Ansia e abbattimento percorso di studi
Buongiorno, sono una ragazza di 18 anni.
Ho sempre riflettuto molto su chi sarei voluta essere "da grande", spesso mi sono ritrovata a riflettere e negli ultimi due anni (4°-5° anno di liceo scientifico) questa riflessione è diventata sempre più sofferta.
Sin da piccola le mie aspirazioni sono state scientifiche, ero una bambina molto curiosa e questa mia caratteristica è sempre stata alimentata dai miei genitori e sopratutto da mio padre. Con lui ho conosciuto la fisica, la chimica e mi ha fatto appassionare agli studi di questo tipo. Se i bambini di 4 e 5 anni giocavano con le barbie io preferivo giocare con lui, conoscere cose nuove e divertenti, fare esperimenti e interrogarmi sull'universo. Crescendo ho sviluppato una forte attrazione per le leggi che governano l'universo e per l'universo stesso tanto da considerare riduttivo qualsiasi campo di apprendimento che non prenda in esame la bellezza dell'universo in cui siamo immersi.
Oggi mi sento totalmente in crisi. Da un lato vorrei perseguire studi di astrofisica, dall'altro mi seno perennemente non all'altezza. So essere una persona molto oggettiva, sono studiosa e volenterosa quando voglio, ma non mi sento abbastanza. Mio padre ha sempre nutrito grandi aspettative da me ed ora che frequento la facoltà di medicina ho paura di deluderlo ed ho anche paura di deludere anche per poi scoprire a 40 anni che avrei dovuto inseguire un'altra cosa.
La medicina mi affascina, è logica, è audace, ma non so se sarò mai soddisfatta, eppure quando ho preso questa decisione ero più che convinta! Mi sono interrogata più volte su cosa mi abbia spinto a decidere, da un lato infatti avrei voluto con tutta me stessa staccarmi da mio padre e questo mi ha condizionata moltissimo. E' un bravo padre, rigido e affettuoso al punto giusto, ma mi vuole bene e così anch'io. In quanto allo studio mi sono sempre sentita nettamente inferiore a lui e credevo che scegliendo fisica o ingegneria aerospaziale (in cui sono entrata e da cui sono scappata pochi mesi dopo convinta di non riuscire) mi sarei portata dietro per sempre il dolore di non sentirmi abbastanza, di non essere lui. Mio padre è così intelligente, ma non ha mai avuto occasione di mettere a frutto quest'intelligenza, eppure in una cosa è riuscito, mi ha trasferito una passione, ma secondo me, mi ha anche bloccata. Non so spiegare come o in che modo, ma se sono in questa situazione non può essere certo un caso. Vedo gente che ha capacità minime lanciarsi in facoltà così complesse che mi dico "se loro possono, posso anche io", ma la verità è che alla fine rimango bloccata comunque.
Oggi sono una studentessa di medicina da qualche mese, ma l'ansia non mi lascia. Quando si parla di futuro corro a nascondermi per non piangere, non sono riuscita mai riuscita a parlarne con i miei o con il mio ragazzo a meno di mentire su qualche aspetto. Faccio incubi ricorrenti legati al mio futuro. Sto soffrendo così da due anni ormai e vorrei dare un senso a tutto questo.
Grazie
Ho sempre riflettuto molto su chi sarei voluta essere "da grande", spesso mi sono ritrovata a riflettere e negli ultimi due anni (4°-5° anno di liceo scientifico) questa riflessione è diventata sempre più sofferta.
Sin da piccola le mie aspirazioni sono state scientifiche, ero una bambina molto curiosa e questa mia caratteristica è sempre stata alimentata dai miei genitori e sopratutto da mio padre. Con lui ho conosciuto la fisica, la chimica e mi ha fatto appassionare agli studi di questo tipo. Se i bambini di 4 e 5 anni giocavano con le barbie io preferivo giocare con lui, conoscere cose nuove e divertenti, fare esperimenti e interrogarmi sull'universo. Crescendo ho sviluppato una forte attrazione per le leggi che governano l'universo e per l'universo stesso tanto da considerare riduttivo qualsiasi campo di apprendimento che non prenda in esame la bellezza dell'universo in cui siamo immersi.
Oggi mi sento totalmente in crisi. Da un lato vorrei perseguire studi di astrofisica, dall'altro mi seno perennemente non all'altezza. So essere una persona molto oggettiva, sono studiosa e volenterosa quando voglio, ma non mi sento abbastanza. Mio padre ha sempre nutrito grandi aspettative da me ed ora che frequento la facoltà di medicina ho paura di deluderlo ed ho anche paura di deludere anche per poi scoprire a 40 anni che avrei dovuto inseguire un'altra cosa.
