Farsi le domande giuste: femminilità, maternità
Buongiorno, torno qui dove altre volte ho trovato preziosi consigli! Da 3 mesi ho sospeso la psicoterapia, per maternità della terapeuta e non so a chi chiedere un aiuto per chiarirmi su una questione in sospeso che ora richiede la mia attenzione.
Le mie condizioni di salute mi stanno mettendo nelle condizioni di prendere decisioni sulla mia futura fertilità e anche femminilità. Ho problemi tali che la soluzione più facile sarebbe una menopausa precoce, chirurgica. Con quel che ne consegue. L'alternativa è fatta di attesa, continui controlli, terapia con qualche fastidio, qualche pericolo. Ma, se va tutto bene, potrei riuscire a preservare la fertilità o, almeno, la femminilità. Per ora pare possa scegliere, ma non è detto che le cose non peggiorino e non possa più farlo.
Comunque, ora sento l'esigenza impellente di chiarirmi con me stessa.
La prima è che non ho mai desiderato figli. Sul futuro il mio atteggiamento era: "chissà, potrei cambiare idea, se trovo l'uomo giusto che me la fa cambiare, ma chissà se arrivo in tempo e se poi li vorrei davvero o solo per accontentare lui". Io vivo il fatto di averne come un limite, un sacrificio troppo grande e un ostacolo alla mia realizzazione personale che non ho mai identificato con l'essere madre. Per alcuni aspetti, mi identifico anche poco con il femminile tradizionale, sono intraprendente, decisa, aspiro all'indipendenza... Credo di avere capito che ciò derivi in parte da un'idea negativa della maternità/femminilità dovuta alla brutta esperienza con mia madre, che oltretutto al riguardo mi ha trasmesso idee contradditorie: si è sempre lamentata del sacrificio e dei figli, ma ha sempre anche detto che sono la vera gioia della vita e che a non farne ci si pente e che io avrei cambiato idea troppo tardi. Mia madre è sempre stata molto giudicante, rigida e intrusiva, con idee su cosa si deve e non si deve e normale o meno, dovevo o non dovevo scegliere. Io sono stata la figlia ribelle che ha fatto tutto il contrario. Ma sono stata anche la figlia che ha fatto da madre ai propri genitori depressi e bisognosi per avere un briciolo d'amore, da brava bambina. Educata senza emozioni, empatia, accettazione. Soprattutto da mia madre, ma anche da mio padre. Recentemente si sono separati e io dopo 20 anni di relazioni fallimentari (tutte fotocopia del vissuto familiare) ho intrapreso un viaggio dentro me con la terapia. Oggi dipendo meno dal fatto di com-piacere gli altri, aiutarli... Mi sento più libera e di fatto lo sono, seleziono con nuovi criteri le mie relazioni e ho sistemato le cose con molte persone, con cui il legame era una mutua malsana dipendenza.
Ora però capita questo e io mi dico cose come: "un futuro compagno mi vorrà meno bella, invecchiata e non fertile?" o anche "e se davvero mi pento a non avere figli? Se avessi io un'idea sbagliata di sacrificio e la cambiassi?" So che dovrei scegliere per me, non per gli altri, ma lo spettro della non accettazione è tornato. Come sbroglio la matassa?
Le mie condizioni di salute mi stanno mettendo nelle condizioni di prendere decisioni sulla mia futura fertilità e anche femminilità. Ho problemi tali che la soluzione più facile sarebbe una menopausa precoce, chirurgica. Con quel che ne consegue. L'alternativa è fatta di attesa, continui controlli, terapia con qualche fastidio, qualche pericolo. Ma, se va tutto bene, potrei riuscire a preservare la fertilità o, almeno, la femminilità. Per ora pare possa scegliere, ma non è detto che le cose non peggiorino e non possa più farlo.
Comunque, ora sento l'esigenza impellente di chiarirmi con me stessa.
