Come raggiungere la pace dei sensi
Buona sera a tutti.
Io ho semplicemente scelto una via di purezza e di libertà dal desiderio, questo è ciò che la mia gerarchia di valori personali richiede. Questa via comporta la castità, ma....
Non è facile! Purtroppo ogni volta che riesco, per un certo periodo, a praticarla, alla fine torno a sfogare le mie pulsioni, come preda di coazione a ripetere.
Ogni volta, ovviamente, ciò è per me motivo di sofferenza e frustrazione, perché non riesco ad agire in conformità con i valori dai quali ho scelto di dipendere.
La mia idea - geniale - è stata quella di rivolgermi a degli psicologi. Dico "geniale" perché solitamente queste cose richiedono un impegno di altro tipo: mistico o religioso. Il problema è che quest'impegni richiedono a loro volta la castità, producendo un circolo vizioso.
Riuscire però a "sbloccarmi", se può essere fatto con la forza di volontà, potrà anche essere fatto, e forse meglio, con delle tecniche psicologiche adatte.
Chiedo questo consulto perché voglio ssere sicuro di ciò che faccio. Non credo che ci siano soluzioni terapeutiche per questo genere di problemi: se non mi sbaglio in sede psicoterapeutica si cerca di riuscire ad avere una attività sessuale regolare, sana e socialmente accettabile. Oltretutto credo che si ritenga l' "evitamento sessuale" un disturbo.
Perciò vi domando: sapete se c'è qualche tipo di terapia (chessò, forse le terapie esistenziali) che può occuparsi anche di questo?
Qualora una tale specie di terapia non esistesse, sapete quali testi dovrei leggere per imparare ad esercitare il controllo che desidero sulle mie pulsioni erotiche? Cerco dei testi che mi forniscano degli strumenti per elaborare strategie o tattiche utili al mio scopo.
Vi descrivo il mio problema. La castità non deve reprimere le pulsioni: in una via di purezza l'attività sessuale è preferibile all'astinenza se l'astinenza è vissuta in maniera repressiva. Perciò la mia castità non si muove solo su un piano fisico, ma anche e soprattutto onirico. Tutte le rappresentazioni sconvenienti vengono cancellate all'istanti, così come i propositi che potrebbero portarmi al sesso, allo stesso modo evito di parlarne, di pensarci, di incontrare persone che potrebbero portare lì la mia mente, di vedere la televisione e di navigare in siti che potrebbero toccare anche solo di sfuggita l'argomento. Tutto questo mi riesce molto bene e per lunghi periodi riesco a togliermi dalla mente il sesso come se non esistesse. Poi però all'improvviso, dopo questi lunghi periodi, la mia mente comincia a trovare dei pretesti per tornare ad appagare e soprattutto a provare il desiderio. Non comincia mai con rappresentazioni o sensazioni erotiche: comincia proprio con una scelta cosciente, razionale, studiata. Come se l'inconscio fosse così furbo da diventare coscienza.
Dunque, chi mi dà una mano?
Vi ringrazio per l'attenzione.
Io ho semplicemente scelto una via di purezza e di libertà dal desiderio, questo è ciò che la mia gerarchia di valori personali richiede. Questa via comporta la castità, ma....
Non è facile! Purtroppo ogni volta che riesco, per un certo periodo, a praticarla, alla fine torno a sfogare le mie pulsioni, come preda di coazione a ripetere.
Ogni volta, ovviamente, ciò è per me motivo di sofferenza e frustrazione, perché non riesco ad agire in conformità con i valori dai quali ho scelto di dipendere.
La mia idea - geniale - è stata quella di rivolgermi a degli psicologi. Dico "geniale" perché solitamente queste cose richiedono un impegno di altro tipo: mistico o religioso. Il problema è che quest'impegni richiedono a loro volta la castità, producendo un circolo vizioso.
Riuscire però a "sbloccarmi", se può essere fatto con la forza di volontà, potrà anche essere fatto, e forse meglio, con delle tecniche psicologiche adatte.
Chiedo questo consulto perché voglio ssere sicuro di ciò che faccio. Non credo che ci siano soluzioni terapeutiche per questo genere di problemi: se non mi sbaglio in sede psicoterapeutica si cerca di riuscire ad avere una attività sessuale regolare, sana e socialmente accettabile. Oltretutto credo che si ritenga l' "evitamento sessuale" un disturbo.
Perciò vi domando: sapete se c'è qualche tipo di terapia (chessò, forse le terapie esistenziali) che può occuparsi anche di questo?
Qualora una tale specie di terapia non esistesse, sapete quali testi dovrei leggere per imparare ad esercitare il controllo che desidero sulle mie pulsioni erotiche? Cerco dei testi che mi forniscano degli strumenti per elaborare strategie o tattiche utili al mio scopo.
Vi descrivo il mio problema. La castità non deve reprimere le pulsioni: in una via di purezza l'attività sessuale è preferibile all'astinenza se l'astinenza è vissuta in maniera repressiva. Perciò la mia castità non si muove solo su un piano fisico, ma anche e soprattutto onirico. Tutte le rappresentazioni sconvenienti vengono cancellate all'istanti, così come i propositi che potrebbero portarmi al sesso, allo stesso modo evito di parlarne, di pensarci, di incontrare persone che potrebbero portare lì la mia mente, di vedere la televisione e di navigare in siti che potrebbero toccare anche solo di sfuggita l'argomento. Tutto questo mi riesce molto bene e per lunghi periodi riesco a togliermi dalla mente il sesso come se non esistesse. Poi però all'improvviso, dopo questi lunghi periodi, la mia mente comincia a trovare dei pretesti per tornare ad appagare e soprattutto a provare il desiderio. Non comincia mai con rappresentazioni o sensazioni erotiche: comincia proprio con una scelta cosciente, razionale, studiata. Come se l'inconscio fosse così furbo da diventare coscienza.
Dunque, chi mi dà una mano?
Vi ringrazio per l'attenzione.
[#1]
Non credo proprio che la psicoterapia servirà per questi scopi. Posso chiederle che tipo di lavoro psicologico ha fatto in passato? L ' obiettivo era lo stesso?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Ho commesso un errore comunicativo. Parlando di "rivolgermi a psicologi" mi riferivo alla situazione presente.
Comunque in passato provai una psicoterapia strategica breve per questo stesso motivo, ma la interruppi alla quinta seduta perché la dottoressa mi diceva che l'obiettivo della terapia lo avremmo dovuto impostare strada facendo. All'inizio pensavo di poter continuare comunque, magari per scoprire qualcosa di importante, poi decisi di smettere perché la spesa (non solo in termini di denaro, ma anche di energie e di attenzione) non era commisurata ai risultati. Oltretutto mi distoglieva dalle mie priorità.
Comunque in passato provai una psicoterapia strategica breve per questo stesso motivo, ma la interruppi alla quinta seduta perché la dottoressa mi diceva che l'obiettivo della terapia lo avremmo dovuto impostare strada facendo. All'inizio pensavo di poter continuare comunque, magari per scoprire qualcosa di importante, poi decisi di smettere perché la spesa (non solo in termini di denaro, ma anche di energie e di attenzione) non era commisurata ai risultati. Oltretutto mi distoglieva dalle mie priorità.
[#4]
Utente
Qualora quest'azione non la tediasse, potrebbe consigliarmi qualche testo che possa darmi anche solo degli spunti a riguardo?
Ovviamente non può farlo in questo sito se non risultano indizi di disturbo; la invito perciò a prendere in considerazione quanto segue:
non so se il mio problema sia psicopatologico, ma sicuramente è patologico: ricadere nell'errore mi fa soffrire.
Posso provare con l'autoipnosi?
Ovviamente non può farlo in questo sito se non risultano indizi di disturbo; la invito perciò a prendere in considerazione quanto segue:
non so se il mio problema sia psicopatologico, ma sicuramente è patologico: ricadere nell'errore mi fa soffrire.
Posso provare con l'autoipnosi?
[#5]
Gentile utente,
<<Io ho semplicemente scelto una via di purezza e di libertà dal desiderio, questo è ciò che la mia gerarchia di valori personali richiede.<<
E' indiscreto chiederLe quale è stato il percorso che L'ha portato a questa scelta? Da quali esperienze pregresse è transitato?
Glielo chiedo non in qualità di psicoterapeuta (che cura disturbi), bensì di psicologa interessata ai percorsi della psiche.
Non so se Lei conosce AVEN, che raggruppa persone poco o per nulla interessate alla sessualità. E non per questo patologiche!
Tante sono le strade che la vita conduce a percorrere; ma quale è - dal suo punto di vista - la patologia a cui accenna in #4? ( <<non so se il mio problema sia psicopatologico, ma sicuramente è patologico: <<)
Perchè rifiutare che una scelta razionale - la castità - non valga "per tutte le stagioni", bensì che in certe altre stagioni l'impluso o altro prenda un temporaneo sopravvento?
<<Io ho semplicemente scelto una via di purezza e di libertà dal desiderio, questo è ciò che la mia gerarchia di valori personali richiede.<<
E' indiscreto chiederLe quale è stato il percorso che L'ha portato a questa scelta? Da quali esperienze pregresse è transitato?
Glielo chiedo non in qualità di psicoterapeuta (che cura disturbi), bensì di psicologa interessata ai percorsi della psiche.
Non so se Lei conosce AVEN, che raggruppa persone poco o per nulla interessate alla sessualità. E non per questo patologiche!
Tante sono le strade che la vita conduce a percorrere; ma quale è - dal suo punto di vista - la patologia a cui accenna in #4? ( <<non so se il mio problema sia psicopatologico, ma sicuramente è patologico: <<)
Perchè rifiutare che una scelta razionale - la castità - non valga "per tutte le stagioni", bensì che in certe altre stagioni l'impluso o altro prenda un temporaneo sopravvento?
