So bene che i tempi di quella che scientificamente chiamano elaborazione del lutto sono molto
gentili medici, mi sono deciso anche se con difficoltà a descrivervi i miei problemi che mi trovo sostanzialmente da solo ad affrontare; approfitto di una giornata di maggiore lucidità e mi scuserete se sono costretto ad essere piuttosto dettagliato e crudo perchè ho l'impressione che tutto sia legato a fatti ben specifici.
Ho 51 anni, vivo con mia moglie, una situazione di lavoro nell'informatica non certo coinvolgente, a volte insignificante, una vita sociale saltuaria e parenti che vivono lontano. Meno di quattro mesi fa sono andato a trovare mia madre che viveva a 500 metri da casa mia e l'ho trovata morta, tra l'altro nell'atto (per me traumatizzante) di tentare di telefonare, evidentemente per chiedere aiuto. So bene che i tempi di quella che scientificamente chiamano elaborazione del lutto sono molto lunghi (tra l'altro ho perso mio padre - anch'egli morto improvvisamente - quando avevo 24 anni) ma la mia preoccupazione è anche quella di non far pesare il mio stato su mia moglie che, affetta da sclerosi multipla, ha bisogno soprattutto di serenità ed invece è già occupata con i gravi problemi di salute di sua madre dopo aver subito due anni fa la perdita del padre dopo lunga malattia.
I primi 2/3 mesi dopo la scomparsa trascorrono per me come immaginabile, perdendo peso ma riuscendo a dormire abbastanza, con la sempre maggiore presa di coscienza della perdita e del fatto che occuparmi delle necessità di mia madre e dei suoi problemi di salute di tutti i generi rappresentava qualcosa che dava valore alla mia esistenza, anche se a volte poteva risultarmi pesante. Avevo però l'impressione di avere in una parte del mio cervello la ripetizione continua ossessionante della brevissima scena del ritrovamento di mia madre morta. E contemporaneamente il rimorso per essermi assentato nei giorni precedenti la morte senza aver potuto quindi rendermi conto di persona di certi sintomi che si erano manifestati appena dopo la mia partenza. Vorrei spiegare che questo breve periodo di riposo, vista la situazione di mia moglie era programmato da tempo in quanto necessitava di una certa organizzazione. Mi convinse ad effettuarlo nonostante una certa mia preoccupazione dicendo che comunque mia madre aveva sempre avuto problemi di salute ed io ne ero sempre stato ossessionato e con questa logica non avremmo mai potuto fare niente; non so se darle ragione, alla luce dei fatti successivi, ma non ho comunque sviluppato un vero rancore nei suoi confronti perchè so che a causa della sua malattia, che rischia di portarla sulla sedia a rotelle, ha sviluppato un'autodifesa fatta anche di un pò di egoismo, ed in ogni caso lei è rimasta il mio unico punto di riferimento. Vedo che ho scritto molto e non sono ancora arrivato al punto: in corrispondenza delle ferie estive ho cominciato a sviluppare delle forme di preoccupazione in forma ossessiva relativa alle circostanze della morte di mia madre. Il fatto di non sapere la causa esatta della morte (aveva episodi sporadici di angina e di conseguenza la causa della morte è stata quasi sicuramente un problema cardiologico), non essendomi sentito al momento - e sotto shock - di richiedere un'autopsia, ha cominciato ad occupare progressivamente i miei pensieri fino ad avere necessità di calmarmi assumendo con del Lexotan. Improvvisamente alcuni giorni fa ho avuto un flash: mi sono immaginato o ricordato che la sera prima della morte, mia madre potrebbe avermi chiesto di praticarle una iniezione di Kenacort 40 per alleviare i dolori alle ossa (peraltro già fatta in passato e prescritta dal medico ma da usare con moderazione) che potendo come effetto secondario far aumentare la pressione avrebbe causato l'infarto o l'ictus; di quella sera ricordo con precisione solo di averle controllato la pressione trovandola peraltro bassa. Comunque credo di aver avuto qualcosa di simile ad un attacco di panico (ma non saprei, non ne ho mai avuti prima) ossessionato dal pensiero che mai avrei potuto sapere se questo fatto era avvenuto davvero e se avrebbe potuto avere quell'effetto. L'impossibilità di darmi una risposta mi ha fatto uscire in parte da questo stato ma in seguito mi sono ricordato di certi particolari di respirazione, di tremore delle mani, che avevo notato in circostanze diverse su mia madre e che forse erano sintomi ai quali non avevo dato l'importanza dovuta, allertando magari subito il medico. Ma non so spiegare come questi ricordi si propongono a volte come se effettivamente fossi vicino ad avere la possibilità di cambiare le cose già avvenute. Tutte queste ossessioni vanno a sostituire le precedenti, che rimangono però come in uno stato soggiacente, ed ho paura che possano rifarsi vive. Si aggiungono poi altri dubbi su come avevo gestito la vita di mia madre. Con tutto questo cerco di ignorare l'esistenza della casa vuota, rimasta più o meno come l'ha lasciata. Quando riesco a metter da parte - forse per stanchezza - queste cose passo ad uno stato di disinteresse totale anche per il resto. Non ne parliamo di riprendere i miei interessi abituali. Il mio unico fine del la giornata è quello di arrivare alla sera per dormire.