La prima è che non ho mai desiderato figli. Sul futuro il mio atteggiamento era: "chissà, potrei cambiare idea, se trovo l'uomo giusto che me la fa cambiare, ma chissà se arrivo in tempo e se poi li vorrei davvero o solo per accontentare lui". Io vivo il fatto di averne come un limite, un sacrificio troppo grande e un ostacolo alla mia realizzazione personale che non ho mai identificato con l'essere madre. Per alcuni aspetti, mi identifico anche poco con il femminile tradizionale, sono intraprendente, decisa, aspiro all'indipendenza... Credo di avere capito che ciò derivi in parte da un'idea negativa della maternità/femminilità dovuta alla brutta esperienza con mia madre, che oltretutto al riguardo mi ha trasmesso idee contradditorie: si è sempre lamentata del sacrificio e dei figli, ma ha sempre anche detto che sono la vera gioia della vita e che a non farne ci si pente e che io avrei cambiato idea troppo tardi. Mia madre è sempre stata molto giudicante, rigida e intrusiva, con idee su cosa si deve e non si deve e normale o meno, dovevo o non dovevo scegliere. Io sono stata la figlia ribelle che ha fatto tutto il contrario. Ma sono stata anche la figlia che ha fatto da madre ai propri genitori depressi e bisognosi per avere un briciolo d'amore, da brava bambina. Educata senza emozioni, empatia, accettazione. Soprattutto da mia madre, ma anche da mio padre. Recentemente si sono separati e io dopo 20 anni di relazioni fallimentari (tutte fotocopia del vissuto familiare) ho intrapreso un viaggio dentro me con la terapia. Oggi dipendo meno dal fatto di com-piacere gli altri, aiutarli... Mi sento più libera e di fatto lo sono, seleziono con nuovi criteri le mie relazioni e ho sistemato le cose con molte persone, con cui il legame era una mutua malsana dipendenza.
Ora però capita questo e io mi dico cose come: "un futuro compagno mi vorrà meno bella, invecchiata e non fertile?" o anche "e se davvero mi pento a non avere figli? Se avessi io un'idea sbagliata di sacrificio e la cambiassi?" So che dovrei scegliere per me, non per gli altri, ma lo spettro della non accettazione è tornato. Come sbroglio la matassa?
[#1]
Gentile Utente,
lei pone domande importanti che devono trovare risposte all'interno di una psicoterapia e nonostante l'assenza della Sua terapeuta, mi chiedo se Le sia stato indicato un altro nominativo per continuare la terapia, come di solito di fa in situazioni del genere.
Capirà infatti che non sarà possibile sbrogliare la matassa qui...
Cordiali saluti,
lei pone domande importanti che devono trovare risposte all'interno di una psicoterapia e nonostante l'assenza della Sua terapeuta, mi chiedo se Le sia stato indicato un altro nominativo per continuare la terapia, come di solito di fa in situazioni del genere.
Capirà infatti che non sarà possibile sbrogliare la matassa qui...
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Utente
Grazie del suo interessamento e della risposta. Per risponderle a mia volta: no, non mi è stato indicato un altro nominativo. L'idea concordata era quella di una pausa di qualche mese con ripresa a settembre. Io ero felice della pausa e di potermi sperimentare un po' da sola, camminando con le mie gambe... e così è stato per tre mesi. Non immaginavo quanto accaduto ora e neanche, sinceramente, la mia immediata e istintiva reazione, che è stata quella di dire subito che non volevo togliere nulla e di chiedere per eventuali figli. Da un lato non sopporto di non poter più scegliere, dall'altro - a una settimana dalla notizia - ancora mi stupisco di quanto tenga a fertilità e femminilità, proprio io. Io che in fondo non ho fatto controlli puntuali, scordandomi del tutto di questa parte di me per anni. Sono un concentrato di contraddizioni.
[#3]
Date le difficoltà sopravvenute avrebbe modo di contattare la sua curante e sentirne il parere? E' seguita in ambito privato?