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#6]
Utente
Sono lieto di risponderle e non trovo indiscrete le sue domande.
Il mio percorso è cominciato qualche anno fa con l'interesse per il misticismo, per la magia e per ricercare il Fondamento dell'universo - anzi, per diventarlo -.
All'epoca, però, ero piuttosto ingenuo e mi buttai a capofitto in pratiche di questo tipo senza una guida, senza una ricerca accurata delle fonti, senza metodo. Il mio presupposto era: la realtà è quello in cui credo io e in un certo qual modo io sono già il Fondamento dell'universo.
Ovviamente gli esiti furono disastrosi. Nessun risultato, nessun beneficio, una perdita totale di tempo: mi distrassi dagli studi e persi un anno di università. Divenni anche confuso mentalmente (probabilmente perché lo ero già) e paranoico.
Quando mi accorsi che stavo perdendo tempo, che le mie pretese erano inutili, che sono solo un frammento di Fato e di Spazio e non il centro dell'universo, che la realtà intesa come istinto non è la sola ad esistere, ma esiste anche una realtà di prim'ordine, che sta alla base dello stesso istinto, che non tutto è semplicemente un'illusione ed un gioco di illusionisti, sperimentai quello che i mistici chiamano "risveglio".
In verità, all'inizio non avrei considerato la mia situazione come l'esito di un processo. Piuttosto pensavo di essere stato malato e di essere guarito. Avevo semplicemente cominciato a ragionare, a pensare, a conoscere in maniera oggettiva e anche a ricordare le cose semplici, ma belle della vita. Avevo smesso di inseguire fantasmi e scopi immaginari irrealizzabili. Credo che da un punto di vista intellettualizzato mi si potrebbe definire un "realista".
Cominciai a prendere meno sul serio "me" e più sul serio il mio corpo, l'ambiente in cui vivo ed il mondo così com'è, comprese le lacune insite nella conoscenza del mondo. Le mie percezioni e la mia attenzione divennero più intense e delicate, oltre a diventare più critiche. Divenni anche più etico. Tuttora non credo in una morale universale, ma ho imparato ad accettare che le valutazioni morali nella vita sono inevitabili.
Restava un certo rifiuto del mio passato a dire il vero. Rifiutavo il misticismo e lo ritenevo ciarlataneria: continuavo a pensare di essere stato malato. Mi dava fastidio pensare al realismo come ad un atteggiamento "vantaggioso" per me e per la mia salute, come a qualcosa che avevo scelto per stare meglio. Questo perché pensarla in questa maniera mette in discussione la realtà, perché potrei dire che allora ho scelto soltanto un'illusione più utile a quelle più fantasiose. Lentamente ho abbandonato questo rifiuto ed ho compreso che probabilmente ci sono molti errori nella mia cognizione della realtà e che questi errori mi aiutano a vivere, ma la vita non è una fantasia, un'escogitazione del mio istinto: ogni istinto la presuppone.
Così, oggi, comprendo sotto una luce diversa il senso del misticismo e della magia. Non c'è nulla di ultraterreno, non ci sono energie, demoni, angeli e quant'altro. Lo scopo di queste pratiche è concreto: esse sfruttano le illusioni con lo scopo di agire in modi particolari, sfruttano la potenza della mente. Ma non possono essere messe in pratica senza lucidità, senza sapere cosa è reale e cosa non lo è. Allora il demone o l'angelo non è più un'entità da venerare o una cosa da creare per agire su piani sottili: è il risultato di uno sforzo dell'immaginazione, sforzo che può essere fine a se stesso per potenziarsi, oppure può essere usato come ideale verso il quale tendere, come archetipo per aiutare la memoria, come riferimento. O almeno, io la penso così, ma non ho mai conosciuto uno studioso di esoterismo che credesse ai demoni o agli Dei: l'importante in queste materie è la pratica e tutto il resto è argomento delle religioni e delle superstizioni.
Alcune pratiche sono troppo impegnative per me, anche perché l'analogia non è il mio forte. Tuttavia dall'Oriente vengono numerose pratiche basate sul corpo che, pur nella loro complessità, sono più accessibili. La castità è una di queste.
Il sesso non è un dovere sociale. So che l'astinenza non rientra nella normalità e che può essere vista come un comportamento disfunzionale. Però per me non lo è e non credo di offendere nessuno se evito di fare sesso o di praticare la masturbazione. Dal mio punto di vista quando pratico la castità sono più forte, più spensierato, più attento e concentrato: il testosterone mi fa stare bene ed il mio umore è sempre alle stelle, la fatica è un ricordo lontano, la stanchezza pure. Quando la castità manca sono comunque me stesso, ma sono troppo "normale". Per me il sesso non è una fonte di piacere, né un bisogno, è solo un momento molto eccitante e di grande vitalità che però, appena giunge al termine, dà un piacere di pochi secondi seguito da insoddisfazione. Tutta l'energia e tutto lo slancio precedente svanisce nel nulla e mi provoca delusione. Oltretutto dopo il sesso il fattore motivazionale in tutte le cose cala a picco. Non mi fraintenda, quando parlo di insoddisfazione e di delusione non dico che non mi piaccia, che non mi rilassi, che non mi faccia stare in pace, dico solo che quella pace non è all'altezza della tensione precedente, che quella tensione crescente è di gran lunga più soddisfacente e promette molto più di quanto non dia.
La castità è un di più, un piano successivo di esistenza, un paradiso in terra. Quando per tanto tempo evito l'attività sessuale mi ritrovo con lo stesso livello di tensione che precede l'orgasmo, con la stessa densità di speranza, forza e passione, ma in maniera rilassata, dilatata, come se quel piacere sessuale non dovesse finire mai. Inoltre mi trovo in totale libertà e indipendenza dagli altri, ho più tempo a disposizione, meno impegni emotivi per una cosa che non mi interessa. Insomma, la castità mi riempie la vita di destino.
Perché non accettare un alternarsi di castità e attività sessuale? Beh, innanzitutto perché vedo vacillare la mia volontà e la mia capacità di autodominio. Perché torno ad essere "impuro", nel senso che torno ad avere un atteggiamento "egoico", "interessato". Ma soprattutto perché i miei sforzi si vanificano. Io non penso alla castità quando la pratico, non con frequenza almeno, mi godo la vita e basta: ma quando ricado nell'errore penso di essere stato sciocco. Perché chissà quali nuovi livelli avrei potuto raggiungere se avessi continuato. La castità per un mese è pochissimo, direi quasi normale. Dopo un anno, invece? Dopo due? Dopo dieci anni? Come potrebbe cambiare la mia vita in questo modo? Con un'astinenza perenne? E' questo il punto. Lo sforzo per una vita di castità potrebbe farmi conoscere nuovamente il mondo e la vita, ed io vi rinuncio per un nonnulla, per una vecchia abitudine alla dissoluzione che non riesco ad abbandonare.
Il mio percorso è cominciato qualche anno fa con l'interesse per il misticismo, per la magia e per ricercare il Fondamento dell'universo - anzi, per diventarlo -.
All'epoca, però, ero piuttosto ingenuo e mi buttai a capofitto in pratiche di questo tipo senza una guida, senza una ricerca accurata delle fonti, senza metodo. Il mio presupposto era: la realtà è quello in cui credo io e in un certo qual modo io sono già il Fondamento dell'universo.
Ovviamente gli esiti furono disastrosi. Nessun risultato, nessun beneficio, una perdita totale di tempo: mi distrassi dagli studi e persi un anno di università. Divenni anche confuso mentalmente (probabilmente perché lo ero già) e paranoico.
Quando mi accorsi che stavo perdendo tempo, che le mie pretese erano inutili, che sono solo un frammento di Fato e di Spazio e non il centro dell'universo, che la realtà intesa come istinto non è la sola ad esistere, ma esiste anche una realtà di prim'ordine, che sta alla base dello stesso istinto, che non tutto è semplicemente un'illusione ed un gioco di illusionisti, sperimentai quello che i mistici chiamano "risveglio".
In verità, all'inizio non avrei considerato la mia situazione come l'esito di un processo. Piuttosto pensavo di essere stato malato e di essere guarito. Avevo semplicemente cominciato a ragionare, a pensare, a conoscere in maniera oggettiva e anche a ricordare le cose semplici, ma belle della vita. Avevo smesso di inseguire fantasmi e scopi immaginari irrealizzabili. Credo che da un punto di vista intellettualizzato mi si potrebbe definire un "realista".
Cominciai a prendere meno sul serio "me" e più sul serio il mio corpo, l'ambiente in cui vivo ed il mondo così com'è, comprese le lacune insite nella conoscenza del mondo. Le mie percezioni e la mia attenzione divennero più intense e delicate, oltre a diventare più critiche. Divenni anche più etico. Tuttora non credo in una morale universale, ma ho imparato ad accettare che le valutazioni morali nella vita sono inevitabili.
Restava un certo rifiuto del mio passato a dire il vero. Rifiutavo il misticismo e lo ritenevo ciarlataneria: continuavo a pensare di essere stato malato. Mi dava fastidio pensare al realismo come ad un atteggiamento "vantaggioso" per me e per la mia salute, come a qualcosa che avevo scelto per stare meglio. Questo perché pensarla in questa maniera mette in discussione la realtà, perché potrei dire che allora ho scelto soltanto un'illusione più utile a quelle più fantasiose. Lentamente ho abbandonato questo rifiuto ed ho compreso che probabilmente ci sono molti errori nella mia cognizione della realtà e che questi errori mi aiutano a vivere, ma la vita non è una fantasia, un'escogitazione del mio istinto: ogni istinto la presuppone.
