Bimbo di 7 anni con reazioni ansiose spropositate
Buongiorno,
Il figlio di una mia carissima amica, nonché compagno di classe di mio figlio, ha delle reazioni ansiose davvero spropositate in alcune circostanze e vorrei poter consigliare ai suoi genitori su interventi o eventuali percorsi da intraprendere per migliorare la situazione del bimbo e loro.
Lui è un bimbo molto sveglio e portato all'apprendimento (sa leggere dai 3 anni) ma ha degli atteggiamenti "emotivi" alla stregua di bimbi di 3-4 anni...anche se poi socializza facilmente con altri bimbi o con gli adulti.
Per portare un esempio recente, ieri ha iniziato a frequentare i centri estivi insieme a mio figlio (che li ha iniziati a metà di giugno). Sin dalla domenica era in ansia (ma questo credo sia normale). Ieri mattina ci siamo organizzate per farlo arrivare insieme a mio figlio in modo che avesse una "spalla" iniziale... Quando siamo arrivati lui già stava piangendo perché io e mio figlio avevamo ritardato di 2 minuti. All'ingresso dei centri estivi tutto sommato è andata bene. Poi abbiamo accompagnato la sua sorellina (4 anni e mezzo) dalla sua maestra e la bimba ha avuto dei tentennamenti, ma niente di grave. Alle 16.30 al ritiro dei bimbi, le due rispettive animatrici hanno riferito pianti da parte di entrambi i bimbi. La bimba piangeva per la mancanza della mamma e il fratello piangeva perché la sorella piangeva e perché, essendo in gruppi divisi, nei momenti di attività lui non la vedeva. Questa mattina la bimba ha pianto e la sua mamma cercava di consolarla insieme all'animatrice: il fratello era a 20 m (nella postazione del suo gruppo) che piangeva e si disperava perché la sorella piangeva, perché sua mamma, secondo lui, non sapeva gestire la situazione e perché aveva paura che si perdesse. Neanche il mio intervento prima (gli dicevo che la sua mamma aveva già cresciuto lui e sapeva come affrontare la situazione) e della sua mamma poi (che gli diceva che c'era lei e c'erano le maestre a controllare la sorella e che lui doveva stare tranquillo e divertirsi), hanno migliorato la situazione. Questo tipo di reazioni le ha già avute anche durante una semplice passeggiata al parco se sua sorella si allontanava o in occasione di semplici visite di controllo dal pediatra o dal dentista (la reazione al dentista è forse stata risolta dopo che l'ho fatto accompagnare mio figlio, che invece ad oggi proprio non ha timori di questo tipo, ad un appuntamento è fatto prendere in cura dallo stesso professionista). La sua mamma non sa più come fare ed ha il timore che questi atteggiamenti possano influenzare la sorella più piccola che invece è in genere abbastanza tranquilla ed aperta. Tra le altre cose il bimbo ha anche delle difficoltà a mangiare: ovvero mangia solo determinati cibi (pasta, dolci e carne) non prova nulla di nuovo neanche se si prova a convincerlo. Come dovrebbe comportarsi la mia amica per aiutare suo figlio ad affrontare meglio le eventuali ansie?
Vi ringrazio anticipatamente per la disponibilità e porgo distinti ti saluti.
Il figlio di una mia carissima amica, nonché compagno di classe di mio figlio, ha delle reazioni ansiose davvero spropositate in alcune circostanze e vorrei poter consigliare ai suoi genitori su interventi o eventuali percorsi da intraprendere per migliorare la situazione del bimbo e loro.
Lui è un bimbo molto sveglio e portato all'apprendimento (sa leggere dai 3 anni) ma ha degli atteggiamenti "emotivi" alla stregua di bimbi di 3-4 anni...anche se poi socializza facilmente con altri bimbi o con gli adulti.