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#4]
Gentile Utente,
Provi a consultare questa lettura credo racchiuda parecchie delle sue domande, parla di isterectomia in donne giovani, ma equivale sul piano simbolico alla menopausa chirurgica
http://www.valeriarandone.it/articoli/19-disfunzioni-sessuali-femminili/174-isterectomia-totale-cosa-rappresenta-lutero-nellimmaginario-femminile/
La fertilità non è solo biologica, ma psichica, dell'anima di tanto altro....
E soprattutto non coincide con la femminilità
Ci sono donne fertili poco femminili, ma madri, ed altre femminili e non fertili, coppie felici con figli ed autonome ed altre infelici con figli, altre ancora child free felici ed appagate e fertili....
Come vede ci vorrebbe una consulenza tutta per lei, calibrata alle sue reali necessità
Provi a consultare questa lettura credo racchiuda parecchie delle sue domande, parla di isterectomia in donne giovani, ma equivale sul piano simbolico alla menopausa chirurgica
http://www.valeriarandone.it/articoli/19-disfunzioni-sessuali-femminili/174-isterectomia-totale-cosa-rappresenta-lutero-nellimmaginario-femminile/
La fertilità non è solo biologica, ma psichica, dell'anima di tanto altro....
E soprattutto non coincide con la femminilità
Ci sono donne fertili poco femminili, ma madri, ed altre femminili e non fertili, coppie felici con figli ed autonome ed altre infelici con figli, altre ancora child free felici ed appagate e fertili....
Come vede ci vorrebbe una consulenza tutta per lei, calibrata alle sue reali necessità
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#5]
Gentile utente,
ogni scelta comporta guadagni e perdite.
E la maternità è all'apice tra questi due elementi: dà molto, toglie molto; a seconda del punto di vista e dei momenti in cui la si guarda.
<<Come sbroglio la matassa?<< ci chiede.
Innanzi tutto, Lei attualmente è dentro una relazione? Potrebbe teoricamente permettersi un figlio, individualmente oppure in coppia?
Se no, il discorso diventa solo teorico: sui rischi che si corrono in ogni scelta.Soprattutto quando problemi di salute restringono drasticamente l'ambito della scelta.
ogni scelta comporta guadagni e perdite.
E la maternità è all'apice tra questi due elementi: dà molto, toglie molto; a seconda del punto di vista e dei momenti in cui la si guarda.
<<Come sbroglio la matassa?<< ci chiede.
Innanzi tutto, Lei attualmente è dentro una relazione? Potrebbe teoricamente permettersi un figlio, individualmente oppure in coppia?
Se no, il discorso diventa solo teorico: sui rischi che si corrono in ogni scelta.Soprattutto quando problemi di salute restringono drasticamente l'ambito della scelta.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#6]
Utente
Grazie delle vostre risposte, risponderò uno ad uno...
Dr.ssa Rinella, si tratta di uno studio privato e posso certamente provare a contattare la terapista, così come altri soci dello studio. Mi dispiace contravvenire al patto fatto, ma forse sono troppo rigida e pretenziosa con me stessa (è certamente qualcosa in linea con la mia personalità)... dunque pensa che potrei, al limite chiedendo di essere indirizzata ad un altro terapista?
Dr.ssa Brunialti, certo, lo so bene. Non ho una relazione, ma potrei permettermi un figlio da sola, certo. Ma non lo farei mai! Mai e poi mai, è contro ogni mio valore. Ora comunque non lo vorrei nemmeno se fossi in coppia, io non ne ho proprio nessunissima voglia. Perciò sì, il mio è solo un discorso teorico: ho paura di fare una scelta di cui mi pentirò. E io non sono per natura una persona indecisa, tutt'altro. E direi di non essermi pentita mai di nessuna scelta fatta. Come ho scelto? D'istinto, l'ho sempre saputo dentro di me. Stavolta non ci vedo chiaro, forse è questione di tempo ma potrei non averlo, il tempo.