Non pretendo di non soffrire, ma sento la morte di mia madre come una punizione per aver trascurato negli ultimi tempi qualcosa che la riguardava; vorrei solo un parere sulla necessità di un supporto psicologico (o psichiatrico?) o se forse il lutto è troppo recente per intervenire. Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere tutto quanto, ma mi sembrava indispensabile descrivere la situazione dettagliatamente piuttosto che genericamente.
Ho 51 anni, vivo con mia moglie, una situazione di lavoro nell'informatica non certo coinvolgente, a volte insignificante, una vita sociale saltuaria e parenti che vivono lontano. Meno di quattro mesi fa sono andato a trovare mia madre che viveva a 500 metri da casa mia e l'ho trovata morta, tra l'altro nell'atto (per me traumatizzante) di tentare di telefonare, evidentemente per chiedere aiuto. So bene che i tempi di quella che scientificamente chiamano elaborazione del lutto sono molto lunghi (tra l'altro ho perso mio padre - anch'egli morto improvvisamente - quando avevo 24 anni) ma la mia preoccupazione è anche quella di non far pesare il mio stato su mia moglie che, affetta da sclerosi multipla, ha bisogno soprattutto di serenità ed invece è già occupata con i gravi problemi di salute di sua madre dopo aver subito due anni fa la perdita del padre dopo lunga malattia.
I primi 2/3 mesi dopo la scomparsa trascorrono per me come immaginabile, perdendo peso ma riuscendo a dormire abbastanza, con la sempre maggiore presa di coscienza della perdita e del fatto che occuparmi delle necessità di mia madre e dei suoi problemi di salute di tutti i generi rappresentava qualcosa che dava valore alla mia esistenza, anche se a volte poteva risultarmi pesante. Avevo però l'impressione di avere in una parte del mio cervello la ripetizione continua ossessionante della brevissima scena del ritrovamento di mia madre morta. E contemporaneamente il rimorso per essermi assentato nei giorni precedenti la morte senza aver potuto quindi rendermi conto di persona di certi sintomi che si erano manifestati appena dopo la mia partenza. Vorrei spiegare che questo breve periodo di riposo, vista la situazione di mia moglie era programmato da tempo in quanto necessitava di una certa organizzazione. Mi convinse ad effettuarlo nonostante una certa mia preoccupazione dicendo che comunque mia madre aveva sempre avuto problemi di salute ed io ne ero sempre stato ossessionato e con questa logica non avremmo mai potuto fare niente; non so se darle ragione, alla luce dei fatti successivi, ma non ho comunque sviluppato un vero rancore nei suoi confronti perchè so che a causa della sua malattia, che rischia di portarla sulla sedia a rotelle, ha sviluppato un'autodifesa fatta anche di un pò di egoismo, ed in ogni caso lei è rimasta il mio unico punto di riferimento. Vedo che ho scritto molto e non sono ancora arrivato al punto: in corrispondenza delle ferie estive ho cominciato a sviluppare delle forme di preoccupazione in forma ossessiva relativa alle circostanze della morte di mia madre. Il fatto di non sapere la causa esatta della morte (aveva episodi sporadici di angina e di conseguenza la causa della morte è stata quasi sicuramente un problema cardiologico), non essendomi sentito al momento - e sotto shock - di richiedere un'autopsia, ha cominciato ad occupare progressivamente i miei pensieri fino ad avere necessità di calmarmi assumendo con del Lexotan. Improvvisamente alcuni giorni fa ho avuto un flash: mi sono immaginato o ricordato che la sera prima della morte, mia madre potrebbe avermi chiesto di praticarle una iniezione di Kenacort 40 per alleviare i dolori alle ossa (peraltro già fatta in passato e prescritta dal medico ma da usare con moderazione) che potendo come effetto secondario far aumentare la pressione avrebbe causato l'infarto o l'ictus; di