Forte ansia generalizzata, sociale ma non solo
Buongiorno a tutti ho 18 anni e ho sempre avuto una sfera comportamentale atipica... I primi anni di vita sono sempre stati caratterizzati da una diversità di fondo perché ero del tutto attratto da interessi come segnali stradali, geografia e astronomia, mentre logicamente tutti gli altri bambini avevano altri interessi e con questi interessi riuscivano a crearsi gruppi di amici, io rimanevo per lo più isolato, non ho mai sentito molto l esigenza di avere molti amici, e inoltre per l estrema timidezza non riuscivo a dire nemmeno una parola a gran parte delle persone e parlavo solo con gli adulti, con i quali invece non ero molto timido. Piangevo sempre all asilo. Cercavo sempre di isolarmi dal chiasso degli altri bambini. All inizio delle elementari ero preso in giro da alcuni compagni anche se non ho mai subito violenza fisica (data la mia mole piuttosto possente che potrebbe averli fatti desistere). Altri compagni cercavano a modo loro di coinvolgermi ma io li evitavo sistematicamente. A quell eta avevo visto delle foto in bianco e nero su un antico libro che mi appassionava molto e che parlava di come i genitori dovrebbero educare i loro bambini. Alcune di quelle foto mi creavano una paura incomprensibile, memorizzavo le pagine in cui erano contenute in modo da evitarle tutte quando consultavo il libro. In particolare una di queste foto sono riuscito a guardarla solo pochi mesi fa, dopo che dal 2004 non ero riuscito a guardarla (foto normalissima tra l altro!!) nel 2006 per sbaglio avevo aperto quella pagina e sono rimasto terrorizzato e quella notte non dormii... Ho un po migliorato la mia condizione sociale tra la fine delle elementari e le medie, facendomi dei primi veri amici. Ma dalla prima seconda media avverto un ansia terribile che mi assale ogni volta che devo praticare qualche sport, fare verifiche scolastiche (anche se a scuola vado bene e studio sempre), ma più di tutti il fatto di dovermi incontrare con. Delle persone, oppure partecipare a feste, riunioni (in cui per vergogna non mi esprimo praticamente mai) o cose del genere. Ho una costante paura di fare brutta figura, proprio un ossessione, tanto che questa stessa paura paradossalmente mi porta a fare brutte figure. Ho una timidezza estrema e mi spavento con i rumori improvvisi saltando in aria letteralmente, forse perché sono sempre all erta anche quando non dovrei. Poi il fatto che alcune cose possano andarmi male, quando poi in effetti vanno male, mi scoraggiano profondamente e io perdo la voglia di riprovarci proprio perché ho paura di vivere la stessa esperienza dell insuccesso, che io considero del tutto angosciante. Ho una memoria fuori dal comune ed altre doti mentali completamente inusuali e straordinariamente sviluppate. Mi piacerebbe quindi sapere se tutta quest amia psicologia complessisskma e' 8
Inquadrabile in un disturbo psichiatrico ben preciso, da dove partire per cercare di risolvere questi problemi, e se sono solamente io che mi preoccupo troppo. Grazie mille
Inquadrabile in un disturbo psichiatrico ben preciso, da dove partire per cercare di risolvere questi problemi, e se sono solamente io che mi preoccupo troppo. Grazie mille
[#1]
Gentile ragazzo, che si descrive così analiticamente e con molta proprietà di linguaggio !
Ci ha detto molte cose delle sue sensazioni e della sua solitudine affettiva, ma niente sappiamo della sua storia, della sua famiglia, della sua educazione... questo suo modo di vivere solo, chiuso, infelice, viene da lontano .. Che rapporti ha avuto ed ha oggi coi suoi genitori ?
Le consiglio di farsi aiutare, si rivolga al suo medico di base e successivamente anche in una struttura pubblica , ad uno psicoterapeuta, con cui parlare , aprirsi, chiarire tanti aspetti del suo passato e del suo presente.
Questo continuo scrutarsi, analizzarsi, nonostante lei appaia un ragazzo intelligente, non la conduce a nessuna soluzione, mi creda, un Collega, de visu, potrà aiutarla ad uscire da questo tunnel senza luce..
Ci vuole un pò di coraggio a cominciare, ma lei ha scritto a noi, è già sulla buona strada..
Restiamo in ascolto...
Ci ha detto molte cose delle sue sensazioni e della sua solitudine affettiva, ma niente sappiamo della sua storia, della sua famiglia, della sua educazione... questo suo modo di vivere solo, chiuso, infelice, viene da lontano .. Che rapporti ha avuto ed ha oggi coi suoi genitori ?
Le consiglio di farsi aiutare, si rivolga al suo medico di base e successivamente anche in una struttura pubblica , ad uno psicoterapeuta, con cui parlare , aprirsi, chiarire tanti aspetti del suo passato e del suo presente.
