quale orientamento psicoterapico più adatto al mio caso?
Gentili medici,
vi espongo la mia situazione:
anni fa, mentre ero a casa intento a studiare una materia (universitaria), mi è successo questo:
piccola premessa:
pochi giorni prima avevo avuto alcune discussioni con degli amici,dalle quali ritenevo di esserne uscito "sconfitto". In pratica,mi sono reso conto, "tutto d'un tratto", che non riuscivo a imporre adeguatamente il mio pensiero, tendendo (nelle discussioni) più a dare ragione all'altro che a difendere le mie ragioni.
Ebbene, mentre ero intento a studiare, avevo continuamente questi pensieri:
"sei stato debole in quelle discussioni"...fra pochi giorni dovrai ri-incontrarli per un "approfondimento" delle questioni: riuscirai stavolta a essere più incisivo? O, ancora una volta, tenderai più a dare ragione all'altro che a difendere te stesso... uscendone nuovamente "sconfitto"..?
Adesso veniamo al punto: mentre leggevo, come detto, facevo tutti questi pensieri;
finita la lettura, ho iniziato la mia solita attività di esposizione orale, ma, per la prima volta nella mia vita, non riuscivo a ripetere, nel senso che i discorsi non filavano, l'esposizione era confusa, non ricordavo bene i vari passaggi.Insomma, ho vissuto un blocco nello studio..cosa che non mi era mai successa.
Da quel momento in poi, non sono riuscito più a studiare come una volta.
Prima di quell'evento, infatti, mi approcciavo allo studio in maniera tranquilla, leggevo e ripetevo con scioltezza.
Dopo quell'evento, tutte le volte che dovevo iniziare a studiare, avevo paura di bloccarmi, avevo paura che un pensiero potesse nuovamente bloccare la mia attivtà di studio, avevo paura di non riuscire a comprendere mentre leggevo, o non riuscire a ripetere, pur avendo compreso durante la lettura.
Allora, per tentare di risolvere questa situazione, mi sono imposto fare un "giro dei pensieri preoccupanti", in modo da risolverli e poter tornare a stud a mente serena.Ma questa mia "tecnica" non ha fatto altro che far aumentare i pensieri "preoccupanti" e, con sè, anche la paura di bloccarmi nello studio, o che un pensiero avesse potuto bloccarmi nello studio (così come era successo la prima volta).
Questo stato di preoccupazione aumentava sempre più, fino a provocarmi alcuni episodi di depersonalizzazione, che, a loro volta, hanno acuito ancora di più la paura di non riuscire a stud.
Ho pensato allora che fosse sbagliato fare "questo giro di pensieri" al fine di riuscire a stud e mi sono imposto di mettermi a studiare senza pensare più a nulla. In tal modo ho allentato abbastanza la tensione e, sebbene con ritardo, sono riuscito a laurearmi.
Tuttavia,sento di non aver chiuso definitivamente con questa situaz(pur avendo fatto grossi passi avanti) e così ho deciso di rivolgermi ad uno psicoterapeuta, riuscendo a trovare nella mia città soltanto un "sistemico-relazionale".Questo approccio va bene per il mio problema?
Oppure per i problemi d'ansia (credo sia il mio) il più indicato sia il cognitivo-comportamentale? Voglio risolvere!
vi espongo la mia situazione:
anni fa, mentre ero a casa intento a studiare una materia (universitaria), mi è successo questo:
piccola premessa:
pochi giorni prima avevo avuto alcune discussioni con degli amici,dalle quali ritenevo di esserne uscito "sconfitto". In pratica,mi sono reso conto, "tutto d'un tratto", che non riuscivo a imporre adeguatamente il mio pensiero, tendendo (nelle discussioni) più a dare ragione all'altro che a difendere le mie ragioni.
Ebbene, mentre ero intento a studiare, avevo continuamente questi pensieri:
"sei stato debole in quelle discussioni"...fra pochi giorni dovrai ri-incontrarli per un "approfondimento" delle questioni: riuscirai stavolta a essere più incisivo? O, ancora una volta, tenderai più a dare ragione all'altro che a difendere te stesso... uscendone nuovamente "sconfitto"..?