La medicina mi affascina, è logica, è audace, ma non so se sarò mai soddisfatta, eppure quando ho preso questa decisione ero più che convinta! Mi sono interrogata più volte su cosa mi abbia spinto a decidere, da un lato infatti avrei voluto con tutta me stessa staccarmi da mio padre e questo mi ha condizionata moltissimo. E' un bravo padre, rigido e affettuoso al punto giusto, ma mi vuole bene e così anch'io. In quanto allo studio mi sono sempre sentita nettamente inferiore a lui e credevo che scegliendo fisica o ingegneria aerospaziale (in cui sono entrata e da cui sono scappata pochi mesi dopo convinta di non riuscire) mi sarei portata dietro per sempre il dolore di non sentirmi abbastanza, di non essere lui. Mio padre è così intelligente, ma non ha mai avuto occasione di mettere a frutto quest'intelligenza, eppure in una cosa è riuscito, mi ha trasferito una passione, ma secondo me, mi ha anche bloccata. Non so spiegare come o in che modo, ma se sono in questa situazione non può essere certo un caso. Vedo gente che ha capacità minime lanciarsi in facoltà così complesse che mi dico "se loro possono, posso anche io", ma la verità è che alla fine rimango bloccata comunque.
Oggi sono una studentessa di medicina da qualche mese, ma l'ansia non mi lascia. Quando si parla di futuro corro a nascondermi per non piangere, non sono riuscita mai riuscita a parlarne con i miei o con il mio ragazzo a meno di mentire su qualche aspetto. Faccio incubi ricorrenti legati al mio futuro. Sto soffrendo così da due anni ormai e vorrei dare un senso a tutto questo.
Grazie
[#1]
Cara ragazza,
Da quello che ci dice Lei e' in preda ad una idealizzazione di suo padre e delle aspettative che nutre su di lei.
E' comprensibile ed sarebbe anche positivo se questa idealuzzazione La portasse ad impegnarsi in modo fattivo.
Purtroppo invece sembra bloccarla.
Non credo siano gli studi il problema ma il rapporto con Suo padre.
Devo percio' consigliarle di prendere in esame la possibilita' di effettuare una valutazione psicologica per capire se e' opportuna una psicoterapia.
Lasciare stratificare questa dimensione emotiva senza un sostegno mi sembra poco consigliabile.
Che ne pensa?
Da quello che ci dice Lei e' in preda ad una idealizzazione di suo padre e delle aspettative che nutre su di lei.
E' comprensibile ed sarebbe anche positivo se questa idealuzzazione La portasse ad impegnarsi in modo fattivo.
Purtroppo invece sembra bloccarla.
Non credo siano gli studi il problema ma il rapporto con Suo padre.
Devo percio' consigliarle di prendere in esame la possibilita' di effettuare una valutazione psicologica per capire se e' opportuna una psicoterapia.
Lasciare stratificare questa dimensione emotiva senza un sostegno mi sembra poco consigliabile.
Che ne pensa?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#2]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Cara ragazza,
se da un paio di anni vive questa sorta di "crisi esistenziale", anche se circoscritta al rapporto paterno, dovrebbe accogliere la riflessione di iniziare ad ascoltarsi...
Ascoltare i suoi bisogni, le sue emozioni e dare spazio e vita ad una sua "indipendenza" da suo padre... colui che l'ha "iniziata" alla curiosità e alla conoscenza, ma che l'ha anche "bloccata" nel suo "essere", nel suo sentirsi una persona, che è in grado di prendere decisioni e di scegliere autonomamente... soprattutto per la sua vita.
La "dipendenza psicologica" padre-figlio crea disagi ad entrambi, ma certamente il più devastato psichicamente risulta il figlio, che non riesce a separarsi ed individuarsi dal padre costruendosi una propria identità ed una propria vita....
.... usufruire di uno spazio terapeutico, per riuscire ad elaborare la propria dipendenza in modo da evolvere verso una maggiore autonomia, rappresenta il focus della questione, a prescindere dalle indecisioni relative allo studio in senso specifico.
Siamo in ascolto...
Di cuore
se da un paio di anni vive questa sorta di "crisi esistenziale", anche se circoscritta al rapporto paterno, dovrebbe accogliere la riflessione di iniziare ad ascoltarsi...
Ascoltare i suoi bisogni, le sue emozioni e dare spazio e vita ad una sua "indipendenza" da suo padre... colui che l'ha "iniziata" alla curiosità e alla conoscenza, ma che l'ha anche "bloccata" nel suo "essere", nel suo sentirsi una persona, che è in grado di prendere decisioni e di scegliere autonomamente... soprattutto per la sua vita.
La "dipendenza psicologica" padre-figlio crea disagi ad entrambi, ma certamente il più devastato psichicamente risulta il figlio, che non riesce a separarsi ed individuarsi dal padre costruendosi una propria identità ed una propria vita....
.... usufruire di uno spazio terapeutico, per riuscire ad elaborare la propria dipendenza in modo da evolvere verso una maggiore autonomia, rappresenta il focus della questione, a prescindere dalle indecisioni relative allo studio in senso specifico.
Siamo in ascolto...
Di cuore
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 1.6k visite dal 29/11/2014.
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