Questo continuo scrutarsi, analizzarsi, nonostante lei appaia un ragazzo intelligente, non la conduce a nessuna soluzione, mi creda, un Collega, de visu, potrà aiutarla ad uscire da questo tunnel senza luce..
Ci vuole un pò di coraggio a cominciare, ma lei ha scritto a noi, è già sulla buona strada..
Restiamo in ascolto...
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
[#2]
Gentile ragazzo,
qui non possiamo fare diagnosi ed inquadrare accuratamente la situazione.
Lei scrive: "Ho una costante paura di fare brutta figura, proprio un ossessione, tanto che questa stessa paura paradossalmente mi porta a fare brutte figure. Ho una timidezza estrema e mi spavento con i rumori improvvisi saltando in aria letteralmente, forse perché sono sempre all erta anche quando non dovrei."
Diciamo che una quota d'ansia prima di un esame può essere del tutto sana e fisiologica, una quota d'ansia eccessiva prima di incontrare un amico a mio avviso deve essere rivista e inquadrata: che cosa Le genera ansia? La paura di fare brutta figura, ecc...
Se le cose stanno così può imparare ad essere più sciolto nelle relazioni e uno psicologo psicoterapeuta potrebbe essere d'aiuto, anche solo per un breve training comportamentale.
La timidezza non è certo una malattia :-)
qui non possiamo fare diagnosi ed inquadrare accuratamente la situazione.
Lei scrive: "Ho una costante paura di fare brutta figura, proprio un ossessione, tanto che questa stessa paura paradossalmente mi porta a fare brutte figure. Ho una timidezza estrema e mi spavento con i rumori improvvisi saltando in aria letteralmente, forse perché sono sempre all erta anche quando non dovrei."
Diciamo che una quota d'ansia prima di un esame può essere del tutto sana e fisiologica, una quota d'ansia eccessiva prima di incontrare un amico a mio avviso deve essere rivista e inquadrata: che cosa Le genera ansia? La paura di fare brutta figura, ecc...
Se le cose stanno così può imparare ad essere più sciolto nelle relazioni e uno psicologo psicoterapeuta potrebbe essere d'aiuto, anche solo per un breve training comportamentale.
La timidezza non è certo una malattia :-)
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#3]
Ciao, mi piacerebbe scrivere il tuo nome per rendere più personale la nostra comunicazione in quanto ti sei mostrato, aperto nella descrizione sintetica di una vita sicuramente con vari punti da approfondire. Deve essere stato non facile aver avuto un'infanzia in cui il sentirsi solo la faceva da padrone . La tua presunta "timidezza" come scrivi non ti ha aiutato. Vedo che ti sei soffermato su alcuni punti ed io sarei curiosa di capire come mai?sicuranente c'è una ragione.si può evincere una sorta di " fobia sociale" , una paura del giudizio altrui e una sorta di ansia prestazionale. Na deontologicamente, ti ricordo che non sono diagnosi, in quanto dovrei parlarti e farti test per poter farti diagnosi. Il mio consiglio è che tu prenda in mano la situazione e decida di cambiare e il primo passo per cambiare è chiedere un aiuto ad uno psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, se ti avessi un dolore nella parte pelvica chiederesti prima un consulto? Poi andresti dallo specialista. Giusto? Un'ernia non la togli da solo (esempio )? Sei già stato in gamba credimi a raccontarti, non è facile. E tu l'hai fatto. La vera forza di una persona è saper chiedere aiuto nella consapevolezza che non possiamo fare tutto da soli o che le cose si appianino da se'.
Se hai bisogno sai come contattarmi. Tanti cari auguri e spero che tu riesca ad intraprendere un percorso di miglioramento ( e quindi cambiamento) . Ricorda anche per il futuro il potere decisionale e' dentro di te, è lì in attesa.
DOTT.SSA ALESSANDRA BOLOGNESI
PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
Se hai bisogno sai come contattarmi. Tanti cari auguri e spero che tu riesca ad intraprendere un percorso di miglioramento ( e quindi cambiamento) . Ricorda anche per il futuro il potere decisionale e' dentro di te, è lì in attesa.
DOTT.SSA ALESSANDRA BOLOGNESI
PSICOLOGA E PSICOTERAPEUTA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
Dr. Alessandra Bolognesi
[#4]
Ex utente
buongiorno a tutte e tre, grazie mille per le vostre risposte e per l'aiuto che mi date. io se posso permettermi, dr.ssa Muscarà, non parlerei di "solitudine affettiva" perchè l'affetto e le attenzioni ricevute dai familiare mi sembrano sempre state molto importanti ed edificanti dal mio punto di vista.anzi, sarebbe proprio grazie a loro che il mio sviluppo è stato anche, nonostante tutto, non privo di armonia. certo, potevo essere definito "affettivamente solo" se escludiamo i membri della mia famiglia... ma non attualmente, solo durante l'infanzia. ho avuto dei rapporti di grande legame con i miei genitori, forse sono stati iperprotettivi o forse anche troppo attenti a cose che mi riguardavano ma che forse sarebbe stato meglio lasciar correre perchè erano poco significative. ora ho rapporti in certi casi conflittuali perchè vorrebbero comportamenti diversi da me, spesso rispondo con aggressività e troppo impulsivamente, mi arrabbio improvvisamente e per cose davvero futili, un po' con tutti, non solo con loro. io l'ho quasi sempre imputato alla mia ansia che tende sempre a farmi evitare ogni discussione, perchè temo sempre le conseguenze di alcune cose che dico o che faccio, o di essere scoperto in qualcosa che io del resto in larga parte ignoro, o altro.