Dr.ssa Randone. La risposta che mi ha dato qui mi è piaciuta, ma poi ho letto l'articolo. Ci sono alcuni passaggi che riportano ad un'idea tradizionale di donna che io non sopporto, che combatto, che non ho incarnato e non voglio dover incarnare per forza. Quando parlavo con la mia terapista di femminilità e virilità, mi era chiara una sola cosa: che volevo essere me stessa e che me stessa era un mix delle due componenti, forse incoerente ma certamente piuttosto costante, e che non avevo voglia di cambiare. Il corpo riporta alla femminilità? Il mio mi ci riporta poco, in vari modi mi rema contro da sempre, come se non ne volesse proprio sapere di esser fertile. Son cose diverse, dice. Vero. In effetti forse ora il mio problema più pressante è la questione fertilità.
Francamente più ci penso più sono convinta di vedere ORA (ma tra un anno?) la maternità solo come mezzo per essere più attraente per un uomo e più socialmente accettata. Quindi in linea con la parte di me che ha bisogno di amore e accettazione e pensa di doversi adattare ai bisogni, alle convinzioni altrui. Non certo con la vera me, con quello che io voglio veramente e con la persona che vorrei essere: amata sì, ma libera da "dover essere" e desideri altrui. Fare un figlio è molto romantico, ma fare un figlio è una responsabilità verso una persona. Non un oggetto, non un bambolotto, non un possesso, non uno status, non uno strumento. Non come sono stata trattata io, accidenti! Mi ripugna l'idea di farlo per fare contento qualcun altro (che sia la futura nonna, l'amica o un uomo), eppure è così che vivo la cosa, l'unico motivo per cui potrei farlo: per un uomo soprattutto. Peggio: quando un uomo mi dice che non vuole figli, io lo scarto. Ma se poi ne volesse davvero e subito sarebbe un bel problema. E quindi... cosa penso di me che non ne voglio? Perché sono così convinta di non trovare un compagno degno di tal nome se non posso avere figli? Perché ho nella testa qualcosa di radicato, che mi appartiene e che rifiuto, che mi ostacola... ed è questa convinzione di non completezza e normalità se contravvengo al comandamento materno, sociale... Se mi rifiuto sarò amata? E' questo il nocciolo del discorso, sta qui il mio problema. Proietto un ordine, un dover essere materno interiorizzato su un eventuale futuro compagno. Ma che maledizione!!! Sarò mai libera?
A questo punto la mia terapista sorriderebbe per la mia autodiagnosi. "E io che ci sto a fare?" direbbe. Già, lei mi manca un sacco però. Forse mi manca l'autorizzazione a essere me stessa, che non riesco a darmi da sola.
Dr.ssa Rinella, si tratta di uno studio privato e posso certamente provare a contattare la terapista, così come altri soci dello studio. Mi dispiace contravvenire al patto fatto, ma forse sono troppo rigida e pretenziosa con me stessa (è certamente qualcosa in linea con la mia personalità)... dunque pensa che potrei, al limite chiedendo di essere indirizzata ad un altro terapista?
Dr.ssa Brunialti, certo, lo so bene. Non ho una relazione, ma potrei permettermi un figlio da sola, certo. Ma non lo farei mai! Mai e poi mai, è contro ogni mio valore. Ora comunque non lo vorrei nemmeno se fossi in coppia, io non ne ho proprio nessunissima voglia. Perciò sì, il mio è solo un discorso teorico: ho paura di fare una scelta di cui mi pentirò. E io non sono per natura una persona indecisa, tutt'altro. E direi di non essermi pentita mai di nessuna scelta fatta. Come ho scelto? D'istinto, l'ho sempre saputo dentro di me. Stavolta non ci vedo chiaro, forse è questione di tempo ma potrei non averlo, il tempo.
Dr.ssa Randone. La risposta che mi ha dato qui mi è piaciuta, ma poi ho letto l'articolo. Ci sono alcuni passaggi che riportano ad un'idea tradizionale di donna che io non sopporto, che combatto, che non ho incarnato e non voglio dover incarnare per forza. Quando parlavo con la mia terapista di femminilità e virilità, mi era chiara una sola cosa: che volevo essere me stessa e che me stessa era un mix delle due componenti, forse incoerente ma certamente piuttosto costante, e che non avevo voglia di cambiare. Il corpo riporta alla femminilità? Il mio mi ci riporta poco, in vari modi mi rema contro da sempre, come se non ne volesse proprio sapere di esser fertile. Son cose diverse, dice. Vero. In effetti forse ora il mio problema più pressante è la questione fertilità.
