Fobia di vomitare e terapia
Sono in terapia strategica da circa due mesi per motivi legati a un blocco con lo studio. Sta andando tutto sommato piuttosto bene, i disturbi sono diversi e li stiamo affrontando un po' alla volta.
Il motivo per cui richiedo un consulto è ciò che è successo nell'ultima seduta. Ho la fobia di vomitare da sempre, ma in terapia ne ho sempre parlato poco. Convivendo da sempre con questa fobia è come se ormai facesse parte di me, per fare una metafora è come se facesse parte delle mia "fondamenta". Fondamenta instabili, ma pur sempre su di esse si regge la mia "casa", quello che sono. So che prima o poi dovrò affrontarla con una terapia, ma vorrei farlo con una persona di cui mi fido davvero. Rispetto a tutti gli altri disturbi che ho sento, che questa è il più antico, è il più intimo. Infatti, non la confido nemmeno mai a nessuno. La sa solo una persona di cui mi fido ciecamente, ma fatico a parlare anche con lui.
Durante la seduta, non so bene perché, le ho parlato di un episodio successo nell'ultima settimana legato alla fobia, che mi ha ha provocato dell'ansia. In terapia parlo un po' di tutto e mi è venuto spontaneo parlare anche di questa cosa.
Ebbene, la terapeuta senza farmi domande su come agisce questo disturbo SU DI ME, che pensieri mi provoca, da quanto tempo ce l'ho, che reazioni ho, cosa mi spaventa, se ho degli eventi spiacevoli legati ad esso eccetera ha esordito dicendo che Nardone, che per lei è una sorta di guru, dice che le persone che hanno questa fobia bisogna farle vomitare. Quindi, placidamente, mi ha detto durante questa settimana vedi di provocarti il vomito.
Questa richiesta ha avuto un effetto terribile su di me, è come se mi avessero pugnalato. Mi sono arrabbiata, poi ho sentito una tristezza profonda e mi sono messa a piangere.
Non capivo bene neanche io cosa mi succedesse, la terapeuta vedendo la mia reazione si è realmente dispiaciuta e sentita in colpa, ha assunto quasi un atteggiamento materno, mi ha abbracciato e baciato (non mi era mai successo che una terapeuta mi baciasse quando piangevo).
Ora dentro di me si è come rotto qualcosa, si è rotta la fiducia, e questa richiesta mi ha inquietato.
Ma si affronta così questa fobia in terapia? Non può essere traumatico chiedere a qualcuno di provocarsi il vomito, senza un percorso di de-sensibilizzazione prima, senza un lavoro sui proprio pensieri e reazioni, senza prima imparare un minimo a gestire il panico che accompagna quei momenti? Senza tenere conto minimamente dei vissuti, delle esperienze, di tutto ciò che può essere collegato a una fobia?
Il motivo per cui richiedo un consulto è ciò che è successo nell'ultima seduta. Ho la fobia di vomitare da sempre, ma in terapia ne ho sempre parlato poco. Convivendo da sempre con questa fobia è come se ormai facesse parte di me, per fare una metafora è come se facesse parte delle mia "fondamenta". Fondamenta instabili, ma pur sempre su di esse si regge la mia "casa", quello che sono. So che prima o poi dovrò affrontarla con una terapia, ma vorrei farlo con una persona di cui mi fido davvero. Rispetto a tutti gli altri disturbi che ho sento, che questa è il più antico, è il più intimo. Infatti, non la confido nemmeno mai a nessuno. La sa solo una persona di cui mi fido ciecamente, ma fatico a parlare anche con lui.
Durante la seduta, non so bene perché, le ho parlato di un episodio successo nell'ultima settimana legato alla fobia, che mi ha ha provocato dell'ansia. In terapia parlo un po' di tutto e mi è venuto spontaneo parlare anche di questa cosa.