quella sera ricordo con precisione solo di averle controllato la pressione trovandola peraltro bassa. Comunque credo di aver avuto qualcosa di simile ad un attacco di panico (ma non saprei, non ne ho mai avuti prima) ossessionato dal pensiero che mai avrei potuto sapere se questo fatto era avvenuto davvero e se avrebbe potuto avere quell'effetto. L'impossibilità di darmi una risposta mi ha fatto uscire in parte da questo stato ma in seguito mi sono ricordato di certi particolari di respirazione, di tremore delle mani, che avevo notato in circostanze diverse su mia madre e che forse erano sintomi ai quali non avevo dato l'importanza dovuta, allertando magari subito il medico. Ma non so spiegare come questi ricordi si propongono a volte come se effettivamente fossi vicino ad avere la possibilità di cambiare le cose già avvenute. Tutte queste ossessioni vanno a sostituire le precedenti, che rimangono però come in uno stato soggiacente, ed ho paura che possano rifarsi vive. Si aggiungono poi altri dubbi su come avevo gestito la vita di mia madre. Con tutto questo cerco di ignorare l'esistenza della casa vuota, rimasta più o meno come l'ha lasciata. Quando riesco a metter da parte - forse per stanchezza - queste cose passo ad uno stato di disinteresse totale anche per il resto. Non ne parliamo di riprendere i miei interessi abituali. Il mio unico fine del la giornata è quello di arrivare alla sera per dormire.
Non pretendo di non soffrire, ma sento la morte di mia madre come una punizione per aver trascurato negli ultimi tempi qualcosa che la riguardava; vorrei solo un parere sulla necessità di un supporto psicologico (o psichiatrico?) o se forse il lutto è troppo recente per intervenire. Ringrazio chi ha avuto la pazienza di leggere tutto quanto, ma mi sembrava indispensabile descrivere la situazione dettagliatamente piuttosto che genericamente.
[#1]
Ha fatto bene a raccontare nei dettagli la sua situazione, è sempre utile riuscire ad inquadrare il più possibile, (visto il mezzo di comunicazione)il contesto nel quale si trova la persona che chiede un aconsulenza.
Ciò che posso dirle è che lei deve essere una persona veramente forte per riuscire a far fronte a tutto cio che ci ha descriotto.
Non solo il lutto di sua madre ma anche le altre difficolta compresa la malattia di sua moglie devono averla messa a dura prova in questi anni.In più, ci dice chiaramente che lei è solo in tutto questo, che non puo, non vuole, contare su sua moglie viste le sue condizioni di salute.
Non crede che lei stia portando un fardello un po troppo pesante per una persona SOLA?
Per quanto riguarda i sintomi che ci ha descritto quello che posso dirle è che, in parte rientrano nella fase che sta passando.
Successivamente ad un lutto, è "normale" cercare delle spiegazioni, ed è ancora più normale cercare delle responsabilità.
Deve pur esserci una colpa per tutto il nostro dolore!
Nel suo caso la colpa la attribuiscea se steso, altri la danno ai medici, alla societa, avvolte anche a Dio che "si accanisce su di loro".Tutto questo rientra nella ricerca di senso, nell'attribuzione di una spiegazione razionale che, ai me, non credo ci sia.
Per quel che mi riguarda, credo che sia un puro caso che sua madre sia morta mentre lei era assente ed è il suo senso di colpa ad attribuire un nesso causale tra gli eventi("deve pur essere colpa di qualcuno no?")
Credo anche che ad aggravare il suo stato emotivo ci sia la scena alla quale lei ha dovuto assistere.
Il consiglio che posso darle, con estrema franchezza, è di chiedere aiuto. Con questo non voglio assolutamente dire che la sua condizione è grave a tal punto da doversi rivolgere ad uno specialista, io non so lei che idea abbia delle psicoterapie ma le assicuro che chiedere una consulenza ad un esperto non significa ottenere un referto, una diagnosi, un etichetta.