Francamente più ci penso più sono convinta di vedere ORA (ma tra un anno?) la maternità solo come mezzo per essere più attraente per un uomo e più socialmente accettata. Quindi in linea con la parte di me che ha bisogno di amore e accettazione e pensa di doversi adattare ai bisogni, alle convinzioni altrui. Non certo con la vera me, con quello che io voglio veramente e con la persona che vorrei essere: amata sì, ma libera da "dover essere" e desideri altrui. Fare un figlio è molto romantico, ma fare un figlio è una responsabilità verso una persona. Non un oggetto, non un bambolotto, non un possesso, non uno status, non uno strumento. Non come sono stata trattata io, accidenti! Mi ripugna l'idea di farlo per fare contento qualcun altro (che sia la futura nonna, l'amica o un uomo), eppure è così che vivo la cosa, l'unico motivo per cui potrei farlo: per un uomo soprattutto. Peggio: quando un uomo mi dice che non vuole figli, io lo scarto. Ma se poi ne volesse davvero e subito sarebbe un bel problema. E quindi... cosa penso di me che non ne voglio? Perché sono così convinta di non trovare un compagno degno di tal nome se non posso avere figli? Perché ho nella testa qualcosa di radicato, che mi appartiene e che rifiuto, che mi ostacola... ed è questa convinzione di non completezza e normalità se contravvengo al comandamento materno, sociale... Se mi rifiuto sarò amata? E' questo il nocciolo del discorso, sta qui il mio problema. Proietto un ordine, un dover essere materno interiorizzato su un eventuale futuro compagno. Ma che maledizione!!! Sarò mai libera?
A questo punto la mia terapista sorriderebbe per la mia autodiagnosi. "E io che ci sto a fare?" direbbe. Già, lei mi manca un sacco però. Forse mi manca l'autorizzazione a essere me stessa, che non riesco a darmi da sola.
[#7]
Un figlio è sicuramente un atto d'amore, ma l'atto d'amore più grande è quello verso se stessi
Soltanto ascoltandoli coerentemente, coraggiosamente e fedelmente, si potrà essere se stessi, anche non piacendo agli altri
Un figlio non lo si può mettere l mondo per completare l'identità di donna e per amore del partner, così come un secondo non lo si fa per fare compagnia al primo ...prosegua ascoltandosi ed accertandosi
Cari auguri per tutto
Soltanto ascoltandoli coerentemente, coraggiosamente e fedelmente, si potrà essere se stessi, anche non piacendo agli altri
Un figlio non lo si può mettere l mondo per completare l'identità di donna e per amore del partner, così come un secondo non lo si fa per fare compagnia al primo ...prosegua ascoltandosi ed accertandosi
Cari auguri per tutto
[#8]
Gentile utente,
<<la maternità solo come mezzo per essere più attraente per un uomo e più socialmente accettata.<<
Riguardo al primo punto, non è sempre come Lei ritiene; molti uomini sono dibattuti rispetto all'avere un figlio proprio per il pericolo di essere messi poi in secondo piano dalla moglie, cme può leggere in:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3332-mamma-e-amante.html
>>Più socialmente accettata<< non so. Sono ormai moltissime le donne che scelgono una propria strada, che magari non prevede la maternità.
Sembra quasi che tutto questo girare attorno al problema "maternità" inizi ad avere le caratteristiche di un pensiero ossessivo, forse accentuato dalla maternità della Sua terapeuta...
