Introversione

Salve.
Sono ormai giunto alla fine del mio percorso riabilitativo in comunità psichiatrica, Psicoterapeuta, io e Psichiatra, siamo concordi nel dire che sono pronto per tornare a casa. Dimenticavo, sono stato ricoverato un anno per un disturbo bipolare II, adesso prendo ancora farmaci ma praticamente ho smesso di fare psicoterapia, facciamo solo dei colloqui di supporto.
Ultimamente, ero convinto di soffrire ancora di qualche forma d'ansia, ma la psicoterapeuta mi diceva che questa per l'ansia era diventata una mania, mentre lo psichiatra mi diceva che la terapia che avevo fatto e che sto facendo avrebbe dovuto curare pure l'ansia.
Eppure c'era qualcosa che non andava...
questo bisogno di pensare troppo, questa voglia di solitudine e tranquillità, questo continuo fantasticare, avere mille idee ma non metterne in pratica nessuna, questo interesse per le cose astratte come la psicologia, la politica, l'informatica, il sentirmi diverso e a disagio al bar...
Ieri sera, cercando una risposta alle mie domande, mi sono imbattuto nel sito di uno dei più grandi esperti italiani di introversione ed estroversione, e quando ho letto la descrizione di introverso, mi ci sono ritrovato pienamente... la cosa mi ha lasciato un po perplesso, intanto ho gustato tutte le qualità che noi minoranza di introversi abbiamo: dall'intelligenza, alla creatività, dalla fantasia al senso di giustizia, ecc. Poi mi sono reso conto che la cosa è vera, sono sempre stato introverso e ho sempre avuto queste caratteristiche, fin da quando non sono voluto andare all'asilo.
Ci sono stati periodi della mia vita durante i quali ho cercato di forzare il muro dell'introversione, specialmente l'adolescenza e la prima età adulta, ma col risultato di mettermi addosso una maschera pesante da portare che forse proprio quella, in parte, ha contribuito al crollo del mio equilibrio.
Fatto stà che sono introverso e timido (tempo fà in un centro psico sociale mi fù diagnosticata anche una personalità schizoide)

Questo modo di essere, non mi provoca problemi a livello lavorativo, infatti ho deciso di specializzarmi come tecnico hardware e software e andare a fare il topo da laboratorio, professione che molti detestano ma che io ci lavorerei anche la notte.

Il mio problema è nella vita affettiva e sessuale, per me l'amore è cio che muove il mondo ed io lo provo anche se lo sento in maniera diversa dagli altri ed il sesso secondo me rimane sempre uno dei piaceri più grandi della vita. il fatto è che sono chiuso, impacciato, troppo razionale e se anche riuscissi a conquistare una ragazza, poi riuscirei a riconquistarla ogni giorno?
lo stesso vale per gli amici, ho sempre pensato che l'amicizia sia una cosa importante, ma ho solo amici virtuali.
Poi vorrei avere dei figli, riuscirei a prendermi cura di loro, fermo a metà come sono tra la realtà ed il mio mondo interiore?

Morale della favola: devo accettarmi come sono, puntando su una soddisfacente professione o è possibile diventare più estroversi?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
>>> il fatto è che sono chiuso, impacciato, troppo razionale e se anche riuscissi a conquistare una ragazza, poi riuscirei a riconquistarla ogni giorno?
>>>

La risposta è: si può, trovando una ragazza che la apprezzi per quello che lei è, senza dover fingere.

>>> Morale della favola: devo accettarmi come sono, puntando su una soddisfacente professione o è possibile diventare più estroversi?
>>>

Se lei già accetta, di principio, come lei è e il lavoro che fa, non c'è alcun motivo per diventare qualcun altro.

Gli introversi non sono "una minoranza", ma una parte consistente della popolazione. Non è un modo sbagliato di essere, solo un modo diverso. Io stesso, guardi che coincidenza, sono introverso, psicologo e informatico.

Da ragazzo ero più chiuso e a volte scambiavo ciò con l'essere "sbagliato". Ma poi ho capito che ci sono tanti modi per essere "giusto", non uno solo. Nel tempo si può imparare a essere maggiormente disponibili verso gli altri senza per questo dover fare violenza alla propria natura più intima.

In sintesi, se ha concluso il periodo di "riabilitazione" terapeutica, ora potrebbe aver bisogno non di una terapia in senso stretto, ma di una consulenza psicologica, di un supporto per insegnarle ad avere quel minimo di abilità sociali necessarie per avvicinarsi al mondo femminile.

