Senso di solitudine e abbandono
Buongiorno,
Sono un ragazzo 25enne, neolaureato, con buone prospettive lavorative e una vivo una relazione affettiva molto bella e soddisfacente. Ho un carattere tendenzialmente riservato ed introverso.
Volevo chiedere un consulto, dei consigli, su un problema che mi affligge da tempo, una sorta di senso di vuoto e solitudine interiore.
Faccio un'introduzione: la mia famiglia è frammentata, ho i miei parenti più importanti che vivono lontano da me (madre, sorella maggiore e fratello minore) e ho passato episodi parecchio brutti in passato, soprattutto a causa del carattere e della cattiva gestione familiare dei miei genitori. Attualmente vivo con mio padre (troppo autoritario, egocentrico e totalmente privo di empatia) e mia nonna (non mi trovo bene nella mia situazione attuale, quindi cerco negli amici conforto ed accettazione, proprio perché non vivo bene a casa mia). Il rapporto con mia madre non è mai stato tanto problematico, mi sono sempre trovato generalmente bene.
Ho cominciato ad avvertire i sintomi della mia sofferenza psicologica da quando il mio migliore amico è partito per farsi una nuova vita all'estero (circa un mese fa): questo mio amico riusciva a sopperire al mio carattere facendomi da ponte con le altre persone, d'altra parte la maggior parte degli amici che conosco li conosco grazie a lui e in tutti gli anni in cui ci uscivo (dai 17anni) era sempre lui a chiamarmi per uscire (facendomi cosi sentire partecipe, in compagnia ed accettato), quindi mi sono abituato ad essere sempre chiamato e a non prendere l'iniziativa. A parte lui, con gli altri amici ho un rapporto generalmente più superficiale.
La mia domanda è: il mio senso di abbandono è dovuto alla lontananza del mio amico (quindi dato da una dipendenza emotiva nei suoi confronti) o dal contesto familiare in cui sono cresciuto (genitori assenti o presenti nel modo sbagliato e ambiente domestico percepito come ostile/estraneo)?
Il mio obiettivo è capire le vere cause ed eliminare questa sofferenza una volta per tutte.
Grazie in anticipo.
Sono un ragazzo 25enne, neolaureato, con buone prospettive lavorative e una vivo una relazione affettiva molto bella e soddisfacente. Ho un carattere tendenzialmente riservato ed introverso.
Volevo chiedere un consulto, dei consigli, su un problema che mi affligge da tempo, una sorta di senso di vuoto e solitudine interiore.
Faccio un'introduzione: la mia famiglia è frammentata, ho i miei parenti più importanti che vivono lontano da me (madre, sorella maggiore e fratello minore) e ho passato episodi parecchio brutti in passato, soprattutto a causa del carattere e della cattiva gestione familiare dei miei genitori. Attualmente vivo con mio padre (troppo autoritario, egocentrico e totalmente privo di empatia) e mia nonna (non mi trovo bene nella mia situazione attuale, quindi cerco negli amici conforto ed accettazione, proprio perché non vivo bene a casa mia). Il rapporto con mia madre non è mai stato tanto problematico, mi sono sempre trovato generalmente bene.
Ho cominciato ad avvertire i sintomi della mia sofferenza psicologica da quando il mio migliore amico è partito per farsi una nuova vita all'estero (circa un mese fa): questo mio amico riusciva a sopperire al mio carattere facendomi da ponte con le altre persone, d'altra parte la maggior parte degli amici che conosco li conosco grazie a lui e in tutti gli anni in cui ci uscivo (dai 17anni) era sempre lui a chiamarmi per uscire (facendomi cosi sentire partecipe, in compagnia ed accettato), quindi mi sono abituato ad essere sempre chiamato e a non prendere l'iniziativa. A parte lui, con gli altri amici ho un rapporto generalmente più superficiale.
La mia domanda è: il mio senso di abbandono è dovuto alla lontananza del mio amico (quindi dato da una dipendenza emotiva nei suoi confronti) o dal contesto familiare in cui sono cresciuto (genitori assenti o presenti nel modo sbagliato e ambiente domestico percepito come ostile/estraneo)?
Il mio obiettivo è capire le vere cause ed eliminare questa sofferenza una volta per tutte.
Grazie in anticipo.
[#1]
Gentile utente,
cercare le cause è come cercare l'ago in un pagliaio: ci vogliono molto tempo e pazienza; forse lo si troverà.
<<Il mio obiettivo è capire le vere cause ed eliminare questa sofferenza una volta per tutte.<<
Non sempre capire le cause è sufficiente e necessario per eliminare la sofferenza.
