Erotomania e/o scollamento dalla realtà
Buongiorno,
ho compiuto da poco ventun anni. La mia è una vita soddisfacente sotto molti punti di vista: un rapporto invidiabile con i miei genitori, brillanti successi accademici, problemi di salute facilmente gestibili, un certo equilibrio nella gestione di quasi tutto. Le difficoltà maggiori che incontro, probabilmente, si ritrovano in ambito affettivo. Ho da sempre la sensazione di non aver bisogno di rapporti di amicizia e mi meravigliano le manifestazioni di affetto, anche molto profondo, tributate alla mia persona. In molte delle amicizie che ho tentato di imbastire ho sofferto della sensazione di esser posta su un piedistallo e come tale idealizzata, adorata e mai amata davvero. Ciò si è riflesso nell'unica relazione sentimentale, se così posso chiamarla, che mi abbia mai toccata da vicino. Iniziata a dodici anni, si è trascinata fino ad ora in una morsa di platonismo esasperato. Lui, eterno insicuro, ha imbastito altre relazioni, io ho lasciato correre, mancando del tutto di gelosia. La mancanza di contatto fisico, ma non di attrazione, mi ha sempre lasciata dubbiosa: che questo amore fosse una mia invenzione? Ora lui ha una relazione stabile e io continuo ostinatamente a credere che in qualche modo lui serbi in sé un amore per me e che di certo riusciremo a sposarci e a metter su famiglia. C'è da dire che lui stesso è stato frequentemente ambiguo, ma alla resa dei conti ha sempre affermato di desiderare da me una nitida amicizia. Per mesi ho scelto il silenzio, consapevole che troncare era l'unico modo per ritrovare un mio equilibrio, ma ora il silenzio ha cominciato a pesarmi e abbiamo ripreso a sentirci da amici, conservando sempre una maledetta vena di non detto. Riconosco l'assurdità delle mie convinzioni, ma da anni credo che lui mi ami senza saperlo, che qualsiasi cosa faccia sia orientato ad una nostra futura felicità e cose del genere. Ora, sono sempre stata razionale e assai frenata in ogni rapporto, indipendente fino alla chiusura e spesso sin troppo fredda. Perché a ventun anni ho in questo rapporto meno maturità di quella che avevo a tredici anni? Perché la mia vita sessuale e sentimentale è tanto immatura? Immatura al punto da essermi rifugiata in una supposta relazione platonica in modo da non avere altri contatti. Non ho avuto molte occasioni di stringere altre relazioni perché non mi sono mai messa nella disposizione d'animo adatto e i ragazzi, gli uomini, sono sempre stati intimoriti dalla mia persona. Lui, invece, mi aveva elevata al rango di pilastro della sua esistenza, idealizzata e venerata quasi come una madre - penalizzando ovviamente l'aspetto sessuale della relazione. Come liberarsi dell'insana convinzione che ci sia un amore che invece palesemente non c'è ? E soprattutto come smettere di vivere a metà tra le certezze razionali che ho e l'inclinazione maniacale che mi spinge a vedere un sentimento che invece palesemente non c'è? Come riuscire ad avere relazioni equilibrate, da pari, senza piedistalli?
