Non riesco a scegliere se restare con il mio ragazzo

Buonasera a tutti,
sono un uomo e sto con un ragazzo da un anno. Lui ha un tumore. Inizialmente vivevamo nella stessa città. Dopo sette mesi di intensa frequentazione (io stavo da lui i fine settimana ed ogni giorno festivo), per questioni economiche e legate alla sua malattia, è tornato dai suoi, dall'altra parte dell'Italia. Io all'inizio riscontravo dei lati di lui che non mi convincevano. Per esempio, non si è dimostrato sin da subito spiritoso e divertente come avrei voluto. Poi, nel tempo, ho conosciuto anche il lato più ilare e leggero di lui, e non ho più avvertito questa mancanza. Inoltre, sin da subito ho capito che l'attrazione che lui prova per me è maggiore di quella provo io per lui. In questa disparità sul lato sessuale, non aiuta il fatto che a causa della malattia, non ha erezioni piene e ha una zona del corpo marcatamente segnata. Nonostante questo, la vita sessuale con lui mi ha sempre appagato. C'è intesa e passione. A fronte dei lati negativi che vi ho detto, ce ne sono tantissimi positivi (è la più bella persona che io abbia mai conosciuto). Come dicevo, dopo sette mesi avviene l'allontanamento. D'istinto volevo rompere, appresa la notizia dell'imminente distacco, non credendo nelle relazioni a distanza. Ma insieme abbiamo poi deciso di continuare. L'innamoramento era forte e pensavamo che avremmo superato questa fase, dichiarandola come momentanea. Abbiamo fatto le vacanze insieme, e nonostante i primi litigi, anche accesi, è andata bene. Mi sono sentito molto innamorato al mio ritorno. A settembre, accade il peggioramento della sua malattia, e dei segni esteriori di essa (sebbene sostanzialmente sempre localizzati). Ci vediamo un mese fa, ed io ho un crollo. Non riesco a fare l'amore. La vista del suo corpo consumato mi blocca. Glielo ho detto in qualche modo. Lui, disperato, era sul punto di andarsene. Giustamente, a seguito di un'affermazione del genere, i giorni a seguire lui ha preteso chiarimenti ed una mia presa di posizione. Io ho chiesto tempo. Gli ho espresso tutti i dubbi sul nostro rapporto: la lontananza, i miei timori sulla sua malattia, il fatto che io ritenga sempre più impossibile l'obiettivo del riavvicinamento geografico, ma alla fine gli ho detto di voler continuare la relazione. Arriviamo all'ultimo incontro recente (lui mi ha raggiunto nella mia città). Il disastro. Sebbene questa volta il lato sessuale sia andato bene, è stato un continuo da parte sua recreminare su quello che dicessi, facessi o, più spesso, non facessi per lui. Ha mostrato davvero tanta frustrazione. La sera ha avuto attacchi di gastrite. Il giorno dopo, ennesima litigata, seguita da una raffica di parole e, perfino, insulti da parte sua. Io, risentito ed inerme, me ne vado. Pochi giorni dopo l'ho chiamato. Ovviamente, mi sono giustamente preso una raffica di insulti. Il mio problema è che non riesco a decidere se lasciarlo o no. Non voglio più fargli del male, ma voglio essere sicuro della mia scelta. E proprio non riesco.
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Dr.ssa Magda Muscarà Fregonese Psicoterapeuta, Psicologo 3.8k 149
Gentile utente, quando ha cominciato questa relazione, il suo amico era già ammalato ? Se così fosse non si può molto aspettarsi che tutto vada per il meglio, anche se tecnicamente le cose vanno bene, ma le emozioni , le paure, l'angoscia di morte sta lì in un angolo e vi guarda. Si domandi se si sente di lasciarlo andare, ma in modi piu affettivi e gentili . I sentimenti a volte si trasformano, ognuno di noi ha possibilità e risposte diverse, si domandi cosa vuole davvero con il cuore e l'intelligenza..
Restiamo in ascolto

MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it

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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Si prenda un po' di tempo. Lasci parlare il sentimento, la mancanza.
E' da considerare il fatto che Lei non riesca ad amare il corpo del Suo compagno perche' consumato dalla malattia.
Immagino cosa possa avere provato il suo compagno di fronte a questa reazione.
Ma c'e un sentimento fra vou, empatia, sollecitudine?
Prima di tutto si chiarisca questi punti oppure non riuscira' a conprendere le sue indecisioni.
Mi raccomando

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Caro lettore.

non riesce a scegliere, perché diviso tra la realta' di un "amore impossibile" e l'ideale di un amore...

