Disturbo narcisistico di personalità

Buongiorno, sono fidanzata con un ragazzo che sembra essere affetto da questa patologia. Io e i suoi genitori abbiamo consultato diversi articoli e uno psicologo che ha confermato i nostri sospetti.
Abbiamo cercato esperti che potessero aiutarlo, ma giustamente richiedono che sia il diretto interessato a contattarli.
Il mio ragazzo ha raggiunto la consapevolezza di avere dei problemi. Ha ammesso di avere un problema a relazionarsi con le persone, di giudicarle male per tenersele lontane. Tuttavia tutto quello che fa e pensa è sempre la cosa migliore da fare, sa ciò che è giusto e sano per se stesso, ciò che penso io è sempre sbagliato e insensato, lo stesso vale per la madre.
Il mio problema è dunque come fare per aiutarlo, mi tiene sempre più lontana, facendomi sentire sempre più accessoria, non ho quasi più modo di "intromettermi" nella sua vita.
Come lo convinco a contattare un medico?
Come posso convincerlo i genitori che non vengono trattati in modo molto diverso da me?
Certo voglio salvare il nostro rapporto, ma prima di tutto che lui sia sereno. Mi ha detto di stare bene con se stesso conducendo una vita del tutto asociale, ha capito che è la cosa sbagliata, ma non credo stia facendo nulla per cambiare.

Grazie
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Cara Utente,

il presupposto minimo per un intervento psicoterapeutico è che il diretto interessato provi del disagio per la propria condizione o per i propri sintomi.
Se questo disagio non è presente è impossibile che la persona sviluppi una richiesta di cura o di cambiamento e che quindi possa lavorare su di sè verso un obiettivo che non vede o che non condivide.

Se il suo fidanzato soffre davvero di un disturbo narcisistico di personalità è piuttosto improbabile che se ne lamenti, sentendosi migliore e al di sopra di tutti gli altri.
Non darei però per assodata questa diagnosi, dal momento che si basa solo su quanto lei ha riferito e non sull'osservazione e l'analisi diretta del ragazzo: per porre una diagnosi è necessario valutare di persona il soggetto e questo non è avvenuto.

Penso che lei non possa fare molto se non esporgli il suo punto di vista, che lui è libero di accogliere o meno se in realtà sta bene così com'è, solo con sè stesso, e non sente alcun desiderio di stringere rapporti significativi con gli altri.
Potrebbe cambiare idea solo se iniziasse a non stare più così bene da solo, ma questo dipende solo da lui.

Un caro saluto,

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Utente
Utente
So che non è sufficiente per una diagnosi accurata mostrare solo il punto di vista di noi che lo osserviamo. Non siamo nessuno per poter dire cosa sia giusto e sbagliato per lui...ma una persona molto chiusa, che a causa di un misto tra vergogna e arroganza per nessun motivo rivolge la parola agli estranei, come può crearsi una famiglia o una carriera?
Non se ne lamenta infatti, mi ha dichiarato che forse è il caso di cambiare..e uno dei motivi è che non intende rimanere persona qualunque.
Grazie per la risposta immediata.
Buona giornata.
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Le sue preoccupazioni sono probabilmente fondate, dal punto di vista oggettivo e razionale, ma bisogna che anche lui le condivida perchè sia motivato a chiedere aiuto.
Gli ha parlato esprimendogli i timori per il suo futuro?
[#4]
Utente
Utente
È sempre molto evasivo quando si parla del futuro, e qualsiasi domanda non è per nulla ben accetta, o non risponde o ci dice chiaramente che non sono fatti nostri. Ha un umore altalenante, è molto difficile trattare con lui, soprattutto se gli si evidenziano i suoi difetti.
Proverò a mostrargli i miei timori, probabilmente non avrò riscontri, ma è pur sempre un inizio per aprirgli gli occhi.
Grazie
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509 41
Gentile Utente,

Lei scrive: "Abbiamo cercato esperti che potessero aiutarlo, ma giustamente richiedono che sia il diretto interessato a contattarli. "

Io non sono così d'accordo con questa opinione, perché talvolta, soprattutto in terapie quali la sistemico-relazionale o la cognitivo-comportamentale, ha senso agganciare il pz attraverso la consulenza delle persone più vicine al pz stesso (coniuge, genitore, ecc..), in modo che questi possano apprendere quali modalità relazionali siano maggiormente efficaci e che cosa NON fare per evitare di rafforzare la patologia.