ho compiuto da poco ventun anni. La mia è una vita soddisfacente sotto molti punti di vista: un rapporto invidiabile con i miei genitori, brillanti successi accademici, problemi di salute facilmente gestibili, un certo equilibrio nella gestione di quasi tutto. Le difficoltà maggiori che incontro, probabilmente, si ritrovano in ambito affettivo. Ho da sempre la sensazione di non aver bisogno di rapporti di amicizia e mi meravigliano le manifestazioni di affetto, anche molto profondo, tributate alla mia persona. In molte delle amicizie che ho tentato di imbastire ho sofferto della sensazione di esser posta su un piedistallo e come tale idealizzata, adorata e mai amata davvero. Ciò si è riflesso nell'unica relazione sentimentale, se così posso chiamarla, che mi abbia mai toccata da vicino. Iniziata a dodici anni, si è trascinata fino ad ora in una morsa di platonismo esasperato. Lui, eterno insicuro, ha imbastito altre relazioni, io ho lasciato correre, mancando del tutto di gelosia. La mancanza di contatto fisico, ma non di attrazione, mi ha sempre lasciata dubbiosa: che questo amore fosse una mia invenzione? Ora lui ha una relazione stabile e io continuo ostinatamente a credere che in qualche modo lui serbi in sé un amore per me e che di certo riusciremo a sposarci e a metter su famiglia. C'è da dire che lui stesso è stato frequentemente ambiguo, ma alla resa dei conti ha sempre affermato di desiderare da me una nitida amicizia. Per mesi ho scelto il silenzio, consapevole che troncare era l'unico modo per ritrovare un mio equilibrio, ma ora il silenzio ha cominciato a pesarmi e abbiamo ripreso a sentirci da amici, conservando sempre una maledetta vena di non detto. Riconosco l'assurdità delle mie convinzioni, ma da anni credo che lui mi ami senza saperlo, che qualsiasi cosa faccia sia orientato ad una nostra futura felicità e cose del genere. Ora, sono sempre stata razionale e assai frenata in ogni rapporto, indipendente fino alla chiusura e spesso sin troppo fredda. Perché a ventun anni ho in questo rapporto meno maturità di quella che avevo a tredici anni? Perché la mia vita sessuale e sentimentale è tanto immatura? Immatura al punto da essermi rifugiata in una supposta relazione platonica in modo da non avere altri contatti. Non ho avuto molte occasioni di stringere altre relazioni perché non mi sono mai messa nella disposizione d'animo adatto e i ragazzi, gli uomini, sono sempre stati intimoriti dalla mia persona. Lui, invece, mi aveva elevata al rango di pilastro della sua esistenza, idealizzata e venerata quasi come una madre - penalizzando ovviamente l'aspetto sessuale della relazione. Come liberarsi dell'insana convinzione che ci sia un amore che invece palesemente non c'è ? E soprattutto come smettere di vivere a metà tra le certezze razionali che ho e l'inclinazione maniacale che mi spinge a vedere un sentimento che invece palesemente non c'è? Come riuscire ad avere relazioni equilibrate, da pari, senza piedistalli?
[#1]
Perdonami, ma seppur il tuo racconto è abbastanza chiaro, non riesco a capire cosa c'entri con l'erotomania. Potresti rendere più chiaro anche questo punto?
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Utente
Ritengo che il mio sia un amore ossessivo, oltre che non corrisposto, dal momento che è l'unico aspetto della mia esistenza che non riesco a gestire in maniera razionale. Nonostante sia palese e chiarissima la situazione, passo molto tempo a fantasticare, convinta di essere oggetto d'amore di una persona che invece dimostra in ogni modo mancanza di sentimenti diversi dall'amicizia. Sono, in certi momenti, sinceramente convinta che lui mi ami e che me lo dimostri con ogni suo gesto, interpreto ogni sua azione nel quadro di un segreto amore nei miei confronti, una sorta di linguaggio segreto tra me e lui. Invece lui ha la sua vita e se manda segnali a me sono solo segnali di amicizia - a parte qualche segno di oggettiva ambiguità. Ho, nonostante la mia razionalità, la convinzione che questo amore sia trascendente, voluto dal destino, da Dio o da chi altro e assurdità del genere. Alterno momenti di assoluta lucidità a momenti in cui mi lascio trasportare da fantasia assolutamente ingiustificate. E ciò dura da oltre otto anni.
La ringrazio di cuore per l'attenzione.
La ringrazio di cuore per l'attenzione.
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile ragazza,
Provo a fare delle riflessioni....
< Le difficoltà maggiori che incontro, probabilmente, si ritrovano in ambito affettivo.
Ho da sempre la sensazione di non aver bisogno di rapporti di amicizia e mi meravigliano le manifestazioni di affetto, anche molto profondo, tributate alla mia persona...>
Quasi la percezione di un timore di esporsi, di mettersi in gioco... non penso al "non" bisogno, ma ad un suo evitamento!
<In molte delle amicizie che ho tentato di imbastire ho sofferto della sensazione di esser posta su un piedistallo e come tale idealizzata, adorata e mai amata davvero.
