti del terapeuta? Potrebbe essere segno che la terapia non sta funzionando, che non si sia creato il giusto feeling con il terapeuta?
Premetto che sono in cura da un anno per disturbo da conversione.
Il problema della mia terapia è che alle volte non mi sento capita, non mi sento spronata però non dico niente.. Sto zitta e vado avanti. Poi, come al solito , arriva il momento che mi stanco/scoccio e mi allontano emotivamente dalla persona in questione. So che è un aspetto sul quale lavorare ma come faccio a farlo se adesso non mi sento motivata a continuare?
Grazie a chiunque risponderà.
Ovviamente affronterò la questione anche in seduta però volevo avere una sorta di parere esterno sulla questione del "trasfert negativo".
[#1]
Gentile Utente,
È impossibile dirle di cosa si tratta da qua
Se le sensazioni sono sempre negative e non ha facilità a parlare di se, qualche domanda in più dovrebbe farsela, se capita saltuariamente può far parte delle resistenze o dei tempi della terapia
Il suo terapeuta é donna o uomo?
Che formazione ha?
Le capita anche fuori dal setting di provare queste sensazioni sgradevoli?
Segue anche una terapia farmacologica?
Provi a dire qualcosa di se, amici, lavoro, famiglia, amore, passioni...
È impossibile dirle di cosa si tratta da qua
Se le sensazioni sono sempre negative e non ha facilità a parlare di se, qualche domanda in più dovrebbe farsela, se capita saltuariamente può far parte delle resistenze o dei tempi della terapia
Il suo terapeuta é donna o uomo?
Che formazione ha?
Le capita anche fuori dal setting di provare queste sensazioni sgradevoli?
Segue anche una terapia farmacologica?
Provi a dire qualcosa di se, amici, lavoro, famiglia, amore, passioni...
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#2]
Gentile ragazza,
può succedere di provare sentimenti negativi verso il terapeuta perché può succedere che la terapia sia in un momento di stallo.
La terapia si fa in due, se lei non esterna queste sue cose con chi la segue, lei non avrà modo di crescere e, anzi, potrebbe crescere la frustrazione per non aver affrontato qualcosa che, probabilmente, si verifica anche fuori dalla stanza della terapia.
La sensazione di non essere motivata è sporadica o dura da tempo?
Le possibilità relative al suo terapeuta possono essere due: il modo di "spronarla" è quello di aspettare che l'impulso venga da lei, oppure, non se ne è accorto (per tante ragioni) e se non glielo dice lei che qualcosa non funziona, il lavoro che state svolgendo ha poco senso.
Cosa ne pensa?
Un caro saluto,
può succedere di provare sentimenti negativi verso il terapeuta perché può succedere che la terapia sia in un momento di stallo.
La terapia si fa in due, se lei non esterna queste sue cose con chi la segue, lei non avrà modo di crescere e, anzi, potrebbe crescere la frustrazione per non aver affrontato qualcosa che, probabilmente, si verifica anche fuori dalla stanza della terapia.
La sensazione di non essere motivata è sporadica o dura da tempo?
Le possibilità relative al suo terapeuta possono essere due: il modo di "spronarla" è quello di aspettare che l'impulso venga da lei, oppure, non se ne è accorto (per tante ragioni) e se non glielo dice lei che qualcosa non funziona, il lavoro che state svolgendo ha poco senso.
Cosa ne pensa?
Un caro saluto,
Dott.ssa Giselle Ferretti Psicologa Psicoterapeuta
www.giselleferretti.it
https://www.facebook.com/giselleferrettipsicologa?ref=hl
[#3]
Utente
Grazie per le celeri risposte.
Io sono in cura da un annetto con un terapeuta di indirizzo psicodinamico.
Si,spesso affrontare delle situazioni passate mi vien difficile e non riesco a parlarne ma è un mio problema quello di non saper esprimere le emozioni e di fare "mutismo" davanti ad argomenti che mi risultano dolorosi da affrontare.
Sono più dell'idea che il terapeuta non mi sproni "positivamente" perché voglia che questa forza mi venga da me e credo che alcuni suoi atteggiamenti siano anche fatti "apposta" per farmi innervosire e in****are perché non sono mai riuscita in vita mia ad esprimere la mia rabbia infatti ho molti sintomi fisici.
Non prendo farmaci,neanche ansiolitici (pur avendo avuto attacchi d'ansia molto forti ed avendo sintomi psicosomatici spesso invalidanti) perché entrambi non li riteniamo utili nel senso che so gestire bene il mio corpo e le situazioni.
Si, è capitato delle volte durante l'anno di provare dei sentimenti negativi nei suoi confronti anche fuori dal setting e tutto poi si conclude con un bel pianto davanti allo specchio. Però è capitato anche e spesso il contrario e cioe che mi sentissi "innamorata".
Sicuramente non è una fase facile della terapia.
Sono sicura comunque che se ne sia accorto perché è sempre un passo avanti a me nel capire a cosa andrò incontro con i miei atteggiamenti.
Spero di essere stata un pó più chiara.
Io sono in cura da un annetto con un terapeuta di indirizzo psicodinamico.
