Dipendenza affettiva, segreti, bugie e paure
Credo di avere un problema che derivi dall'infanzia e che sta condizionando tutta la mia vita affettiva. Ho dei genitori adorabili con i figli, ma che, di fatto, tra loro si odiano, la classica coppia che, purtroppo, sta insieme solo per quel valore e quell'idea della famiglia inculcata e che non vogliono tradire, ma che non rispecchiano minimamente.Ai miei 15 anni ci siamo trasferiti in un'altra regione: mia sorella è andata fuori all'università e io sono rimasta "sola" con loro che gridavano e un mondo che non conoscevo e una sorella fantasma che non aveva la minima intenzione di capire che avrei avuto bisogno di lei. In questo contesto ho maturato la convinzione di "valere meno di lei", poiché i nostri genitori avevano preferito trasferirsi in concomitanza con la sua maturità piuttosto che con il termine delle scuole medie, facendomi avere problemi di inserimento a scuola. Ho passato infanzia e adolescenza sentendo i miei genitori che si gridavano contro e imparando che qualsiasi cosa facessi era motivo di litigio e colpa di qualcuno. Proprio questa circostanza ha fatto sì che cominciassi a non confidarmi con loro e a fare le cose di nascosto. La vita mi è diventata più semplice quando, per l'università, sono andata fuori casa: dire che ero lì mentre ero chissà dove era molto più semplice. Dai 18 fino ai 25 anni sono stata con un ragazzo che non pensavo fosse l'uomo della mia vita. Nel mio atteggiamento nei suoi confronti ho riconosciuto appieno una "dipendenza affettiva" che, nonostante le sue mancanze, ha sempre fatto sì che la storia andasse avanti. I miei non approvavano questa storia, facevo tutto a loro insaputa. A 26 anni, single, ho vissuto l'anno più bello della mia vita: ho vinto delle borse di studio e ho viaggiato molto, ho trovato lavoro fuori e finché è durato ho vissuto via. Sono rientrata, poi, per mia scelta, ma ho continuato a vivere fuori casa. Mi confidavo con i miei, uscivo con ragazzi e loro sapevano i miei passi. A 27 anni ho intrapreso una nuova relazione con un ragazzo fantastico. Viene a pranzo a casa, ai miei piace molto e mi "costringo" a guardarmi allo specchio e a dirmi che "sono grande" e non devo nascondere ciò che faccio e dove vado. Lui mi fa stare bene ed è davvero una persona speciale. Ma spesso se facciamo viaggi o cose per cui i miei si preoccuperebbero evito di informarli e non dico a lui che loro non lo sanno. E a volte sento di aver paura di dire le cose che provo o che mi accadono anche a lui. Le sue esigenze (ha 32 anni) sono però cambiate. Io vivo già fuori casa, lui invece con i suoi e vorrebbe che andassimo a convivere. Io non so decidermi. Mi sento spaventata da questa eventualità. Non so se è perché ho paura di un abbandono da parte sua, dopo. Non so se è perché non voglio dire ai miei di questo passo (essendo loro tradizionalisti e disposti anche ad aiutarci nell'acquisto di una casa in vista di un matrimonio). Sono spaventata anche dal fatto che replico il mio atteggiamento di chiusura e censura di ciò che vivo nei confronti del partner.
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< Ho passato infanzia e adolescenza sentendo i miei genitori che si gridavano contro e imparando che qualsiasi cosa facessi era motivo di litigio e colpa di qualcuno.>
Gentile Utente,
se ha imparato questo immagino come possa per lei essere complicato e difficile riuscire ad aprirsi completamente con il suo partner, rischia infatti di trasportare ciò che ha vissuto nella sua famiglia nel suo rapporto di coppia.
Che sia paura dell'abbandono, del conflitto e delle sue conseguenze, della convivenza/matrimonio, tutto questo insieme o anche altro che da qui non possiamo conoscere, sarebbe credo importante capire come uscirne, se questo le crea disagio e difficoltà.
Uscendo di casa ha certamente avuto benefici, non respirando più direttamente un clima conflittuale, tuttavia si pone il problema se raccontare/non raccontare ai suoi i particolari della sua vita.
Anche su questo a mio parere sarebbe opportuno lavorare poiché nonostante la vita indipendente che ha conquistato grazie alle sue risorse, sembra permanere in parte quel tipo di sentire emotivo verso il rapporto con i suoi che la condiziona ancora,tanto più che a quanto dice ancora si preoccupano per quanto fa.
Per questi motivi magari non scarterei l'idea di sentire direttamente un nostro collega, in modo che lei possa capire come affrontare e risolvere al meglio le difficoltà che ci ha esposto, con i suoi e anche per quanto riguarda il suo rapporto di coppia e la decisione in merito alla convivenza.
Restiamo in ascolto
Gentile Utente,
se ha imparato questo immagino come possa per lei essere complicato e difficile riuscire ad aprirsi completamente con il suo partner, rischia infatti di trasportare ciò che ha vissuto nella sua famiglia nel suo rapporto di coppia.
Che sia paura dell'abbandono, del conflitto e delle sue conseguenze, della convivenza/matrimonio, tutto questo insieme o anche altro che da qui non possiamo conoscere, sarebbe credo importante capire come uscirne, se questo le crea disagio e difficoltà.
Uscendo di casa ha certamente avuto benefici, non respirando più direttamente un clima conflittuale, tuttavia si pone il problema se raccontare/non raccontare ai suoi i particolari della sua vita.
Anche su questo a mio parere sarebbe opportuno lavorare poiché nonostante la vita indipendente che ha conquistato grazie alle sue risorse, sembra permanere in parte quel tipo di sentire emotivo verso il rapporto con i suoi che la condiziona ancora,tanto più che a quanto dice ancora si preoccupano per quanto fa.