Ciò si è riflesso nell'unica relazione sentimentale, se così posso chiamarla, che mi abbia mai toccata da vicino. Iniziata a dodici anni, si è trascinata fino ad ora in una morsa di platonismo esasperato. >
Quello che emerge, infatti, è questa gratificazione di essere messa su un piedistallo, di essere idealizzata e forse proprio per questo si evitano le relazioni profonde?
Per una importante insicurezza di fondo?
Certamente non è semplice viversi "idealmente" un rapporto laddove non esiste!
Credo abbia bisogno di fare un po' di chiarezza nella sua testa e nel suo cuore...
Ascoltare i propri bisogni e il proprio mondo emozionale.
Forse è questo che manca : soffermarsi su di se'!
Ascoltare il proprio "sentire"!
Un confronto con un professionista della nostra professione potrebbe aiutarla...
Provi a riflettere.
Di cuore
Provo a fare delle riflessioni....
< Le difficoltà maggiori che incontro, probabilmente, si ritrovano in ambito affettivo.
Ho da sempre la sensazione di non aver bisogno di rapporti di amicizia e mi meravigliano le manifestazioni di affetto, anche molto profondo, tributate alla mia persona...>
Quasi la percezione di un timore di esporsi, di mettersi in gioco... non penso al "non" bisogno, ma ad un suo evitamento!
<In molte delle amicizie che ho tentato di imbastire ho sofferto della sensazione di esser posta su un piedistallo e come tale idealizzata, adorata e mai amata davvero.
Ciò si è riflesso nell'unica relazione sentimentale, se così posso chiamarla, che mi abbia mai toccata da vicino. Iniziata a dodici anni, si è trascinata fino ad ora in una morsa di platonismo esasperato. >
Quello che emerge, infatti, è questa gratificazione di essere messa su un piedistallo, di essere idealizzata e forse proprio per questo si evitano le relazioni profonde?
Per una importante insicurezza di fondo?
Certamente non è semplice viversi "idealmente" un rapporto laddove non esiste!
Credo abbia bisogno di fare un po' di chiarezza nella sua testa e nel suo cuore...
Ascoltare i propri bisogni e il proprio mondo emozionale.
Forse è questo che manca : soffermarsi su di se'!
Ascoltare il proprio "sentire"!
Un confronto con un professionista della nostra professione potrebbe aiutarla...
Provi a riflettere.
Di cuore
[#5]
Utente
Grazie per le risposte.
In realtà non trovo nessun tipo di gratificazione nell'essere posta sul piedistallo, anzi. Probabilmente mi ritrovo, senza saperlo, a sentirmi poi oggetto di una sorta di ansia da prestazione. Come se da "una come me", come spesso mi definiscono, non ci si possa aspettare certe debolezze che invece sono normali per tutti gli altri.
Il non aver bisogno di amicizie si è sempre manifestato con una sorta di passività: sono state mie amiche persone che mi hanno cercata, che mi hanno desiderata - ma su di me la loro presenza o assenza non ha mai inciso. Non mi faccio sentire mai per prima, non cerco mai nessuno, ad esempio. Però sono sempre disponibile quando mi si cerca, per qualsiasi bisogno. Sono l'amica delle emergenze e questo mi sta bene, ma ho finito per essere madre di chiunque mi abbia voluto bene.
Quanto al delirio di innamoramento, forse sì. Mi sembra che sia tutta un'ossessione basata ormai sul nulla. C'è da dire che lui non mi aiuta, essendo ambiguo per carattere, ma io ormai so che non ci può essere questo amore, è palese, è oggettivo. Perché continuo a conservare da qualche parte speranza? Perché leggo segni dove non ce ne sono? È un tipo di reazione cui non sono abituata, mi è capitato soltanto con questa persona.
Sull'ascoltare il mio sentire, ho idee discordanti: credo da una parte d'essere una persona che riflette sin troppo su se stessa, dall'altro di raccontarmi menzogne, di non saper davvero "diventare chi sono".
Ho pensato sì di rivolgermi ad un professionista, ma a volte mi ritrovo a pensare che potrebbe essere eccessivo, che magari non c'è nulla che giustifichi una terapia.