Così, oggi, comprendo sotto una luce diversa il senso del misticismo e della magia. Non c'è nulla di ultraterreno, non ci sono energie, demoni, angeli e quant'altro. Lo scopo di queste pratiche è concreto: esse sfruttano le illusioni con lo scopo di agire in modi particolari, sfruttano la potenza della mente. Ma non possono essere messe in pratica senza lucidità, senza sapere cosa è reale e cosa non lo è. Allora il demone o l'angelo non è più un'entità da venerare o una cosa da creare per agire su piani sottili: è il risultato di uno sforzo dell'immaginazione, sforzo che può essere fine a se stesso per potenziarsi, oppure può essere usato come ideale verso il quale tendere, come archetipo per aiutare la memoria, come riferimento. O almeno, io la penso così, ma non ho mai conosciuto uno studioso di esoterismo che credesse ai demoni o agli Dei: l'importante in queste materie è la pratica e tutto il resto è argomento delle religioni e delle superstizioni.
Alcune pratiche sono troppo impegnative per me, anche perché l'analogia non è il mio forte. Tuttavia dall'Oriente vengono numerose pratiche basate sul corpo che, pur nella loro complessità, sono più accessibili. La castità è una di queste.
Il sesso non è un dovere sociale. So che l'astinenza non rientra nella normalità e che può essere vista come un comportamento disfunzionale. Però per me non lo è e non credo di offendere nessuno se evito di fare sesso o di praticare la masturbazione. Dal mio punto di vista quando pratico la castità sono più forte, più spensierato, più attento e concentrato: il testosterone mi fa stare bene ed il mio umore è sempre alle stelle, la fatica è un ricordo lontano, la stanchezza pure. Quando la castità manca sono comunque me stesso, ma sono troppo "normale". Per me il sesso non è una fonte di piacere, né un bisogno, è solo un momento molto eccitante e di grande vitalità che però, appena giunge al termine, dà un piacere di pochi secondi seguito da insoddisfazione. Tutta l'energia e tutto lo slancio precedente svanisce nel nulla e mi provoca delusione. Oltretutto dopo il sesso il fattore motivazionale in tutte le cose cala a picco. Non mi fraintenda, quando parlo di insoddisfazione e di delusione non dico che non mi piaccia, che non mi rilassi, che non mi faccia stare in pace, dico solo che quella pace non è all'altezza della tensione precedente, che quella tensione crescente è di gran lunga più soddisfacente e promette molto più di quanto non dia.
La castità è un di più, un piano successivo di esistenza, un paradiso in terra. Quando per tanto tempo evito l'attività sessuale mi ritrovo con lo stesso livello di tensione che precede l'orgasmo, con la stessa densità di speranza, forza e passione, ma in maniera rilassata, dilatata, come se quel piacere sessuale non dovesse finire mai. Inoltre mi trovo in totale libertà e indipendenza dagli altri, ho più tempo a disposizione, meno impegni emotivi per una cosa che non mi interessa. Insomma, la castità mi riempie la vita di destino.
Perché non accettare un alternarsi di castità e attività sessuale? Beh, innanzitutto perché vedo vacillare la mia volontà e la mia capacità di autodominio. Perché torno ad essere "impuro", nel senso che torno ad avere un atteggiamento "egoico", "interessato". Ma soprattutto perché i miei sforzi si vanificano. Io non penso alla castità quando la pratico, non con frequenza almeno, mi godo la vita e basta: ma quando ricado nell'errore penso di essere stato sciocco. Perché chissà quali nuovi livelli avrei potuto raggiungere se avessi continuato. La castità per un mese è pochissimo, direi quasi normale. Dopo un anno, invece? Dopo due? Dopo dieci anni? Come potrebbe cambiare la mia vita in questo modo? Con un'astinenza perenne? E' questo il punto. Lo sforzo per una vita di castità potrebbe farmi conoscere nuovamente il mondo e la vita, ed io vi rinuncio per un nonnulla, per una vecchia abitudine alla dissoluzione che non riesco ad abbandonare.
[#7]
Il suo racconto solleva un tema molto delicato.
È fondamentale capire il senso dei nostri valori, metterci in discussione, comprendere perché ci muoviamo in un modo più che in un altro. Questo è indispensabile per capire chi siamo e, senza scomodare l'inconscio, per esprimere noi stessi nel modo che riteniamo più giusto per noi.
È fondamentale capire il senso dei nostri valori, metterci in discussione, comprendere perché ci muoviamo in un modo più che in un altro. Questo è indispensabile per capire chi siamo e, senza scomodare l'inconscio, per esprimere noi stessi nel modo che riteniamo più giusto per noi.
Dr. Enrico de Sanctis - Roma
Psicologo e Psicoterapeuta a orientamento psicoanalitico
www.enricodesanctis.it
[#8]
Mi sembra tuttavia che la castità non sia legata a un aspetto religioso, ma più psicologico. La sua scelta di scriverci forse ne è l'espressione e questo è positivo.
Mi sento di dirle un mio vissuto nel leggere le sue parole.
Sembra che l'astinenza abbia una sua funzione quando dice questo: "Quando pratico la castità sono più forte, più spensierato, più attento e concentrato: il testosterone mi fa stare bene ed il mio umore è sempre alle stelle".
E ancora: "Quando per tanto tempo evito l'attività sessuale mi ritrovo con lo stesso livello di tensione che precede l'orgasmo... Inoltre mi trovo in totale libertà e indipendenza dagli altri".
Sembra quasi che il sesso preferisca viverlo "dentro" più che "fuori".
Mi viene da suggerirle che il sesso si vive nella relazione e mi domando se questo può essere per lei un punto critico.
Approfondirei questo con uno psicoterapeuta affinché possa riconoscere meglio questo suo importante vissuto e possa essere più libero di scegliere come viverlo.
Mi sento di dirle un mio vissuto nel leggere le sue parole.
Sembra che l'astinenza abbia una sua funzione quando dice questo: "Quando pratico la castità sono più forte, più spensierato, più attento e concentrato: il testosterone mi fa stare bene ed il mio umore è sempre alle stelle".
E ancora: "Quando per tanto tempo evito l'attività sessuale mi ritrovo con lo stesso livello di tensione che precede l'orgasmo... Inoltre mi trovo in totale libertà e indipendenza dagli altri".
Sembra quasi che il sesso preferisca viverlo "dentro" più che "fuori".
Mi viene da suggerirle che il sesso si vive nella relazione e mi domando se questo può essere per lei un punto critico.
Approfondirei questo con uno psicoterapeuta affinché possa riconoscere meglio questo suo importante vissuto e possa essere più libero di scegliere come viverlo.
[#9]
Utente
Sì, è un punto critico: non capisco il significato di "dentro" e "fuori" in questo contesto.
Né capisco cosa intende con "il sesso si vive nella relazione".
Rimangio tutto. Ho capito cosa intende! Più che un punto critico è IL punto critico. Sono consapevole degli impegni emotivi che una relazione di tipo sessuale comporta e so come viverli: proprio per questo vivo il sesso come qualcosa di "impuro".
Né capisco cosa intende con "il sesso si vive nella relazione".
Rimangio tutto. Ho capito cosa intende! Più che un punto critico è IL punto critico. Sono consapevole degli impegni emotivi che una relazione di tipo sessuale comporta e so come viverli: proprio per questo vivo il sesso come qualcosa di "impuro".
[#10]
Il sesso sembra darle più piacere e gratificazione se lo vive senza praticarlo e spenderlo nella relazione. Questo mi ha colpito.
Anche perché sembra viverlo comunque. Dentro di lei c'è la tensione sessuale e questo per lei è accettabile, anzi auspicabile, e non c'è "dissoluzione" in questo. C'è un controllo che le dà forza?
Penso che sia molto importante che lei possa confrontarsi con questi vissuti, senza dimenticare che è un tema delicato.
Anche perché sembra viverlo comunque. Dentro di lei c'è la tensione sessuale e questo per lei è accettabile, anzi auspicabile, e non c'è "dissoluzione" in questo. C'è un controllo che le dà forza?
Penso che sia molto importante che lei possa confrontarsi con questi vissuti, senza dimenticare che è un tema delicato.
[#11]
Utente
Il paragone non è esatto: sono come una persona che non ha fame, ma che sta mangiando. C'è la tensione, ma non c'è il desiderio.
Comunque,mi pare, il nostro discorso va a parare sulla cessazione dell'introspezione e sull'insight.
Un controllo potrebbero essere i miei genitori, che mi hanno trasmesso gli interessi filosofici: di conseguenza gli autori di filosofia ed il mio insegnante di filosofia alle scuole superiori.
Un altro controllo potrebbe essere il mio apprendistato (che ora ho abbandonato) con un insegnante di Kung Fu Wushu molto preparato nei problemi del Qi Gong e laureato in sociologia.
Ora però sono curioso di sapere come va avanti, premettendo che non so nulla dell'insight, né dell'autoosservazione. Anzi, posmettendo.
Il mio problema, in queste faccende, è che il "vedermi da fuori" è per me un controsenso, un qualcosa che non riesco a tollerare.
Lo stesso vale per il vedere l'altro. I "suoi" vissuti: ammesso che possano definirsi suoi.
Comunque,mi pare, il nostro discorso va a parare sulla cessazione dell'introspezione e sull'insight.
Un controllo potrebbero essere i miei genitori, che mi hanno trasmesso gli interessi filosofici: di conseguenza gli autori di filosofia ed il mio insegnante di filosofia alle scuole superiori.
Un altro controllo potrebbe essere il mio apprendistato (che ora ho abbandonato) con un insegnante di Kung Fu Wushu molto preparato nei problemi del Qi Gong e laureato in sociologia.
Ora però sono curioso di sapere come va avanti, premettendo che non so nulla dell'insight, né dell'autoosservazione. Anzi, posmettendo.
Il mio problema, in queste faccende, è che il "vedermi da fuori" è per me un controsenso, un qualcosa che non riesco a tollerare.
Lo stesso vale per il vedere l'altro. I "suoi" vissuti: ammesso che possano definirsi suoi.