Ebbene, la terapeuta senza farmi domande su come agisce questo disturbo SU DI ME, che pensieri mi provoca, da quanto tempo ce l'ho, che reazioni ho, cosa mi spaventa, se ho degli eventi spiacevoli legati ad esso eccetera ha esordito dicendo che Nardone, che per lei è una sorta di guru, dice che le persone che hanno questa fobia bisogna farle vomitare. Quindi, placidamente, mi ha detto durante questa settimana vedi di provocarti il vomito.
Questa richiesta ha avuto un effetto terribile su di me, è come se mi avessero pugnalato. Mi sono arrabbiata, poi ho sentito una tristezza profonda e mi sono messa a piangere.
Non capivo bene neanche io cosa mi succedesse, la terapeuta vedendo la mia reazione si è realmente dispiaciuta e sentita in colpa, ha assunto quasi un atteggiamento materno, mi ha abbracciato e baciato (non mi era mai successo che una terapeuta mi baciasse quando piangevo).
Ora dentro di me si è come rotto qualcosa, si è rotta la fiducia, e questa richiesta mi ha inquietato.
Ma si affronta così questa fobia in terapia? Non può essere traumatico chiedere a qualcuno di provocarsi il vomito, senza un percorso di de-sensibilizzazione prima, senza un lavoro sui proprio pensieri e reazioni, senza prima imparare un minimo a gestire il panico che accompagna quei momenti? Senza tenere conto minimamente dei vissuti, delle esperienze, di tutto ciò che può essere collegato a una fobia?
[#1]
GENTILE UTENTE,
Lei ci chiede un giudizio sul comportamento della Collega.
>>Ma si affronta così questa fobia in terapia? Non può essere traumatico chiedere a qualcuno di provocarsi il vomito, senza un percorso di de-sensibilizzazione prima, senza un lavoro sui proprio pensieri e reazioni, senza prima imparare un minimo a gestire il panico che accompagna quei momenti? Senza tenere conto minimamente dei vissuti, delle esperienze, di tutto ciò che può essere collegato a una fobia? <<
Non è facile rispondere; possiamo notare che la Sua "risposta" alla proposta è stata di grande disagio. A cui la terapeuta ha risposto con calore relazionale.
Per offrire altri spunti alla sua riflessione sull'accaduto allego una luttura:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1399-panico-e-ossessioni-quali-terapie.html
Dopo di chè deciderà se s'è rotto il rapporto di fiducia o se si è rotto... il rapporto col Suo sintomo...
Lei ci chiede un giudizio sul comportamento della Collega.
>>Ma si affronta così questa fobia in terapia? Non può essere traumatico chiedere a qualcuno di provocarsi il vomito, senza un percorso di de-sensibilizzazione prima, senza un lavoro sui proprio pensieri e reazioni, senza prima imparare un minimo a gestire il panico che accompagna quei momenti? Senza tenere conto minimamente dei vissuti, delle esperienze, di tutto ciò che può essere collegato a una fobia? <<
Non è facile rispondere; possiamo notare che la Sua "risposta" alla proposta è stata di grande disagio. A cui la terapeuta ha risposto con calore relazionale.
Per offrire altri spunti alla sua riflessione sull'accaduto allego una luttura:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1399-panico-e-ossessioni-quali-terapie.html
Dopo di chè deciderà se s'è rotto il rapporto di fiducia o se si è rotto... il rapporto col Suo sintomo...
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Gentile Ragazza,
aggiungo alle parole della collega una lettura specifica sul disturbo da Lei lamentato, per ulteriori possibilità di riflessione:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/700-emetofobia-la-paura-del-vomito.html
Cordialmente,
aggiungo alle parole della collega una lettura specifica sul disturbo da Lei lamentato, per ulteriori possibilità di riflessione:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/700-emetofobia-la-paura-del-vomito.html
Cordialmente,
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile ragazza,
nel momento in cui ci si rende conto che non si è creata "alleanza terapeutica" o che questa venga a mancare, allora è nostro diritto, in veste di pz, confrontarsi con il terapeuta e decidere per la strada, che più sentiamo vicino a noi.