Mi dilungo spiegandole queste cose perchè leggendo le sue parole ho sentito tutto il peso del suo dolore e io credo che in un momento cosi difficile, che va a sommarsi ad una situazione gia complessa, lei debba darsi la possibilità di farsi supportare da qualcuno che abbia gli strumenti adatti per ascoltarla e sostenerla.
In fine ciò che posso consigliarle è di rivolgersi ad un terapeuta sistemico relazionale, che possa prendere in carico sia lei che sua moglie. (sono sicura che lei stà mettendo tutto il suo impegno per farle vivere il più serenamente possibile questo periodo ma dubito che sua moglie non si stia accorgendo di niente, e allora, PERCHE' ESSERE SOLI IN DUE?)
Rimanendo disponibile per ulteriori chiarimente le invio i miei più cordiali saluti
Dr.ssa Antonella Morganti
morgantiantonella@hotmail.it
[#2]
Gent.le Signore, nella sua storia ci sono due elementi che sottolinerei: 1) il lutto 2)il ritrovamento di sua madre morta.
Alcune persone a seguito di esposizione a fattori traumatici estremi ( il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata di sua madre, rappresenta un trauma)sviluppano sintomi quali:
- continuo rivivere l'evento traumatico,
- l'evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma,
- l'ottundimento della reattività generale e sintomi costanti di aumento dell'attivazione (ansia).
Altri sintomi possono essere difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, incubi frequenti durante i quali viene rivissuto l'evento traumatico, ipervigilanza, e esagerate risposte di allarme. Alcuni individui riferiscono irritabilità o scoppi d'ira o difficoltà a concentrarsi o a eseguire compiti.
Rispetto al suo disinteresse è altrettanto normale provarlo e talvolta si unisce a lamentele somatiche; sentimenti di inefficienza, vergogna, disperazione, o mancanza di speranza; sentirsi irreparabilmente danneggiati; perdita di convinzioni precedentemente sostenute; ostilità; ritiro sociale; sensazione di minaccia costante; compromissione delle relazioni con gli altri; oppure cambiamento delle caratteristiche precedenti di personalità.
Generalmente tutti questi sintomi iniziano nei primi 3 mesi dopo il trauma, sebbene possa esservi un ritardo di mesi, o anche di anni, prima della comparsa dei sintomi. La durata dei sintomi varia, e in circa la metà dei casi la remissione completa si verifica in 3 mesi, mentre molti altri hanno sintomi persistenti per più di 12 mesi dopo il trauma.
Penso potrebbe esserle di aiuto un supporto psicologico per poter in primo luogo condividere la sua sofferenza e poi affrontare un percorso terapeutico.
Per i sintomi descritti esiste una tecnica chiamata EMDR (che si basata sui movimenti oculari) che è praticata solo da psicoterapeuti che si sono formati in questo metodo specifico, che risulta mirata, breve ed efficace. Per un lavoro più ad ampio raggio ci sono molti indirizzi di psicoterapia che possono aiutarla.
Mi auguro di averle offerto un po' di chiarezza su ciò che conosciamo sulla psicologia post trauma e sulle possibilità di affrontare questo malessere.
Alcune persone a seguito di esposizione a fattori traumatici estremi ( il venire a conoscenza della morte violenta o inaspettata di sua madre, rappresenta un trauma)sviluppano sintomi quali:
- continuo rivivere l'evento traumatico,
- l'evitamento persistente degli stimoli associati con il trauma,
- l'ottundimento della reattività generale e sintomi costanti di aumento dell'attivazione (ansia).
Altri sintomi possono essere difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, incubi frequenti durante i quali viene rivissuto l'evento traumatico, ipervigilanza, e esagerate risposte di allarme. Alcuni individui riferiscono irritabilità o scoppi d'ira o difficoltà a concentrarsi o a eseguire compiti.
Rispetto al suo disinteresse è altrettanto normale provarlo e talvolta si unisce a lamentele somatiche; sentimenti di inefficienza, vergogna, disperazione, o mancanza di speranza; sentirsi irreparabilmente danneggiati; perdita di convinzioni precedentemente sostenute; ostilità; ritiro sociale; sensazione di minaccia costante; compromissione delle relazioni con gli altri; oppure cambiamento delle caratteristiche precedenti di personalità.