Dr.ssa Pileci, purtroppo la domanda che mi pone è proprio la domanda che da sempre assilla anche me, prima di ogni altro dubbio. Non so nemmeno io quali siano le concause che mi portino ad avere una tale ansietà nei più svariati contesti. Io temo davvero tutto, ma io non parlerei, se posso azzardare un giudizio personale, solo di insicurezza personale, ma anche di insicurezza verso ciò che mi circonda: per esempio, se c'è una possibilità irrisoria che un qualcosa che faccio vada male, io temo proprio che ciò accada e parto con questa forte paura che ciò accada, malgrado per la legge delle probabilità dovrei stare relativamente tranquillo.
Dr.ssa Bolognesi, io devo dire la verità: non è poi stato così infelice passare l'infanzia, dal mio punto di vista intendo, nel modo con cui l'ho passata io. Fintanto che si è piccoli non si sente il peso della diversità, dei giudizi sociali, delle stranezze caratteriali. Per me esisteva prima di tutto il mio mondo personale, e in quel mondo, benchè del tutto atipico, io stavo bene. La mia felicità, pur basandosi su cose che i miei coetanei di allora non avrebbero nemmeno capito, era sincera, proprio perchè la sentivo adeguata alle particolarità del mio essere. Del resto, anche attualmente, quando vivo la mia individualità cercando di accantonare la dimensione di "stranezza sociale" della mia personalità, non mi sento affatto infelice! Comincio a pensare che potrei davvero vivere diversamente dagli altri... ecco, il concetto è che io forse, realmente, non voglio cambiare il mio essere. Un po' mi lamento, perchè vorrei avere più armonia con la sicurezza interiore e in primis, anche con le relazioni interpersonali... però penso sempre qualcosa del tipo: <<se la società e la "normalità" non mi spingessero a dover cambiare, la mia personalità non mi starebbe affatto stretta. Sarei del tutto felice così come sono>>.
Io non so perchè mi sono soffermato proprio su certi particolari, ma sono quelli che ritengo più psicologicamente significativi nella mia esistenza. In particolare ritenevo importante parlare di quell'aspetto legato alle fotografie di quel libro. Trovo veramente difficile dare una spiegazione plausibile a quella mia fobia. Devo ammettere che trovo strano che nessuna di voi abbia accennato a questa cosa, questo mi fa pensare che magari è un problema molto meno significativo di quanto invece pensi io, ma credetemi, è forse (leggasi: probabilmente) la cosa tra tutte che ho sempre avvertito più strana, più immotivata, più peculiare, più inspiegabile della mia vita, pur magari non essendo la più importante...
Un'ultima considerazione: trovo profonde analogie tra la mia esistenza e la condizione tipicamente definita come sindrome di Asperger. E' quindi possibile affermare che si tratti di sindrome di Asperger aggravata da fobia sociale?
Grazie ancora per il tempo dedicatomi!!! Confido in una vostra risposta!! :)
Dr.ssa Pileci, purtroppo la domanda che mi pone è proprio la domanda che da sempre assilla anche me, prima di ogni altro dubbio. Non so nemmeno io quali siano le concause che mi portino ad avere una tale ansietà nei più svariati contesti. Io temo davvero tutto, ma io non parlerei, se posso azzardare un giudizio personale, solo di insicurezza personale, ma anche di insicurezza verso ciò che mi circonda: per esempio, se c'è una possibilità irrisoria che un qualcosa che faccio vada male, io temo proprio che ciò accada e parto con questa forte paura che ciò accada, malgrado per la legge delle probabilità dovrei stare relativamente tranquillo.
Dr.ssa Bolognesi, io devo dire la verità: non è poi stato così infelice passare l'infanzia, dal mio punto di vista intendo, nel modo con cui l'ho passata io. Fintanto che si è piccoli non si sente il peso della diversità, dei giudizi sociali, delle stranezze caratteriali. Per me esisteva prima di tutto il mio mondo personale, e in quel mondo, benchè del tutto atipico, io stavo bene. La mia felicità, pur basandosi su cose che i miei coetanei di allora non avrebbero nemmeno capito, era sincera, proprio perchè la sentivo adeguata alle particolarità del mio essere. Del resto, anche attualmente, quando vivo la mia individualità cercando di accantonare la dimensione di "stranezza sociale" della mia personalità, non mi sento affatto infelice! Comincio a pensare che potrei davvero vivere diversamente dagli altri... ecco, il concetto è che io forse, realmente, non voglio cambiare il mio essere. Un po' mi lamento, perchè vorrei avere più armonia con la sicurezza interiore e in primis, anche con le relazioni interpersonali... però penso sempre qualcosa del tipo: <<se la società e la "normalità" non mi spingessero a dover cambiare, la mia personalità non mi starebbe affatto stretta. Sarei del tutto felice così come sono>>.