Non conosco questo tipo di approccio, ma credo che ogni approccio possa dare contributi importanti ai disagi, che si sperimentano.
Le motivazioni, che sottendono la riuscita di un percorso terapeutico, sono davvero tante...
per cui mi sento di sollecitarla ad ascoltarsi nei bisogni e nelle emozioni, che si vive!!
Un caro saluto
nel momento in cui ci si rende conto che non si è creata "alleanza terapeutica" o che questa venga a mancare, allora è nostro diritto, in veste di pz, confrontarsi con il terapeuta e decidere per la strada, che più sentiamo vicino a noi.
Non conosco questo tipo di approccio, ma credo che ogni approccio possa dare contributi importanti ai disagi, che si sperimentano.
Le motivazioni, che sottendono la riuscita di un percorso terapeutico, sono davvero tante...
per cui mi sento di sollecitarla ad ascoltarsi nei bisogni e nelle emozioni, che si vive!!
Un caro saluto
[#4]
Utente
Grazie, anche delle letture. Quella sull'emetofobia l'avevo già letta tempo fa. Mi sembrano comunque approcci più complessi di un semplice "provocati il vomito così ti passa la paura".
In realtà non so perchè ho scritto, ma mi sento molto male dopo quella richiesta. Un dolore difficile da inquadrare, come se avesse toccato delle corde profonde.
Credo solo che bisogna avere molta cura quando un paziente si affida. Si avranno anche dei protocolli da seguire ma ogni caso è a sè, ogni sintomo è a sè. Dietro a un sintomo ci può essere un mondo, e quando un paziente si apre a volte è completamente scoperto. Bisogna stare molto attenti a quello che gli si dice perchè si può fare molto male.
Buone feste
In realtà non so perchè ho scritto, ma mi sento molto male dopo quella richiesta. Un dolore difficile da inquadrare, come se avesse toccato delle corde profonde.
Credo solo che bisogna avere molta cura quando un paziente si affida. Si avranno anche dei protocolli da seguire ma ogni caso è a sè, ogni sintomo è a sè. Dietro a un sintomo ci può essere un mondo, e quando un paziente si apre a volte è completamente scoperto. Bisogna stare molto attenti a quello che gli si dice perchè si può fare molto male.
Buone feste
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Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
< Credo solo che bisogna avere molta cura quando un paziente si affida.
Si avranno anche dei protocolli da seguire ma ogni caso è a sè, ogni sintomo è a sè.
Dietro a un sintomo ci può essere un mondo, e quando un paziente si apre a volte è completamente scoperto....>
Ogni processo terapeutico è unico, perché unici siamo noi individui...
Nessun protocollo da applicare, almeno per quanto riguarda il mio approccio, e comunque sempre da considerare la persona del momento e i suoi bisogni.
Un grosso in bocca al lupo.
Si avranno anche dei protocolli da seguire ma ogni caso è a sè, ogni sintomo è a sè.
Dietro a un sintomo ci può essere un mondo, e quando un paziente si apre a volte è completamente scoperto....>
Ogni processo terapeutico è unico, perché unici siamo noi individui...
Nessun protocollo da applicare, almeno per quanto riguarda il mio approccio, e comunque sempre da considerare la persona del momento e i suoi bisogni.
Un grosso in bocca al lupo.
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Utente
Sono contenta che la pensi così. :)
Ero in un momento di grande sconforto, ieri ho pianto fino a sera e questa reazione mi ha stupito tantissimo.
Magari mi scriverò quello che mi è successo, le cose che sono venute a galla, i ricordi, e poi ne parlerò alla terapeuta.
Di nuovo grazie, siete state molto gentili.
Ero in un momento di grande sconforto, ieri ho pianto fino a sera e questa reazione mi ha stupito tantissimo.
Magari mi scriverò quello che mi è successo, le cose che sono venute a galla, i ricordi, e poi ne parlerò alla terapeuta.
Di nuovo grazie, siete state molto gentili.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 1.5k visite dal 24/12/2014.
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