Ossessioni e segreto professionale psicoterapia
Buon pomeriggio gentili dottori, vi spiego subito la situazione: da un mese sono in cura da uno psicoterapeuta poiché soffro di una leggera forma di depressione e, soprattutto, di ossessioni pure, cioè prive di riscontri compulsivi. Il contenuto delle ossessioni mi crea un grandissimo disagio interiore, poiché riguarda la paura di attuare delle azioni che possano fare del male, fisicamente e psicologicamente, a qualcuno. Io vorrei parlare di questo con il mio psicoterapeuta, ma una paura mi assale, e riguarda il fatto che lui possa pensare che ci possa essere il rischio che io metta in pratica realmente il contenuto delle mie ossessioni, e decida, dunque, di segnalarmi alla polizia.
Specifico, ovviamente, che non ho mai commesso alcun reato e non ho alcuna intenzione di farlo, né adesso né in futuro.
Chiedo scusa se può apparire stupido o iperbolico quello che dico; so che siete dei professionisti e che svolgete il vostro lavoro con la massima serietà, ma se un paziente dice a un terapeuta che ha pensieri ossessivi riguardo al fare del male a qualcuno (ovviamente premesso che quei pensieri, proprio per la loro gravità e inaccettabilità, creano nel paziente stesso uno stato di estrema vergogna, senso di colpa e disgusto per il solo fatto di averli pensati), chi mi assicura per l'appunto che il terapeuta stesso interpreti quelle ossessioni come tali (ritenendo dunque che il paziente non le metterà in pratica), oppure non le interpreti invece come i pensieri di una persona potenzialmente pericolosa prendendo, dunque, tutte le misure preventive (tra cui appunto il segnalare la cosa alla polizia, ad esempio) per far sì che quei pensieri non possano tramutarsi in realtà? Come ci si regola con la questione del segreto professionale in tal senso? Sarei realmente tutelato sulla segretezza di ciò che confiderei in terapia, oppure no?
Io vorrei davvero aprirmi e dire tutto quello che mi passa per la testa, perché questi pensieri mi disturbano molto e vorrei uscirne fuori, ma per farlo devo potermi fidare al 100% del mio terapeuta, e i dubbi di cui vi ho parlato, purtroppo, per ora me lo impediscono.
Spero davvero in un vostro chiarimento a riguardo,
cordiali saluti e grazie in anticipo.
Specifico, ovviamente, che non ho mai commesso alcun reato e non ho alcuna intenzione di farlo, né adesso né in futuro.
Chiedo scusa se può apparire stupido o iperbolico quello che dico; so che siete dei professionisti e che svolgete il vostro lavoro con la massima serietà, ma se un paziente dice a un terapeuta che ha pensieri ossessivi riguardo al fare del male a qualcuno (ovviamente premesso che quei pensieri, proprio per la loro gravità e inaccettabilità, creano nel paziente stesso uno stato di estrema vergogna, senso di colpa e disgusto per il solo fatto di averli pensati), chi mi assicura per l'appunto che il terapeuta stesso interpreti quelle ossessioni come tali (ritenendo dunque che il paziente non le metterà in pratica), oppure non le interpreti invece come i pensieri di una persona potenzialmente pericolosa prendendo, dunque, tutte le misure preventive (tra cui appunto il segnalare la cosa alla polizia, ad esempio) per far sì che quei pensieri non possano tramutarsi in realtà? Come ci si regola con la questione del segreto professionale in tal senso? Sarei realmente tutelato sulla segretezza di ciò che confiderei in terapia, oppure no?
Io vorrei davvero aprirmi e dire tutto quello che mi passa per la testa, perché questi pensieri mi disturbano molto e vorrei uscirne fuori, ma per farlo devo potermi fidare al 100% del mio terapeuta, e i dubbi di cui vi ho parlato, purtroppo, per ora me lo impediscono.
Spero davvero in un vostro chiarimento a riguardo,
cordiali saluti e grazie in anticipo.
[#1]
Gentile Utente,
il nostro Codice Deontologico, in merito a quanto da Lei richiesto, recita così:
<<Articolo 11 Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12 Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all'obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l'opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13 Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.>>
Tutto ciò dovrebbe essere rassicurante, in generale.
Nello specifico, però, è sufficiente a farle superare la titubanza ad aprirsi completamente al professionista che la segue, o ci sono altri motivi per cui le è difficile fidarsi e dunque affidarsi a lui?
Cordialmente,
il nostro Codice Deontologico, in merito a quanto da Lei richiesto, recita così:
<<Articolo 11 Lo psicologo è strettamente tenuto al segreto professionale. Pertanto non rivela notizie, fatti o informazioni apprese in ragione del suo rapporto professionale, né informa circa le prestazioni professionali effettuate o programmate, a meno che non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli seguenti.
Articolo 12 Lo psicologo si astiene dal rendere testimonianza su fatti di cui è venuto a conoscenza in ragione del suo rapporto professionale. Lo psicologo può derogare all'obbligo di mantenere il segreto professionale, anche in caso di testimonianza, esclusivamente in presenza di valido e dimostrabile consenso del destinatario della sua prestazione. Valuta, comunque, l'opportunità di fare uso di tale consenso, considerando preminente la tutela psicologica dello stesso.