Generalmente tutti questi sintomi iniziano nei primi 3 mesi dopo il trauma, sebbene possa esservi un ritardo di mesi, o anche di anni, prima della comparsa dei sintomi. La durata dei sintomi varia, e in circa la metà dei casi la remissione completa si verifica in 3 mesi, mentre molti altri hanno sintomi persistenti per più di 12 mesi dopo il trauma.
Penso potrebbe esserle di aiuto un supporto psicologico per poter in primo luogo condividere la sua sofferenza e poi affrontare un percorso terapeutico.
Per i sintomi descritti esiste una tecnica chiamata EMDR (che si basata sui movimenti oculari) che è praticata solo da psicoterapeuti che si sono formati in questo metodo specifico, che risulta mirata, breve ed efficace. Per un lavoro più ad ampio raggio ci sono molti indirizzi di psicoterapia che possono aiutarla.
Mi auguro di averle offerto un po' di chiarezza su ciò che conosciamo sulla psicologia post trauma e sulle possibilità di affrontare questo malessere.
Dr.ssa Lara Catanese
Psicologa-Psicoterapeuta
https://www.centro-io.it/ https://www.loanopsicologia.it/
[#3]
Ex utente
Ringrazio entrambe le Dr.sse per le risposte ed in tempi così brevi; mi informerò su entrambi i tipi di terapia; la risposta della dr.ssa Morganti mi ha aperto tra l'altro la prospettiva di poter eventualmente coinvolgere mia moglie, e penso quindi di parlargliene per vedere se ritiene che potrebbe trarne beneficio.
Di nuovo grazie e non esiterò a ricontattarvi.
Di nuovo grazie e non esiterò a ricontattarvi.
[#4]
Gentile utente
Condivido il parere della collega Morganti sul fatto che dev'essere stato davvero difficile riuscire a sopportare prima il peso della scomparsa improvvisa di suo padre, poi quella di sua madre in circostanze così drammatiche. E, come se non fosse già sufficiente, combattere anche con sua moglie contro la sua debilitante malattia.
Riguardo alla sua situazione con sua moglie e con sua madre prima della scomparsa, poi, lei si è trovato preso in ciò che è definito un doppio legame: stando più vicino a sua madre avrebbe significato trascurare sua moglie, ma stare più vicino a sua moglie sarebbe stato come scontentare sua madre. Qualunque cosa avesse scelto di fare, le sarebbe rimasta l'impressione di stare comunque sbagliando.
Adesso, però, potrebbe essere arrivato il momento di concedere a lei stesso proprio quella "pretesa di non soffrire" di cui parla e di fare qualcosa. Credo anch'io che delle consulenze psicologiche o psicoterapeutiche potrebbero giovarle - perché no - anche insieme a sua moglie, se vi troverete d'accordo.
Cordiali saluti
Condivido il parere della collega Morganti sul fatto che dev'essere stato davvero difficile riuscire a sopportare prima il peso della scomparsa improvvisa di suo padre, poi quella di sua madre in circostanze così drammatiche. E, come se non fosse già sufficiente, combattere anche con sua moglie contro la sua debilitante malattia.
Riguardo alla sua situazione con sua moglie e con sua madre prima della scomparsa, poi, lei si è trovato preso in ciò che è definito un doppio legame: stando più vicino a sua madre avrebbe significato trascurare sua moglie, ma stare più vicino a sua moglie sarebbe stato come scontentare sua madre. Qualunque cosa avesse scelto di fare, le sarebbe rimasta l'impressione di stare comunque sbagliando.
Adesso, però, potrebbe essere arrivato il momento di concedere a lei stesso proprio quella "pretesa di non soffrire" di cui parla e di fare qualcosa. Credo anch'io che delle consulenze psicologiche o psicoterapeutiche potrebbero giovarle - perché no - anche insieme a sua moglie, se vi troverete d'accordo.
Cordiali saluti
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#7]
Un aiuto per la ricerca di uno psicoterapeuta lo può trovare chiedendo all'ordine degli psicologi di Roma
http://www.ordinepsicologilazio.it/albo_online/241-311-35ROMa-371.html
In questo elenco però non sono specificati i tipi di psicoterapia praticati (ossia l'indirizzo terapeutico che può essere: analitico, sistemico, cognitivo comportamentale ecc.).
