Apatia e scarse relazioni sociali

Gentili dottori, sono un ragazzo di 23 anni, da poco laureato in filosofia e attualmente in attesa di lavoro, sebbene abbia già una prospettiva lavorativa che inizierà a giugno (almeno una cosa positiva di questo periodo). Il problema è che da quasi due mesi non esco più con i miei amici, sono apatico e senza particolari motivazioni o interessi. Fatico ad uscire di casa e quando esco sono sempre da solo, a farmi lunghe passeggiate o giri in bici, raramente in compagnia del mio migliore amico, che cerca di tirarmi dentro "il gruppo", ma puntualmente riceve un mio rifiuto (scuse inventate per evitare le uscite). Il fatto è che non ho nessun desiderio di stare con gli altri e non riesco nemmeno a sforzarmi di chiamare qualcuno anche solo per andare a prenderci un gelato. Di carattere sono sempre stato un tipo tranquillo e riflessivo, introverso e direi anche molto individualista sui miei obiettivi, però non penso di essere freddo, anche se ultimamente non riesco a tirar fuori nessuna emozione. Ho sempre avuto pochi amici (i cosiddetti "pochi ma buoni"), non ho mai avuto una ragazza fino ad ora e questo devo dire che mi pesa molto all'età di 23 anni e in certi momenti è motivo di sconforto e tristezza. Fatico ad approcciarmi all'altro sesso, difficilmente entro in empatia con le ragazze e quando le cose sembrano andar bene mi blocco e perdo l'occasione, quasi per "paura" di andare fino in fondo credo. Purtroppo questa situazione mi ha portato a pagare una prostituta all'età di 21 anni per poter avere la prima esperienza sessuale, poiché la tristezza stava divenendo tale da sconfinare nella depressione. Con i miei genitori ho sempre avuto un buon rapporto, ma ora non ho più piacere nemmeno a stare con loro e tendo ad isolarmi anche in casa, stando al pc diverse ore al giorno. Provo un sentimento cronico di vuoto e di smarrimento, sia in casa che fuori. Vedo gli amici divertirsi e riempire la loro vita di passioni e interessi, mentre per me ogni giorno che passa è sempre più una "forzatura", una grande difficoltà a "partecipare" alla vita, che mi porta sempre più ad evitare sempre più ogni contesto. Non credo però di essere depresso, piuttosto appiattito e "impoverito", quello sì.
In conclusione so bene che qui è difficile per voi fare una diagnosi, ma potreste darmi qualche indicazione o consiglio per venirne fuori? O almeno provare a dirmi cosa mi succede.
Grazie
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
L'ipotesi sulla paura di andare fino in fondo, a cosa è dovuta?

Riesci a ricordare e descrivere qualche episodio che ti ha fatto pensare questo?