Si,spesso affrontare delle situazioni passate mi vien difficile e non riesco a parlarne ma è un mio problema quello di non saper esprimere le emozioni e di fare "mutismo" davanti ad argomenti che mi risultano dolorosi da affrontare.
Sono più dell'idea che il terapeuta non mi sproni "positivamente" perché voglia che questa forza mi venga da me e credo che alcuni suoi atteggiamenti siano anche fatti "apposta" per farmi innervosire e in****are perché non sono mai riuscita in vita mia ad esprimere la mia rabbia infatti ho molti sintomi fisici.
Non prendo farmaci,neanche ansiolitici (pur avendo avuto attacchi d'ansia molto forti ed avendo sintomi psicosomatici spesso invalidanti) perché entrambi non li riteniamo utili nel senso che so gestire bene il mio corpo e le situazioni.
Si, è capitato delle volte durante l'anno di provare dei sentimenti negativi nei suoi confronti anche fuori dal setting e tutto poi si conclude con un bel pianto davanti allo specchio. Però è capitato anche e spesso il contrario e cioe che mi sentissi "innamorata".
Sicuramente non è una fase facile della terapia.
Sono sicura comunque che se ne sia accorto perché è sempre un passo avanti a me nel capire a cosa andrò incontro con i miei atteggiamenti.
Spero di essere stata un pó più chiara.
[#5]
"credo che alcuni suoi atteggiamenti siano anche fatti "apposta" per farmi innervosire"
Gent.le Sig.ra,
è possibile che la sua ambivalenza la induca ad attribuire la colpa a se stessa o al suo psicoterapeuta ma in questo modo si creano condizioni sfavorevoli al consolidamento dell'alleanza terapeutica.
Il transfert e il controtransfert fanno parte di ogni percorso terapeutico, quindi non vanno colpevolizzati, in realtà, ciò che fa la differenza in termini di cambiamento è la possibilità di renderli espliciti attraverso la condivisione, poiché tali vissuti rappresentano delle preziose opportunità di crescita personale.
Gent.le Sig.ra,
è possibile che la sua ambivalenza la induca ad attribuire la colpa a se stessa o al suo psicoterapeuta ma in questo modo si creano condizioni sfavorevoli al consolidamento dell'alleanza terapeutica.
Il transfert e il controtransfert fanno parte di ogni percorso terapeutico, quindi non vanno colpevolizzati, in realtà, ciò che fa la differenza in termini di cambiamento è la possibilità di renderli espliciti attraverso la condivisione, poiché tali vissuti rappresentano delle preziose opportunità di crescita personale.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#6]
Utente
Gentile dott.ssa Camplone,
Non ho ben capito in cosa consista la mia ambivalenza.
In questo momento della terapia, io non accuso nessuno cioè non credo che la colpa sia del terapeuta.
Alla fine l'analisi non è altro che una relazione tra due persone però sostanzialmente chi deve far tutto è il paziente con l'aiuto ovviamente del terapeuta.
Il mio dire "lo fa apposta",non è stato detto in senso critico o di accusa ma semplicemente era un modo per spiegare in cosa consiste adesso il nostro percorso ; in poche parole quale sia adesso l'obiettivo:quello di farmi reagire e di far emergere la mia "rabbia" legata ad una sorta di frustrazione per il sentirmi messa da parte dal terapeuta. Questo era quello che volevo far intendere.
Sul resto,credo di aver capito e di essere d'accordo sul condividere i proprio pensieri in seduta.
Semplicemente essendo la prima esperienza e spero l'ultima,non volendo cambiare 10 terapeuti come magari succede a molti e non avendo modo di confrontarmi con qualcuno che magari abbia affrontato prima di me un percorso,mi chiedevo solo se fosse/come fosse possibile avere dei pensieri negativi sul terapeuta.
Grazie.
Non ho ben capito in cosa consista la mia ambivalenza.
In questo momento della terapia, io non accuso nessuno cioè non credo che la colpa sia del terapeuta.
Alla fine l'analisi non è altro che una relazione tra due persone però sostanzialmente chi deve far tutto è il paziente con l'aiuto ovviamente del terapeuta.
Il mio dire "lo fa apposta",non è stato detto in senso critico o di accusa ma semplicemente era un modo per spiegare in cosa consiste adesso il nostro percorso ; in poche parole quale sia adesso l'obiettivo:quello di farmi reagire e di far emergere la mia "rabbia" legata ad una sorta di frustrazione per il sentirmi messa da parte dal terapeuta. Questo era quello che volevo far intendere.
Sul resto,credo di aver capito e di essere d'accordo sul condividere i proprio pensieri in seduta.
Semplicemente essendo la prima esperienza e spero l'ultima,non volendo cambiare 10 terapeuti come magari succede a molti e non avendo modo di confrontarmi con qualcuno che magari abbia affrontato prima di me un percorso,mi chiedevo solo se fosse/come fosse possibile avere dei pensieri negativi sul terapeuta.
Grazie.
[#7]
L'ambivalenza non è altro che la compresenza di pensieri/sentimenti positivi e negativi relativi alla relazione con lo psicoterapeuta.