Adesso veniamo al punto: mentre leggevo, come detto, facevo tutti questi pensieri;
finita la lettura, ho iniziato la mia solita attività di esposizione orale, ma, per la prima volta nella mia vita, non riuscivo a ripetere, nel senso che i discorsi non filavano, l'esposizione era confusa, non ricordavo bene i vari passaggi.Insomma, ho vissuto un blocco nello studio..cosa che non mi era mai successa.
Da quel momento in poi, non sono riuscito più a studiare come una volta.
Prima di quell'evento, infatti, mi approcciavo allo studio in maniera tranquilla, leggevo e ripetevo con scioltezza.
Dopo quell'evento, tutte le volte che dovevo iniziare a studiare, avevo paura di bloccarmi, avevo paura che un pensiero potesse nuovamente bloccare la mia attivtà di studio, avevo paura di non riuscire a comprendere mentre leggevo, o non riuscire a ripetere, pur avendo compreso durante la lettura.
Allora, per tentare di risolvere questa situazione, mi sono imposto fare un "giro dei pensieri preoccupanti", in modo da risolverli e poter tornare a stud a mente serena.Ma questa mia "tecnica" non ha fatto altro che far aumentare i pensieri "preoccupanti" e, con sè, anche la paura di bloccarmi nello studio, o che un pensiero avesse potuto bloccarmi nello studio (così come era successo la prima volta).
Questo stato di preoccupazione aumentava sempre più, fino a provocarmi alcuni episodi di depersonalizzazione, che, a loro volta, hanno acuito ancora di più la paura di non riuscire a stud.
Ho pensato allora che fosse sbagliato fare "questo giro di pensieri" al fine di riuscire a stud e mi sono imposto di mettermi a studiare senza pensare più a nulla. In tal modo ho allentato abbastanza la tensione e, sebbene con ritardo, sono riuscito a laurearmi.
Tuttavia,sento di non aver chiuso definitivamente con questa situaz(pur avendo fatto grossi passi avanti) e così ho deciso di rivolgermi ad uno psicoterapeuta, riuscendo a trovare nella mia città soltanto un "sistemico-relazionale".Questo approccio va bene per il mio problema?
Oppure per i problemi d'ansia (credo sia il mio) il più indicato sia il cognitivo-comportamentale? Voglio risolvere!
[#1]
Gentile Utente,
l'approccio sistemico va più che bene per il suo problema,( che sembrerebbe appunto di natura ansiosa) così come altri, ad esempio quello cognitivo comportamentale e breve strategico .
Legga questa mini guida con informazioni sui vari approcci
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Cordialità
l'approccio sistemico va più che bene per il suo problema,( che sembrerebbe appunto di natura ansiosa) così come altri, ad esempio quello cognitivo comportamentale e breve strategico .
Legga questa mini guida con informazioni sui vari approcci
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Cordialità
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#2]
Ex utente
grazie per la risposta.
avevo letto già la guida sui vari approcci, nonchè tantissime informazioni in rete.
Mi è sembrato di aver capito che per un problema ansioso (come, credo, sia il mio), l'approccio più efficace sia il cognitivo-comportamentale, piuttosto che il sistemico relazionale.
Poichè vorrei risolvere efficacemente il mio problema e soprattutto senza dover spendere un patrimonio (che non ho), vorrei indirizzarmi subito verso l'approccio più indicato..
Al momento sono giunto alla quarta sedute di psicoterapia "sistemico-relazionale". Mi sono stati spiegati alcuni atteggiamenti di base che tengo quando mi confornto con qualcuno e anche quale debba essere,invece, l'atteggiamento giusto da tenere.
Però sul trattamento specifico dell'ansia, mi è stato detto poco. Infatti, le preoccupazioni che mi vengono quando studio o devo applicarmi, ci sono ancora! (adesso, nel mondo del lavoro, ho momenti di disattenzione, dimenticanze, senso di confusione..non sempre, ma in alcuni momenti si)
Per queste ragioni, ho paura che l'approccio sistemico-relazionale non sia (per il mio caso) il più indicato.
So,infatti, che, quando l'approccio è quello giusto, i cambiamenti si notano presto.
Io, dopo aver fatto già 4 sedute, non ho notato chissacchè.
Alla mia situazione, già ampiamente descritta, vorrei aggiungere (qualora possa essere utile per l'individuazione dell'approccio più utile per il mio caso) che sto notando problemi anche "nel mondo del lavoro" (dopo aver chiuso, accompagnato da tutte quelle fatiche, l'università): scarsa attenzione, facili dimenticanze, senso di confusione, ecc...