Quindi, secondo te, si tratterebbe non tanto di un problema ad approcciare le ragazze, quanto di "averci a che fare", in altre parole nel far proseguire una conoscenza?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Gentile Dr. Santonocito,
anzitutto grazie della sua risposta. In particolare mi viene in mente un episodio di tre mesi fa. Sono uscito con una ragazza due volte. Durante la prima uscita mi sono trovato perfettamente a mio agio con lei, anche sfoggiando una certa brillantezza e disinvoltura. Nella seconda uscita però, quando cominciavamo ad entrare più in confidenza, mi sono come "bloccato". Già prima di uscirci mi sentivo un po' tra l'ansioso (magari perché pensavo al possibile bacio finale) e il depresso, ossia mi dicevo "Ecco stavolta vorrei baciarla, ma lei si accorgerà sicuramente che sono imbranato" o altre cose come "Lei mi racconterà sicuramente di tutte le storie che ha avuto e io cosa mi invento?" o ancora "E se ci provo e mi dice che mi vede solo come un amico?". Questi e altri pensieri hanno affollato la mia mente, con il risultato che non mi sono affatto goduto l'uscita e per tutto il tempo mi sono sentito poco lucido e irrigidito. Il risultato è stato che questa ragazza non l'ho sentita più. Qualche giorno fa mi ha ricontattato lei, ma non le ho riposto.
Un altro episodio è stato due anni fa, sono uscito due sere con una ragazza, molto interessata a me, il che faceva "ben sperare" chiaramente. Però è successa la stessa cosa, un grosso blocco al momento di "concludere". In seguito mi ricordo che piansi molto arrabbiandomi con me stesso.
Il problema è che quelle poche volte che sono uscito con ragazze non scatta nemmeno un bacio e ormai credo che questo dipenda da me. Per quanto riguarda i due di picche poi lasciamo stare, ormai non li conto più.
Perciò credo che lei abbia centrato il punto in questione. Se nel momento dell'approccio non ho particolari difficoltà, il tutto precipita quando la conoscenza prosegue e si entra di più nella sfera intima, per così dire. L'"averci a che fare" in altre parole mi intimorisce, a un certo punto mi sento goffo, imbranato e con poca fiducia in me stesso. A cosa può essere dovuto secondo lei?
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Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Aggiungo che in questo momento sto evitando il più possibile situazioni con ragazze. Ad esempio se i miei amici vanno in discoteca non ci vado dicendo che in questo periodo "non sono in vena di far festa". In realtà al solo pensiero di stare a stretto contatto con ragazze attraenti e disinibite vado in crisi, perché so già che non rimorchierò come fanno invece altri che te li vedi intorno a baciarsi per tre ore in fila. Inoltre i miei amici sanno benissimo di questa mia situazione e ho paura di essere considerato "lo sfigato del gruppo", ossia ho paura del loro giudizio.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> A cosa può essere dovuto secondo lei?
>>>

Al fatto che continui a evitare ciò che ti spaventa, in tal modo alimentando e mantenendo tu stesso in vita il tuo problema.

>>> Aggiungo che in questo momento sto evitando il più possibile situazioni con ragazze.
>>>

Male. Molto male. Perché proprio l'evitamento è ciò che rende sempre più reale ciò che spaventa. Perciò, per uscirne dovresti non solo accettare di essere inizialmente imbranato (per forza, se non hai esperienza), ma addirittura mettere in conto e cercare attivamente di sbagliare.

Si impara solo dagli errori, non da ciò che già sappiamo fare.

Mi sembra però evidente che se finora non sei riuscito da solo a sbloccarti, tu abbia bisogno di un aiuto esterno.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile ragazzo,

è anche vero che il gruppo di pari diventa uno strumento prezioso per poter apprendere abilità e modelli comportamentali socialmente competenti, ma se tu trascorri una serata con una ragazza con l'ansia relativa alla conclusione, allora è su quell'ansia anticipatoria che si potrebbe anche lavorare.

Tieni conto che, data la tua età e la problematica che esponi, la questione sembra risolvibile anche in tempi non necessariamente lunghi.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Gentili dottori,
vi ringrazio per le risposte. Dr. Santonocito mi trovo d'accordo con lei sul fatto che devo accettarmi un po' per come sono senza farmi problemi, ma a volte mi viene difficile, perché penso ossessivamente a questi anni passati senza avere una ragazza e questo mi fa partire con un atteggiamento negativo ad ogni nuovo approccio.
Dr. Pileci per quanto riguarda l'ansia anticipatoria e' assolutamente vero, ed infatti è proprio la sensazione che avverto quando la confidenza con una ragazza comincia a farsi più intensa. In realtà l'ho volutamente omesso per non influenzarvi, ma c'è già un medico-psicoterapeuta che mi segue. A parte il "problema ragazza" negli ultimi mesi ho avuto problemi di ossessioni (ma senza compulsioni), ritiro sociale (non voglio più vedere nemmeno i miei amici) e frequenti stati di derealizzazione e confusione mentale accompagnati da pensieri suicidi. Giuro è da quattro anni che sto passando un vero inferno, passando da diagnosi di nevrosi depressiva fino a disturbo bipolare, poi smentito e identificato in sindrome dissociativa da quest'ultimo terapeuta che mi segue. Dovrei anche prendere un antipsicotico, l'Abilify in dose 5mg, per "pulire la mente", ma ho letto che viene dato agli schizofrenici e ho paura dei suoi effetti collaterali. So che sto elencando cose gravi, ma sinceramente sto passando una grande sofferenza e non so più cosa fare. Gli psicologi/psicoterapeuti che ho consultato mi dicono tutti cose diverse, per non parlare degli psichiatri che sanno solo imbottire di farmaci. Sapere che tutto ciò è provocato da un problema così semplice come quello della mancanza di una ragazza mi spiazza ancora di più onestamente. Scusate avevo bisogno di sfogarmi un po'. Grazie dell'ascolto
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Bene, e che cosa ti dicono gli psicologi/psicoterapeuti, nello specifico?