Cordiali saluti,

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

[#6]
Utente
Utente
Infatti la famiglia ed io avevamo pensato di andare ad una visita per sapere come comportarci, qualsiasi cosa si faccia sembra esserequella sbagliata. Lui non contatterà mai un medico, primo perche lui è molto timido, nel senso che non telefonerebbe nemmeno al call center di un operatore telefonico, secondo perche deve ammettere non solo con se stesso (cosa che potrebbe aver anche fatto) ma soprattutto con gli altri di aver bisogno di un supporto psicologico.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317 528
Gentile Utente,
Riprendo le parole della dott. Massaro che condivido

"il presupposto minimo per un intervento psicoterapeutico è che il diretto interessato provi del disagio per la propria condizione o per i propri sintomi"


È difficile comprendere come comportarsi in questi casi:
Fare finta di nulla, significherebbe assecondare il suo malessere, colludere con la sua problematica, fare la crocerossina...non funzionerebbe per nessun motivo e danneggerebbe il legame di coppia.

Andare lei al posto suo, aiuterebbe lei, ma non si lavorerebbe su di lui.

Una consulenza individuale sono certa che potrebbe aiutarla, ma la decisione di curarsi spetta "soltanto" al paziente...ed a nessun altro.

Se la problematica è ego-distonica, cioè crea una spaccatura nel paziente ci sono più possibilità di cura, se è ego-sintonica, cioè in sintonia con l'io, le possibilità sono veramente remote.

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509 41
"Infatti la famiglia ed io avevamo pensato di andare ad una visita per sapere come comportarci, qualsiasi cosa si faccia sembra essere quella sbagliata. "


Gentile Utente,
è un'ottima idea, perché come Le dicevo, ci sono tipi di problematiche che in psicoterapia si agganciano attraverso i parenti o le persone più vicine.
In questo caso specifico non sappiamo neppure quale sia la diagnosi e la problematica precisa, ma ad esempio sarebbe IMPENSABILE agganciare una dipendenza attraverso il pz stesso e non attraverso i parenti, che di solito sono proprio coloro che chiedono aiutano e denunciano una problematica, come sta facendo Lei qui.

E poi, se siete in difficoltà proprio nella gestione della relazione con questo ragazzo, è sensatissimo e non c'è nulla di male nel chiedere un aiuto specialistico ad uno psicologo che sia però specializzato in psicoterapia, meglio se sistemico-relazionale o cognitivo-comportamentale.
E' fondamentale sapere che cosa può funzionare con il ragazzo in questione e che cosa deve essere accuratamente evitato.
E' anche vero che il primo aggancio con la famiglia permette in seconda battuta di agganciare il paziente, col quale si comincia a lavorare. Ma di questo si occuperà lo psicoterapeuta e sarà il professionista a capire come e quando fare in modo che il diretto interessato possa essere coinvolto nel trattamento.
Abitualmente in psicoterapia cognitivo-comportamentale si lavora così.

Spero di esserLe stata utile
[#9]
Utente
Utente
è quello che ci saremmo proposti di fare, anche noi persone vicine abbiamo bisogno di supporto. Abbiamo contattato centri specializzati e psicologi che tendono ad usare una metodologia basata sull'intelligenza emotiva, ma appunto come mi è stato detto poco sopra è molto importante che il ragazzo sia motivato a chiedere almeno un parere. Ci siamo presi dunque qualche giorno per pensare su come agire.

Grazie
[#10]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509 41
In prima battuta il ragazzo non sarà assolutamente favorevole a recarsi dallo psicologo psicoterapeuta: fa proprio parte della patologia in molti casi.
Ma oltre a sapere che cosa potete fare voi nella relazione con lui, è fondamentale che -attraverso voi- venga agganciato lui.

Più che l'intelligenza emotiva, è importante scegliere uno psicologo che sia specializzato in psicoterapia.


Cordiali saluti,
[#11]
Utente
Utente
Quali sono le differenze tra intelligenza emotiva e psicoterapia? Perché puntare più sulla seconda?