"Il mio dire "lo fa apposta",non è stato detto in senso critico o di accusa ma semplicemente era un modo per spiegare in cosa consiste adesso il nostro percorso ; in poche parole quale sia adesso l'obiettivo:quello di farmi reagire e di far emergere la mia "rabbia" legata ad una sorta di frustrazione per il sentirmi messa da parte dal terapeuta. Questo era quello che volevo far intendere."
Credo che la sede opportuna per rendere esplicita questa sua interpretazione sia la seduta di psicoterapia, naturalmente sempre nel rispetto dei suoi tempi e del disagio che vive nel condividere i suoi vissuti.
I percorsi terapeutici non sono confrontabili in quanto si tratta di esperienze in cui la soggettività fa la differenza e non va adattata, o peggio giudicata, in funzione di un eventuale confronto con l'esperienza del'altro.
Quelli che descrive nei confronti dello psicoterapeuta non solo solo pensieri, ma emozioni quali la rabbia, il sentirsi trascurata ecc.che meriterebbero di essere condivise, proprio per evitare la rottura dell'alleanza terapeutica, come accade a volte quando non ci si sente abbastanza sicuri e liberi di esprimere il proprio sentire, senza preoccuparsi di ferire la sensibilità del terapeuta, che dovrebbe creare le condizioni favorevoli e facilitare tale processo di elaborazione.
"Il mio dire "lo fa apposta",non è stato detto in senso critico o di accusa ma semplicemente era un modo per spiegare in cosa consiste adesso il nostro percorso ; in poche parole quale sia adesso l'obiettivo:quello di farmi reagire e di far emergere la mia "rabbia" legata ad una sorta di frustrazione per il sentirmi messa da parte dal terapeuta. Questo era quello che volevo far intendere."
Credo che la sede opportuna per rendere esplicita questa sua interpretazione sia la seduta di psicoterapia, naturalmente sempre nel rispetto dei suoi tempi e del disagio che vive nel condividere i suoi vissuti.
I percorsi terapeutici non sono confrontabili in quanto si tratta di esperienze in cui la soggettività fa la differenza e non va adattata, o peggio giudicata, in funzione di un eventuale confronto con l'esperienza del'altro.
Quelli che descrive nei confronti dello psicoterapeuta non solo solo pensieri, ma emozioni quali la rabbia, il sentirsi trascurata ecc.che meriterebbero di essere condivise, proprio per evitare la rottura dell'alleanza terapeutica, come accade a volte quando non ci si sente abbastanza sicuri e liberi di esprimere il proprio sentire, senza preoccuparsi di ferire la sensibilità del terapeuta, che dovrebbe creare le condizioni favorevoli e facilitare tale processo di elaborazione.
[#8]
Utente
Perfetto,adesso ho capito meglio quello che aveva scritto precedentemente.
Farò in modo di buttar fuori queste mie emozioni come giustamente mi suggerisce.
Sicuramente un po' di "paura" la ho ma più che di ferire il terapeuta,per le cose che potrebbe dirmi.
(Non amo molto,anzi non amo proprio discutere con gli adulti specialmente se sono persone molto vicine a me alias i miei genitori ed ora anche il terapeuta). Ma forse è arrivato il momento che almeno ci provi.
Grazie ancora.
Farò in modo di buttar fuori queste mie emozioni come giustamente mi suggerisce.
Sicuramente un po' di "paura" la ho ma più che di ferire il terapeuta,per le cose che potrebbe dirmi.
(Non amo molto,anzi non amo proprio discutere con gli adulti specialmente se sono persone molto vicine a me alias i miei genitori ed ora anche il terapeuta). Ma forse è arrivato il momento che almeno ci provi.
Grazie ancora.
[#9]
Il mio suggerimento riguardo alla condivisione del proprio vissuto va sempre associato al rispetto dei suoi tempi e dei suoi stati d'animo, non va inteso come una
sorta di "espulsione forzata" che rischierebbe di essere un modo per violentare se stessi, al contrario, dovrebbe essere un processo graduale dove si esplora un territorio nuovo con cautela, rispettandosi e sentendosi rispettata da terapeuta.
Non si tratta, tuttavia di una discussione, non c'è da stabilire se qualcuno a torto o ragione, ma si tratta semplicemente di offrire alle proprie emozioni l'opportunità di avere uno spazio d'ascolto non giudicante, che ne faciliti l'elaborazione e quindi la trasformazione.
sorta di "espulsione forzata" che rischierebbe di essere un modo per violentare se stessi, al contrario, dovrebbe essere un processo graduale dove si esplora un territorio nuovo con cautela, rispettandosi e sentendosi rispettata da terapeuta.
Non si tratta, tuttavia di una discussione, non c'è da stabilire se qualcuno a torto o ragione, ma si tratta semplicemente di offrire alle proprie emozioni l'opportunità di avere uno spazio d'ascolto non giudicante, che ne faciliti l'elaborazione e quindi la trasformazione.
[#12]
Alcuni spunti oltre quelli già ricevuti.
>>> può succedere in terapia di provare dei sentimenti negativi nei confronti del terapeuta?
>>>
Sì, può succedere.
>>> Potrebbe essere segno che la terapia non sta funzionando, che non si sia creato il giusto feeling con il terapeuta?
