Il confine tra traumi veri e inventati
Gentili psicologi, vi chiedo un consulto per fare chiarezza su una questione che, nonostante gli anni passati, mi crea ancora fastidio.
Mio padre, sin da quando ero bambina, ha utilizzato come metodo correttivo le percosse. Fin qui posso comprendere.
Purtroppo ciò che ha segnato quasi uno spartiacque fra il prima e dopo è stato un episodio di qualche anno fa, avevo ormai circa 21 anni.
Per una ragione futile, mio padre finisce per picchiarmi. Ma non come "al solito": mi ha letteralmente scaraventata in un angolo per picchiarmi meglio; ricordo perfettamente come mi tenesse ferme le mani al petto con una mano e con l'altra mi picchiasse le gambe, le braccia. Quando la furia è finita, io ero terrorizzata, sentivo seriamente in pericolo la mia incolumità, perché non vedevo razionalità in quell'accesso d'ira. Passano i minuti e mi accorgo dei segni lasciati sul corpo e sul viso: non era mai successa una cosa simile.
Mio padre, come se nulla fosse, mi chiede di far pace e di abbracciarlo (passata mezz'ora dall'evento), mi rifiuto. In casa si cerca di calmare le acque...e finisce che io devo consolare mio padre e dirgli che è un buon padre, perché faceva dei discorsi da vittima...mi dice che vorrebbe più affetto da me e che mi sente lontana. Ora immaginate un discorso così a cuore aperto: in generale è apprezzabile (è un tentativo di comunicazione, di avvicinamento), ma è assurdo se imbastito ad un'ora dalle percosse!
Nei giorni seguenti c'è la riconciliazione, arrivano le scuse.
Inizialmente penso che sia un'episodio di lite come un altro...sono stati tanti gli scontri con lui, ma gli ho sempre voluto bene.
Ma il tempo passa e mi accorgo di provare un sentimento di schifo, rabbia....mi fa schifo come abbia toccato il mio corpo, mi fa venire i conati di vomito il pensare che mi abbia bloccato le mani per picchiarmi meglio, manipolando il mio corpo.
Mi sembra una beffa averlo dovuto rassicurare e spendere buone parole mentre ancora tremavo per l'adrenalina in circolo. Allora avrei tanta voglia di tornare indietro e cambiare il passato, perché vorrei non essere stata lì ad ascoltarlo, a subire l'ulteriore violenza di sentir parlare qualcuno che non si è accorto della gravità del gesto. Ma il passato non si può cambiare, e mi arrabbio con me stessa per la mia stupidità di allora.
Quando faccio questi pensieri però finisco per odiarmi, penso di essere un'esagerata e di aver solo finalmente trovato un appiglio per vivere un po' nel dramma (ho sempre avuto una vita molto serena!); perché lui è un buon padre, perché mi ama, perché c'è sempre stato per me.
Ma, anche anni dopo, il pensiero ritorna lì (capita raramente, ma capita) spesso nella notte, e scopro che la rabbia non si è affievolita affatto. A volte sogno di avere uno scontro fisico con lui, di riuscire a difendermi, di rimproverarlo.
Chissà nella vita quante persone hanno lasciato passare i miei errori....mi chiedo perché io debba essere così cattiva da non doverne lasciare passare neanche uno.
Mio padre, sin da quando ero bambina, ha utilizzato come metodo correttivo le percosse. Fin qui posso comprendere.
Purtroppo ciò che ha segnato quasi uno spartiacque fra il prima e dopo è stato un episodio di qualche anno fa, avevo ormai circa 21 anni.
Per una ragione futile, mio padre finisce per picchiarmi. Ma non come "al solito": mi ha letteralmente scaraventata in un angolo per picchiarmi meglio; ricordo perfettamente come mi tenesse ferme le mani al petto con una mano e con l'altra mi picchiasse le gambe, le braccia. Quando la furia è finita, io ero terrorizzata, sentivo seriamente in pericolo la mia incolumità, perché non vedevo razionalità in quell'accesso d'ira. Passano i minuti e mi accorgo dei segni lasciati sul corpo e sul viso: non era mai successa una cosa simile.
Mio padre, come se nulla fosse, mi chiede di far pace e di abbracciarlo (passata mezz'ora dall'evento), mi rifiuto. In casa si cerca di calmare le acque...e finisce che io devo consolare mio padre e dirgli che è un buon padre, perché faceva dei discorsi da vittima...mi dice che vorrebbe più affetto da me e che mi sente lontana. Ora immaginate un discorso così a cuore aperto: in generale è apprezzabile (è un tentativo di comunicazione, di avvicinamento), ma è assurdo se imbastito ad un'ora dalle percosse!