[#12]
Gentile Utente,
Aggiungo qualche nota ed una lettura a quelle già ricevute.
Per cosa era in terapia?
Quanto tempo è durata la sua terapia e con che risultati?
Spesso il dessierio di castità, cela tante paure, difficoltà, anche falsi miti sulla sessualità.
Sembra dal suo racconto che lei abbia paura di perdere il controllo sul corpo, sulla sua fisicità, ma in realtà psiche e soma sono congiunti ed il benessere dell'uno amolifuca quello dell'altro.
Legga questa lettura e, se desidera, poi ne riparliamo
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4538-vegetariani-dell-amore-amore-senza-corpo-funziona-davvero.html
Aggiungo qualche nota ed una lettura a quelle già ricevute.
Per cosa era in terapia?
Quanto tempo è durata la sua terapia e con che risultati?
Spesso il dessierio di castità, cela tante paure, difficoltà, anche falsi miti sulla sessualità.
Sembra dal suo racconto che lei abbia paura di perdere il controllo sul corpo, sulla sua fisicità, ma in realtà psiche e soma sono congiunti ed il benessere dell'uno amolifuca quello dell'altro.
Legga questa lettura e, se desidera, poi ne riparliamo
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4538-vegetariani-dell-amore-amore-senza-corpo-funziona-davvero.html
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#13]
Gentile utente,
<<Il sesso non è un dovere sociale. So che l'astinenza non rientra nella normalità e che può essere vista come un comportamento disfunzionale. Però per me non lo è e non credo di offendere nessuno se evito di fare sesso o di praticare la masturbazione.<<
Gentile utente,
Condivido, Fare sesso non è un dovere, non farlo non è un dovere.
Se per la psicologia non è un problema riconoscere l'esistenza di pulsioni e darvi risposta, nei molteplici modi che gli umani hanno inventato, rinunciare a soddisfarle in nome di interessi più elevati (valoriali, etici personali ecc.) non rappresenta un problema, cioè una patologia.
Eventualmente il problema sta nel fatto che talvolta la rinuncia, apparentemente valoriale, in realtà copre una difficoltà; uno dei casi - per farmi capire - è quando una coppia rinuncia ai rapporti prematrimoniali per motivi religiosi, ma - una volta sposati - la lei è vaginistica, il lui soffre di disfunzione erettile; la scelta precedente, i valori, erano in realtà "pseudo", rappresentavano la copertura del sintomo.
Tornando al caso Suo,
<<E' questo il punto. Lo sforzo per una vita di castità potrebbe farmi conoscere nuovamente il mondo e la vita, ed io vi rinuncio per un nonnulla, per una vecchia abitudine alla dissoluzione che non riesco ad abbandonare.<<
Ogni scelta dà e toglie.
L'incapacità a perseguire una scelta pone dubbi:
-da una parte sulla persona e sulla sua forza interiore,
-dall'altra sul contenuto della scelta
-e infine sulla sua concreta perseguibilità da parte di quella specifica persona.
Nell'ultimo punto si pone l'interrogativo: perchè succede?
Su tutto quanto detto in questo consulto e risposte, una domanda più generale: quanto come psicologo posso entrare dentro un percorso esistenziale e comprenerlo fino in fondo?
Saluti cordiali.
<<Il sesso non è un dovere sociale. So che l'astinenza non rientra nella normalità e che può essere vista come un comportamento disfunzionale. Però per me non lo è e non credo di offendere nessuno se evito di fare sesso o di praticare la masturbazione.<<
Gentile utente,
Condivido, Fare sesso non è un dovere, non farlo non è un dovere.
Se per la psicologia non è un problema riconoscere l'esistenza di pulsioni e darvi risposta, nei molteplici modi che gli umani hanno inventato, rinunciare a soddisfarle in nome di interessi più elevati (valoriali, etici personali ecc.) non rappresenta un problema, cioè una patologia.
Eventualmente il problema sta nel fatto che talvolta la rinuncia, apparentemente valoriale, in realtà copre una difficoltà; uno dei casi - per farmi capire - è quando una coppia rinuncia ai rapporti prematrimoniali per motivi religiosi, ma - una volta sposati - la lei è vaginistica, il lui soffre di disfunzione erettile; la scelta precedente, i valori, erano in realtà "pseudo", rappresentavano la copertura del sintomo.
Tornando al caso Suo,
<<E' questo il punto. Lo sforzo per una vita di castità potrebbe farmi conoscere nuovamente il mondo e la vita, ed io vi rinuncio per un nonnulla, per una vecchia abitudine alla dissoluzione che non riesco ad abbandonare.<<
Ogni scelta dà e toglie.
L'incapacità a perseguire una scelta pone dubbi:
-da una parte sulla persona e sulla sua forza interiore,
-dall'altra sul contenuto della scelta
-e infine sulla sua concreta perseguibilità da parte di quella specifica persona.
Nell'ultimo punto si pone l'interrogativo: perchè succede?
Su tutto quanto detto in questo consulto e risposte, una domanda più generale: quanto come psicologo posso entrare dentro un percorso esistenziale e comprenerlo fino in fondo?
Saluti cordiali.
[#14]
>>> Riuscire però a "sbloccarmi", se può essere fatto con la forza di volontà, potrà anche essere fatto, e forse meglio, con delle tecniche psicologiche adatte.
>>>
Forse voleva dire: "riuscire a bloccarmi".
Partiamo da un presupposto: non tutto ciò che desideriamo è conveniente per noi né possiamo realizzarlo. Purtroppo, esistono anche desideri non sani.
Esiste ad esempio una forma di grave psicopatologia in cui la persona sente come estranee una o più parti del corpo, ad esempio le gambe. E va in giro per medici a chieder loro di amputargliele. Le gambe non hanno nulla, stanno benissimo. È il paziente che è convinto che quelle gambe non debbano stare là.
Se lei fosse un medico, aiuterebbe pazienti così a togliere di mezzo arti sani? Ovviamente no, almeno non credo. Un medico non può, per deontologia innanzitutto, danneggiare un corpo sano.
Il tragico epilogo di questa patologia è che non di rado il paziente prova ad amputarsi da solo, le lascio immaginare con quali conseguenze.
Nel caso del suo desiderio di rimuovere il desiderio sessuale, si potrebbe fare un ragionamento analogo.
I santi e mistici che rinunciano alla sessualità non hanno bisogno di sforzarsi o di "bloccarsi", la rinuncia avviene spontaneamente. Probabilmente perché le sensazioni di estasi da cui sono invasi sono tali da sovrastare qualunque altro desiderio terreno. E nemmeno tutti smettono di fare attività sessuale, dato che esistono varie "scuole" di misticismo. Anzi, alcune di esse si basano *proprio* sulla sessualità.
Se davvero è interessato a seguire il cammino del mistico, la inviterei a considerare la rinuncia al sesso come un punto (intermedio) di arrivo, non di partenza. Diversamente starebbe solo creandosi un problema da solo.
>>>
Forse voleva dire: "riuscire a bloccarmi".
Partiamo da un presupposto: non tutto ciò che desideriamo è conveniente per noi né possiamo realizzarlo. Purtroppo, esistono anche desideri non sani.
Esiste ad esempio una forma di grave psicopatologia in cui la persona sente come estranee una o più parti del corpo, ad esempio le gambe. E va in giro per medici a chieder loro di amputargliele. Le gambe non hanno nulla, stanno benissimo. È il paziente che è convinto che quelle gambe non debbano stare là.
Se lei fosse un medico, aiuterebbe pazienti così a togliere di mezzo arti sani? Ovviamente no, almeno non credo. Un medico non può, per deontologia innanzitutto, danneggiare un corpo sano.
Il tragico epilogo di questa patologia è che non di rado il paziente prova ad amputarsi da solo, le lascio immaginare con quali conseguenze.
Nel caso del suo desiderio di rimuovere il desiderio sessuale, si potrebbe fare un ragionamento analogo.
I santi e mistici che rinunciano alla sessualità non hanno bisogno di sforzarsi o di "bloccarsi", la rinuncia avviene spontaneamente. Probabilmente perché le sensazioni di estasi da cui sono invasi sono tali da sovrastare qualunque altro desiderio terreno. E nemmeno tutti smettono di fare attività sessuale, dato che esistono varie "scuole" di misticismo. Anzi, alcune di esse si basano *proprio* sulla sessualità.
Se davvero è interessato a seguire il cammino del mistico, la inviterei a considerare la rinuncia al sesso come un punto (intermedio) di arrivo, non di partenza. Diversamente starebbe solo creandosi un problema da solo.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#15]
"Il "vedermi da fuori" è per me un controsenso, un qualcosa che non riesco a tollerare".
Questo discorso mi sembra estremamente prezioso.
E credo sia in linea con quello che stiamo dicendo.
Il fatto di non riuscire a dominare il desiderio sessuale può fortunatamente portarla a guardarsi dentro, anche se per lei è "intollerabile". Guardi, è forte questa parola che usa, a volte si può avere paura di guardarsi dentro e di muoversi nel mondo. Ma è il modo per esprimerci e vivere in sintonia con quello che siamo.
Questo discorso mi sembra estremamente prezioso.
E credo sia in linea con quello che stiamo dicendo.
Il fatto di non riuscire a dominare il desiderio sessuale può fortunatamente portarla a guardarsi dentro, anche se per lei è "intollerabile". Guardi, è forte questa parola che usa, a volte si può avere paura di guardarsi dentro e di muoversi nel mondo. Ma è il modo per esprimerci e vivere in sintonia con quello che siamo.