Io non so perchè mi sono soffermato proprio su certi particolari, ma sono quelli che ritengo più psicologicamente significativi nella mia esistenza. In particolare ritenevo importante parlare di quell'aspetto legato alle fotografie di quel libro. Trovo veramente difficile dare una spiegazione plausibile a quella mia fobia. Devo ammettere che trovo strano che nessuna di voi abbia accennato a questa cosa, questo mi fa pensare che magari è un problema molto meno significativo di quanto invece pensi io, ma credetemi, è forse (leggasi: probabilmente) la cosa tra tutte che ho sempre avvertito più strana, più immotivata, più peculiare, più inspiegabile della mia vita, pur magari non essendo la più importante...
Un'ultima considerazione: trovo profonde analogie tra la mia esistenza e la condizione tipicamente definita come sindrome di Asperger. E' quindi possibile affermare che si tratti di sindrome di Asperger aggravata da fobia sociale?
Grazie ancora per il tempo dedicatomi!!! Confido in una vostra risposta!! :)
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"Non so nemmeno io quali siano le concause che mi portino ad avere una tale ansietà nei più svariati contesti. "
Gentile ragazza,
mi pareva che alla domanda Lei avesse già risposto nel primo post; in altri termini è motivo di ansia e preoccupazione tutto ciò con cui non ha dimestichezza e che quindi genera insicurezza di ogni tipo, anche l'imprevisto...
Non c'è ovviamente una ricetta magica, ma può solo iniziare ad affrontare la problematica, facendo proprio ciò che teme in maniera graduale e superando le difficoltà.
Se da sola non ci riuscisse, l'aiuto di uno psicologo psicoterapeuta potrebbe essere imprescindibile.
Più si affrontano queste situazioni senza evitare ciò che temiamo, più abbiamo la possibilità di diventare competenti.
Cordiali saluti,
Gentile ragazza,
mi pareva che alla domanda Lei avesse già risposto nel primo post; in altri termini è motivo di ansia e preoccupazione tutto ciò con cui non ha dimestichezza e che quindi genera insicurezza di ogni tipo, anche l'imprevisto...
Non c'è ovviamente una ricetta magica, ma può solo iniziare ad affrontare la problematica, facendo proprio ciò che teme in maniera graduale e superando le difficoltà.
Se da sola non ci riuscisse, l'aiuto di uno psicologo psicoterapeuta potrebbe essere imprescindibile.
Più si affrontano queste situazioni senza evitare ciò che temiamo, più abbiamo la possibilità di diventare competenti.
Cordiali saluti,
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Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
< temo sempre le conseguenze di alcune cose che dico o che faccio..>
Gentile ragazzo,
dal suo racconto, a mio parere, si evince anche un vissuto di bassa autostima e poca fiducia in se' che, di conseguenza, innesca meccanismi di carattere ansiogeno.
L'autostima, inoltre, si struttura e si fortifica durante l'infanzia ed è proprio il rapporto coi genitori a farla da padrona!
La mia sollecitazione è di rivolgersi allo Spazio Giovani della sua città, dove i colloqui sono totalmente gratuiti e di facile accesso. In questo modo, inoltre, può avere la possibilità di iniziare a prendersi cura di se' e dare un "volto" a tutto ciò che lo ha fatto sentire "castrato" nella sua infanzia-adolescenza.
Questa è ipotesi.. ovviamente in un setting terapeutico il percorso diventa impegnativo e costruttivo!
Un augurio,l
di cuore
Gentile ragazzo,
dal suo racconto, a mio parere, si evince anche un vissuto di bassa autostima e poca fiducia in se' che, di conseguenza, innesca meccanismi di carattere ansiogeno.
L'autostima, inoltre, si struttura e si fortifica durante l'infanzia ed è proprio il rapporto coi genitori a farla da padrona!
La mia sollecitazione è di rivolgersi allo Spazio Giovani della sua città, dove i colloqui sono totalmente gratuiti e di facile accesso. In questo modo, inoltre, può avere la possibilità di iniziare a prendersi cura di se' e dare un "volto" a tutto ciò che lo ha fatto sentire "castrato" nella sua infanzia-adolescenza.
Questa è ipotesi.. ovviamente in un setting terapeutico il percorso diventa impegnativo e costruttivo!
Un augurio,l
di cuore
[#9]
Gentile Utente,
legga qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Se Lei oggi non è in grado di fare qualcosa, magari perché non lo ha imparato o perché l'ambiente esterno non lo ha permesso, ecc... può sempre impararlo.
