Le idee e le azioni/attitudini di un bambino possono risultare determinanti in età adulta?

ho letto questo aricolo e https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/2017-concedersi-la-creativita.html mi è parso molto inter
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Dovrebbe cercare di ampliare la sua richiesta, questo per facilitare la comprensione del suo disagio.





Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
ho inviato il messaggio senza la parte principale.

ho letto questo articolo e https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/2017-concedersi-la-creativita.html mi è parso molto interessante. Durante la psicoterapia salta spesso fuori che io sono una persona creativa secondo la terapeuta.

Tralasciando i problemi relazionali(che ci sono stati in tutta la mia vita)quando ero piccola adoravo disegnare(più che altro scarabocchiare)storie in stile fumetto. I ricordi più belli li ho purtroppo davanti al televisore a guardare i cartoni, forse per staccarmi da una realtà dove io mi sentivo debole, malata e emarginata. Anche le maestre a scuola vedevano un lato artistico in me. Arrivata alle medie ho cominciato a perdere interesse nei cartoni per relazionarmi con gli altri bambini(ho abbandonato lo scarabocchiare e il cadere i cartoni). l'insegnante di ed. artistica mi incoraggiava nel vedermi così propensa al mondo dell'arte. Però nel frattempo a differenza dei miei coetanei non fantasticavo sul futuro(ricordo in 2 elementare di aver chiesto aiuto a mia mamma(lei mi ah detto una cosa a caso) per scrivere un tema su cosa far da grandi(io non mi immaginavo in nulla); alle medie ho scritto sempre sul tema sogni ecc di andar a lavorare in un "generico ufficio"dove venivo sgridata dal capo(mentre gli altri alunni volevano diventare scienziati, interpreti ecc). Arrivata alle superiori mi iscrissi all'artistico(mia mamma e mio papà volevano altro ma decisero di appoggiarmi). l'interesse per cartoni ecc è svanito del tutto e (tralasciando sempre i vari problemi di relazione e perfezionismo che ogni 3 mesi mi volevano far cambiare scuola), ben presto capii che il disegno non mi interessava, ma nutrivo un forte interesse per la storia dell'arte. Arrivata in 5 però, le professoresse mi dissero che non c'era futuro in questo campo. Decisi allora di iscrivermi a un'altra facoltà all'università(perché mi garantiva un lavoro, perché era relativamente più vicina di beni culturali e per non rivedere i vecchi compagni). Dopo pochi mesi lasciai e mi ritrovai dove mi trovo tutt'ora: a casa, con la paura di fare qualsiasi cosa. Ho avuto parecchie offerte di lavoro ma io non le ho volute cogliere(sono letteralmente scappata dai colloqui). Adesso aspetto una chiamata quasi certa di lavoro(giusto per provare a superare la paura, continua a dirmi al terapeuta per incoraggiarmi)ma la cosa non mi entusiasma, anche perchè questa chiamata da una parte non arriva, e dall'altra ho un a paura matta di essere giudicata o che non mi piaccia se mi metto in gioco.
(la storia ho cercato di riassumerla sugli aspetti prettamente di scuola lavoro).
Ora mi ritrovo a girovagare a vuoto da un'idea all'altra insieme alla terapeuta. Intanto i miei non ne vogliono più sapere di aiutarmi, sia economicamente e neanche a fare un discorso insieme, perché io vado in crisi per ogni cosa nuova.


ma la domanda che rivolgo a voi è questa : bisogna assecondare i desideri dell'infanzia anche se sono irraggiungibili e senza meta(non c'è possibilità di un futuro lavorativo)? O è meglio andare avanti nella dimensione adulta del "bisogna sopravvivere" e lasciar perdere quadri e giappone?
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>bisogna assecondare i desideri dell'infanzia anche se sono irraggiungibili e senza meta..<<
quali sono i suoi desideri?
Perché li definisce irraggiungibili?

La dimensione del desiderio è chiaramente importante, ma non può essere "campata in aria" o senza meta come lei la definisce, perché altrimenti viene relegata nella dimensione della "fantasticheria".