Inoltre, di tanto in tanto compio "rituali", del tipo girare il cuscino prima di alzarmi dal letto, mettere lo stesso numero di cucchiaiate di zucchero nel caffè, paura che se compio qualche azione o penso qualcosa, da ciò possa poi innescarsi un meccanismo negativo su qualcuno a me caro..pur non essendoci alcun legame tra l'oggetto del mio pensiero e quello che possa succedere a un mio caro..insomma non ho assolutamente il pensiero di fare io del male a qualcuno, ma ho paura che un mio pensiero di qualunque tipo, possa poi innescare accadimenti spiacevoli agli altri.
Anche alla luce di questi ulteriori aspetti descritti, vorrei che mi consigliaste il miglior (o più efficace) trattamento/approccio.
avevo letto già la guida sui vari approcci, nonchè tantissime informazioni in rete.
Mi è sembrato di aver capito che per un problema ansioso (come, credo, sia il mio), l'approccio più efficace sia il cognitivo-comportamentale, piuttosto che il sistemico relazionale.
Poichè vorrei risolvere efficacemente il mio problema e soprattutto senza dover spendere un patrimonio (che non ho), vorrei indirizzarmi subito verso l'approccio più indicato..
Al momento sono giunto alla quarta sedute di psicoterapia "sistemico-relazionale". Mi sono stati spiegati alcuni atteggiamenti di base che tengo quando mi confornto con qualcuno e anche quale debba essere,invece, l'atteggiamento giusto da tenere.
Però sul trattamento specifico dell'ansia, mi è stato detto poco. Infatti, le preoccupazioni che mi vengono quando studio o devo applicarmi, ci sono ancora! (adesso, nel mondo del lavoro, ho momenti di disattenzione, dimenticanze, senso di confusione..non sempre, ma in alcuni momenti si)
Per queste ragioni, ho paura che l'approccio sistemico-relazionale non sia (per il mio caso) il più indicato.
So,infatti, che, quando l'approccio è quello giusto, i cambiamenti si notano presto.
Io, dopo aver fatto già 4 sedute, non ho notato chissacchè.
Alla mia situazione, già ampiamente descritta, vorrei aggiungere (qualora possa essere utile per l'individuazione dell'approccio più utile per il mio caso) che sto notando problemi anche "nel mondo del lavoro" (dopo aver chiuso, accompagnato da tutte quelle fatiche, l'università): scarsa attenzione, facili dimenticanze, senso di confusione, ecc...
Inoltre, di tanto in tanto compio "rituali", del tipo girare il cuscino prima di alzarmi dal letto, mettere lo stesso numero di cucchiaiate di zucchero nel caffè, paura che se compio qualche azione o penso qualcosa, da ciò possa poi innescarsi un meccanismo negativo su qualcuno a me caro..pur non essendoci alcun legame tra l'oggetto del mio pensiero e quello che possa succedere a un mio caro..insomma non ho assolutamente il pensiero di fare io del male a qualcuno, ma ho paura che un mio pensiero di qualunque tipo, possa poi innescare accadimenti spiacevoli agli altri.
Anche alla luce di questi ulteriori aspetti descritti, vorrei che mi consigliaste il miglior (o più efficace) trattamento/approccio.
[#3]
Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo
Gentile utente,
dal mio punto di vista non esisterebbe un approccio che sia meglio di un altro, ossia che da solo sia l'assoluto, anche se alcuni disagi possono ottenere più soddisfacimento con una certa psicoterapia che con un'altra.
Tutti sono importanti e tutti in qualche modo ci arricchiscono!!
.... credo (è una mia personale opinione) che la cosa più costruttiva sia poter avere la conoscenza di due approcci un po' distinti, per avere la possibilità di utilizzare strumenti più appropriati ed una ricchezza interiore maggiore.
Oltretutto è fondamentale il ruolo del terapeuta e la sua capacità di "guidare" il suo cliente, oltre alla realizzazione di una buona "alleanza terapeutica".
Se ritiene di essere propenso per una terapia cognitivo-comportamentale (che si focalizza sul sintomo e non sulla causa ed è per questo che ha durata di tempo breve), può seguire questo suo bisogno...