La malattia rappresenta uno degli eventi più devastanti, che si possano sperimentare, perché ci toglie il respiro... Ci priva di quella progettualità che, da sempre, arricchisce il nostro quotidiano.

Ci disorienta e ci rende "impotenti"... Incapaci di fare una scelta.

Provi a mettersi in ascolto non solo dei suoi bisogni, ma anche del turbinio, che devasta il cuore e la mente del suo compagno... la sua sofferenza e la sua resa lo inducono a lasciarla andare!

Si dia tempo... Quel tempo debito in grado di renderci responsabili.



Di cuore, serenità e luce.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Genrile Ragazza,
Come già detto dalle Colleghe, è un amore doloroso, difficile e faticoso.

Ma si chieda se è amore?

Quando si ama- se pur nella sofferenza- si sceglie di accompagnare il proprio compagno di vita durante le fasi più buie della sua esistenza.

La fisicità,immagino impossibile se non complessa, potrebbe anche non esserci in questa fase,...

Il problema - a mio, avviso- è un altro: la morte.

Dal tumore, come sappiamo, è difficile sopravvivere, si va incontro a perenni recidive, chemio, trattamenti infausti.....e forse lei - nessuno può sindacare il suo sentire- non si sente di accompagnarlo alla morte.

Si faccia aiutare, effettui qualche colloquio psicologico per fare chiarezza: la malattia e la morte del suo ragazzo, evoca le sue paure più recondite .....

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

[#5]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Buongiorno a tutti
grazie per le risposte. Ne traggo che dovrei prendermi del tempo per leggermi dentro.
Rispondo alle domande che mi sono state fatte, sperando di ottenere maggiori input da voi. Si era già malato quando ci siamo conosciuti, e me lo ha detto a distanza di un mese (forse meno). Lui mi disse che i medici gli avevano prospettato una remissione, a fronte di un anno di cure. Io mi feci forte di questo, all'inizio. Peccato che è avvenuto tutto il contrario. c'è stato un forte peggioramente, e so che nell'ultima visita gli sono state date brutte notizie (potrebbe trattarsi di un interessamento anche di zone nuove del corpo). E' un tumore raro, non localizzato.

C'e decisamente un sentimento fra di noi: lui è più innamorato, attualmente. Io nel tempo, di fronte a questa valanga di problemi, ritengo di essermi frenato, quasi a difesa di me stesso.
C'è empatia? Lui è più empatico di me, lo ammetto. Immagino la sua sofferenza, ma non riesco ad immedesimarmi fino in fondo. Poi, tutto sommato, non ha un aspetto apparente da malato, quindi, erroneamente non riesco più di tanto a vederlo malato.
C'è sollecitudine? Se si intende, pressione verso una definizione delle cose fra di noi. Lui mi ha già detto che non è in attesa della mia risposta (in sostanza considere il rapporto chiuso), ma io gli ho detto, perchè lo ritengo giusto, che gli comunicherò a breve la mia decisione (motivata).
Quindi avverto pressione, per la promessa che gli ho fatto.
Non riesco a rispondere a questa domanda: è amore?
[#6]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
e soprattiutto, è suffiicente che sia "amore" per continuare?
[#7]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Lei dovrebbe provare a soffermarsi sui bisogni che ha adesso, non sul "nome" da dare ad un sentimento.

Non è facile, perché nascono sensi di colpa e si scatenano dinamiche diverse, in riferimento proprio a ciò che si prova e a ciò che si dovrebbe fare.

Lei sembra già vivere, anticipatamente, la fase del "lutto di progettualità": disorientamento e vuoto... sensazioni ed emozioni troppo coinvolgenti e dolorose, affinché possano essere accolte ...

Un nostro collega de visu potrebbe "accompagnarla" in questa decisione dolorosa e percorso emotivamente disorientante...

Rimaniamo in ascolto.


Di cuore
[#8]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Grazie per la risposta. Cosa intende per "lutto di progettualità"?

Grazie nuovamente,

[#9]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
"e soprattiutto, è suffiicente che sia "amore" per continuare?"


Senza amore è ancora più dura, la pena, la pietà, l'empatia...non bastano e non servono....