>>>
Non necessariamente. Non sempre è richiesto provare sentimenti, positivi o negativi, per il proprio terapeuta. L'essenziale è che il lavoro verso l'ottenimento degli obiettivi stabiliti proceda. Questo almeno in un'ottica strategica. Altri approcci, come quelli psicodinamici, considerano la questione diversamente.
>>> è un mio problema quello di non saper esprimere le emozioni
>>>
Certo, se è in cura per un disturbo da conversione, questo è un problema che la riguarda.
>>> credo che alcuni suoi atteggiamenti siano anche fatti "apposta" per farmi innervosire
>>>
È possibile, invece, che i vissuti che descrive riguardino soprattutto lei e il suo modo di relazionarsi, in questo caso con il suo terapeuta, ma che egli sia abituato e formato per lavorare così: cioè fornendo pochi o nessuno spunto attivo per cambiare. Lasciando a lei, in un certo senso, l'onere di trovare il modo.
In altre parole, lui potrebbe fare così magari con tutti i pazienti, ma con lei specificamente sta avvenendo questo per com'è organizzata mentalmente lei, non perché il terapeuta lo fa apposta.
In altre forme di terapia, come quella strategica, le provocazioni possono - non "devono" - essere messe in atto deliberatamente, come strategia per ottenere un certo risultato.
In altre terapie ancora, come quelle gestaltiche, le provocazioni sono invece all'ordine del giorno, fanno proprio parte del metodo.
In conclusione le sue domande sono tutte legittime, ma la scelta di restare con un terapeuta o cambiarlo dovrebbe basarsi essenzialmente su un unico, semplice criterio: la terapia sta andando nella direzione in cui le desidera che vada oppure no?
>>> può succedere in terapia di provare dei sentimenti negativi nei confronti del terapeuta?
>>>
Sì, può succedere.
>>> Potrebbe essere segno che la terapia non sta funzionando, che non si sia creato il giusto feeling con il terapeuta?
>>>
Non necessariamente. Non sempre è richiesto provare sentimenti, positivi o negativi, per il proprio terapeuta. L'essenziale è che il lavoro verso l'ottenimento degli obiettivi stabiliti proceda. Questo almeno in un'ottica strategica. Altri approcci, come quelli psicodinamici, considerano la questione diversamente.
>>> è un mio problema quello di non saper esprimere le emozioni
>>>
Certo, se è in cura per un disturbo da conversione, questo è un problema che la riguarda.
>>> credo che alcuni suoi atteggiamenti siano anche fatti "apposta" per farmi innervosire
>>>
È possibile, invece, che i vissuti che descrive riguardino soprattutto lei e il suo modo di relazionarsi, in questo caso con il suo terapeuta, ma che egli sia abituato e formato per lavorare così: cioè fornendo pochi o nessuno spunto attivo per cambiare. Lasciando a lei, in un certo senso, l'onere di trovare il modo.
In altre parole, lui potrebbe fare così magari con tutti i pazienti, ma con lei specificamente sta avvenendo questo per com'è organizzata mentalmente lei, non perché il terapeuta lo fa apposta.
In altre forme di terapia, come quella strategica, le provocazioni possono - non "devono" - essere messe in atto deliberatamente, come strategia per ottenere un certo risultato.
In altre terapie ancora, come quelle gestaltiche, le provocazioni sono invece all'ordine del giorno, fanno proprio parte del metodo.
In conclusione le sue domande sono tutte legittime, ma la scelta di restare con un terapeuta o cambiarlo dovrebbe basarsi essenzialmente su un unico, semplice criterio: la terapia sta andando nella direzione in cui le desidera che vada oppure no?
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#13]
Utente
Gentile dott.Santonocito,
In effetti mi sono sempre sentita molto libera di agire a modo mio in questo percorso senza essere necessariamente guidata da nessun punto di vista nel senso che dovevo trovare io i modi migliori per affrontare le situazioni se volevo davvero affrontarle sennò potevo anche "poltrire". Questo è un atteggiamento che ,seppur solito forse di un tipo di formazione del terapeuta,ha spesso trovato me un pó stranita perché io credevo ci fossero degli obiettivi espliciti da portar a termine in dei tempi ragionevoli (senza spingere oltre le mie possibilità ovviamente).
Per quanto riguarda il mio dire "farlo apposta" ,è collegato al fatto che ad esempio se chiedo di spostare una seduta (e l'ho chiesto massimo 3 volte in un anno),non mi risponde mai;idem se chiedo di chiamare un attimo in studio perché sono in preda al panico (anche questo successo solo 2 volte) e non ho mai risposte. In questo caso specifico però ,dopo averci riflettuto su, ho ritenuto giusto l'atteggiamento in quanto nella mia vita non potrò sempre avere qualcuno pronto a darmi una mano ma dovrò cavarmela sempre da me. Però per un'altra serie di cose,non sono d'accordo e il terapeuta lo sa perché anche se non proprio esplicitamente gliel'ho detto. Ed è stato lui stesso ultimamente a dirmi: "io lo faccio apposta". (In questo caso si riferiva al fatto che mi cambia spessissimo orario o data della seduta).