[#16]
Utente
Gentil Dr. Valeria Randone,
la mia esperienza differisce da quella dei cosiddetti "vegetariani dell'amore" nell'alternativa che essi ricercano. Rinunciando alla sessualità rinuncio anche, - per quanto possa sembrare deplorevole -, all'empatia mentale ed emozionale. Anche l'empatia mi distoglie dal percorso di purezza, perché mi pongono di fronte a problemi estranei, che non riconosco. Lo sforzo di calarmi in questi problemi comporta una spesa elevata ed il guadagno manca del tutto: quali benefici traggo dall'identificarmi con ciò che non mi è proprio? Non sono riuscito a dare una risposta soddisfacente a questa domanda.
Resta pur sempre la possibilità di considerare il beneficio altrui prima del mio, ma è una possibilità densa di problemi e di prospettive diverse, che forse dovrei prendere in esame quando sarò più maturo.
Relativamente alla questione del controllo resta da valutare se perdere il controllo della propria psiche sia per tutti i soggetti salutare: questo discorso lo approfondirò nella risposta al dottor De Sanctis. Per ora le indico la duplice prospettiva sotto la quale guardo la questione: il controllo e la sua perdita su mente e corpo deve procedere, a mio avviso, per fasi alterne. Una fase controllata nella gestione del corpo permette di acquisire le abilità ed una incontrollata permette di esprimerle: allo stesso modo di come un atleta ha il pieno controllo su ogni minimo gesto durante l'allenamento e lo perde, in favore dello sforzo supremo, durante la gara. Opto, in questo, per un equilibrio fra le parti. Per la mente agisco all'inverso: di norma lascio la mente "senza catene", libera di vagare, se mi si permette l'espressione, "di palo in frasca", e questa fase corrisponde a quella che nel corpo chiamo allenamento. Le cose cambiano quando tiro in ballo la conoscenza oggettiva, nella quale rientra anche l'autoosservazione; qui la mente deve sorvegliare con attenzione, deve spendersi. Però in questa fase ci sono dei limiti da rispettare: una sorveglianza oggettiva che prenda in esame la totalità delle cose perde la sua obiettività. Forse è questo quello che Lei identifica con la paura di perdere il controllo. Avanzando l'ipotesi che una stessa cosa possa essere vista da molteplici punti di vista, la limitazione della psiche ai singoli aspetti razionali (logico-causali) potrebbe essere una falla nella sua salute: di fatto, ascoltando i discorsi delle persone, il mio stile cognitivo esclude i loro vissuti e buona parte delle loro aspirazioni o emozioni. Questa scelta però è dettata da una necessità che oltrepassa il semplice obiettivo di purezza e di distanza dalle passioni al quale accennavo all'inizio. Sicuramente questo obiettivo contribuisce, ma non è il solo ostacolo. E' la parte razionale ad esigerlo: ad ogni allontanamento dalle questioni logico-causali la mia parte razionale obietta mostrandomi la contraddizione e l'antinomia. Questo porta ad un rifiuto dell'irrazionale, rifiuto che va visto come avviso: "quanto tu scorgi, sebbene sia visibile e presente, non può essere visto come qualcosa di oggettivo, rimane pura soggettività".
Sicuramente nella visione ecclesiastica della castità le paure, le difficoltà ed i falsi miti sulla sessualità sono il perno della pratica. La Chiesa - e spero qui di non offendere nessuno - ha sempre avuto paura del corpo, della carne, delle cose mondane. Ogni idea Cristiana si rivolge all'ultraterreno, all'aldilà, alla vita eterna. Se dovessi dare una definizione del tipo del Cristiano canonico lo chiamerei quasi "perverso", se non fosse sconveniente una tale definizione: qualcuno che si è guardato allo specchio ed ha provato orrore, dopodiché si è convinto di essere un'anima, di essere altro da sé. In oriente questi concetti non esistono: la castità è solo un volto della sessualità, l'altra faccia di una stessa medaglia. Citando i versi di Goethe: "su questa terra sorgano le mie gioie e questo è il sole che illumina i miei dolori". Goethe era un massone, non un religioso.
Gentile dottoressa Carla Maria Brunialti,
<<L'incapacità a perseguire una scelta pone dubbi:
-da una parte sulla persona e sulla sua forza interiore,
-dall'altra sul contenuto della scelta
-e infine sulla sua concreta perseguibilità da parte di quella specifica persona.
Nell'ultimo punto si pone l'interrogativo: perchè succede?<<
Questi dubbi sono oltremodo leciti.
Per ora la risposta che ho dato al Suo interrogativo è questa: la mia abitudine all'attività sessuale è ben radicata, nonché supportata da una pulsione che ha necessariamente una sua forza prorompente. Sebbene io sia convinto che il perseguimento della mia scelta dipenda soprattutto dalla capacità di superare un'abitudine ben radicata e non dalla spinta pulsionale "in sé", questo non scalza i dubbi da Lei sollevati.
Le domando: è consigliabile, in sede psicoterapeutica, trattare l'argomento della mia forza interiore? Posso, cioè, leggere nei dubbi posti il consiglio di focalizzare la mia ricerca interiore, guidata da uno psicoterapeuta, su questo argomento invece che sulla castità di per sé?
<<Su tutto quanto detto in questo consulto e risposte, una domanda più generale: quanto come psicologo posso entrare dentro un percorso esistenziale e comprenerlo fino in fondo?<<
Dico la mia a riguardo. Credo che questo quesito apra le porte ad un altro, che cito da Nietzsche: "quanta verità può sopportare un uomo?". Non sono propriamente lo stesso quesito, perché il secondo è posto in termini più generali, mentre il primo riguarda gli argomenti strettamente psicologici. Non credo che certi limiti si possano superare, ossia che si possa vedere il mondo con gli occhi dell'Altro. Estenderei questo limite anche al vissuto altrui: ci si può avvicinare ad esso mediante l'analogia, ma la soggettività totale del vissuto resta preclusa.
Tuttavia credo che ci sia un grado massimo di comprensione raggiungibile, che si serva della tipologia. La persona, cioè, ci si può dischiudere nella sua "essenza" più generale, che ritroviamo come nucleo in noi stessi. A partire da questa essenza possiamo trovare le connessioni con la totalità degli individui ed il suo caratere peculiare, la sua unicità. In un caso simile l'Amore arriverebbe a raggiungere il suo apice, nel quale le due persone si ritrovano in unità, come cosa singola.
Ciò che resta in disparte e che sfugge alla comprensione è l'individualità pura, ossia l'essere-l'Altro, che differisce dall'essere-con-e-per-l'Altro e dall'essere-una-cosa-sola-con-l'Altro.
Così la vedo io.
Gentile dottor Giuseppe Santonocito,
per foruna non sono un santo, né seguo la massima di Paolo "se l'occhio tuo ti reca fastido, cavalo".
Io considero un "blocco" il ricadere nel desiderio sessuale, come se si trattasse di un punto di discontinuità all'interno di un cammino spontaneo: una specie di stallo all'interno di un fluire. Ho notato che avviene in corrispondenza dei mutamenti climatici.
Terrò comunque in considerazione il suo prezioso consiglio, che trovo corrispondere ad alcune mie ipotesi sulla via giusta de seguire.
Gentile dottor Enrico De Sanctis,
l'intollerabilità del guardarsi dentro, del procedere per vie empatiche e sentimentali, è puramente teoretica. Non è la paura dell'ignoto a impedirmi di vedere le cose da questo punto di vista, ma il rifiuto della mente razionale per ciò che essa considera un nonsenso o un controsenso. Di fronte a tali prospettive la seguente antinomia prende piede: se il vissuto ha delle connessioni con tutti gli altri vissuti, tali connessioni sono causali, ma se tali connessioni sono causali i vissuti non sono vissuti, ma esperienze. Non è soltanto una questione formale questa: di fronte al problema della conoscenza oggettiva di un vissuto, mio o altrui, mi trovo spaesato, senza riferimenti; all'immediatezza dell'intuizione e alla sensazione di comprendere, segue immediatamente una perdita della totalità di senso, un oblio.
Non credo che questa situazione possa cambiare, ma forse mi sbaglio. Credo che la parte razionale della mia psiche si sia sviluppata in modo da escludere l'irrazionale: non come qualcosa di impossibile o di irreale, ma come qualcosa di inconoscibile. Accetto l'irrazionale come parte della realtà, anzi, come fondamento della realtà e soprattutto della vita. La razionalità stessa è probabilmente solo un istinto superiore. Questo non mi genera rifiuto: ciò che genera rifiuto è il tentativo di comprendere oggettivamente l'irrazionale. Probabilmente questo mezzo è impiegato dalla ragione per far sì che l'irrazionale non prenda il sopravvento, ossia per impedire la perdita di razionalità. Evidentemente, se questo avviene, è perché la comprensione si paga ad un certo prezzo, che è quello di indebolire la capacità di spiegazione.
P.S. Vi informo che ho contattato una psicoterapeuta e che attendo una sua risposta.
la mia esperienza differisce da quella dei cosiddetti "vegetariani dell'amore" nell'alternativa che essi ricercano. Rinunciando alla sessualità rinuncio anche, - per quanto possa sembrare deplorevole -, all'empatia mentale ed emozionale. Anche l'empatia mi distoglie dal percorso di purezza, perché mi pongono di fronte a problemi estranei, che non riconosco. Lo sforzo di calarmi in questi problemi comporta una spesa elevata ed il guadagno manca del tutto: quali benefici traggo dall'identificarmi con ciò che non mi è proprio? Non sono riuscito a dare una risposta soddisfacente a questa domanda.
Resta pur sempre la possibilità di considerare il beneficio altrui prima del mio, ma è una possibilità densa di problemi e di prospettive diverse, che forse dovrei prendere in esame quando sarò più maturo.