Un giorno, chissà..." riordinato" questi disagi che, sembrano ostacolarle il quotidiano, potrà decidere anche di intraprendere un percorso più profondo e focalizzarsi sulle cause e su tutte le emozioni, da cui si troverà "investito"...
Un caro saluto.
dal mio punto di vista non esisterebbe un approccio che sia meglio di un altro, ossia che da solo sia l'assoluto, anche se alcuni disagi possono ottenere più soddisfacimento con una certa psicoterapia che con un'altra.
Tutti sono importanti e tutti in qualche modo ci arricchiscono!!
.... credo (è una mia personale opinione) che la cosa più costruttiva sia poter avere la conoscenza di due approcci un po' distinti, per avere la possibilità di utilizzare strumenti più appropriati ed una ricchezza interiore maggiore.
Oltretutto è fondamentale il ruolo del terapeuta e la sua capacità di "guidare" il suo cliente, oltre alla realizzazione di una buona "alleanza terapeutica".
Se ritiene di essere propenso per una terapia cognitivo-comportamentale (che si focalizza sul sintomo e non sulla causa ed è per questo che ha durata di tempo breve), può seguire questo suo bisogno...
Un giorno, chissà..." riordinato" questi disagi che, sembrano ostacolarle il quotidiano, potrà decidere anche di intraprendere un percorso più profondo e focalizzarsi sulle cause e su tutte le emozioni, da cui si troverà "investito"...
Un caro saluto.
[#5]
Gentile Utente,
Legga il link della Collega, troverà ben spiegato cosa fare e cosa scegliere
Non esiste un orientamento migliore dell'altro, esiste un clinico più bravo, più formato, più a pratico, simpatico, accogliente, un'alleanza terapeutica più o meno forte .........
Un professionista più adatto alla sua struttura di personalità, ai suoi meccanismi di difesa, alle sue paure, resistenze e così via .......non alla sua sintomatologia
Scelga soltanto dopo qualche colloquio preliminare, luogo simbolico dove valuterà il suo sentire.
Solo allora potrà decidere, non a scatola chiusa.
Legga il link della Collega, troverà ben spiegato cosa fare e cosa scegliere
Non esiste un orientamento migliore dell'altro, esiste un clinico più bravo, più formato, più a pratico, simpatico, accogliente, un'alleanza terapeutica più o meno forte .........
Un professionista più adatto alla sua struttura di personalità, ai suoi meccanismi di difesa, alle sue paure, resistenze e così via .......non alla sua sintomatologia
Scelga soltanto dopo qualche colloquio preliminare, luogo simbolico dove valuterà il suo sentire.
Solo allora potrà decidere, non a scatola chiusa.
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
[#6]
Gentile Utente,
per prima cosa Le suggerisco di chiedere direttamente al curante ciò di cui ha bisogno e che cosa Le serve, ovvero COME FARE.
Soltanto se chiederà al terapeuta in maniera molto aperta e diretta tutto ciò che Le serve, potrà utilizzare al meglio la terapia e a Suo vantaggio. Quindi va bene chiedere un secondo parere qui, ma per usare bene la psicoterapia la prima raccomandazione è quella di essere molto aperti con il terapeuta.
Quanto al dubbio che Lei solleva e cioè "Quindi la TCC si occuperebbe solo di eliminare il sintomo dell' ansia, lasciando intatte le cause che la generano? scusate, ma allora a che serve?"
questa informazione non è corretta, perchè la TCC non si occupa solo di trattare il sintomo. Nei disturbi d'ansia, ad esempio, se si lavorasse solo sul sintomo, il pz. starebbe decisamente peggio, perchè il sintomo verrebbe amplificato...
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1633-asportazione-chirurgica-dello-stato-ansioso.html
Invece in TCC si lavora sulle credenze disfunzionali che stanno alla base del problema e che mantengono in piedi il sintomo e tutte le strategie disfunzionali attraverso le quali il pz. tenta di gestire il problema.
Poichè questo pregiudizio (cioè che la TCC lavorerebbe solo sul sintomo) non solo è decisamente falso, ma purtoppo molto diffuso, avevo scritto questo post già tempo fa: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html
Lei fa benissimo a mio avviso a cercare un trattamento più "breve", in quanto nel valutare una psicoterapia non ci si riferisce solo all'efficacia (cioè la risoluzione del problema che ha portato il pz. in terapia), ma anche all'efficienza (cioè la soluzione con il minor dispendio in energie e tempo).