In generale comunque posso dirle che da un anno a questa parte sicuramente sotto certi aspetti sono migliorata:già il fatto che ho ripreso a studiare e mi è tornata la concentrazione per me è una grande gioia. Certo però non conduco ancora una vita normale a causa dei sintomi che mi bloccano però facendo una sorta di bilancio non posso dire di essere come all'inizio e di non aver fatto nessun passo avanti. Anche solo il litigare seriamente con mia madre,è un gran passo avanti o comunque partecipare emotivamente alla vita di casa. Però avevo degli obiettivi che credevo di poter raggiungere dopo un anno di terapia e che invece vedo ancora un pó lontani.
Grazie mille per i suoi consigli.
In effetti mi sono sempre sentita molto libera di agire a modo mio in questo percorso senza essere necessariamente guidata da nessun punto di vista nel senso che dovevo trovare io i modi migliori per affrontare le situazioni se volevo davvero affrontarle sennò potevo anche "poltrire". Questo è un atteggiamento che ,seppur solito forse di un tipo di formazione del terapeuta,ha spesso trovato me un pó stranita perché io credevo ci fossero degli obiettivi espliciti da portar a termine in dei tempi ragionevoli (senza spingere oltre le mie possibilità ovviamente).
Per quanto riguarda il mio dire "farlo apposta" ,è collegato al fatto che ad esempio se chiedo di spostare una seduta (e l'ho chiesto massimo 3 volte in un anno),non mi risponde mai;idem se chiedo di chiamare un attimo in studio perché sono in preda al panico (anche questo successo solo 2 volte) e non ho mai risposte. In questo caso specifico però ,dopo averci riflettuto su, ho ritenuto giusto l'atteggiamento in quanto nella mia vita non potrò sempre avere qualcuno pronto a darmi una mano ma dovrò cavarmela sempre da me. Però per un'altra serie di cose,non sono d'accordo e il terapeuta lo sa perché anche se non proprio esplicitamente gliel'ho detto. Ed è stato lui stesso ultimamente a dirmi: "io lo faccio apposta". (In questo caso si riferiva al fatto che mi cambia spessissimo orario o data della seduta).
In generale comunque posso dirle che da un anno a questa parte sicuramente sotto certi aspetti sono migliorata:già il fatto che ho ripreso a studiare e mi è tornata la concentrazione per me è una grande gioia. Certo però non conduco ancora una vita normale a causa dei sintomi che mi bloccano però facendo una sorta di bilancio non posso dire di essere come all'inizio e di non aver fatto nessun passo avanti. Anche solo il litigare seriamente con mia madre,è un gran passo avanti o comunque partecipare emotivamente alla vita di casa. Però avevo degli obiettivi che credevo di poter raggiungere dopo un anno di terapia e che invece vedo ancora un pó lontani.
Grazie mille per i suoi consigli.
[#14]
>>> perché io credevo ci fossero degli obiettivi espliciti da portar a termine in dei tempi ragionevoli
>>>
Non tutti gli orientamenti psicoterapeutici, o per meglio dire, non tutti i terapeuti definiscono esplicitamente degli obiettivi di accordo con il paziente, all'inizio del trattamento.
Gli orientamenti attivi e prescrittivi, come quello strategico e quello comportamentale, lo fanno. Altri orientamenti lo fanno di meno o non lo fanno affatto. Sono modi diversi di lavorare che si basano su assunti per certi versi agli antipodi.
>>> se chiedo di spostare una seduta (e l'ho chiesto massimo 3 volte in un anno),non mi risponde mai
>>>
Alcuni terapeuti interpretano il setting in modo a mio parere troppo rigido. A volte richieste come questa possono essere un segno di resistenza del paziente, ma molte volte sono solo... una richiesta di spostamento di una seduta, nulla di più.
>>> idem se chiedo di chiamare un attimo in studio perché sono in preda al panico (anche questo successo solo 2 volte) e non ho mai risposte. In questo caso specifico però ,dopo averci riflettuto su, ho ritenuto giusto l'atteggiamento in quanto nella mia vita non potrò sempre avere qualcuno pronto a darmi una mano ma dovrò cavarmela sempre da me
>>>
Bravissima. La psicoterapia ha poco a che vedere con il pronto soccorso. Qui il terapeuta ha fatto bene a non accogliere la sua richiesta.
>>> Certo però non conduco ancora una vita normale a causa dei sintomi che mi bloccano però facendo una sorta di bilancio non posso dire di essere come all'inizio e di non aver fatto nessun passo avanti
>>>
La psicoterapia può essere utile in modi diversi.
Un aspetto comune a pressoché tutte le forme di terapia è la relazione terapeutica che si instaura fra paziente e terapeuta. Il solo sapere che qualcuno si prende cura di noi, aiuta a stare meglio.
Poi c'è l'effetto aspettativa del paziente (placebo), in parte correlato a quanto appena detto. Pensi che già solo per essere messi in lista di attesa, magari a un mese o più, i pazienti iniziano a migliorare. Prima ancora che la terapia abbia inizio.