Cordiali saluti,
legga qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Se Lei oggi non è in grado di fare qualcosa, magari perché non lo ha imparato o perché l'ambiente esterno non lo ha permesso, ecc... può sempre impararlo.
Cordiali saluti,
[#11]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentilissimo,
provo a darle informazioni generali, proprio perché da questa postazione si possono solo fare delle ipotesi...
L'autostima è una qualità esistenziale. Fa parte delle fondamenta della nostra esperienza psicologica e determina in modo radicale la nostra vita. Se ben sviluppata siamo più felici, ad es., meno vulnerabili e abbiamo relazioni più soddisfacenti ed una migliore qualità di vita!
Strettamente connessa con la fiducia in se'!
Il senso di autostima nel bambino viene alimentato da due esperienze:
- "essere visto" dalle persone importanti ed essere identificato per ciò che è!
- essere riconosciuto ed apprezzato dagli altri per quello che è!
Tutto questo si sperimenta se i genitori sono sufficientemente realizzati.
Un atteggiamento di non accettazione critica distrugge l'autostima e la fiducia in se' del bambino.
Non dimentichiamo, inoltre, gli stili educativi (incoerente, autoritario, iper-apprensivo, distaccato, negligente, equilibrato) adottati dai nostri genitori.
Proverei, inoltre, a riflettere su questi vissuti:
- cosa succedeva nella mia famiglia, quando da bambino ero emotivamente turbato?
- quale era un'emozione accolta da mia madre e quale non accolta?
- quale era un'emozione accolta da mio padre e quale non accolta?
- quale stile educativo prevalente è stato utilizzato da mia madre e da mio padre? Che ricaduta ha avuto su di me?
Sperando in una riflessione costruttiva...
Un caro saluto
provo a darle informazioni generali, proprio perché da questa postazione si possono solo fare delle ipotesi...
L'autostima è una qualità esistenziale. Fa parte delle fondamenta della nostra esperienza psicologica e determina in modo radicale la nostra vita. Se ben sviluppata siamo più felici, ad es., meno vulnerabili e abbiamo relazioni più soddisfacenti ed una migliore qualità di vita!
Strettamente connessa con la fiducia in se'!
Il senso di autostima nel bambino viene alimentato da due esperienze:
- "essere visto" dalle persone importanti ed essere identificato per ciò che è!
- essere riconosciuto ed apprezzato dagli altri per quello che è!
Tutto questo si sperimenta se i genitori sono sufficientemente realizzati.
Un atteggiamento di non accettazione critica distrugge l'autostima e la fiducia in se' del bambino.
Non dimentichiamo, inoltre, gli stili educativi (incoerente, autoritario, iper-apprensivo, distaccato, negligente, equilibrato) adottati dai nostri genitori.
Proverei, inoltre, a riflettere su questi vissuti:
- cosa succedeva nella mia famiglia, quando da bambino ero emotivamente turbato?
- quale era un'emozione accolta da mia madre e quale non accolta?
- quale era un'emozione accolta da mio padre e quale non accolta?
- quale stile educativo prevalente è stato utilizzato da mia madre e da mio padre? Che ricaduta ha avuto su di me?
Sperando in una riflessione costruttiva...
Un caro saluto
[#12]
Ex utente
Buongiorno a tutti, scusate ma sono stato occupatissimo in questi giorni.
premetto che non mi sento con bassa autostima, è difficile da spiegare la cosa: so di avere delle qualità, considero me stesso come una persona con i suoi valori, la sua personalità, le sue abilità e le sue possibilità di successo e di insuccesso... darei tutto sommato di me una valutazione piuttosto equilibrata. Il problema inerente all'autostima, quindi, potrebbe ricadere soltanto nel contesto di accettazione sociale del mio Io. So di valere, ma immagino sempre che gli altri non colgano il mio valore. Mi sento molto incompreso, non nel senso che vengo frainteso, ma nel senso che gli altri sottovalutino il mio essere, riducano il giudizio sulla mia personalità a delle analisi troppo semplicistiche ed erronee.
Del resto, quando ti trovi tutta la vita ad avere interessi così atipici, ad avere un carattere così particolare, un temperamento e delle caratteristiche così "oscure", è chiaro che la massa delle persone "comuni", che potranno avere tutte le particolarità del mondo ma che comunque non saranno così discostate dalla media come invece sono io, abbiano difficoltà ad interpretare correttamente e organicamente il mio essere.
allora, rispondo alle 4 domande qui sopra:
1) generalmente mi si dava ragione e secondo me c'è sempre stata un'eccessiva difesa nei miei confronti, poco ragionamento obiettivo e tanta idea di difendermi di fronte agli altri. Tutto ciò che mi riguardava era visto come un tentativo di difendermi da qualsiasi "minaccia" esterna che potesse turbarmi. Persino dagli altri bambini, soltanto i miei genitori volevano difendermi, insegnandomi forse poco a reagire da solo. Ecco forse parte della causa della mia insicurezza.