Hai ricevuto/stai ricevendo istruzioni chiare e dettagliatre sul cosa fare o state solo parlando e interpretando?
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Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Gentile Dr.Santonocito,
nello specifico ogni specialista che ho visto finora mi ha detto cose diverse. Ho una storia complessa. La "crisi", se così si può chiamare, è iniziata sui 19 anni, più o meno con i sintomi che ho detto, più fastidiose allucinazioni notturne di tipo uditivo e visivo (nel dormiveglia) e un breve episodio psicotico sui 20 anni, poi risoltosi per il meglio, senza bisogno di ricovero. In breve, ero convinto di avere facoltà paranormali e di ricevere messaggi sull'umanità da parte di entità che me li trasmettevano telepaticamente. Si è capito poi che questa psicosi si era sviluppata da alcuni miei interessi adolescenziali come l'esoterismo, le scienze occulte, la parapsicologia ecc. e a causa dell'influenza di una nonna il cui modo di interpretare la realtà è sostanzialmente "magico"; questi problemi erano accompagnati da frequenti ritiri sociali anche allora. In seguito a ciò ho avuto depressione e attacchi d'ansia, in cui perdevo il rapporto con la realtà e pensavo sempre di più al suicidio. Tuttavia la cura che mi diede allora lo psichiatra fu Xanax 0,25mg mattino e sera e Cipralex 10mg, se non sbaglio, una volta al giorno. Tralasciò del tutto la "componente psicotica" perché secondo lui avevo recuperato del tutto la razionalità (ad esempio dicevo "So di essermi inventato delle grandi str******). Nel frattempo mi ha seguito una psicoterapeuta, con la quale è emersa una "spaccatura" della personalità, confermatami anche dall'attuale specialista e su cui stiamo lavorando. Per quanto riguarda invece il disturbo bipolare mi era stato erroneamente diagnosticato da uno psichiatra due mesi fa, in quanto non ho fasi maniacali, quanto depressive (persistenti) piuttosto
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Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Che cosa intende per
<<< Hai ricevuto/stai ricevendo istruzioni chiare e dettagliate sul cosa fare?>>>

Per il momento stiamo solo parlando e interpretando, anche se non ho ben capito cosa sia questo "problema dissociativo" e perché mi ha dato l'Abilify. Secondo lui la mia personalità presenta dei tratti psicotici, e in pratica avverto una parte di me come contraddittoria e mi stacco dalla realtà. Invece con la precedente psicologa era emersa una struttura di personalità "nevrotica" ma non psicotica.

Non so più cosa pensare, vorrei solo una vita normale, con amicizie stabili e durature, una ragazza e un buon lavoro, senza più avere questi disturbi che mi stanno facendo soffrire molto.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
In tal caso il tuo quadro è più complesso e delicato e non sarebbe prudente spingersi oltre nelle valutazioni e tanto meno nei suggerimenti. L'unico suggerimento ovvio e razionale è di affidarti ai tuoi curanti attuali, oppure cambiarli se ritieni di non essere seguito in modo adeguato.