E poi ci sono le istruzioni dirette, le prescrizioni comportamentali che il terapeuta - se ad approccio attivo - dà al paziente. Queste sono ciò che spesso riesce a sbloccare velocemente molti comuni problemi psicologici. Ma non bastano, occorre un lavoro successivo di consolidamento dei risultati ottenuti.
In sintesi: bene se la sua terapia attuale finora le è stata d'aiuto. Ma continui a tener d'occhio la direzione in cui sta andando e non appena sente che qualcosa si è arenato, ne parli con il terapeuta.
>>>
Non tutti gli orientamenti psicoterapeutici, o per meglio dire, non tutti i terapeuti definiscono esplicitamente degli obiettivi di accordo con il paziente, all'inizio del trattamento.
Gli orientamenti attivi e prescrittivi, come quello strategico e quello comportamentale, lo fanno. Altri orientamenti lo fanno di meno o non lo fanno affatto. Sono modi diversi di lavorare che si basano su assunti per certi versi agli antipodi.
>>> se chiedo di spostare una seduta (e l'ho chiesto massimo 3 volte in un anno),non mi risponde mai
>>>
Alcuni terapeuti interpretano il setting in modo a mio parere troppo rigido. A volte richieste come questa possono essere un segno di resistenza del paziente, ma molte volte sono solo... una richiesta di spostamento di una seduta, nulla di più.
>>> idem se chiedo di chiamare un attimo in studio perché sono in preda al panico (anche questo successo solo 2 volte) e non ho mai risposte. In questo caso specifico però ,dopo averci riflettuto su, ho ritenuto giusto l'atteggiamento in quanto nella mia vita non potrò sempre avere qualcuno pronto a darmi una mano ma dovrò cavarmela sempre da me
>>>
Bravissima. La psicoterapia ha poco a che vedere con il pronto soccorso. Qui il terapeuta ha fatto bene a non accogliere la sua richiesta.
>>> Certo però non conduco ancora una vita normale a causa dei sintomi che mi bloccano però facendo una sorta di bilancio non posso dire di essere come all'inizio e di non aver fatto nessun passo avanti
>>>
La psicoterapia può essere utile in modi diversi.
Un aspetto comune a pressoché tutte le forme di terapia è la relazione terapeutica che si instaura fra paziente e terapeuta. Il solo sapere che qualcuno si prende cura di noi, aiuta a stare meglio.
Poi c'è l'effetto aspettativa del paziente (placebo), in parte correlato a quanto appena detto. Pensi che già solo per essere messi in lista di attesa, magari a un mese o più, i pazienti iniziano a migliorare. Prima ancora che la terapia abbia inizio.
E poi ci sono le istruzioni dirette, le prescrizioni comportamentali che il terapeuta - se ad approccio attivo - dà al paziente. Queste sono ciò che spesso riesce a sbloccare velocemente molti comuni problemi psicologici. Ma non bastano, occorre un lavoro successivo di consolidamento dei risultati ottenuti.
In sintesi: bene se la sua terapia attuale finora le è stata d'aiuto. Ma continui a tener d'occhio la direzione in cui sta andando e non appena sente che qualcosa si è arenato, ne parli con il terapeuta.
[#15]
Utente
La ringrazio per la sua disponibilità.
In effetti non avevo mai pensato che il cambiare una seduta fosse segno di resistenza da parte del paziente.
Come ho già scritto , non voglio cambiare il terapeuta alla prima difficoltà anche perché comunque mi sono affezionata,è una persona che stimo e so che starei male;poi iniziare dall'inizio tutto un percorso con una nuova persona sarebbe per me difficile visto che non mi sblocco subito nel parlare. Certo è che se sarà necessario non starò lì a sperare che venga qualcuno dall'alto ad aggiustare le cose.
In realtà sono una persona molto curiosa e in un anno ho letto tantissimi libri (non suggeriti dal terapeuta) sulle emozioni,sulla psicoterapia e anche su qualcosa di più tecnico visto che vorrei,finita la laurea,prendere la specialistica in neurobiologia.
Anche questo aspetto mi ha lasciato un pó stranita ovvero il fatto che non si sia mai parlato esplicitamente di cosa sia un percorso,degli alti e dei bassi e cose simili insomma.
Ho sempre dovuto informarmi da sola .
Ma forse non è vostro compito far questo,non saprei.
Sull'effetto placebo,sono d'accordo con lei perché io stessa quando sto peggio del solito mando un messaggio al terapeuta pur sapendo che non mi scriverà mai nulla perché non terapeutico però il sol fatto che lo legga e che in quel momento sappia come io sto vivendo,mi fa sentire più serena.
Credo che probabilmente io mi sia creata delle aspettative sul percorso e sul terapeuta stesso che però non combacino con la realtà ,per questo poi rimango delusa. ( e questo è quello che accade anche fuori dal setting,nella vita di tutti i giorni). Comunque aspetterò di vedere il terapeuta e di provar piano piano ad affrontare con lui questo tema cercando di ripe edere il "giusto feeling".
In effetti non avevo mai pensato che il cambiare una seduta fosse segno di resistenza da parte del paziente.