Per portare un esempio recente, ieri ha iniziato a frequentare i centri estivi insieme a mio figlio (che li ha iniziati a metà di giugno). Sin dalla domenica era in ansia (ma questo credo sia normale). Ieri mattina ci siamo organizzate per farlo arrivare insieme a mio figlio in modo che avesse una "spalla" iniziale... Quando siamo arrivati lui già stava piangendo perché io e mio figlio avevamo ritardato di 2 minuti. All'ingresso dei centri estivi tutto sommato è andata bene. Poi abbiamo accompagnato la sua sorellina (4 anni e mezzo) dalla sua maestra e la bimba ha avuto dei tentennamenti, ma niente di grave. Alle 16.30 al ritiro dei bimbi, le due rispettive animatrici hanno riferito pianti da parte di entrambi i bimbi. La bimba piangeva per la mancanza della mamma e il fratello piangeva perché la sorella piangeva e perché, essendo in gruppi divisi, nei momenti di attività lui non la vedeva. Questa mattina la bimba ha pianto e la sua mamma cercava di consolarla insieme all'animatrice: il fratello era a 20 m (nella postazione del suo gruppo) che piangeva e si disperava perché la sorella piangeva, perché sua mamma, secondo lui, non sapeva gestire la situazione e perché aveva paura che si perdesse. Neanche il mio intervento prima (gli dicevo che la sua mamma aveva già cresciuto lui e sapeva come affrontare la situazione) e della sua mamma poi (che gli diceva che c'era lei e c'erano le maestre a controllare la sorella e che lui doveva stare tranquillo e divertirsi), hanno migliorato la situazione. Questo tipo di reazioni le ha già avute anche durante una semplice passeggiata al parco se sua sorella si allontanava o in occasione di semplici visite di controllo dal pediatra o dal dentista (la reazione al dentista è forse stata risolta dopo che l'ho fatto accompagnare mio figlio, che invece ad oggi proprio non ha timori di questo tipo, ad un appuntamento è fatto prendere in cura dallo stesso professionista). La sua mamma non sa più come fare ed ha il timore che questi atteggiamenti possano influenzare la sorella più piccola che invece è in genere abbastanza tranquilla ed aperta. Tra le altre cose il bimbo ha anche delle difficoltà a mangiare: ovvero mangia solo determinati cibi (pasta, dolci e carne) non prova nulla di nuovo neanche se si prova a convincerlo. Come dovrebbe comportarsi la mia amica per aiutare suo figlio ad affrontare meglio le eventuali ansie?
Vi ringrazio anticipatamente per la disponibilità e porgo distinti ti saluti.
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Gentile Signora,
sarebbe importante che fosse la mamma del bambino a porci direttamente queste domande, perchè lei è un'osservatrice esterna e quindi non ha il quadro completo, nè la possibilità di incidere più di tanto sul benessere dei figli della sua amica - compito che compete ai genitori e comunque agli adulti che se ne occupano.
Le direi quindi di suggerire alla sua amica di scriverci, se è interessata ad avere un parere orientativo, o di consigliarle di rivolgersi ad uno psicologo che si occupi di Età Evolutiva, se è preoccupata quanto lei per i propri figli, perchè la situazione sia presa in esame di persona da un esperto che potrà individuare le misure da attuare o l'eventuale percorso terapeutico utili a modificare la situazione - non prima di aver individuato cosa porta il bambino a disperarsi e a ritenere che la madre non sia in grado di occuparsi adeguatamente della figlia più piccola.
Le può suggerire anche di rivolgersi ad una struttura pubblica, se preferisce, come l'UONPIA, dove sono presenti sia psicologi che neuropsichiatri infantili.
L'importante è che la madre e il padre (se presente) siano coinvolti da subito nel percorso valutativo e terapeutico e che la lettura del disagio del figlio avvenga alla luce delle vicende familiari, senza considerarlo come un'espressione di malessere avulsa dal contesto di vita.
Un caro saluto,
sarebbe importante che fosse la mamma del bambino a porci direttamente queste domande, perchè lei è un'osservatrice esterna e quindi non ha il quadro completo, nè la possibilità di incidere più di tanto sul benessere dei figli della sua amica - compito che compete ai genitori e comunque agli adulti che se ne occupano.
Le direi quindi di suggerire alla sua amica di scriverci, se è interessata ad avere un parere orientativo, o di consigliarle di rivolgersi ad uno psicologo che si occupi di Età Evolutiva, se è preoccupata quanto lei per i propri figli, perchè la situazione sia presa in esame di persona da un esperto che potrà individuare le misure da attuare o l'eventuale percorso terapeutico utili a modificare la situazione - non prima di aver individuato cosa porta il bambino a disperarsi e a ritenere che la madre non sia in grado di occuparsi adeguatamente della figlia più piccola.
Le può suggerire anche di rivolgersi ad una struttura pubblica, se preferisce, come l'UONPIA, dove sono presenti sia psicologi che neuropsichiatri infantili.
L'importante è che la madre e il padre (se presente) siano coinvolti da subito nel percorso valutativo e terapeutico e che la lettura del disagio del figlio avvenga alla luce delle vicende familiari, senza considerarlo come un'espressione di malessere avulsa dal contesto di vita.
Un caro saluto,
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2.3k visite dal 07/07/2015.
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