2) mia madre tendeva sempre ad essere conciliante e fin troppo "affettiva" (forse eccesso di baci, abbracci e condivisione di emozioni e pensieri, dispiace tantissimo dirlo perchè tutto è stato fatto in buona fede...) tutto questo forse è stato fatto a causa della mia condizione di figlio unico. invece, era piuttosto intransigente per quanto riguarda la mia buona educazione. appena facevo un "rutto" o altre cose in presenza sua, o a maggior ragione, in presenza di altri (scusate il linguaggio non proprio "aulico", ma è per far capire), era molto fissata da questo punto di vista educativo. E' stato unicamente passando del tempo con dei coetanei, che ho scoperto che tante cose giudicate sconvenienti da mia madre, in verità sono perfettamente comuni e prive di "dannosità".
3) mio padre è sempre stato molto accondiscendente con me, spesso quando mia madre si rifiutava di regalarmi qualcosa o di permettermi di comportarmi in un certo modo, mio padre si schierava dalla mia parte. tuttavia, con il passare degli anni, ho scoperto una cosa, che non so dire se c'era già quando ero piccolo o se invece è maturata dopo, cioè: dove mia madre non agiva, agiva comunque mio padre. quindi diciamo che lui riempiva alcuni "buchi" educativi (peraltro decisamente futili, ma non secondo i miei genitori) lasciati dalla madre. A questo punto della mia vita, mio padre ha sempre più sviluppato un appoggio ideologico nei confronti di mia madre per quanto riguarda la mia educazione, pertanto quando lei non "rompe", ci pensa sempre lui... anche se penso che, forse (probabilmente) inconsciamente, lui sia condizionato da mia madre.
4) penso di avere spiegato il tutto nelle risposte 2 e 3.
grazie ancora tanto per l'attenzione dimostrata, a risentirci!!
premetto che non mi sento con bassa autostima, è difficile da spiegare la cosa: so di avere delle qualità, considero me stesso come una persona con i suoi valori, la sua personalità, le sue abilità e le sue possibilità di successo e di insuccesso... darei tutto sommato di me una valutazione piuttosto equilibrata. Il problema inerente all'autostima, quindi, potrebbe ricadere soltanto nel contesto di accettazione sociale del mio Io. So di valere, ma immagino sempre che gli altri non colgano il mio valore. Mi sento molto incompreso, non nel senso che vengo frainteso, ma nel senso che gli altri sottovalutino il mio essere, riducano il giudizio sulla mia personalità a delle analisi troppo semplicistiche ed erronee.
Del resto, quando ti trovi tutta la vita ad avere interessi così atipici, ad avere un carattere così particolare, un temperamento e delle caratteristiche così "oscure", è chiaro che la massa delle persone "comuni", che potranno avere tutte le particolarità del mondo ma che comunque non saranno così discostate dalla media come invece sono io, abbiano difficoltà ad interpretare correttamente e organicamente il mio essere.
allora, rispondo alle 4 domande qui sopra:
1) generalmente mi si dava ragione e secondo me c'è sempre stata un'eccessiva difesa nei miei confronti, poco ragionamento obiettivo e tanta idea di difendermi di fronte agli altri. Tutto ciò che mi riguardava era visto come un tentativo di difendermi da qualsiasi "minaccia" esterna che potesse turbarmi. Persino dagli altri bambini, soltanto i miei genitori volevano difendermi, insegnandomi forse poco a reagire da solo. Ecco forse parte della causa della mia insicurezza.
2) mia madre tendeva sempre ad essere conciliante e fin troppo "affettiva" (forse eccesso di baci, abbracci e condivisione di emozioni e pensieri, dispiace tantissimo dirlo perchè tutto è stato fatto in buona fede...) tutto questo forse è stato fatto a causa della mia condizione di figlio unico. invece, era piuttosto intransigente per quanto riguarda la mia buona educazione. appena facevo un "rutto" o altre cose in presenza sua, o a maggior ragione, in presenza di altri (scusate il linguaggio non proprio "aulico", ma è per far capire), era molto fissata da questo punto di vista educativo. E' stato unicamente passando del tempo con dei coetanei, che ho scoperto che tante cose giudicate sconvenienti da mia madre, in verità sono perfettamente comuni e prive di "dannosità".
3) mio padre è sempre stato molto accondiscendente con me, spesso quando mia madre si rifiutava di regalarmi qualcosa o di permettermi di comportarmi in un certo modo, mio padre si schierava dalla mia parte. tuttavia, con il passare degli anni, ho scoperto una cosa, che non so dire se c'era già quando ero piccolo o se invece è maturata dopo, cioè: dove mia madre non agiva, agiva comunque mio padre. quindi diciamo che lui riempiva alcuni "buchi" educativi (peraltro decisamente futili, ma non secondo i miei genitori) lasciati dalla madre. A questo punto della mia vita, mio padre ha sempre più sviluppato un appoggio ideologico nei confronti di mia madre per quanto riguarda la mia educazione, pertanto quando lei non "rompe", ci pensa sempre lui... anche se penso che, forse (probabilmente) inconsciamente, lui sia condizionato da mia madre.