La dimensione adulta non è scollegata dal desiderio o dalla propensione individuale. Certo quello che pensavano le sue insegnati sulle sue doti artistiche andrebbe rivista alla luce della sua situazione attuale.






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Attivo dal 2014 al 2015
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fino alla fine delle superiori il mio sogno era quello di lavorare in un museo o fare da guida turistica. Varie situazioni mi hanno fatto ricredere: la mia scarsa autostima, l'ambiente universitario(dove ognuno fa per se e non guarda glia altri), la paura di rincontrare i vecchi compagni(e farmi vedere debole). Il fatto di non essere certo come obiettivo(cioè l'impossibilità di trovare lavoro) mi svilisce parecchio perché ho già fatto questo sbaglio alle scuole superiori: davo il meglio di me e pretendevo l'impossibile. sono arrivata alla maturità esausta(non ci volevo andare).

Anche se continuo a negare, gli amici, i miei genitori e anche la psicologa mi riconoscono questa passione(ho fatto qualche attività di volontariato come guida). mi chiedo tante volte se il mio sembrare "schizzinosa" o pretenziosa verso il mondo del lavoro non sia dovuto a questo(aggiunto alla paura delle cose nuove). Mi ritrovo spesso a pensare come sarebbe andata se la situazione mentale attuale(instabile ma in fase di miglioramento secondo la terapeuta(io non vedo nulla)ci fosse stata nel momento in cui dovevo scegliere l'università.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Lei probabilmente non ha le idee molto chiare su ciò che intende fare della sua dimensione lavorativa a questo chiaramente si aggiungono insicurezze personali che non aiutano.

Se lei è già in terapia come mai sente il bisogno di chiedere un consulto on-line?
Ha provato ad affrontare questi dubbi in terapia?





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Attivo dal 2014 al 2015
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si ma non riesco a venirne a capo. ho anche espresso molti dei miei malesseri(effetti psicosomatici, insonnia, la ricerca ossessiva online di risposte, delle piccole ossessioni alimentari, attacchi di pianto giornalieri che qualche volta sfociano in graffie morsi)ma non vengono troppo presi in considerazione. viene solo preso in considerazione il lavoro che spero andrò a fare a breve, il rapporto con gli amici ma sopratutto ancora il rapporto con i miei genitori.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
In effetti il lavoro sembrerebbe marginale in ordine di tutte le sue difficoltà che sono pervasive e interessano molti aspetti della sua vita.

E' importante comunque parlarne con la Collega, perché il rapporto tra terapeuta e paziente è centrale per il buon andamento della terapia.





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Attivo dal 2014 al 2015
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guardi ogni mese ne parlo con la terapeuta di rivedere il tutto minacciando spesso di lasciare ma non riusciamo mai ad arrivare a una soluzione. I miei si sono già stufati vedendo che son peggiorata, e quindi mi hanno lasciato completamente da sola a gestire la terapia. se prima loro erano fin troppo intrusivi adesso son diventati apatici nei miei confronti. non mi sbattono fuori di casa per senso di colpa....
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Il fatto che i suoi genitori non si intromettono più come prima potrebbe essere positivo, ma credo sia importante nel suo caso comprendere cosa lei si aspetta dalla terapia stessa.

Che diagnosi è stata fatta?
Da quanto tempo sta facendo questa psicoterapia?