Relativamente alla questione del controllo resta da valutare se perdere il controllo della propria psiche sia per tutti i soggetti salutare: questo discorso lo approfondirò nella risposta al dottor De Sanctis. Per ora le indico la duplice prospettiva sotto la quale guardo la questione: il controllo e la sua perdita su mente e corpo deve procedere, a mio avviso, per fasi alterne. Una fase controllata nella gestione del corpo permette di acquisire le abilità ed una incontrollata permette di esprimerle: allo stesso modo di come un atleta ha il pieno controllo su ogni minimo gesto durante l'allenamento e lo perde, in favore dello sforzo supremo, durante la gara. Opto, in questo, per un equilibrio fra le parti. Per la mente agisco all'inverso: di norma lascio la mente "senza catene", libera di vagare, se mi si permette l'espressione, "di palo in frasca", e questa fase corrisponde a quella che nel corpo chiamo allenamento. Le cose cambiano quando tiro in ballo la conoscenza oggettiva, nella quale rientra anche l'autoosservazione; qui la mente deve sorvegliare con attenzione, deve spendersi. Però in questa fase ci sono dei limiti da rispettare: una sorveglianza oggettiva che prenda in esame la totalità delle cose perde la sua obiettività. Forse è questo quello che Lei identifica con la paura di perdere il controllo. Avanzando l'ipotesi che una stessa cosa possa essere vista da molteplici punti di vista, la limitazione della psiche ai singoli aspetti razionali (logico-causali) potrebbe essere una falla nella sua salute: di fatto, ascoltando i discorsi delle persone, il mio stile cognitivo esclude i loro vissuti e buona parte delle loro aspirazioni o emozioni. Questa scelta però è dettata da una necessità che oltrepassa il semplice obiettivo di purezza e di distanza dalle passioni al quale accennavo all'inizio. Sicuramente questo obiettivo contribuisce, ma non è il solo ostacolo. E' la parte razionale ad esigerlo: ad ogni allontanamento dalle questioni logico-causali la mia parte razionale obietta mostrandomi la contraddizione e l'antinomia. Questo porta ad un rifiuto dell'irrazionale, rifiuto che va visto come avviso: "quanto tu scorgi, sebbene sia visibile e presente, non può essere visto come qualcosa di oggettivo, rimane pura soggettività".
Sicuramente nella visione ecclesiastica della castità le paure, le difficoltà ed i falsi miti sulla sessualità sono il perno della pratica. La Chiesa - e spero qui di non offendere nessuno - ha sempre avuto paura del corpo, della carne, delle cose mondane. Ogni idea Cristiana si rivolge all'ultraterreno, all'aldilà, alla vita eterna. Se dovessi dare una definizione del tipo del Cristiano canonico lo chiamerei quasi "perverso", se non fosse sconveniente una tale definizione: qualcuno che si è guardato allo specchio ed ha provato orrore, dopodiché si è convinto di essere un'anima, di essere altro da sé. In oriente questi concetti non esistono: la castità è solo un volto della sessualità, l'altra faccia di una stessa medaglia. Citando i versi di Goethe: "su questa terra sorgano le mie gioie e questo è il sole che illumina i miei dolori". Goethe era un massone, non un religioso.
Gentile dottoressa Carla Maria Brunialti,
<<L'incapacità a perseguire una scelta pone dubbi:
-da una parte sulla persona e sulla sua forza interiore,
-dall'altra sul contenuto della scelta
-e infine sulla sua concreta perseguibilità da parte di quella specifica persona.
Nell'ultimo punto si pone l'interrogativo: perchè succede?<<
Questi dubbi sono oltremodo leciti.
Per ora la risposta che ho dato al Suo interrogativo è questa: la mia abitudine all'attività sessuale è ben radicata, nonché supportata da una pulsione che ha necessariamente una sua forza prorompente. Sebbene io sia convinto che il perseguimento della mia scelta dipenda soprattutto dalla capacità di superare un'abitudine ben radicata e non dalla spinta pulsionale "in sé", questo non scalza i dubbi da Lei sollevati.
Le domando: è consigliabile, in sede psicoterapeutica, trattare l'argomento della mia forza interiore? Posso, cioè, leggere nei dubbi posti il consiglio di focalizzare la mia ricerca interiore, guidata da uno psicoterapeuta, su questo argomento invece che sulla castità di per sé?
<<Su tutto quanto detto in questo consulto e risposte, una domanda più generale: quanto come psicologo posso entrare dentro un percorso esistenziale e comprenerlo fino in fondo?<<
Dico la mia a riguardo. Credo che questo quesito apra le porte ad un altro, che cito da Nietzsche: "quanta verità può sopportare un uomo?". Non sono propriamente lo stesso quesito, perché il secondo è posto in termini più generali, mentre il primo riguarda gli argomenti strettamente psicologici. Non credo che certi limiti si possano superare, ossia che si possa vedere il mondo con gli occhi dell'Altro. Estenderei questo limite anche al vissuto altrui: ci si può avvicinare ad esso mediante l'analogia, ma la soggettività totale del vissuto resta preclusa.
Tuttavia credo che ci sia un grado massimo di comprensione raggiungibile, che si serva della tipologia. La persona, cioè, ci si può dischiudere nella sua "essenza" più generale, che ritroviamo come nucleo in noi stessi. A partire da questa essenza possiamo trovare le connessioni con la totalità degli individui ed il suo caratere peculiare, la sua unicità. In un caso simile l'Amore arriverebbe a raggiungere il suo apice, nel quale le due persone si ritrovano in unità, come cosa singola.
Ciò che resta in disparte e che sfugge alla comprensione è l'individualità pura, ossia l'essere-l'Altro, che differisce dall'essere-con-e-per-l'Altro e dall'essere-una-cosa-sola-con-l'Altro.
Così la vedo io.
Gentile dottor Giuseppe Santonocito,
per foruna non sono un santo, né seguo la massima di Paolo "se l'occhio tuo ti reca fastido, cavalo".
Io considero un "blocco" il ricadere nel desiderio sessuale, come se si trattasse di un punto di discontinuità all'interno di un cammino spontaneo: una specie di stallo all'interno di un fluire. Ho notato che avviene in corrispondenza dei mutamenti climatici.
Terrò comunque in considerazione il suo prezioso consiglio, che trovo corrispondere ad alcune mie ipotesi sulla via giusta de seguire.
Gentile dottor Enrico De Sanctis,
l'intollerabilità del guardarsi dentro, del procedere per vie empatiche e sentimentali, è puramente teoretica. Non è la paura dell'ignoto a impedirmi di vedere le cose da questo punto di vista, ma il rifiuto della mente razionale per ciò che essa considera un nonsenso o un controsenso. Di fronte a tali prospettive la seguente antinomia prende piede: se il vissuto ha delle connessioni con tutti gli altri vissuti, tali connessioni sono causali, ma se tali connessioni sono causali i vissuti non sono vissuti, ma esperienze. Non è soltanto una questione formale questa: di fronte al problema della conoscenza oggettiva di un vissuto, mio o altrui, mi trovo spaesato, senza riferimenti; all'immediatezza dell'intuizione e alla sensazione di comprendere, segue immediatamente una perdita della totalità di senso, un oblio.
Non credo che questa situazione possa cambiare, ma forse mi sbaglio. Credo che la parte razionale della mia psiche si sia sviluppata in modo da escludere l'irrazionale: non come qualcosa di impossibile o di irreale, ma come qualcosa di inconoscibile. Accetto l'irrazionale come parte della realtà, anzi, come fondamento della realtà e soprattutto della vita. La razionalità stessa è probabilmente solo un istinto superiore. Questo non mi genera rifiuto: ciò che genera rifiuto è il tentativo di comprendere oggettivamente l'irrazionale. Probabilmente questo mezzo è impiegato dalla ragione per far sì che l'irrazionale non prenda il sopravvento, ossia per impedire la perdita di razionalità. Evidentemente, se questo avviene, è perché la comprensione si paga ad un certo prezzo, che è quello di indebolire la capacità di spiegazione.
P.S. Vi informo che ho contattato una psicoterapeuta e che attendo una sua risposta.
[#17]
>>> Io considero un "blocco" il ricadere nel desiderio sessuale, come se si trattasse di un punto di discontinuità all'interno di un cammino spontaneo: una specie di stallo all'interno di un fluire
>>>
Potrebbe trattarsi di un malinteso senso del fluire; avere desiderio sessuale è normale, perciò "cammino spontaneo", semmai, è quello dove c'è spazio anche per tale desiderio. Lo stallo si ha invece quando qualcosa (un eccesso di razionalità, come sembra essere il suo caso) occlude il libero fluire.
La vita equilibrata è fatta sia di razionalità che di irrazionalità. Quando manca la prima si è in presenza di psicosi. Ma quando manca la seconda si può essere al massimo autistici o anaffettivi, non certo degli esserei umani compiuti.
Molti desideri possono essere messi sotto il controllo razionale o rimandati, certo, ma tenga presente che la spinta all'accoppiamento sessuale è la più forte in natura. Non a caso veniamo al mondo in sostanza per due cose, biologicamente parlando: sopravvivere e riprodurci.
Si può anche fare forzosamente a meno della sessualità (magari per mancanza di disponibilità - evenienza di gran lunga più frequente) ma non è un caso che una fetta importante delle disfunzioni psicologiche abbia origine proprio da una sessualità che non funziona come dovrebbe.
Legga anche questo, per un punto di vista diverso:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2394-la-volpe-e-l-uva-autoinganni-e-dissonanza-cognitiva.html
Credo abbia fatto bene a contattare un'altra terapeuta. Ma non si stupisca se anche la collega cercasse di mostrarle che il suo problema è il desiderio di rimuovere la sessualità, non che non riesce a farlo.
>>>
Potrebbe trattarsi di un malinteso senso del fluire; avere desiderio sessuale è normale, perciò "cammino spontaneo", semmai, è quello dove c'è spazio anche per tale desiderio. Lo stallo si ha invece quando qualcosa (un eccesso di razionalità, come sembra essere il suo caso) occlude il libero fluire.
