Fine di un'amicizia e conseguenze

Gentili dottori,
sono qui ad esporre l'ennesima storia di una amicizia finita male e del vuoto esistenziale che ne è conseguito.

Il mio migliore amico (coetaneo) ha deciso di chiudere il nostro rapporto, che dura da cinque anni. Nel corso del tempo abbiamo sviluppato un'amicizia fraterna, una condivisione che in alcuni casi è diventata una vera e propria simbiosi. Abbiamo vissuto insieme all'estero per un breve periodo, abbiamo affrontato insieme tutti i problemi che questa età di crisi riversa su noi giovani, ultimamente lui ha dovuto affrontare situazione difficili, in ambito lavorativo e familiare, e io non ho esitato a dedicarmici completamente. Negli ultimi mesi, almeno per lui, alcune cose si sono sistemate, e si è allontanato sempre di più. Abbiamo passato cinque mesi a litigare: io chiedevo attenzioni, lui rispondeva che si sentiva soffocato, controllato. Abbiamo provato a salvare il rapporto in tutti i modi possibili, ci sono stati periodi in cui non ci siamo parlati e poi abbiamo accettato delle tregue, abbiamo fatto un viaggio insieme, ma poi è finito tutto con un ultimo litigio al termine del quale mi ha notificato (tramite terza persona) di non volerne sapere più niente, perché il nostro rapporto non gli assicurava più alcuna tranquillità. Per lui non è la prima volta, ha agito così in passato con altre persone, allontanandole e fuggendo via, anche senza dare spiegazioni.
Sono passati tre mesi dal nostro ultimo contatto diretto; in mezzo c'è stata la mediazione di una terza persona che su mio mandato ha tastato il terreno per una possibile ricomposizone e che mi ha notificato, appunto, la sua decisione di chiudere.

Sono qui per sfogarmi, ma anche per trovare una qualche strategia comunicativa. Lo conosco bene: è chiuso in se stesso, cinico, insensibile, odia le manifestazioni di emozioni, fugge ai confronti diretti. Come posso tentare di ristabilire un dialogo, senza scontrarmi con i suoi sistemi difensivi? Come posso dimostrargli che non intendo più provare a cambiarlo, a forzare un'apertura, senza poi fare l'esatto contrario?
Da un lato credo che con me abbia voluto chiudere una parte della sua vita. Dall'altro lato voglio credere che ci siano ancora speranze: mi ha eliminato da facebook e dai vari social, ma ha lasciato aperto un altro canale di comunicazione. Ha detto (alla terza persona) di aver apprezzato il mio gesto, cioè parlargli tramite una terza persona anziché contattarlo direttamente.

La seconda domanda è... come eliminare il terrore di un rifiuto, che sempre più mi impedisce di vivere? Ho vissuto "dentro" questo rapporto, e ora che ne sono fuori mi sento smarrito. Nella nostra amicizia avevo un ruolo, una identità. Ora non so più chi sono, non mi piace più quello che facevo, perché non ho più qualcuno con cui condividerlo. Esco con altri amici, cerco di mantenermi attivo, ma è una mancanza che non riesco a colmare. E l'idea che possa rifiutare l'ultimo tentativo di ricominciare da zero mi sta divorando.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente

Come mai vuole a tutti i costi salvare questa amicizia se le premesse sono quste? Come mai voleva cambiare questa persona? In realtà credo che la sua richiesta ci dica molto di lei e del suo modo di relazionarsi... sembra che il suo ruolo sia quello di chi si sacrifica e rincorre e fa molta fatica e non ci sia un rapporto paritario. Dico bene? Se si, come mai? A cosa le serve questo tipo di relazione?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Dr.ssa Ilaria La Manna Psicologo, Psicoterapeuta 282 8
Gentile Utente,

sembra che la sua identità si sia plasmata sull'amicizia con questa persona, ossia che lei si "veda" solo attraverso questo rapporto in cui forse ha vissuto la vita di qualcun'altro.