Per questi motivi magari non scarterei l'idea di sentire direttamente un nostro collega, in modo che lei possa capire come affrontare e risolvere al meglio le difficoltà che ci ha esposto, con i suoi e anche per quanto riguarda il suo rapporto di coppia e la decisione in merito alla convivenza.
Restiamo in ascolto
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
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Utente
Grazie della sua risposta. Effettivamente la cosa mi blocca molto, il tutto è acuito da un senso di nostalgia fortissimo legato ai posti della mia infanzia (quelli che ho lasciato a 15 anni). Una "nostalgia" che mi fa piangere e mi rende a volte difficile prendere delle decisioni... In realtà non so come le cose possano essere collegate, so che quando torno in quei posti o nella casa in cui ho vissuto non faccio altro che piangere... Penso a diverse cose: "alla vita che non ho avuto", più di tutte, nonostante io oggi sia soddisfatta di ciò che mi sono costruita completamente da sola, sia a livello personale che professionale. Questi pensieri a volte mi impediscono di essere lucida, o mi devo controllare per esserlo. I miei genitori sono molto premurosi e presenti nella mia vita. E se anche brontolano e si preoccupano quando viaggio (normali inquietudini dei genitori) io vivo sempre l'ansia e la paura di confidarmi con loro pienamente, ma credo che queste loro ansie genitoriali non possano giustificare il fatto che, invece di affrontarli, io nasconda il mio vissuto.
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<Penso a diverse cose: "alla vita che non ho avuto", più di tutte,>
Però il passato è passato, non lo si può cambiare, così come il rapporto tra i suoi genitori.
La posizione centrale che ancora, nonostante la sua età, ha in famiglia sembrerebbe incidere sui suoi vissuti...forse lei è stata l'ago della bilancia per molto tempo nel rapporto tra i suoi, coppia conflittuale ma che lei pensa abbia continuato il matrimonio per i figli...sottili sensi di colpa, timore di litifgi potrebbero ancora permanere in lei come sembrerebbe da quanto ci riporta e forse difficoltà a staccarsene per una vita sua, una convivenza che segnerebbe l'inevitabile passaggio a un'altra famiglia, la sua...solo ipotesi da qui anche fallibili.
In ogni caso se si sente bloccata e per tutto quanto esposto sarebbe davvero opportuno che si rivolgesse a uno psicologo psicoterapeuta.
Un caro saluto
Però il passato è passato, non lo si può cambiare, così come il rapporto tra i suoi genitori.
La posizione centrale che ancora, nonostante la sua età, ha in famiglia sembrerebbe incidere sui suoi vissuti...forse lei è stata l'ago della bilancia per molto tempo nel rapporto tra i suoi, coppia conflittuale ma che lei pensa abbia continuato il matrimonio per i figli...sottili sensi di colpa, timore di litifgi potrebbero ancora permanere in lei come sembrerebbe da quanto ci riporta e forse difficoltà a staccarsene per una vita sua, una convivenza che segnerebbe l'inevitabile passaggio a un'altra famiglia, la sua...solo ipotesi da qui anche fallibili.
In ogni caso se si sente bloccata e per tutto quanto esposto sarebbe davvero opportuno che si rivolgesse a uno psicologo psicoterapeuta.
Un caro saluto
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Gentile Utente,
Alle riflessioni della Collega che condiviso, la invito a leggere queste letture sulla dipendenza affettiva, credo si ritroverà in qualche passaggio
http://www.valeriarandone.it/articoli/154-gli-amore-dipendenti-dipenden
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4078-l-amore-affamato-la-dipendenza-d-amore.html
Alle riflessioni della Collega che condiviso, la invito a leggere queste letture sulla dipendenza affettiva, credo si ritroverà in qualche passaggio
http://www.valeriarandone.it/articoli/154-gli-amore-dipendenti-dipenden
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4078-l-amore-affamato-la-dipendenza-d-amore.html
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#6]
Utente
Grazie anche a lei, dottoressa. Ho letto con interesse gli articoli che mi ha proposto e non nego di aver già avuto modo di leggere uno dei due tempo fa. Ho una profonda consapevolezza di ciò che ho vissuto, consapevolezza natami durante la mia storia precedente in cui stavo male, ma non riuscivo a lasciare il partner... Insomma: più che una storia d'amore, un gioco al massacro. In quel periodo, doloroso e buio su tutti i fronti, ho imparato a riconoscere quello che c'era di insano nel mio modo di legarmi e approcciarmi al partner. La mia relazione attuale è molto ragionata e matura, per quanto io possa essere di parte a dirlo, con un partner che è informato della mia tendenza ad avere atteggiamenti totalizzanti.
In questo momento il problema della dipendenza affettiva mi preoccupa, ma la ritengo gestibile (non credo di essere un'eroina, semplicemente, riconosco gli atteggiamenti morbosi e li controllo, molto supportata dal mio partner). Mi preoccupa invece, la paura di replicare il comportamento di autocensura che per anni ho adottato con i miei genitori, nei confronti del mio partner, la sensazione di paura ad esprimermi per quello che provo...
Grazie ancora
In questo momento il problema della dipendenza affettiva mi preoccupa, ma la ritengo gestibile (non credo di essere un'eroina, semplicemente, riconosco gli atteggiamenti morbosi e li controllo, molto supportata dal mio partner). Mi preoccupa invece, la paura di replicare il comportamento di autocensura che per anni ho adottato con i miei genitori, nei confronti del mio partner, la sensazione di paura ad esprimermi per quello che provo...
Grazie ancora
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 3.9k visite dal 10/07/2015.
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