Talvolta si può iniziare a "metterci mano", alla situazione che ingenera disagio, e osservare "l'effetto che fa".
Nel Suo caso, considerato che ci dice di essere sempre stato al traino del Suo amico, perchè non provare a prendere in mano le redini della situazione?
Potrebbe trovare dentro di sè risorse in-conosciute in quanto non era necessario utilizzarle..
Saluti cordiali.
cercare le cause è come cercare l'ago in un pagliaio: ci vogliono molto tempo e pazienza; forse lo si troverà.
<<Il mio obiettivo è capire le vere cause ed eliminare questa sofferenza una volta per tutte.<<
Non sempre capire le cause è sufficiente e necessario per eliminare la sofferenza.
Talvolta si può iniziare a "metterci mano", alla situazione che ingenera disagio, e osservare "l'effetto che fa".
Nel Suo caso, considerato che ci dice di essere sempre stato al traino del Suo amico, perchè non provare a prendere in mano le redini della situazione?
Potrebbe trovare dentro di sè risorse in-conosciute in quanto non era necessario utilizzarle..
Saluti cordiali.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Caro ragazzo,
Concordo con la mia collega: capire le origini dei suoi disagi e' davvero un lavoro di pazienza.
Lei ci descrive una situazione di vita affettiva deprivata e un carattere "introverso".
Come puo' intuire e' un "cane che si morde la coda". Cosa ha generato cosa?
Se volesse davvero comprendersi e dedicarsi a non farsi bloccare nel suo percorso evolutivo dovrebbe chiedere un aiuto ad uno psico terapeuta psicodinamico per andare a decodificare tutti i passaggi della Sua vita in cui puo' essersi verificato il problema.
E' giovanissimo e penso che si meriti di non rimanere danneggiato dalle problematiche della Sua famiglia.
Che ne pensa?
Concordo con la mia collega: capire le origini dei suoi disagi e' davvero un lavoro di pazienza.
Lei ci descrive una situazione di vita affettiva deprivata e un carattere "introverso".
Come puo' intuire e' un "cane che si morde la coda". Cosa ha generato cosa?
Se volesse davvero comprendersi e dedicarsi a non farsi bloccare nel suo percorso evolutivo dovrebbe chiedere un aiuto ad uno psico terapeuta psicodinamico per andare a decodificare tutti i passaggi della Sua vita in cui puo' essersi verificato il problema.
E' giovanissimo e penso che si meriti di non rimanere danneggiato dalle problematiche della Sua famiglia.
Che ne pensa?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
Utente
Gentile Dr.ssa Brunialti,
Sono giunto a questa conclusione dopo anni di riflessioni ed introspezioni e, ora come ora, ho questo dubbio, espresso dalla mia domanda.
Quello che vorrei ottenere è ritrovare la mia serenità interiore.
La sofferenza che io provo non è sempre stata presente, ma è comparsa circa 3 anni fa (da quando sono andato ad abitare nella mia attuale casa, con mio padre e mia nonna) e ha assunto i connotati attuali da quando è partito il mio amico; prima di allora la mia situazione psicologica era notevolmente migliore.
Volevo inoltre chiederLe di spiegarsi meglio con "prendere in mano le redini della situazione mettendoci mano".
Grazie mille per la risposta.
Sono giunto a questa conclusione dopo anni di riflessioni ed introspezioni e, ora come ora, ho questo dubbio, espresso dalla mia domanda.
Quello che vorrei ottenere è ritrovare la mia serenità interiore.
La sofferenza che io provo non è sempre stata presente, ma è comparsa circa 3 anni fa (da quando sono andato ad abitare nella mia attuale casa, con mio padre e mia nonna) e ha assunto i connotati attuali da quando è partito il mio amico; prima di allora la mia situazione psicologica era notevolmente migliore.
Volevo inoltre chiederLe di spiegarsi meglio con "prendere in mano le redini della situazione mettendoci mano".
Grazie mille per la risposta.
[#4]
<<Volevo inoltre chiederLe di spiegarsi meglio con "prendere in mano le redini della situazione mettendoci mano".<<
Intendevo dire che "pensare la situazione" non è l'unico modo;
è possibile anche provare ad "agire sulla situazione", individuando nuove strategie comportamentali e facendo sì di metterle in atto.
Intendevo dire che "pensare la situazione" non è l'unico modo;
è possibile anche provare ad "agire sulla situazione", individuando nuove strategie comportamentali e facendo sì di metterle in atto.
Questo consulto ha ricevuto 4 risposte e 2.7k visite dal 11/10/2015.
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