Cordiali saluti,
per prima cosa Le suggerisco di chiedere direttamente al curante ciò di cui ha bisogno e che cosa Le serve, ovvero COME FARE.
Soltanto se chiederà al terapeuta in maniera molto aperta e diretta tutto ciò che Le serve, potrà utilizzare al meglio la terapia e a Suo vantaggio. Quindi va bene chiedere un secondo parere qui, ma per usare bene la psicoterapia la prima raccomandazione è quella di essere molto aperti con il terapeuta.
Quanto al dubbio che Lei solleva e cioè "Quindi la TCC si occuperebbe solo di eliminare il sintomo dell' ansia, lasciando intatte le cause che la generano? scusate, ma allora a che serve?"
questa informazione non è corretta, perchè la TCC non si occupa solo di trattare il sintomo. Nei disturbi d'ansia, ad esempio, se si lavorasse solo sul sintomo, il pz. starebbe decisamente peggio, perchè il sintomo verrebbe amplificato...
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1633-asportazione-chirurgica-dello-stato-ansioso.html
Invece in TCC si lavora sulle credenze disfunzionali che stanno alla base del problema e che mantengono in piedi il sintomo e tutte le strategie disfunzionali attraverso le quali il pz. tenta di gestire il problema.
Poichè questo pregiudizio (cioè che la TCC lavorerebbe solo sul sintomo) non solo è decisamente falso, ma purtoppo molto diffuso, avevo scritto questo post già tempo fa: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html
Lei fa benissimo a mio avviso a cercare un trattamento più "breve", in quanto nel valutare una psicoterapia non ci si riferisce solo all'efficacia (cioè la risoluzione del problema che ha portato il pz. in terapia), ma anche all'efficienza (cioè la soluzione con il minor dispendio in energie e tempo).
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#8]
Gentile Utente,
perdoni la franchezza ma Lei la sta facendo più lunga del dovuto! :-)
Tutte queste domande e anche la Sua osservazione "Per queste ragioni, ho paura che l'approccio sistemico-relazionale non sia (per il mio caso) il più indicato.
So,infatti, che, quando l'approccio è quello giusto, i cambiamenti si notano presto.
Io, dopo aver fatto già 4 sedute, non ho notato chissacchè." a mio avviso tradiscono un po' d'ansia, perchè sento il Suo timore di non stare bene con la terapia che sta facendo.
Io sono d'accordo con quanto espresso dalla Collega dott.ssa Rinella sull'efficacia della terapia sistemica. Se però Lei ha le perplessità e i timori che ha espresso qui e teme di non aver giovamento, ne parli subito in terapia nella prossima seduta.
Perchè il problema a me sembra un problema d'ansia che si esprime anche attraverso queste domande.
La cosa più sensata da fare è tornare dal dottore e dire che cosa non va, esattamente come farebbe con un medico se Le avesse prescritto un farmaco che con Lei non funziona. Inutile cercare opinioni su altri farmaci, ma tornare da quel dottore che già La conosce e che ha posto una diagnosi.
Cordiali saluti,
perdoni la franchezza ma Lei la sta facendo più lunga del dovuto! :-)
Tutte queste domande e anche la Sua osservazione "Per queste ragioni, ho paura che l'approccio sistemico-relazionale non sia (per il mio caso) il più indicato.
So,infatti, che, quando l'approccio è quello giusto, i cambiamenti si notano presto.
Io, dopo aver fatto già 4 sedute, non ho notato chissacchè." a mio avviso tradiscono un po' d'ansia, perchè sento il Suo timore di non stare bene con la terapia che sta facendo.
Io sono d'accordo con quanto espresso dalla Collega dott.ssa Rinella sull'efficacia della terapia sistemica. Se però Lei ha le perplessità e i timori che ha espresso qui e teme di non aver giovamento, ne parli subito in terapia nella prossima seduta.
Perchè il problema a me sembra un problema d'ansia che si esprime anche attraverso queste domande.
La cosa più sensata da fare è tornare dal dottore e dire che cosa non va, esattamente come farebbe con un medico se Le avesse prescritto un farmaco che con Lei non funziona. Inutile cercare opinioni su altri farmaci, ma tornare da quel dottore che già La conosce e che ha posto una diagnosi.
Cordiali saluti,
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 1.6k visite dal 05/11/2014.
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