<<la maternità solo come mezzo per essere più attraente per un uomo e più socialmente accettata.<<
Riguardo al primo punto, non è sempre come Lei ritiene; molti uomini sono dibattuti rispetto all'avere un figlio proprio per il pericolo di essere messi poi in secondo piano dalla moglie, cme può leggere in:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3332-mamma-e-amante.html
>>Più socialmente accettata<< non so. Sono ormai moltissime le donne che scelgono una propria strada, che magari non prevede la maternità.
Sembra quasi che tutto questo girare attorno al problema "maternità" inizi ad avere le caratteristiche di un pensiero ossessivo, forse accentuato dalla maternità della Sua terapeuta...
[#9]
Utente
In effetti, dottoressa Brunialti, è vero: da quando ho saputo della maternità della terapeuta questo pensiero è diventato molto più frequente. Credo che lei rappresenti per me un modello. La vivo come una seconda madre (quella buona, che mi accetta e rispetta), la stimo e mi sono accorta nei mesi che tendevo a imitarla. Ma ad un certo punto ho sentito la voglia di uscire dal nido e diventare grande, ero felicissima di questa pausa di 5 mesi.
Naturalmente, però, me la sono portata dietro... Quando rifletto tra me e me, sento come due voci esterne: una è quella di mia madre con le cose che mi ha sempre detto come Verità assoluta se non imposizione (ha smesso da poco, perché le ho parlato chiaro su come voglio essere trattata da adulta), l'altra è la voce della terapeuta, che mi offre un'alternativa e mi riporta a me. Sia chiaro: non mi ha mai dato l'idea di pensare che un figlio fosse necessario, però lei e tutto il mio femminile di riferimento hanno fatto figli. Un'amica in particolare, frequentata per molti anni, è ossessionata dalla maternità, che pretende da ogni donna come unica vera realizzazione femminile, ma è tra l'altro, secondo me, la peggior madre che io abbia mai visto, nel senso che ha fatto e fa tutto per i vari famosi "motivi sbagliati". Ho chiuso quest'amicizia un anno fa, non ritenendola più nemmeno un rapporto di amicizia proprio per questa differenza di visioni aggravata dal suo modo di fare rigido e impositivo, che nulla ha a che fare con la condivisione, il rispetto e il frequentarsi per piacere, che nulla ha a che fare con la persona che voglio essere oggi (credo fosse un rapporto nato dalla mia ricerca di un surrogato materno).
Insomma, mi rendo perfettamente conto di guardare ancora troppo fuori alla ricerca di regole, di quel che è "normale", di conferme. E che questo non mi fa essere libera di vivere la mia vita. Vorrei davvero liberarmi del tutto, ci provo ogni giorno e da sempre, ma la paura di restare sola è enorme. Sta proprio tutto lì... è sempre stato tutto lì, nella paura dell'abbandono. Forse è questo ciò che davvero mi devo risolvere. Chissà che questi problemi di salute non si rivelino l'occasione per una svolta decisiva, in fondo.
E' vero che non tutti gli uomini vogliono figli. Quando riesco a stare su un piano di realtà lo so bene. Gli unici due avuti che ne volevano e che non rappresentano che un terzo delle mie relazioni, li volevano per conformismo o come simbolo di virilità... uno ne ha anche avuti, con effetti disastrosi come si può immaginare... E sa una cosa? Io mi riconosco molto nell'uomo che non vuole figli di mezzo tra lui e la sua partner. Per me prima viene la relazione a due, prima nel tempo, prima come importanza, ma a volte purtroppo anche prima di me stesa e con tutti i miei schemi distorti.
Fatico davvero a stare su un piano di realtà e a essere lucida su questa cosa, a dirmi semplicemente "sei come sei e la persona giusta per te ti accetta così".
Ah, quanta strada da fare ancora!
Mi rendo conto di essere ripetitiva e di aver pensato a voce alta, ma che dire, avevo proprio bisogno di un confronto su questi temi... e forse sono io che non voglio tornare dalla mamma terapeuta, non come prima, io che ho voglia di essere "grande". Intanto grazie, mi avete aiutato tutti moltissimo e il suo testo, dr.ssa Brunialti, me lo salvo tra i preferiti.