"..l'ennesima storia di una amicizia finita male"
altre volte le è capitato?

Sarebbe importante chiedersi se forse non sia una sua modalità di relazionarsi, in cui si mette a completa a disposizione dell'altro soffocando o non riconoscendo invece le sue di esigenze.
Al momento piuttosto che riallacciare questo rapporto sarebbe utile che ripartisse da lei e che riconoscesse un ruolo e un valore a se stesso indipendentemente dall'altro.

Un cordiale saluto

Dott.ssa Ilaria La Manna
Psicologa Psicoterapeuta - Padova

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Dr.ssa Magda Muscarà Fregonese Psicoterapeuta, Psicologo 3.8k 149
Gentile utente, secondo Lei , perchè questo amico ed altri amici, a quanto ci fa intuire, se n'è andato.. si sentiva invaso ? Penso anch'io che Lei abbia la tendenza ad essere .. dipendente dall'amico, a darsi, troppo, il che genera appunto un rapporto squilibrato, la gente si abitua al troppo amore , e poi magari si sente soffocare.. dovrebbe imparare a gestire .. la distanza.. con un atteggiamento più autonomo e sicuro delle sue qualità..Le consiglio un Collega de visu , con cui chiarire e rileggere il passato, perchè questo modo di porsi viene da lontano, dalla sua storia..

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

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Attivo dal 2015 al 2016
Ex utente
Gentili dottori, innanzitutto grazie per le risposte.
Chiarisco subito l'affermazione ambigua: con "l'ennesima amicizia finita male" non mi riferisco a precedenti relazioni, ma al fatto che girovagando in questo sito ho trovato tante richieste di consulti per lo stesso identico problema. Per quanto mi riguarda, invece, certamente nel corso del tempo ho avuto amicizie che poi si sono perse, in genere perché da entrambe le parti c'è stato un progressivo allontanamento, nulla dunque che si possa paragonare al caso attuale.

Forse non è un rapporto paritario, ma è perché siamo persone profondamente diverse, anche se ci piacciono le stesse cose. Non ho mai inteso controllarlo o cercare di cambiarlo, anche se è di questo che mi ha accusato, alludendo ai miei tentativi di avviare un confronto diretto per risolvere varie dispute. E' fatto così, se scoppia una discussione e io cerco di affrontarla razionalmente e con sincerità, lui si trincera e mi accusa di controllarlo, di costringerlo a dei confronti che per carattere non ama mai affrontare. Ma come possiamo smettere di litigare se per lui l'unica opzione è farne un tabù?

Sono fortemente determinato a cercare di salvare questa relazione, capisco possa sembrare una scelta poco salutare e poco rispettosa dell'altro, ma non riesco a darmi pace, non riesco ad accettare l'idea di essere stato usato (perché è questo che mi sembra), l'idea che, essendo bisognoso di aiuto, mi abbia fatto entrare nella sua vita per poi sbattermi fuori finita l'emergenza. D'altra parte, credo che questa amicizia non si sia ancora esaurita, che possiamo tornare a farci del bene a vicenda. Io ora ne ho bisogno più che mai, vivo una fase di stallo e di incertezza, la sua presenza era un punto di riferimento saldo senza il quale mi sento perso. E credo con un po' di presunzione, forse, che anche lui possa ancora avere bisogno di me, anche se non lo ammette a se stesso, come non lo ha mai ammesso tutte le altre volte.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Gentile utente,

1. per quanto riguarda se stesso, Lei dice:
<<Nel corso del tempo abbiamo sviluppato un'amicizia fraterna, una condivisione che in alcuni casi è diventata una vera e propria simbiosi.<<

Lei parla di questa amicizia nella stessa maniera in cui molti dei/delle nostri utenti parlano dei loro rapporti amorosi.
Ad es.:
<<Sono fortemente determinato a cercare di salvare questa relazione<<
<<non riesco a darmi pace, non riesco ad accettare l'idea di essere stato usato <<
<<Io ora ne ho bisogno più che mai, vivo una fase di stallo e di incertezza, la sua presenza era un punto di riferimento saldo senza il quale mi sento perso<<
<<anche lui possa ancora avere bisogno di me, anche se non lo ammette a se stesso<<

Ritiene di provare una infatuazione per questo coetaneo?