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Attivo dal 2014 al 2015
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diagnosi: bella domanda. In primis la terapeuta non pensa che darmi una diagnosi sia importante. Comunque ha parlato di dipendenza e basta. Ormai la terapia dura da settembre(esclusi due mesi di conoscenza tra giugno-luglio) dell'anno scorso. un anno e mezzo...
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Attivo dal 2014 al 2015
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io sospetto anche tratti ossessivi e una forte ansia(che alla fine abbiam supposto che soffriva mia nonna e che l'ha trasmessa a mia mamma, la quale, unito al trauma della mia infanzia, l'ha "trasmessa" a me). La terapeuta definisce il mio un problema in modo spiccio: non ho vissuto i tratti dell'adolescenza(provare cose nuove, ribellarsi)e devo farli ora, solo che devo scarbugliare la matassa in cui mi trovo.
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Attivo dal 2014 al 2015
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"sia importante nel suo caso comprendere cosa lei si aspetta dalla terapia stessa."

mi aspetto sicuramente più prescrizioni: e per prescrizioni non intendo qualcuno che mi dica cosa fare e che mi comandi. Piuttosto, quasi sempre le mie idee sembrano davvero campate per aria, perchè non so come agire non ho un piano concreto(e a ogni seduta ne salta fuori una nuova). Qualche volta ricevo qualche consiglio su come agire(credo sia stato 2 volte), ma mi è detto talmente "sottovoce"che mi passa la voglia di attuarlo o se lo attuo è nel modo sbagliato(ossessivo). se invece si trova una soluzione insieme, ma mi viene prescritto come compito per la prossima seduta, io mi attivo ma nel modo giusto.

forse la terapeuta vuole che mi lasci abbandonare dalla mania di controllo, lasciandomi in balia degli eventi?

tutte le argomentazioni che riporto qui le ho riportate in una mail che ho inviato alla mia psicoterapeuta. Ma non è ancora stata letta e ciò scatena le mie ossessioni di guardare ogni 5 min la mail.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>mi aspetto sicuramente più prescrizioni<<
questo dipende dall'orientamento del terapeuta. Ci sono terapie prescrittive altre che non usano prescrizioni, ma nel suo caso questa richiesta potrebbe essere controproducente perché appunto legata ad un bisogno di controllo, ossia ad avere una traccia chiara da seguire, una difesa che andrebbe compresa e non assecondata.






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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
più che altro mi sembra stupido andare li, parlare continuamente delle stesse cose senza arrivare a una soluzione....mi sento ascoltata e capita, ma dopo un anno e mezzo non mi basta più...sopratutto alla luce di sintomi "negativi" sempre più crescenti.

se le prescrizioni non vanno bene cosa posso suggerire alla terapeuta affinché si sblocchi la situazione???(anche se dovrebbe essere la terapeuta a aiutarmi non il contrario).
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>anche se dovrebbe essere la terapeuta a aiutarmi non il contrario<<
esatto, non lei che suggerire qualcosa sul trattamento. Lei dovrebbe semplicemente far presenta la sua sensazione di malessere.

>>sopratutto alla luce di sintomi "negativi" sempre più crescenti.<<
cosa intende?
Ha notato miglioramenti durante questo periodo di cura?





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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
intendo che prima della terapia oltre al malessere generale e agli attacchi di pianto avevo solo la dermatite. Durante la terapia ho scoperto di avere la vestibolite vulvare(sia la terapeuta che chi mi ah in cura sostengono che è di origine psicosomatica) e ultimamente(anche se è già accaduto in passato)gli attacchi di rabbia e frustrazione diventano talmente forti che non so come gestirli se non facendomi male. Inoltre da quest'estate faccio tutti i giorni attività sportiva e guardo spesso le calorie che brucio(non sono sovrappeso ma mi è saltata fuori un insicurezza sul mio fisico che non ho mai avuto) e se non faccio esercizio fisico ogni giorno, continuo a pensarci. purtroppo sono diventata talmente ossessiva(e chiusa in casa)da cercare ossessivamente online ogni tipo di conforto tramite siti e forum(diciamo che la cosa ha funzionato per capire che avevo la vestibolite, ma poi la cosa è degenerata).
qualche miglioramento c'è stato(ribellione nei confronti dei miei(anche s spesso ho ancora delle ricadute), sto imparando a gestire il rapporto con gli amici e non ho più così tanta paura di essere giudicata se esco di casa e vado a farmi una passeggiata o una commissione da sola. sono riuscita a fare delle visite mediche da sola(cosa prima impossibile) arrivando a farmi diagnosticare la vestibolite.
però questo è avvenuto nei primi 6 mesi di terapia. la terapeuta vede molti miglioramenti e cambiamenti io non riesco a vederli.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Il quadro che descrive è complesso e investe molti aspetti della sua personalità, ci vuole molto tempo, ma non prescrizioni o rassicurazioni.