Resta l'ipotesi sopra, ovvero che tu stesso stia mantenendo in vita le tue paure evitando ciò che te le causa. Però il tutto andrebbe valutato alla luce degli altri dati che hai riportato, cosa che può solo essere fatta di persona.
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Rispondo alla tua ulteriore replica.

La dissociazione non è necessariamente sintomo di psicosi. Le diagnosi psichiatriche e psicopatologiche possono talvolta essere difficili, in presenza di sintomi ambigui. A volte, ad esempio, i disturbi ossessivi di una certa gravità possono essere scambiati con stati psicotici.

Leggendo il modo in cui scrivi non sembreresti una persona psicotica, ma come dicevo a distanza mancano troppe informazioni, non si può essere precisi né obiettivi. Devi trovare il modo di ricevere un parere più centrato di persona.
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Attivo dal 2015 al 2015
Ex utente
Gentile Dr. Santonocito,
sì, mi rendo conto che alla luce degli altri dati il tutto si complica. E' appunto per questo che inizialmente ho omesso i trascorsi, descrivendo solo gli aspetti della mia vita che non funzionano, per così dire.
E in tutta franchezza anche a me non sembra di essere psicotico. Infatti ho provato a prendere l'Abilify 5mg per un mese (farmaco che stranamente mi aveva prescritto anche il precedente specialista per disturbo bipolare), ma a parte un leggero miglioramento dell'umore e meno pensieri fissi, mi dava ansia e irrequietezza continua. E stavo sviluppando anche la paura di prendermi un infarto, visto che può dare problemi al cuore e spesso sentivo il braccio sinistro pulsarmi.
Ho notato invece che con il solo Xanax mi sento più leggero e tranquillo, più sciolto anche se vado fuori e con meno pensieri del tipo "Evito la piazza perché potrei incontrare quello" o "Non capisco perché la gente mi fissa" o altri pensieri stupidi che mi tolgono lucidità e serenità.
Voglio dire che a questo punto non so neanch'io se il problema di base è dovuto all'ansia (che mi dà anche ossessioni allo stato puro) o ad un'eventuale psicosi. Sono anche arrivato a pensare di essere schizofrenico (visti i trascorsi) ma mi sembra di essere una persona razionale e con una mentalità scientifica, nonostante tutto.
Tuttavia accetto il suo consiglio e approfondirò meglio la questione col mio medico curante. La ringrazio per le indicazioni,
Cordiali saluti
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Più che con il medico curante, credo la questione andrebbe innanzitutto chiarita con il tuo attuale psicoterapeuta.

Ad esempio, se soffrissi effettivamente di ossessioni e ansia, dal mio punto di vista di terapeuta strategico parlare e interpretare solamente sarebbe il modo meno adatto di affrontare la questione. Perché ricamare addosso ai problemi di chi è ossessivo può provocare... ancora più ossessioni.

Dovresti pertanto, una volta appurato che si tratta di ansia, orientarti forse verso un percorso di tipo più attivo e prescrittivo, dove cioè si cerca di capire come funziona il problema nell'oggi e subito dopo iniziare a cambiare quei comportamenti che lo mantengono in vita. Questo è ciò che si fa nelle terapie di tipo breve strategico o cognitivo-comportamentale (classico). Cambiando il come, si riesce dopo un po' a cambiare anche il cosa, cioè quello che si sente e il proprio atteggiamento nei confronti delle situazioni una volta percepite problematiche.

Ultima considerazione. Pensieri come: "Evito la piazza perché potrei incontrare quello" o: "Non capisco perché la gente mi fissa" stanno proprio sul versante ansioso, hanno a che vedere con la sensazione di vergogna e sono riferite all'esterno, indicano cioè un problema di tipo relazionale. Ma sempre di ansia sembra trattarsi.