4) penso di avere spiegato il tutto nelle risposte 2 e 3.
grazie ancora tanto per l'attenzione dimostrata, a risentirci!!
[#13]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
< So di valere, ma immagino sempre che gli altri non colgano il mio valore...>
Lo immagina all'inizio di un "contatto".. non ha conferme?
< Mi sento molto incompreso, non nel senso che vengo frainteso, ma nel senso che gli altri sottovalutino il mio essere, riducano il giudizio sulla mia personalità a delle analisi troppo semplicistiche ed erronee..>
Come se gli altri fossero, si comportassero sempre in modo troppo superficiale con lei?
Lo immagina all'inizio di un "contatto".. non ha conferme?
< Mi sento molto incompreso, non nel senso che vengo frainteso, ma nel senso che gli altri sottovalutino il mio essere, riducano il giudizio sulla mia personalità a delle analisi troppo semplicistiche ed erronee..>
Come se gli altri fossero, si comportassero sempre in modo troppo superficiale con lei?
[#14]
Ex utente
diciamo che sono molto timido e alcune mie qualità escono molto poco (ma timido neanche troppo! con chi conosco bene sono a volte fin troppo impulsivo e troppo deciso! più che altro sono INSICURO, verso le persone che conosco meno bene...) quindi spesso sono superficiali ma in un'accezione particolare: non nel senso "poco sensibili", ma nel senso "molto limitativi nel comprendere i vari aspetti del mio carattere, e ad accettarli in funzione di un mio inserimento sociale più proficuo".
[#16]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
< sono INSICURO, verso le persone che conosco meno bene...>
Questo può capitare quando si conosce le persone al primo impatto... e richiamerebbe la scarsa fiducia in se'...
Sembra che i suoi genitori abbiamo fatto proprio uno stile educativo contraddittorio e questo, spesso, fa sperimentare disorientamento nei figli.
La troppa apprensione può aver, immancabilmente, sortito insicurezza nella relazione con gli altri.
Sono, comunque, tutti aspetti che vanno chiarificati ed elaborati in un setting terapeutico.
Da questa postazione noi possiamo solo orientare.
Un caro saluto.
Questo può capitare quando si conosce le persone al primo impatto... e richiamerebbe la scarsa fiducia in se'...
Sembra che i suoi genitori abbiamo fatto proprio uno stile educativo contraddittorio e questo, spesso, fa sperimentare disorientamento nei figli.
La troppa apprensione può aver, immancabilmente, sortito insicurezza nella relazione con gli altri.
Sono, comunque, tutti aspetti che vanno chiarificati ed elaborati in un setting terapeutico.
Da questa postazione noi possiamo solo orientare.
Un caro saluto.
[#18]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gli stili educativi riguardano le regole che vengono date ai figli: loro, dal suo racconto, non mi sembravano sulla stessa linea.
Comunque, ripeto, che on line non è possibile andare oltre questo confronto... sarebbe necessario che si rivolgesse ad uno Psicoterapeuta de visu e alla sua età, come ho già consigliato, c' è la possibilità dello Spazio Giovani con colloqui gratuiti.
Un caro saluto
[#20]
Ex utente
salve a tutti, in questi giorni ho rimuginato molto su tutto questo e forse ho trovato una soluzione "fai da te" che potrebbe anche essere efficace, per quanto brutale e forse "triste": sarebbe quella di adattare la mia vita alle poche capacità psicologiche di miglioramento che ho, proprio come chi sta sulla sedia a rotelle evita di passare per dove ci sono delle scalinate. E' un brutto ragionamento, me ne rendo conto, ma potrebbe quasi essere (lo dico piano e con tutti i dovuti modi...) in qualche modo "risolutivo". Questo riguarderebbe anche il mio lato sentimentale: forse è meglio evitare relazioni sentimentali di sorta. Con che coraggio potrei mai approcciarmi ad una ragazza che mi interessi? Cosa diavolo potrei fare per tranquillizzarmi nelle millemila situazioni di condivisione di coppia nelle quali sarebbe necessaria un'intimità che mi metterebbe nel completo disagio? No, non ho la forza di rischiare, di vedere "come andrebbe a finire". Preferisco evitare tutti quei comportamenti che mi causano un ulteriore peggioramento della mia già di per sè grave situazione di ansia profonda e di insicurezza radicata e paralizzante. E lascio perdere chi, per esempio, può dirmi che "la più grande felicità è quella di vivere assieme alla propria compagna" o frasi di questo tipo. Perchè pensare sempre a quale sia la felicità "della gente comune" e accorgersi ogni volta che tale felicità è al di fuori delle mie capacità caratteriali, mentali, è ancora peggio che il non "possedere" quella stessa felicità... spero di non essere stato troppo contorto... un caro saluto a tutti e grazie mille ancora.