La vita equilibrata è fatta sia di razionalità che di irrazionalità. Quando manca la prima si è in presenza di psicosi. Ma quando manca la seconda si può essere al massimo autistici o anaffettivi, non certo degli esserei umani compiuti.
Molti desideri possono essere messi sotto il controllo razionale o rimandati, certo, ma tenga presente che la spinta all'accoppiamento sessuale è la più forte in natura. Non a caso veniamo al mondo in sostanza per due cose, biologicamente parlando: sopravvivere e riprodurci.
Si può anche fare forzosamente a meno della sessualità (magari per mancanza di disponibilità - evenienza di gran lunga più frequente) ma non è un caso che una fetta importante delle disfunzioni psicologiche abbia origine proprio da una sessualità che non funziona come dovrebbe.
Legga anche questo, per un punto di vista diverso:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2394-la-volpe-e-l-uva-autoinganni-e-dissonanza-cognitiva.html
Credo abbia fatto bene a contattare un'altra terapeuta. Ma non si stupisca se anche la collega cercasse di mostrarle che il suo problema è il desiderio di rimuovere la sessualità, non che non riesce a farlo.
[#18]
<<<Le domando: è consigliabile, in sede psicoterapeutica, trattare l'argomento della mia forza interiore? Posso, cioè, leggere nei dubbi posti il consiglio di focalizzare la mia ricerca interiore, guidata da uno psicoterapeuta, su questo argomento invece che sulla castità di per sé? <<
Può essere.
Noi qui abbiamo cercato di entare - al massimo di quanto il medium (online) lo permette - nel Suo percorso interiore. Certamente di persona, con un/a Collega potrà esplorare più a fondo l'ambito e gli obiettivi del percorso.
Saluti cordiali.
Può essere.
Noi qui abbiamo cercato di entare - al massimo di quanto il medium (online) lo permette - nel Suo percorso interiore. Certamente di persona, con un/a Collega potrà esplorare più a fondo l'ambito e gli obiettivi del percorso.
Saluti cordiali.
[#19]
Utente
<<Ma quando manca la seconda si può essere al massimo autistici o anaffettivi, non certo degli esserei umani compiuti.<<
Non so se ci fosse una punta di ironia, ma mi ha dato una piacevole sensazione di ilarità.
Non sono un caso così grave. Indubbiamente sono selettivo nelle compagnie e incostante nella partecipazione agli eventi della "vita sociale", ma è più che altro una questione di interessi.
Qui parliamo dell'analisi dei vissuti di un soggetto: è qui che si verifica il mio rifiuto per l'irrazionale; una cosa che riguarda la cultura umanistica e quella psicologica, non la vita affettiva di un profano. Almeno così mi pare.
E' bello il suo articolo sulla volpe e sull'uva, ne ho apprezzato particolarmente le citazioni e la struttura completa.
Mi sottopone quindi, almeno mi sembra, una sessualità che ricerca il suo sfogo in maniera innata, in contrapposizione alla mia idea, importata dall'Oriente, che la sessualità abbia una doppia faccia. Purtroppo su questo punto non sono d'accordo, ma questo mio disaccordo potrebbe essere indice di un autoinganno, oltretutto privo di qualsiasi funzionalità, visto che avrebbe il solo scopo di impedire un processo che è faticoso impedire.
Sempre ammesso che la prospettiva biologica secondo la quale viviamo per sopravvivere e per riprodurci sia esatta - io, invece, da Darwinista, penso che viviamo per un puro caso e senza alcuno scopo -, il mio autoinganno una funzionalità ce l'ha: sperimentare le fasi avanzate del percorso che ho scelto di intraprendere, ossia la pace dei sensi, un passo in avanti verso quello che i buddhisti chiamano Nirvana.
(Sperando di non finire ad ascoltare un gruppo rock degli anni '90)
<<Certamente di persona, con un/a Collega potrà esplorare più a fondo l'ambito e gli obiettivi del percorso.<<
La Collega che ho contattato mi ha fatto presente di essere una psicologa ad orientamento cognitivo-comportamentale e non una psicoterapeuta. Ammesso che io non abbia delle psicopatologie potrebbe essere un valido aiuto il suo, vero?
Non so se ci fosse una punta di ironia, ma mi ha dato una piacevole sensazione di ilarità.
Non sono un caso così grave. Indubbiamente sono selettivo nelle compagnie e incostante nella partecipazione agli eventi della "vita sociale", ma è più che altro una questione di interessi.
Qui parliamo dell'analisi dei vissuti di un soggetto: è qui che si verifica il mio rifiuto per l'irrazionale; una cosa che riguarda la cultura umanistica e quella psicologica, non la vita affettiva di un profano. Almeno così mi pare.
E' bello il suo articolo sulla volpe e sull'uva, ne ho apprezzato particolarmente le citazioni e la struttura completa.
Mi sottopone quindi, almeno mi sembra, una sessualità che ricerca il suo sfogo in maniera innata, in contrapposizione alla mia idea, importata dall'Oriente, che la sessualità abbia una doppia faccia. Purtroppo su questo punto non sono d'accordo, ma questo mio disaccordo potrebbe essere indice di un autoinganno, oltretutto privo di qualsiasi funzionalità, visto che avrebbe il solo scopo di impedire un processo che è faticoso impedire.
Sempre ammesso che la prospettiva biologica secondo la quale viviamo per sopravvivere e per riprodurci sia esatta - io, invece, da Darwinista, penso che viviamo per un puro caso e senza alcuno scopo -, il mio autoinganno una funzionalità ce l'ha: sperimentare le fasi avanzate del percorso che ho scelto di intraprendere, ossia la pace dei sensi, un passo in avanti verso quello che i buddhisti chiamano Nirvana.
(Sperando di non finire ad ascoltare un gruppo rock degli anni '90)
<<Certamente di persona, con un/a Collega potrà esplorare più a fondo l'ambito e gli obiettivi del percorso.<<
La Collega che ho contattato mi ha fatto presente di essere una psicologa ad orientamento cognitivo-comportamentale e non una psicoterapeuta. Ammesso che io non abbia delle psicopatologie potrebbe essere un valido aiuto il suo, vero?
[#20]
Ho letto le sue parole con attenzione, cercando di cogliere il suo discorso molto ricco e a tratti divertito.
Le posso dire il mio pensiero: la razionalità serve per gestire e convogliare, nel modo che lei sente giusto per sè, la sua irrazionalità. È vero che l'irrazionalità non è parlabile, ma non è neanche spaventosa o incomprensibile. È fonte di creatività e vitalità, e la forma che la razionalità gli dà la rende reale o, se questa parola potrebbe farle storcere il naso, la rende percorribile. La razionalità non è arida, è la via che ci consente di giocare con noi stessi e con gli altri.
Detto questo, ora mi fermo qui. Mi sono accorto che stiamo approfondendo la sua situazione, si aprono cioè nuovi argomenti a partire dal primo.
È opportuno che questo avvenga in una sede differente dal mondo online, in modo che ci siano uno spazio e un tempo idonei per un dialogo.
Le dico questo perché penso che lei abbia molto da dire e sono contento della sua scelta di consultare un professionista.
Il discorso dell'orientamento teorico apre un grande dibattito.
C'è chi dice che conta la relazione terapeutica al di là dell'orientamento teorico, c'è chi dice che comunque l'orientamento teorico conta.
Sono d'accordo con entrambe queste due voci. In effetti il mio orientamento è psicoanalitico e segue un preciso filone che partendo dalle intuizioni freudiane, si dirige verso la fenomenologia che psicoanalisti e filosofi del Novecento hanno sviluppato. Devo dire che trovo nelle sue parole la familiarità di un fraseggio evocativo in questo senso. Ad esempio quando dice che "all'immediatezza dell'intuizione e alla sensazione di comprendere, segue immediatamente una perdita della totalità di senso", mi colpisce, perché il senso non è razionale. Con la filosofia ermeneutica potremmo dire che è una com-prensione, e il discorso assume una sfumatura che spero di passarle.
Il mio orientamento si propone di sviluppare la soggettività della persona e di farla diventare autore della propria vita. È una psicoterapia, come dire, emancipativa. Gli strumenti della psicoterapia che seguo non sono tecniche manualistiche, ma sono la relazione prima di tutto e poi la riflessione. Il cambiamento deve avvenire a livello emotivo, non dev'essere razionale.
Inoltre, in genere, i tempi di questo lavoro non sono brevi. Ma non è detto, potrei dire che non sono fissabili in modo preconfezionato.
Questo è un tipo di orientamento, ma potrà accorgersi che possono esserci notevoli differenze tra questo e quello degli altri.
Una psicologa non può fare psicoterapia. Quindi non ha senso dire che ha un orientamento cognitivo-comportamentale, che riguarda solo gli psicoterapeuti di quell'indirizzo. Potrebbe essere una specializzanda in formazione e seguire quell'indirizzo.
Utilizzi comunque l'intuito - della sua dimensione irrazionale - per capire se quello psicoterapeuta dal quale andrà, fa o no al caso suo.
Con simpatia,
Enrico de Sanctis
info@enricodesanctis.it
Le posso dire il mio pensiero: la razionalità serve per gestire e convogliare, nel modo che lei sente giusto per sè, la sua irrazionalità. È vero che l'irrazionalità non è parlabile, ma non è neanche spaventosa o incomprensibile. È fonte di creatività e vitalità, e la forma che la razionalità gli dà la rende reale o, se questa parola potrebbe farle storcere il naso, la rende percorribile. La razionalità non è arida, è la via che ci consente di giocare con noi stessi e con gli altri.
Detto questo, ora mi fermo qui. Mi sono accorto che stiamo approfondendo la sua situazione, si aprono cioè nuovi argomenti a partire dal primo.
È opportuno che questo avvenga in una sede differente dal mondo online, in modo che ci siano uno spazio e un tempo idonei per un dialogo.