Come ho già scritto , non voglio cambiare il terapeuta alla prima difficoltà anche perché comunque mi sono affezionata,è una persona che stimo e so che starei male;poi iniziare dall'inizio tutto un percorso con una nuova persona sarebbe per me difficile visto che non mi sblocco subito nel parlare. Certo è che se sarà necessario non starò lì a sperare che venga qualcuno dall'alto ad aggiustare le cose.
In realtà sono una persona molto curiosa e in un anno ho letto tantissimi libri (non suggeriti dal terapeuta) sulle emozioni,sulla psicoterapia e anche su qualcosa di più tecnico visto che vorrei,finita la laurea,prendere la specialistica in neurobiologia.
Anche questo aspetto mi ha lasciato un pó stranita ovvero il fatto che non si sia mai parlato esplicitamente di cosa sia un percorso,degli alti e dei bassi e cose simili insomma.
Ho sempre dovuto informarmi da sola .
Ma forse non è vostro compito far questo,non saprei.
Sull'effetto placebo,sono d'accordo con lei perché io stessa quando sto peggio del solito mando un messaggio al terapeuta pur sapendo che non mi scriverà mai nulla perché non terapeutico però il sol fatto che lo legga e che in quel momento sappia come io sto vivendo,mi fa sentire più serena.
Credo che probabilmente io mi sia creata delle aspettative sul percorso e sul terapeuta stesso che però non combacino con la realtà ,per questo poi rimango delusa. ( e questo è quello che accade anche fuori dal setting,nella vita di tutti i giorni). Comunque aspetterò di vedere il terapeuta e di provar piano piano ad affrontare con lui questo tema cercando di ripe edere il "giusto feeling".
[#16]
>>> mai parlato esplicitamente di cosa sia un percorso,degli alti e dei bassi e cose simili insomma. Ho sempre dovuto informarmi da sola
>>>
Come le dicevo, terapeuti diversi lavorano in modo diverso.
Tenga presente però che l'informazione di per sé, di solito, non solo non cura, ma sortisce effetti opposti: alimenta il problema attraverso l'ossessività. Può leggere qui per degli spunti:
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/5622-the-google-university-ricerche-online-e-falso-senso-di-conoscenza.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3551-psicologo-devo-proprio-andarci-di-persona-perche-non-potete-aiutarmi-online.html
>>> quando sto peggio del solito mando un messaggio al terapeuta pur sapendo che non mi scriverà mai
>>>
Non lo faccia. L'effetto placebo non è permanente, funziona solo contestualmente, in presenza dello stimolo-risposta, e ha qualcosa a che vedere con la ricerca di rassicurazioni, che è deleteria perché crea dipendenza.
Deve invece cercare quei cambiamenti che poi diventano permanenti. Non le rassicurazioni al bisogno, le stampelle, le coperte di Linus ecc.
>>> Certo è che se sarà necessario non starò lì a sperare che venga qualcuno dall'alto ad aggiustare le cose
>>>
Bene, questo è l'importante.
>>>
Come le dicevo, terapeuti diversi lavorano in modo diverso.
Tenga presente però che l'informazione di per sé, di solito, non solo non cura, ma sortisce effetti opposti: alimenta il problema attraverso l'ossessività. Può leggere qui per degli spunti:
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/5622-the-google-university-ricerche-online-e-falso-senso-di-conoscenza.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3551-psicologo-devo-proprio-andarci-di-persona-perche-non-potete-aiutarmi-online.html
>>> quando sto peggio del solito mando un messaggio al terapeuta pur sapendo che non mi scriverà mai
>>>
Non lo faccia. L'effetto placebo non è permanente, funziona solo contestualmente, in presenza dello stimolo-risposta, e ha qualcosa a che vedere con la ricerca di rassicurazioni, che è deleteria perché crea dipendenza.
Deve invece cercare quei cambiamenti che poi diventano permanenti. Non le rassicurazioni al bisogno, le stampelle, le coperte di Linus ecc.
>>> Certo è che se sarà necessario non starò lì a sperare che venga qualcuno dall'alto ad aggiustare le cose
>>>
Bene, questo è l'importante.
[#17]
Utente
All'inizio lo facevo spesso adesso solo quando ho davvero bisogno. Ma ripeto,non c'è uno scambio di messaggi,assolutamente no.
Scrivo semplicemente ciò che mi sta turbando,principalmente i sintomi che ho perché alle volte sono rimasta molto molto sconcertata da ciò che la mia mente ha potuto proiettare sul mio corpo e sinceramente non avevo bisogno di chiedere spiegazioni o rassicurazioni al medico curante ma che il terapeuta sapesse. Non so come scrivere questo concetto però il senso credo sia chiaro.
Il terapeuta comunque non mi ha mai detto nulla riguardo ciò (proprio tornando al fatto che io ho libertà di scelta in questo percorso).
Per l'informazione credo che sicuramente il sapere non a tutti aiuti o serva ma nel caso il paziente è interessato a conoscere,perché non se ne può parlare?
Essendo un soggetto molto razionale, preferisco il sapere al non sapere.
Scrivo semplicemente ciò che mi sta turbando,principalmente i sintomi che ho perché alle volte sono rimasta molto molto sconcertata da ciò che la mia mente ha potuto proiettare sul mio corpo e sinceramente non avevo bisogno di chiedere spiegazioni o rassicurazioni al medico curante ma che il terapeuta sapesse. Non so come scrivere questo concetto però il senso credo sia chiaro.