Naturalmente, però, me la sono portata dietro... Quando rifletto tra me e me, sento come due voci esterne: una è quella di mia madre con le cose che mi ha sempre detto come Verità assoluta se non imposizione (ha smesso da poco, perché le ho parlato chiaro su come voglio essere trattata da adulta), l'altra è la voce della terapeuta, che mi offre un'alternativa e mi riporta a me. Sia chiaro: non mi ha mai dato l'idea di pensare che un figlio fosse necessario, però lei e tutto il mio femminile di riferimento hanno fatto figli. Un'amica in particolare, frequentata per molti anni, è ossessionata dalla maternità, che pretende da ogni donna come unica vera realizzazione femminile, ma è tra l'altro, secondo me, la peggior madre che io abbia mai visto, nel senso che ha fatto e fa tutto per i vari famosi "motivi sbagliati". Ho chiuso quest'amicizia un anno fa, non ritenendola più nemmeno un rapporto di amicizia proprio per questa differenza di visioni aggravata dal suo modo di fare rigido e impositivo, che nulla ha a che fare con la condivisione, il rispetto e il frequentarsi per piacere, che nulla ha a che fare con la persona che voglio essere oggi (credo fosse un rapporto nato dalla mia ricerca di un surrogato materno).
Insomma, mi rendo perfettamente conto di guardare ancora troppo fuori alla ricerca di regole, di quel che è "normale", di conferme. E che questo non mi fa essere libera di vivere la mia vita. Vorrei davvero liberarmi del tutto, ci provo ogni giorno e da sempre, ma la paura di restare sola è enorme. Sta proprio tutto lì... è sempre stato tutto lì, nella paura dell'abbandono. Forse è questo ciò che davvero mi devo risolvere. Chissà che questi problemi di salute non si rivelino l'occasione per una svolta decisiva, in fondo.
E' vero che non tutti gli uomini vogliono figli. Quando riesco a stare su un piano di realtà lo so bene. Gli unici due avuti che ne volevano e che non rappresentano che un terzo delle mie relazioni, li volevano per conformismo o come simbolo di virilità... uno ne ha anche avuti, con effetti disastrosi come si può immaginare... E sa una cosa? Io mi riconosco molto nell'uomo che non vuole figli di mezzo tra lui e la sua partner. Per me prima viene la relazione a due, prima nel tempo, prima come importanza, ma a volte purtroppo anche prima di me stesa e con tutti i miei schemi distorti.
Fatico davvero a stare su un piano di realtà e a essere lucida su questa cosa, a dirmi semplicemente "sei come sei e la persona giusta per te ti accetta così".
Ah, quanta strada da fare ancora!
Mi rendo conto di essere ripetitiva e di aver pensato a voce alta, ma che dire, avevo proprio bisogno di un confronto su questi temi... e forse sono io che non voglio tornare dalla mamma terapeuta, non come prima, io che ho voglia di essere "grande". Intanto grazie, mi avete aiutato tutti moltissimo e il suo testo, dr.ssa Brunialti, me lo salvo tra i preferiti.
[#10]
Gentile utente,
Le Sue riflessioni sono molto centrate e , se riesce "a stare su un piano di realtà", lei lo sa bene.
le difficoltà stanno altrove, ma il percorse che Lei ha compiuto ritengo La abbia fatta crescere molto.
Se vorrà riprendere con la Sua terapeuta "mamma buona" potrà farlo rinegoziando.
Lieti di esserLe stati utili!
Ci siamo.
A Lei, un buon percorso personale.
Saluti cari
Le Sue riflessioni sono molto centrate e , se riesce "a stare su un piano di realtà", lei lo sa bene.
le difficoltà stanno altrove, ma il percorse che Lei ha compiuto ritengo La abbia fatta crescere molto.
Se vorrà riprendere con la Sua terapeuta "mamma buona" potrà farlo rinegoziando.
Lieti di esserLe stati utili!
Ci siamo.
A Lei, un buon percorso personale.
Saluti cari
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 3.2k visite dal 03/07/2015.
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