E ricordi bene: trovare una persona con cui condividere la vita non è semplice per nessuno. Alcuni si accontentano di più, altri di meno, ma la verità è che può essere necessario fare molti tentativi prima di riuscirci. Perciò, si armi di santa pazienza se davvero ci tiene a risolvere questo problema.

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Utente
Utente
Grazie dottore, mi è stato molto utile, non posso permettermi una consulenza psicologica a pagamento adesso, ma potrei tentare al consultorio dell'ASL, forse il-la psicologo-a che ci lavora puo aiutarmi con i miei problumi relazionali. Vi farò sapere.
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Utente
Utente
E se invece fosse fobia sociale?
Ho questo dubbio, in fondo a me piacerebbe una vita socialmente attiva, dove poter esternare tutto il mio talento, ma mi blocco nelle situazioni sociali
come faccio a capire qual'è il mio problema?
immagino che la risposta sia rivolgersi ad un esperto,
ma non c'è su internet un test di valutazione?
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Utente
Utente
ne deduco che devo fare riferimento allo psichiatra e alla psicoterapeuta della comunità
lo psichiatra dice che per quanto riguarda l'umore sono ben compensato e su questo sono d'accordo anche io, poi dice che c'è una tendenza evitante e che questa la devo superare con l'esposizione
la psicoterapeuta dice che è ora che impari a cavarmela da solo, ammette che ho problemi di personalità, ma dice che la soluzione sta nell'assertività e nell'esposizione
in sintesi una volta fuori dalla comunità mi ritroverò ad affrontare la mia ansia un po caratteriale un po no, avrò solo l'ausilio degli psicofarmaci, quindi non mi resterà che fare buon uso dei consigli degli specialisti... ma credo che in parte devo rassegnarmi, i problemi di personalità, come dice la mia psicoterapeuta, non si possono risolvere completamente, rimarrò un ansioso e un inibito a vita :-(
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Se vuole rimanere ansioso e inibito a vita, la scelta è solo sua.

Le indicazioni mi pare le abbia ricevute:

>>> dice che c'è una tendenza evitante e che questa la devo superare con l'esposizione
>>>

e anch'io concordo. I farmaci da soli non l'aiuteranno, occorre che sia seguito passo passo. Deve trovare il modo di ricevere un supporto dal punto di vista psicologico.

E se vuole trovare una donna che fa per lei, deve superare la paura del rifiuto e farsi rifiutare *attivamente*, cercare apposta il rifiuto. Così dopo un po' ci farà l'abitudine e perderà la paura. E allora inizierà la ricerca VERA.

Se invece non lo farà, perderà un sacco di tempo.
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Utente
Utente
si, credo proprio che in quest'anno di comunità ho risolto il problema del disturbo bipolare, ma non ho risolto il problema che mi porto dietro da una vita, l'ansia sociale o come la vogliamo chiamare, ho letto un vostro articolo e ho letto che è curabile, dopo la comunità mi curerà privatamente lo stesso psichiatra che mi cura in comunità, secondo voi con la farmacoterapia ed un colloquio al mese, essendo lui anche psicoterapeuta, posso risolvere il problema?
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Una seduta al mese potrebbe andar bene in un secondo momento - almeno in una prospettiva di terapia breve - quando cioè si sarà sbloccato. Ma all'inizio sarebbero meglio sedute più ravvicinate, ad esempio ogni 2 settimane. Ne parli con lo psichiatra e vedete di trovare un accordo.
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Utente
Utente
va bene, grazie dottore, in questo vostro articolo è descritto bene cosa mi è successo, ansia sociale durante l'adolescenza, poi graduale ritiro sociale, fino ad arrivare al disturbo bipolare

https://www.medicitalia.it/minforma/psichiatria/397-ansia-sociale-fobia-sociale-e-personalita-evitante.html
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Utente
Utente
Buongiorno, riesaminando la mia storia con un'educatrice della comunità, mi sono rivisto in maniera diversa, in realtà l'introversione e l'isolamento non sono stati mai presenti nella mia vita, quella che è sempre stata presente è una costante paura per il giudizio degli altri, più o meno pesante a seconda dei periodi, con l'esplodere del disturbo bipolare si è evoluta in vera e propria paranoia, con le terapie è rientrata in una forma di disagio sociale. Non posso permettermi una vera psicoterapia su misura, chiederò allo psichiatra se basteranno i farmaci, le sue consulenze e l'esposizione graduale, se proprio devo fare una vera psicoterapia, chiederò un prestito a mia madre e mi rivolgerò ad una psicoterapeuta cognitivo-comportamentale che gia ho individuato. ancora grazie per l'aiuto.
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