Il terapeuta comunque non mi ha mai detto nulla riguardo ciò (proprio tornando al fatto che io ho libertà di scelta in questo percorso).
Per l'informazione credo che sicuramente il sapere non a tutti aiuti o serva ma nel caso il paziente è interessato a conoscere,perché non se ne può parlare?
Essendo un soggetto molto razionale, preferisco il sapere al non sapere.
[#18]
Utente
Aggiungo una parentesi: ho letto i suoi articoli e per sommi capi ,posso assicurarle che io non rinuncerei mai ad un dialogo faccia a faccia con il mio terapeuta per un aiuto online. Voi , come altri siti o forum,siete utilissimi per dare delle maggiori informazioni su alcune questioni , su magari alcuni indirizzamenti però più di questo non potete giustamente fare perché non avrebbe davvero senso in quanto l'analisi è basata sul dialogo,sulle espressioni e così via.
Quello a cui io mi riferivo nel dire che volevo avere delle informazioni non era neanche qualcosa inerente la diagnosi che infatti mi è stata detta pochi mesi fa ma senza che io l'avessi chiesta,solo perché uscita nel discorso;mi riferivo proprio al parlare in termini di: in cosa consiste un percorso psicodinamico, quali sono gli aspetti fondamentali di questo approccio e cose simili.
Trovare queste risposte su internet o sui libri di testo non è la stessa cosa se dette dal terapeuta. ( per come la penso io)
Quello a cui io mi riferivo nel dire che volevo avere delle informazioni non era neanche qualcosa inerente la diagnosi che infatti mi è stata detta pochi mesi fa ma senza che io l'avessi chiesta,solo perché uscita nel discorso;mi riferivo proprio al parlare in termini di: in cosa consiste un percorso psicodinamico, quali sono gli aspetti fondamentali di questo approccio e cose simili.
Trovare queste risposte su internet o sui libri di testo non è la stessa cosa se dette dal terapeuta. ( per come la penso io)
[#19]
>>> Essendo un soggetto molto razionale, preferisco il sapere al non sapere.
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Infatti è proprio il suo essere un soggetto molto razionale, come si poteva intuire, l'aspetto del suo carattere che forse andrebbe modificato. Diversamente potrebbe non riuscire a cambiare la difficoltà che ha nell'esprimere le emozioni.
Il bisogno di sapere può essere un bisogno sano, ma può essere anche indotto da una tendenza sottostante che il clinico chiama ossessività e che induce chi ne soffre a illudersi di poter sempre controllare se stesso e ciò che gli accade. Voler sapere, può essere uno dei modi di esprimersi di un bisogno patologico di controllo della persona troppo rigida, per paura delle conseguenze che potrebbero esserci dal mollarlo, il controllo.
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Infatti è proprio il suo essere un soggetto molto razionale, come si poteva intuire, l'aspetto del suo carattere che forse andrebbe modificato. Diversamente potrebbe non riuscire a cambiare la difficoltà che ha nell'esprimere le emozioni.
Il bisogno di sapere può essere un bisogno sano, ma può essere anche indotto da una tendenza sottostante che il clinico chiama ossessività e che induce chi ne soffre a illudersi di poter sempre controllare se stesso e ciò che gli accade. Voler sapere, può essere uno dei modi di esprimersi di un bisogno patologico di controllo della persona troppo rigida, per paura delle conseguenze che potrebbero esserci dal mollarlo, il controllo.
[#22]
Utente
Gentili psicologi, sono qui dinuovo a scrivervi perchè tutta la scorsa settimana il mio terapeuta non si è fatto vivo (dopo avermi cancellato la seduta) e solo oggi mi ha fissato un appuntamento per questo fine settimana.
Partendo dal presupposto che so bene che voi siete essere umani come tutti e che avete la vostra famiglia,i vostri impegni,ecc.. ,non mi sembra però molto corretto saltare praticamente 2 settimane di terapia.(facendo conto che in questo anno ci sono sempre andata 2 volte a settimana).
In questo caso un paziente come dovrebbe reagire?!
Io ci sono rimasta abbastanza male e se già avevo pensieri un pó "negativi" nei suoi confronti,adesso non so più che pensare. In realtà,la prima reazione che mi verrebbe se l'avessi davanti,sarebbe dargli qualche "sberla".
Partendo dal presupposto che so bene che voi siete essere umani come tutti e che avete la vostra famiglia,i vostri impegni,ecc.. ,non mi sembra però molto corretto saltare praticamente 2 settimane di terapia.(facendo conto che in questo anno ci sono sempre andata 2 volte a settimana).
In questo caso un paziente come dovrebbe reagire?!
Io ci sono rimasta abbastanza male e se già avevo pensieri un pó "negativi" nei suoi confronti,adesso non so più che pensare. In realtà,la prima reazione che mi verrebbe se l'avessi davanti,sarebbe dargli qualche "sberla".
Questo consulto ha ricevuto 22 risposte e 3.4k visite dal 21/10/2015.
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