Nei giorni seguenti c'è la riconciliazione, arrivano le scuse.
Inizialmente penso che sia un'episodio di lite come un altro...sono stati tanti gli scontri con lui, ma gli ho sempre voluto bene.
Ma il tempo passa e mi accorgo di provare un sentimento di schifo, rabbia....mi fa schifo come abbia toccato il mio corpo, mi fa venire i conati di vomito il pensare che mi abbia bloccato le mani per picchiarmi meglio, manipolando il mio corpo.
Mi sembra una beffa averlo dovuto rassicurare e spendere buone parole mentre ancora tremavo per l'adrenalina in circolo. Allora avrei tanta voglia di tornare indietro e cambiare il passato, perché vorrei non essere stata lì ad ascoltarlo, a subire l'ulteriore violenza di sentir parlare qualcuno che non si è accorto della gravità del gesto. Ma il passato non si può cambiare, e mi arrabbio con me stessa per la mia stupidità di allora.
Quando faccio questi pensieri però finisco per odiarmi, penso di essere un'esagerata e di aver solo finalmente trovato un appiglio per vivere un po' nel dramma (ho sempre avuto una vita molto serena!); perché lui è un buon padre, perché mi ama, perché c'è sempre stato per me.
Ma, anche anni dopo, il pensiero ritorna lì (capita raramente, ma capita) spesso nella notte, e scopro che la rabbia non si è affievolita affatto. A volte sogno di avere uno scontro fisico con lui, di riuscire a difendermi, di rimproverarlo.
Chissà nella vita quante persone hanno lasciato passare i miei errori....mi chiedo perché io debba essere così cattiva da non doverne lasciare passare neanche uno.
[#1]
La violenza che descrive genera inevitabilmente rabbia in chi la subisce, perché la persona abusante è quella che in realtà viene considerata un punto di riferimento, dovrebbe proteggere e accudire, non spaventare e picchiare.
>>finisce che io devo consolare mio padre e dirgli che è un buon padre, perché faceva dei discorsi da vittima...mi dice che vorrebbe più affetto da me e che mi sente lontana.<<
come vede emerge anche un atteggiamento fortemente ambivalente e come tale difficilmente conciliabile. In questo modo è un po' come sentirsi vittima due volte, per le percosse ricevute e per gli atteggiamenti di vicinanza da "brava figlia" che non dimostra verso suo padre.
Perché parla di "traumi veri e inventati"?
>>finisce che io devo consolare mio padre e dirgli che è un buon padre, perché faceva dei discorsi da vittima...mi dice che vorrebbe più affetto da me e che mi sente lontana.<<
come vede emerge anche un atteggiamento fortemente ambivalente e come tale difficilmente conciliabile. In questo modo è un po' come sentirsi vittima due volte, per le percosse ricevute e per gli atteggiamenti di vicinanza da "brava figlia" che non dimostra verso suo padre.
Perché parla di "traumi veri e inventati"?
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#2]
Ex utente
Perché a rileggermi sembra che io mi sia descritta come una persona traumatizzata....ma le storie che giustifichino traumi veri mi sembrano essere ben altre. In fondo l'episodio è unico e avvenuto anni fa....Forse è il trattamento speciale che gl riservo a farmi mantere il rancore. Il dover essere andata avanti senza mai più tornare sull'argomento, senza mai dirgli ciò che penso di lui. Con le altre persone a me molto vicine, se qualcosa non mi sta bene, se sono infastidita dall'atteggiamento, ne discuto molto. Con lui no, perché è "cosi com'è", e nessuno si è mai preso la briga di consigliarlo al miglioramento....
[#3]
"Allora avrei tanta voglia di tornare indietro e cambiare il passato, perché vorrei non essere stata lì ad ascoltarlo, a subire l'ulteriore violenza di sentir parlare qualcuno che non si è accorto della gravità del gesto. Ma il passato non si può cambiare, e mi arrabbio con me stessa per la mia stupidità di allora."
Gentile Utente,
Ha già subito tanto, si assolva!
Il passato non può essere cambiato, ma elaborato e conservato nel cassetto dei rocordi, può anche non fare oiù male..ma dovrà lavorarci.
Gentile Utente,
Ha già subito tanto, si assolva!
Il passato non può essere cambiato, ma elaborato e conservato nel cassetto dei rocordi, può anche non fare oiù male..ma dovrà lavorarci.
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.7k visite dal 22/06/2015.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.