In realtà non trovo nessun tipo di gratificazione nell'essere posta sul piedistallo, anzi. Probabilmente mi ritrovo, senza saperlo, a sentirmi poi oggetto di una sorta di ansia da prestazione. Come se da "una come me", come spesso mi definiscono, non ci si possa aspettare certe debolezze che invece sono normali per tutti gli altri.
Il non aver bisogno di amicizie si è sempre manifestato con una sorta di passività: sono state mie amiche persone che mi hanno cercata, che mi hanno desiderata - ma su di me la loro presenza o assenza non ha mai inciso. Non mi faccio sentire mai per prima, non cerco mai nessuno, ad esempio. Però sono sempre disponibile quando mi si cerca, per qualsiasi bisogno. Sono l'amica delle emergenze e questo mi sta bene, ma ho finito per essere madre di chiunque mi abbia voluto bene.
Quanto al delirio di innamoramento, forse sì. Mi sembra che sia tutta un'ossessione basata ormai sul nulla. C'è da dire che lui non mi aiuta, essendo ambiguo per carattere, ma io ormai so che non ci può essere questo amore, è palese, è oggettivo. Perché continuo a conservare da qualche parte speranza? Perché leggo segni dove non ce ne sono? È un tipo di reazione cui non sono abituata, mi è capitato soltanto con questa persona.
Sull'ascoltare il mio sentire, ho idee discordanti: credo da una parte d'essere una persona che riflette sin troppo su se stessa, dall'altro di raccontarmi menzogne, di non saper davvero "diventare chi sono".
Ho pensato sì di rivolgermi ad un professionista, ma a volte mi ritrovo a pensare che potrebbe essere eccessivo, che magari non c'è nulla che giustifichi una terapia.
[#6]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Visto il disagio che sta vivendo e che ci manifesta in modo esplicito, forse qualche seduta di Psicoterapia potrebbero essere di aiuto.
Il pensiero ossessivo rischia di alimentarsi e sperare che possa svanire è amaro, perché sortisce un circolo vizioso.
Un caro saluto
Il pensiero ossessivo rischia di alimentarsi e sperare che possa svanire è amaro, perché sortisce un circolo vizioso.
Un caro saluto
[#7]
>>> l'unico aspetto della mia esistenza che non riesco a gestire in maniera razionale [è quest'amore ossessivo]
>>>
Credo che il problema stia tutto qui. Stai tentando da troppo tempo di mettere in atto una strategia, quella del controllo razionale, che in amore è quanto mai poco adatta.
Il bisogno di controllo eccessivo è chiamato da noi clinici ossessività. L'effetto più comune del tentativo di controllare tutto è sentirsi invasi dai dubbi, dalle fantasie incerte, dalla mancanza di punti di riferimento. Si evita di prendere posizione per paura di sbagliarsi, temendo che ce ne possa essere una migliore che non si è ancora scoperta.
In altri termini, è ansia.
Se sia poi da curare o meno, questo devi essere tu a deciderlo, basandoti sul livello di sofferenza che questa situazione ti causa.
>>>
Credo che il problema stia tutto qui. Stai tentando da troppo tempo di mettere in atto una strategia, quella del controllo razionale, che in amore è quanto mai poco adatta.
Il bisogno di controllo eccessivo è chiamato da noi clinici ossessività. L'effetto più comune del tentativo di controllare tutto è sentirsi invasi dai dubbi, dalle fantasie incerte, dalla mancanza di punti di riferimento. Si evita di prendere posizione per paura di sbagliarsi, temendo che ce ne possa essere una migliore che non si è ancora scoperta.
In altri termini, è ansia.
Se sia poi da curare o meno, questo devi essere tu a deciderlo, basandoti sul livello di sofferenza che questa situazione ti causa.
[#8]
Utente
Vi ringrazio per la celere gentilezza.
Ho effettivamente sempre sentito necessità di controllare quanto più possibile qualsiasi aspetto della mia persona e di quanto attorno a me in qualche modo io potessi cambiare. Ci tengo molto a fare il meglio, a scegliere il meglio e quindi spesso rifletto anche a lungo prima di prendere posizione - e sì, finisco anche per non prenderne affatto. Preferisco non fare una scelta che farne una che non sia esattamente quella che considero migliore per me e per chiunque mi stia attorno.