Grazie
[#12]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509 41
Perché l'obiettivo è capire come fare per aiutare questo ragazzo sicuramente, ma anche coinvolgerlo nel trattamento.
Per farlo occorre che lo psicologo sia anche psicoterapeuta.
Poi, sinceramente, la cosiddetta "intelligenza emotiva" può usarla chiunque...
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Vorrei riprendere la sua risposta di ieri:

"Proverò a mostrargli i miei timori, probabilmente non avrò riscontri, ma è pur sempre un inizio per aprirgli gli occhi".

Questo significa che non gli ha parlato chiaramente di quello che pensa e che teme riguarda alla sua situazione?

Da quanto state assieme?
Avete un buon rapporto?
[#14]
Utente
Utente
5 anni ormai.
Le cose sono andate così. Felici e innamorati i primi tempi vivevamo di noi. Lui non intendeva frequentare altre persone, in qualche modo vietava anche a me di farlo, perché se lui era libero da impegni dava per scontato stessimo insieme e non che io potessi incontrare amici o dedicarmi alla famiglia. Piano piano mi ha dunque inculcato l'idea, senza volerlo e trovando in me un terreno fertile, perché alcune amicizie mi avevano delusa, che il mondo facesse schifo, e che potevamo semplicemente andare aventi io e lui. Nutrivo una grande stima nei suoi confronti, Qualsiasi cosa dicesse era il giusto, la verità, la cosa migliore, non ho quindi mai provato veramente a farmi sentire. Ogni nostra discussione su temi importanti finiva con me dalla parte del torto e dell'irrazionale.
Ad un certo punto mi sono sentita sola, la situazione non mi è piaciuta più, mi sono allontanata un po' da lui, provando rabbia nei suoi confronti, ma senza fare nulla però per conoscere nuove persone e riconquistare le amicizie perse. Andando avanti sono risultata ai suoi occhi sempre più debole, perdendo la sua stima e l'interesse nei miei confronti, diventando sempre più freddo, apatico e chiuso.
Parlargli di cosa non mi piaceva di lui serviva poco, io sapevo come era fatto fin dall'inizio e non potevo dopo anni pretendere di cambiarlo quando le cose non mi stavano più bene.
Ora io sto lavorando su di me per uscire dal mio guscio, desiderio che anche lui ha espresso vedendomi ormai molto triste, consigliandomi di andare da uno psicologo. Come al solito lui sa cosa è meglio per me e per se stesso. Purtroppo nessuno può dare a lui dei consigli.
Mi sono resa conto di averlo assecondato troppo, dal momento che l'ho ammirato e stimato, e accettato le sue decisioni e convinzioni.
La famiglia ha richiesto la mia complicità, ma io a questo punto non so come ottenere credibilità e la sua fiducia per poterlo aiutare e magari in un secondo momento aiutare il nostro rapporto.
Ringraziando per l'attenzione che mi state concedendo,
Auguro una buona domenica.
[#15]
Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509 41
Gentile ragazza,

come vede, sia Lei sia (probabilmente) la sua famiglia avete finito per colludere con la patologia di questo ragazzo: "Lui non intendeva frequentare altre persone, in qualche modo vietava anche a me di farlo...Come al solito lui sa cosa è meglio per me e per se stesso. "
In genere questo fa terra bruciata attorno al partner (Lei in questo caso) e quindi è uno strumento che il Suo ragazzo potrebbe aver utilizzato inconsapevolmente per esercitare potere su di Lei.
Sono certa che un collega di persona potrà essere di grande aiuto anche a voi.

Cordiali saluti,
[#16]
Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233 114
Per quanto ritenga di essere sempre nel giusto e di sapere sempre cos'è giusto per sè e per gli altri è possibile che si sia aperta una breccia nel muro di "autarchia relazionale" e perfezione dietro il quale si trincera:

"ha raggiunto la consapevolezza di avere dei problemi. Ha ammesso di avere un problema a relazionarsi con le persone, di giudicarle male per tenersele lontane".

Forse farlo ragionare sugli effetti pratici di questo suo atteggiamento e comportamento potrà contribuire a far nascere in lui almeno un abbozzo di domanda di cambiamento.
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