Le dico questo perché penso che lei abbia molto da dire e sono contento della sua scelta di consultare un professionista.
Il discorso dell'orientamento teorico apre un grande dibattito.
C'è chi dice che conta la relazione terapeutica al di là dell'orientamento teorico, c'è chi dice che comunque l'orientamento teorico conta.
Sono d'accordo con entrambe queste due voci. In effetti il mio orientamento è psicoanalitico e segue un preciso filone che partendo dalle intuizioni freudiane, si dirige verso la fenomenologia che psicoanalisti e filosofi del Novecento hanno sviluppato. Devo dire che trovo nelle sue parole la familiarità di un fraseggio evocativo in questo senso. Ad esempio quando dice che "all'immediatezza dell'intuizione e alla sensazione di comprendere, segue immediatamente una perdita della totalità di senso", mi colpisce, perché il senso non è razionale. Con la filosofia ermeneutica potremmo dire che è una com-prensione, e il discorso assume una sfumatura che spero di passarle.
Il mio orientamento si propone di sviluppare la soggettività della persona e di farla diventare autore della propria vita. È una psicoterapia, come dire, emancipativa. Gli strumenti della psicoterapia che seguo non sono tecniche manualistiche, ma sono la relazione prima di tutto e poi la riflessione. Il cambiamento deve avvenire a livello emotivo, non dev'essere razionale.
Inoltre, in genere, i tempi di questo lavoro non sono brevi. Ma non è detto, potrei dire che non sono fissabili in modo preconfezionato.
Questo è un tipo di orientamento, ma potrà accorgersi che possono esserci notevoli differenze tra questo e quello degli altri.
Una psicologa non può fare psicoterapia. Quindi non ha senso dire che ha un orientamento cognitivo-comportamentale, che riguarda solo gli psicoterapeuti di quell'indirizzo. Potrebbe essere una specializzanda in formazione e seguire quell'indirizzo.
Utilizzi comunque l'intuito - della sua dimensione irrazionale - per capire se quello psicoterapeuta dal quale andrà, fa o no al caso suo.
Con simpatia,
Enrico de Sanctis
info@enricodesanctis.it
[#21]
"Psicologa a orientamento comportamentale" non ha alcun senso. Gli orientamenti psicoterapeutici hanno senso solo se si è psicoterapeuti.
>>> una sessualità che ricerca il suo sfogo in maniera innata, in contrapposizione alla mia idea, importata dall'Oriente
>>>
Eh, ma allora non ha fatto i compiti a casa ;)
Se c'è un misticismo inclusivo e non castigante nei confronti della sessualità, è proprio quello orientale. Basti pensare al Tantra, al modo di vivere la sessualità nei paesi dell'Estremo Oriente, ben lontano da quello più colpevolizzante e punitivo sviluppatosi qui in occidente.
Dice il guru all'allievo che gli domanda, preoccupato, a riguardo della sessualità: "Ora che il fuoco e gli altri elementi hanno cessato di nuocere allo yogi, che male potrà fargli una fanciulla?"
>>> Sempre ammesso che la prospettiva biologica secondo la quale viviamo per sopravvivere e per riprodurci sia esatta - io, invece, da Darwinista, penso che viviamo per un puro caso e senza alcuno scopo
>>>
Allora significa che darwinista non lo è abbastanza. Perché è proprio da Darwin in poi che la scienza vede la vita come asservita alla vita stessa, come un incessante sopravvivere e riprodursi. E la posizione nichilista (viviamo per caso e senza scopo) non è incompatibile con il punto di vista biologico, ma certamente NON è compatibile in generale con quella del mistico (a meno che lei non sia un chaota o simili).
In conclusione: credo che abbia ancora tanta strada da fare in termini di accrescimento di conoscenze. Altrimenti, attraverso ragionamenti logicamente ineccepibili, ma basati su premesse fallaci, rischia di non fare il suo migliore interesse.
Le faccio molti auguri
>>> una sessualità che ricerca il suo sfogo in maniera innata, in contrapposizione alla mia idea, importata dall'Oriente
>>>
Eh, ma allora non ha fatto i compiti a casa ;)
Se c'è un misticismo inclusivo e non castigante nei confronti della sessualità, è proprio quello orientale. Basti pensare al Tantra, al modo di vivere la sessualità nei paesi dell'Estremo Oriente, ben lontano da quello più colpevolizzante e punitivo sviluppatosi qui in occidente.
Dice il guru all'allievo che gli domanda, preoccupato, a riguardo della sessualità: "Ora che il fuoco e gli altri elementi hanno cessato di nuocere allo yogi, che male potrà fargli una fanciulla?"
>>> Sempre ammesso che la prospettiva biologica secondo la quale viviamo per sopravvivere e per riprodurci sia esatta - io, invece, da Darwinista, penso che viviamo per un puro caso e senza alcuno scopo
>>>
Allora significa che darwinista non lo è abbastanza. Perché è proprio da Darwin in poi che la scienza vede la vita come asservita alla vita stessa, come un incessante sopravvivere e riprodursi. E la posizione nichilista (viviamo per caso e senza scopo) non è incompatibile con il punto di vista biologico, ma certamente NON è compatibile in generale con quella del mistico (a meno che lei non sia un chaota o simili).
In conclusione: credo che abbia ancora tanta strada da fare in termini di accrescimento di conoscenze. Altrimenti, attraverso ragionamenti logicamente ineccepibili, ma basati su premesse fallaci, rischia di non fare il suo migliore interesse.
Le faccio molti auguri
[#22]
Utente
Vi ringrazio molto per la vostra partecipazione. Se lo gradite, dopo aver incontrato il terapeuta (attualmente sono ancora in cerca), vi scriverò qui per aggiornarvi sulla situazione.
<<Ad esempio quando dice che "all'immediatezza dell'intuizione e alla sensazione di comprendere, segue immediatamente una perdita della totalità di senso", mi colpisce, perché il senso non è razionale. Con la filosofia ermeneutica potremmo dire che è una com-prensione, e il discorso assume una sfumatura che spero di passarle.<<
Infatti è proprio la parte razionale a portarmi nel non-senso subito dopo l'immediatezza della comprensione.
Presumibilmente ciò che viene, in tali circostanze, a farmi trovare in una perdita di senso, è unicamente l'Erlebnis e non altre istanze irrazionali.
<<credo che abbia ancora tanta strada da fare in termini di accrescimento di conoscenze. Altrimenti, attraverso ragionamenti logicamente ineccepibili, ma basati su premesse fallaci, rischia di non fare il suo migliore interesse.<<
E' senza dubbio così, alla mia età posso considerarmi appena un embrione nel contesto della formazione culturale.
Ad esempio, non ho mai letto nulla di Darwin. Comunque conosco la sua teoria sull'origine delle specie e penso che essa non abbia in sé concetti teleologici, nemmeno per quanto riguarda il singolo organismo. E' vero che la continuazione della specie dipende dalla sopravvivenza e dalla riproduzione degli individui, ma ciò che non è detto è che la specie debba sopravvivere.
Spero di aver chiarito il concetto che c'è dietro alla mia interpretazione nichilistica del Darwinismo. Credo che la visione di uno "scopo" negli organismi viventi, provenga da interpretazioni spurie del Darwinismo maturate in ambienti positivisti.
<<a meno che lei non sia un chaota o simili<<
Qualcosa di simile. La mia strada è molto personale e unisce tradizioni provenienti dalla Cina, dall'India, dall'Europa rinascimentale e dal neopaganesimo contemporaneo: però è proprio la teoria della Chaos Magick di Carroll il fulcro che mi permette di unire dottrine diverse senza perdere ogni rigore metodologico.
A tutti cordiali saluti e grazie di cuore per i vostri consigli.
<<Ad esempio quando dice che "all'immediatezza dell'intuizione e alla sensazione di comprendere, segue immediatamente una perdita della totalità di senso", mi colpisce, perché il senso non è razionale. Con la filosofia ermeneutica potremmo dire che è una com-prensione, e il discorso assume una sfumatura che spero di passarle.<<
Infatti è proprio la parte razionale a portarmi nel non-senso subito dopo l'immediatezza della comprensione.
Presumibilmente ciò che viene, in tali circostanze, a farmi trovare in una perdita di senso, è unicamente l'Erlebnis e non altre istanze irrazionali.
<<credo che abbia ancora tanta strada da fare in termini di accrescimento di conoscenze. Altrimenti, attraverso ragionamenti logicamente ineccepibili, ma basati su premesse fallaci, rischia di non fare il suo migliore interesse.<<
E' senza dubbio così, alla mia età posso considerarmi appena un embrione nel contesto della formazione culturale.
Ad esempio, non ho mai letto nulla di Darwin. Comunque conosco la sua teoria sull'origine delle specie e penso che essa non abbia in sé concetti teleologici, nemmeno per quanto riguarda il singolo organismo. E' vero che la continuazione della specie dipende dalla sopravvivenza e dalla riproduzione degli individui, ma ciò che non è detto è che la specie debba sopravvivere.
Spero di aver chiarito il concetto che c'è dietro alla mia interpretazione nichilistica del Darwinismo. Credo che la visione di uno "scopo" negli organismi viventi, provenga da interpretazioni spurie del Darwinismo maturate in ambienti positivisti.
<<a meno che lei non sia un chaota o simili<<
Qualcosa di simile. La mia strada è molto personale e unisce tradizioni provenienti dalla Cina, dall'India, dall'Europa rinascimentale e dal neopaganesimo contemporaneo: però è proprio la teoria della Chaos Magick di Carroll il fulcro che mi permette di unire dottrine diverse senza perdere ogni rigore metodologico.
A tutti cordiali saluti e grazie di cuore per i vostri consigli.
Questo consulto ha ricevuto 24 risposte e 18.8k visite dal 04/09/2015.
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