Nessuno pio sindacare la sua scelta, qualunque essa sia, è difficile vivere una relazione senza futuro.
[#10]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Senza futuro certo, intende? Non è detto che ci lasci.
[#11]
Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Mi riferivo alla paura della morte che vi cammina a fianco.
[#12]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
La paura della morte di certe c'è. In me è presente, come la frustrazione di non potere vivere un rapporto pieno, sia a causa della distanza, ma soprattuto a causa della malattia, che non gli permette di lavorare, di tornare nella mia città. Eppure, se non ci fosse la malattia, potremmo vivere insieme, felicemente, nella stessa città. Io provo un sentimento forte.
[#13]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Se tornassi da lui, è perchè ritornerebbe in me anche la convinzione che lui guarirà. Al contrario, non riuscirei invece a ritornare, consapevole di starlo accompagnando verso la fine. Non riuscirei a negarmi la progettualità. Io nella relazione cerco un progetto di vita duraturo e fondato su basi stabili, almeno potenzialmente.
[#14]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Comprensibile...

Nessuno le toglie la facoltà di un progetto di vita futuro, eventualmente, con un'altra persona.

Anche l'accompagnamento alla morte può rappresentare un "progetto di vita"... per quella vita di quel momento e di quella persona.

Rifletterei sulla "fuga" dalla morte... un tema importante, in cui si rifugge ogni tipo di responsabilità e di vita... ovviamente!


Rimaniamo in ascolto,


Un caro saluto
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Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Grazie, dott.ssa Albano, per la risposta. Vuole dire che se lo lasciassi, starei fuggendo dalle mie responsabilità?
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Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo

Non abbia paura di "accompagnarlo" in questo processo di vita.. se sente il bisogno!


Il nostro rapporto con la morte, solitamente, sia a livello personale che sociale, è segnato dal tentativo, più o meno cosciente, di rimuoverla.

Il nostro inconscio non accetta l’idea di dover morire. L’idea della morte mobilita un’insopportabile angoscia dalla quale abbiamo, comunque, imparato a difenderci.

La negazione è un importante meccanismo di difesa del nostro Io che, disturbato dalla consapevolezza di una certa realtà, cerca inconsciamente di dimenticarla e di bloccare così la tensione emotiva, particolare modo l’angoscia.

A volte nella malattia grave, strettamente collegata alla morte, si arriva a negare, in buona fede, le informazioni ricevute.

Nella malattia c’è un rapporto tra quattro parti: l’operatore sanitario, il malato, i familiari ed una latente (la morte) sovente rimossa... capace di influire sulle relazioni e di promuovere comportamenti spesso strani ed incomprensibili.

Anche il non accorgersi del malato morente, renderlo come in-visibile nel nostro contesto sociale, è un tentativo del nostro inconscio di negare la morte e di tenere a distanza una grande sofferenza ed una grande paura.

Questo ed altro...


Per riflettere.......

Un caro saluto
[#17]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Grazie. Ho afferrato il concetto. Benchè affascinante, non mi aiuta molto. Mi pare che da una parte ci siano i miei bisogni, frustrati dai limiti dati dalla condizione in cui lui so trova, dall'altra c'è il mio amore. E una via di uscita è tornare da lui, sposando la convinzione che un giorno guarisca. Un'altra è, invece, andare via.
Un'altra ancora è tornare da lui, senza aspettative, se non quelle di vivere il momento, e guardando con onestà al futuro e alla sua incertezza. Se tornassi, vorrei che fosse in via definitiva, senza guardare indietro o pensare alla fuga. Analizzando il passato con lui, mi rendo conto che un mio modo di gestione della paura, è spesso stato quello di pensare che potevo uscire dalla storia in qualsiai momento, se l'avessi voluto. Non voglio ritornare da lui, con ancora queste dinamiche mentali attive nella mia testa. Non ci trovo un senso e, tra l'altro, non è corretto nei suoi riguardi.
[#18]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo attivo dal 2014 al 2015
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Voleva essere solo un momento di riflessione.

Solo lei può decidere, realmente, cosa fare... non possiamo dirglielo noi...

Il messaggio è di fare una scelta consapevole e solo attraverso un confronto de visu può accadere:in una relazione di intesa, che ci permetta di elaborare il nostro vissuto.


Di cuore,
le auguro luce in questo momento di buio.

[#19]
Attivo dal 2014 al 2014
Ex utente
Grazie
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
"E una via di uscita è tornare da lui, sposando la convinzione che un giorno guarisca. Un'altra è, invece, andare via."


Sono entrambe scelte estreme....
Sa bene che non guarirà e non può adoperare questo alibi per tornare da lui, prima o poi crollerà lei e crollerete voi.

Si faccia aiutare, lei ha bisogno di leggeresi dentro, a prescindere dalla decisone che prenderà

Un caro augurio.