>>gli attacchi di rabbia e frustrazione diventano talmente forti che non so come gestirli se non facendomi male.<<
Questa ricerca continua di conferme è un bisogno di contenimento rispetto ad un'emotività difficile da gestire e controllare. Il suo disagio ha origini antiche e profonde dove le difficoltà lavorative sono solo la punta dell'iceberg.




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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
grazie per la risposta...non ho capito l'ultima frase....

cosa posso fare con la terapeuta? per qualche mese posso continuare perché potrò permettermi di pagare la terapia grazie a dei risparmi...non vorrei abbandonarla perché non mi trovo bene(al massimo se non potrò più affrontare la spesa, e poi non vorrei darla vinta ai miei che mi ci han portato loro(questa è la 3 in giro di 5 anni) ma allo stesso tempo non è mai andata loro a genio)ma c'è qualcosa che posso fare per rendere il rapporto con la terapeuta "un pò più produttivo"(anche perchè più attacchi ho e più sto male)?
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>questa è la 3 in giro di 5 anni<<
anche questo è il segno probabilmente di una sua difficoltà a "stare nel setting".

>>c'è qualcosa che posso fare per rendere il rapporto con la terapeuta "un pò più produttivo"<<
certo, si tratta di smettere di chiedere conferme on-line o fare ricerche improduttive che forse le generano ancora più confusione, attenersi al percorso che sta facendo e seguire le indicazioni della Collega, risolvere con lei i suoi dubbi. Tutto questo è importante per rendere più produttivo il suo percorso.

La sua richiesta di rendere più produttivo il percorso è una difesa contro la terapia stessa, non è la Collega a dover cambiare strategia, ma lei a dover rivedere il suo punto di vista.





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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
il mio non è un problema nel stare nel setting ma sopratutto è stato un problema dei miei nel stare al passo con al terapia(in poche parole esclusi da tutto). a parte un caso in cui la terapia è durata un anno, nel quale io non ero pronta ad affrontare la terapia e i miei genitori, non ricevendo nessuna chiamata dalla terapeuta per sapere come stavo, mi ci hanno tolto di colpo. le altre 2 terapie sono durate solo le sedute di conoscenza(una fallita perché non mi piaceva l'orientamento e i miei non potevano accompagnarmi, l'altra perché bensi mi piaceva l'orientamento, la terapeuta aveva in cura un mio caro amico e mi ha passato alla sua collega, dove sono in cura oggi.

il suo punto di vista può essere utile, però nei momenti di panico come posso gestire la cosa? purtroppo non posso permettermi più di una seduta a settimana come mi ha suggerito la terapeuta(e tra qualche mese manco quella). devo soffrire in silenzio? soffrire fa bene?
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>però nei momenti di panico come posso gestire la cosa?<<
questo potrebbe essere fatto in terapia, aumentando il numero delle sedute, ma se ciò non è possibile un'altra opzione potrebbe essere quella di affiancare alla psicoterapia un trattamento farmacologico (previa valutazione psichiatrica).

Tutto questo chiaramente confrontandosi con la Collega.





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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
ne ho già parlato con al terapeuta, ma sostiene vivamente che nel mio caso non servono farmaci. gliel'ho chiesto tante volte, mi ha solo consigliato per l'insonnia una volta()all'inizio della terapia)se lo desideravo, una visita psichiatrica. ma l'ha detto con poca con poca convinzione(sennò mi avrebbe subito passato subito il n della sua collega psichiatra). Quindi mi ritrovo punto e a capo a star male.
in questi giorni avrei voluto chiamarla...ma è inutile con i miei sempre in casa... e se poi ricevo sempre le stesse risposte è inutile.