2. Per quanto riguarda l'altro:
<<io chiedevo attenzioni, lui rispondeva che si sentiva soffocato, controllato.<<
Si è chiesto se qualcuno dei Suoi comportamenti dà - o possa aver dato - adito a una sensazione di soffocamento? E torniamo al punto 1.



Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/

[#6]
Attivo dal 2015 al 2016
Ex utente
1. No... ma capisco l'osservazione, è una cosa su cui abbiamo scherzato noi stessi. Il punto è che per varie vicende negli ultimi tempi abbiamo davvero instaurato una routine comune, la nostra comitiva di amici si è disgregata e siamo rimasti solo noi, lui ha chiesto attenzioni per risolvere questioni e io ci sono sempre stato. Avevamo dei piani per il futuro, degli obiettivi comuni, il sogno di avviare un'attività insieme, per esempio.
In un momento delicato in cui non riesco a vedere alcun futuro e in cui vivo costantemente dei fallimenti (di studio, di lavoro, di autorealizzazione), la rottura con il mio amico mi appare come il fallimento definitivo, anche per questo vorrei raddrizzare almeno questa situazione.

2. Me lo sono chiesto e continuo a chiedermelo. So bene quali comportamenti miei gli danno fastidio, purtroppo c'è poco da fare.
Non ho mai cercato di controllarlo, non l'ho mai tempestato di domande del tipo "dove sei, perché non rispondi, cosa fai, perché non mi chiami più", ho sempre cercato di dargli tempo e spazio.
Il problema è che i mezzi per la risoluzione di un dissidio costituiscono essi stessi parte del dissidio. Il suo rifiuto di un confronto diretto è tale da aggravare anche la più banale delle liti.
Dirgli apertamente che sentivo che si stava allontanando, che non parlavamo più come una volta ha suscitato effetti come se avessi iniziato a perseguitarlo e a fare appostamenti sotto casa, cose che non ho mai fatto e che mi spaventa anche solo l'idea di mettere in pratica, non sono nel mio stile e non mi appartengono.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
Forse questo Suo amico sta indirizzandosi verso qualche altro lido, del genere innamoramento; se è Suo coetaneo l'età ci starebbe. E' infatti passata ormai la fase delle amicizie preferenziali tra persone dello stesso genere, propria dell'adolescenza.

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Attivo dal 2015 al 2016
Ex utente
Riflettendoci è molto probabile, e capisco anche come si possa essere innescato il circolo vizioso per cui più tentavo di avvicinarmi più lui desiderava la sua (e soprattutto la mia) indipendenza.
I tempi liceali però sono lontani, ho iniziato questo rapporto di amicizia che ero prossimo alla laurea, è un rapporto nato in contesti del tutto differenti e più adulti, c'era, come detto, anche il sogno di aprire un giorno un'attività insieme. Si vede che ha smesso di sognare e ha aperto gli occhi, mentre io rimango dormiente. Ma com'è possibile dover chiudere un'amicizia così? Io non riesco a smettere di pensare che se si ristabilisse un dialogo potrei trovare la forza per andare per conto mio, avrei una base d'appoggio, ecco, al momento attuale invece questa forza mi manca e non so dove cercarla.
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Dr.ssa Carla Maria Brunialti Psicoterapeuta, Psicologo, Sessuologo 18.6k 598
<<se si ristabilisse un dialogo potrei trovare la forza per andare per conto mio<<

Purtroppo è assai raro che le amicizie preferenziali - come gli amori del resto - finiscano per ambedue nello stesso momento e nello stesso modo.

La forza la deve cercare dentro di sè, riprendendo quel cammino individuale che forse si era indebolito nell'appoggiarsi al suo amico.
Ce la può fare.