In realtà effettivamente manifesto ansia, seppur a livelli inferiori, anche in altri ambiti (esami universitarii, ad esempio) e mi rendo conto di non voler agire se non sono certa di essere adeguata: non parlo di argomenti che non padroneggio, non faccio cose che non so fare al meglio (però mi piace imparare, quindi questo non mi limita: mi basta applicarmi), cerco sempre di essere la versione migliore di me.
Dico scherzando, a volte, di avere un dittatore dentro: sono molto rigida con me stessa. Ma "sentirmi a posto" è l'unico modo che ho di sentirmi a mio agio con me e con gli altri.
Un'ulteriore domanda: c'è qualche strategia per imparare a non sentirmi sempre sotto pressione, in gara, obbligata a dare il meglio? E in campo amoroso sarebbe opportuno sperimentare delle relazioni anche se esse in qualche modo non aderiscono al mio ideale e non sono il meglio per me e per le persone coinvolte o è più saggio attendere una situazione che io percepisca finalmente come adeguata?
Ho effettivamente sempre sentito necessità di controllare quanto più possibile qualsiasi aspetto della mia persona e di quanto attorno a me in qualche modo io potessi cambiare. Ci tengo molto a fare il meglio, a scegliere il meglio e quindi spesso rifletto anche a lungo prima di prendere posizione - e sì, finisco anche per non prenderne affatto. Preferisco non fare una scelta che farne una che non sia esattamente quella che considero migliore per me e per chiunque mi stia attorno.
In realtà effettivamente manifesto ansia, seppur a livelli inferiori, anche in altri ambiti (esami universitarii, ad esempio) e mi rendo conto di non voler agire se non sono certa di essere adeguata: non parlo di argomenti che non padroneggio, non faccio cose che non so fare al meglio (però mi piace imparare, quindi questo non mi limita: mi basta applicarmi), cerco sempre di essere la versione migliore di me.
Dico scherzando, a volte, di avere un dittatore dentro: sono molto rigida con me stessa. Ma "sentirmi a posto" è l'unico modo che ho di sentirmi a mio agio con me e con gli altri.
Un'ulteriore domanda: c'è qualche strategia per imparare a non sentirmi sempre sotto pressione, in gara, obbligata a dare il meglio? E in campo amoroso sarebbe opportuno sperimentare delle relazioni anche se esse in qualche modo non aderiscono al mio ideale e non sono il meglio per me e per le persone coinvolte o è più saggio attendere una situazione che io percepisca finalmente come adeguata?
[#9]
Sì, l'ossessività è una forma d'ansia più interiore, meno evidente, apparentemente molto diversa dall'ansia di tipo fobico che si manifesta con segni esteriori, tachicardia, fobie ecc.
>>> in campo amoroso sarebbe opportuno sperimentare delle relazioni anche se esse in qualche modo non aderiscono al mio ideale e non sono il meglio per me e per le persone coinvolte o è più saggio attendere una situazione che io percepisca finalmente come adeguata?
>>>
Mi sembra che finora tu abbia fatto soprattutto la seconda delle due, no? E che risultati ha portato? Ha funzionato o non ha funzionato? Parti da questa riflessione.
Dall'ansia patologica si può uscire, ma per regolamento del sito e deontologia non possiamo dare indicazioni dirette da qui. Ti suggerisco di rivolgerti a un terapeuta a indirizzo comportamentale o breve strategico.
>>> in campo amoroso sarebbe opportuno sperimentare delle relazioni anche se esse in qualche modo non aderiscono al mio ideale e non sono il meglio per me e per le persone coinvolte o è più saggio attendere una situazione che io percepisca finalmente come adeguata?
>>>
Mi sembra che finora tu abbia fatto soprattutto la seconda delle due, no? E che risultati ha portato? Ha funzionato o non ha funzionato? Parti da questa riflessione.
Dall'ansia patologica si può uscire, ma per regolamento del sito e deontologia non possiamo dare indicazioni dirette da qui. Ti suggerisco di rivolgerti a un terapeuta a indirizzo comportamentale o breve strategico.
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 4.8k visite dal 07/01/2015.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.
Per rispondere esegui il login oppure registrati al sito.