[#23]
Ex utente
buonasera, grazie mille dottoressa, solo un paio di cose:
1) è condivisibile la decisione di "evitamento" che sono tentato di prendere, che ho espresso nella replica #20?
2) secondo lei quale può essere il significato della fpaura che ritengo più atipica e assurda, cioè quella delle fotografie di quel libro?
grazie tante ancora!
1) è condivisibile la decisione di "evitamento" che sono tentato di prendere, che ho espresso nella replica #20?
2) secondo lei quale può essere il significato della fpaura che ritengo più atipica e assurda, cioè quella delle fotografie di quel libro?
grazie tante ancora!
[#24]
Cioè lei pensa che ci siamo .. stufati.. no, certo, solo che ha ricevuto moltissime risposte le è stato da tutti consigliato di farsi aiutare e siamo on line.. quel libro , lontanissimo , forse le faceva temere di essere sgridato, rimproverato, ed era un bambino e poteva essere comprensibile.. ora , mi ascolti, giri pagina.. uno sguardo verso il mondo più semplice e positivo, sarà una buona partenza..
Buona vita !
Buona vita !
[#25]
Ex utente
buonasera, ascolterò il suo consiglio! solo l'unico problema è che quel libro mi ha terrorizzato al punto che non sono stato in grado di aprire le pagine "incriminate" nemmeno quando sono diventato non più bambino, ma ragazzino prima e adolescente poi. Alla fine, con naturalezza e rapidità d'azione (perchè paradossalmente più cercavo di convincermi e più mi veniva un'angoscia che mi bloccava), sono riuscito ad aprirle. Nella fattispecie la figura di gran lunga più da me "temuta" era quella di una bambina in pigiama in piedi nel buio, proprio in una pagina intitolata "paura del buio", con uno sguardo penetrante ed enigmatico ed un controluce che inquadra la bambina e lascia buio pesto sullo sfondo (l'immagine è in bianco e nero). è un'immagine che in questo momento, nonostante questi particolari che ho rilevato come "non proprio rassicuranti", non mi provoca alcun turbamento nel guardarla (e l'ho guardata abbastanza regolarmente negli ultimi mesi).
Un'ultima cosa: cosa significherebbe che il libro, come ha detto lei, è "lontanissimo"?
grazie tante e buona serata.
Un'ultima cosa: cosa significherebbe che il libro, come ha detto lei, è "lontanissimo"?
grazie tante e buona serata.
[#26]
Ex utente
scrivo per dirvi che purtroppo la situazione non migliora affatto, anzi. questi problemi di ansia si stanno ripercuotendo anche su un forte reflusso gastroesofageo, oltre che su un presunto colon irritabile. purtroppo però non ho assolutamente la possibilità economica (e l'assenso dei miei genitori, dato che sono molto scettici riguardo i benefici della psicoterapia) per intraprendere un percorso terapeutico.
dico comunque che ormai gran parte delle mie energie si stanno spremendo nel trovare un senso di triste inadeguatezza a tutto ciò che sento dire; rielaboro ogni informazione esterna rispecchiandomi in essa, raggiungendo spesso delle conclusioni del tutto immorali, agghiaccianti e che travisano la questione principale di cui invece dovrei parlare. per esempio, sentendo delle dinamiche di un omicidio (sia reale, sia fittizio e raccontato in qualche libro), reagisco spesso con estrema insensibilità, arrivando solamente a dire: "ecco, che forza fisica che ha usato quell'uomo nell'uccidere, io di sicuro non ce l'avrei mai fatta". pertanto, per assurdo, acquisisco complessi di inferiorità anche nei confronti di esseri spregevoli come i serial killer!!!
Non ho una vera domanda da fare, come potete vedere. Più che altro si tratta di uno sfogo. Grazie mille per la lettura.
dico comunque che ormai gran parte delle mie energie si stanno spremendo nel trovare un senso di triste inadeguatezza a tutto ciò che sento dire; rielaboro ogni informazione esterna rispecchiandomi in essa, raggiungendo spesso delle conclusioni del tutto immorali, agghiaccianti e che travisano la questione principale di cui invece dovrei parlare. per esempio, sentendo delle dinamiche di un omicidio (sia reale, sia fittizio e raccontato in qualche libro), reagisco spesso con estrema insensibilità, arrivando solamente a dire: "ecco, che forza fisica che ha usato quell'uomo nell'uccidere, io di sicuro non ce l'avrei mai fatta". pertanto, per assurdo, acquisisco complessi di inferiorità anche nei confronti di esseri spregevoli come i serial killer!!!
Non ho una vera domanda da fare, come potete vedere. Più che altro si tratta di uno sfogo. Grazie mille per la lettura.
Questo consulto ha ricevuto 26 risposte e 3.6k visite dal 11/01/2015.
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