Articolo 13 Nel caso di obbligo di referto o di obbligo di denuncia, lo psicologo limita allo stretto necessario il riferimento di quanto appreso in ragione del proprio rapporto professionale, ai fini della tutela psicologica del soggetto. Negli altri casi, valuta con attenzione la necessità di derogare totalmente o parzialmente alla propria doverosa riservatezza, qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto e/o di terzi.>>
Tutto ciò dovrebbe essere rassicurante, in generale.
Nello specifico, però, è sufficiente a farle superare la titubanza ad aprirsi completamente al professionista che la segue, o ci sono altri motivi per cui le è difficile fidarsi e dunque affidarsi a lui?
Cordialmente,
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#2]
Gentile utente,
<<chi mi assicura per l'appunto che il terapeuta stesso interpreti quelle ossessioni come tali <<
Il/la terapeuta per sua preparazione sa distinguere tra pensieri ossessivi e reali intenzioni di passare all'atto.
E in ogni caso tutela il paziente.
Si apra con fiducia.
<<chi mi assicura per l'appunto che il terapeuta stesso interpreti quelle ossessioni come tali <<
Il/la terapeuta per sua preparazione sa distinguere tra pensieri ossessivi e reali intenzioni di passare all'atto.
E in ogni caso tutela il paziente.
Si apra con fiducia.
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#3]
Utente
Grazie mille delle celeri risposte dottoresse.
Il codice deontologico parla abbastanza chiaramente, però quando si parla di deroga "qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto o di terzi" qualche dubbio ancora mi rimane. Faccio un esempio concreto: mettiamo che, a causa di una grave depressione post-partum, una madre abbia la fobia ossessiva di poter fare del male al proprio bambino, pur essendo conscia che mai sarebbe realmente capace di fare una cosa del genere. Bene, come procedereste in questo caso se lei fosse vostra paziente? Si presterebbe fiducia alla madre, dando per certo che mai passerà dalla potenza all'atto, o in ogni caso si chiamerebbe l'assistente sociale o la polizia, perché a prescindere è il bambino in primis a dover essere tutelato?
Grazie mille in anticipo delle vostre risposte,
prestate un servizio davvero molto utile...
Il codice deontologico parla abbastanza chiaramente, però quando si parla di deroga "qualora si prospettino gravi pericoli per la vita o per la salute psicofisica del soggetto o di terzi" qualche dubbio ancora mi rimane. Faccio un esempio concreto: mettiamo che, a causa di una grave depressione post-partum, una madre abbia la fobia ossessiva di poter fare del male al proprio bambino, pur essendo conscia che mai sarebbe realmente capace di fare una cosa del genere. Bene, come procedereste in questo caso se lei fosse vostra paziente? Si presterebbe fiducia alla madre, dando per certo che mai passerà dalla potenza all'atto, o in ogni caso si chiamerebbe l'assistente sociale o la polizia, perché a prescindere è il bambino in primis a dover essere tutelato?
Grazie mille in anticipo delle vostre risposte,
prestate un servizio davvero molto utile...
[#4]
>>..ma per farlo devo potermi fidare al 100% del mio terapeuta..<<
forse è proprio questo il punto: la relazione terapeutica e non il cavillo legislativo o deontologico. Se lei non si fida del Collega difficilmente potrà ricavare qualcosa di positivo dall'intervento.
>>qualche dubbio ancora mi rimane.<<
il dubbio rimane perché non sarà certo la sua razionalità a farla stare tranquillo, ma la possibilità di dare un senso alle sue emozioni, ossia quelle che stanno dietro alle ossessioni.
Se vuole approfondire la questione "tecnico-deontologica- legislativa" dovrebbe chiedere ad un avvocato non ad uno psicologo.
forse è proprio questo il punto: la relazione terapeutica e non il cavillo legislativo o deontologico. Se lei non si fida del Collega difficilmente potrà ricavare qualcosa di positivo dall'intervento.
>>qualche dubbio ancora mi rimane.<<
il dubbio rimane perché non sarà certo la sua razionalità a farla stare tranquillo, ma la possibilità di dare un senso alle sue emozioni, ossia quelle che stanno dietro alle ossessioni.
Se vuole approfondire la questione "tecnico-deontologica- legislativa" dovrebbe chiedere ad un avvocato non ad uno psicologo.
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#5]
Condivido pienamente quanto espresso dal Collega: <<forse è proprio questo il punto: la relazione terapeutica e non il cavillo legislativo o deontologico. Se lei non si fida del Collega difficilmente potrà ricavare qualcosa di positivo dall'intervento.>>
Infatti nel mio post le avevo domandato: <<...ci sono altri motivi per cui le è difficile fidarsi e dunque affidarsi a lui?>>
Il focus dell'attenzione non dovrebbe essere l'operato del terapeuta, ma il suo (di Lei che ci ha scritto) sentire in merito al percorso che vuol fare.
Saluti.
Infatti nel mio post le avevo domandato: <<...ci sono altri motivi per cui le è difficile fidarsi e dunque affidarsi a lui?>>
Il focus dell'attenzione non dovrebbe essere l'operato del terapeuta, ma il suo (di Lei che ci ha scritto) sentire in merito al percorso che vuol fare.
Saluti.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 4.5k visite dal 09/02/2015.
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