Mentre per i terapeuti EMDR può visitare questo sito
www.emdritalia.it/ita/html/terapeuti.html
http://www.ordinepsicologilazio.it/albo_online/241-311-35ROMa-371.html
In questo elenco però non sono specificati i tipi di psicoterapia praticati (ossia l'indirizzo terapeutico che può essere: analitico, sistemico, cognitivo comportamentale ecc.).
Mentre per i terapeuti EMDR può visitare questo sito
www.emdritalia.it/ita/html/terapeuti.html
[#8]
Gentile Utente,
rispettando la sua scelta di "trovare qualcuno che pratichi l'EMDR" ritengo opportuno aggiungere che questo "qualcuno" deve essere necessariamente uno psicoterapeuta (generalmente ad approccio cognitivo-comportamentale) e che tale tecnica sebbene abbia rilevato elevata efficacia nei disturbi post-traumatici non va considerata alla stregua (ad es.) di una ginnastica posturale post ernia del disco, bensì inserita adeguatamente all'interno di un percorso psicoterapeutico preciso.
Cordialità
rispettando la sua scelta di "trovare qualcuno che pratichi l'EMDR" ritengo opportuno aggiungere che questo "qualcuno" deve essere necessariamente uno psicoterapeuta (generalmente ad approccio cognitivo-comportamentale) e che tale tecnica sebbene abbia rilevato elevata efficacia nei disturbi post-traumatici non va considerata alla stregua (ad es.) di una ginnastica posturale post ernia del disco, bensì inserita adeguatamente all'interno di un percorso psicoterapeutico preciso.
Cordialità
Cordialità
Dr. Andrea Antonelli
[#9]
Ex utente
Grazie dr.Antonelli,
la settimana prossima avrò un colloquio orientativo con una terapeuta rintracciata tramite l'ordine psicologi (dell'indirizzo sistemico relazionale che mi è stato suggerito nella risposta della dr.ssa Morganti) che spero mi possa fare chiarezza ed indirizzarmi anche per quanto riguarda la necessità e la possibilità di praticare l'EMDR. Spero che sia l'approccio giusto, non ho precedenti esperienze.
Cordiali saluti
la settimana prossima avrò un colloquio orientativo con una terapeuta rintracciata tramite l'ordine psicologi (dell'indirizzo sistemico relazionale che mi è stato suggerito nella risposta della dr.ssa Morganti) che spero mi possa fare chiarezza ed indirizzarmi anche per quanto riguarda la necessità e la possibilità di praticare l'EMDR. Spero che sia l'approccio giusto, non ho precedenti esperienze.
Cordiali saluti
[#12]
Ex utente
Gentili dottori, mi trovo a chiedere nuovamente un vostro consiglio: in seguito alle vostre risposte (l'idea che mi ero fatto era che andassero affrontati il problema del lutto con la terapia tradizionale e i problemi derivanti dallo shock subìto con l'EMDR) e non avendo esperienze di analisi (per cui mi scuserete per l'imprecisione della mia esposizione), ho iniziato ai primi di settembre una terapia con una psicoterapeuta ad indirizzo relazionale, e sono giunto alla terza seduta senza l'impressione di essere ancora veramente entrato nel vivo della terapia, ma con l'evidenziazione di un probabile stato depressivo precedente all'evento della morte di mia madre; nel frattempo ho effettuato due sedute con una dottoressa che pratica l'EMDR rintracciata sul sito EMDR Italia. Con quest'ultima l'anamnesi è stata più veloce e seguita da domande sul mio passato a partire dall'asilo e la dottoressa ritiene che siano necessarie come minimo 10 sedute salvo problemi relativi al passato che dovessero evidenziarsi in seguito. Il problema attualmente è che la psicoterapeuta tradizionale non conosce granchè dell'EMDR e si dichiara scettica sull'efficacia di una terapia che pretende di risolvere problemi in breve tempo; di contro la specialista EMDR sostiene che il lutto "in toto" è da considerare fatto traumatico e quindi, se ho ben capito, la sua terapia dovrebbe essere sufficiente e ad ogni modo sarebbe sbagliato affrontare lo stesso problema con due sistemi diversi. Mi si pone forse la necessità di effettuare una scelta; per quello che ho potuto capire, essendo l'EMDR una tecnica di emergenza, sarebbe forse più indicata in questo momento, mentre la terapia tradizionale potrebbe risultare utile in seguito per un'azione a più ampio raggio. Gradirei un parere su questo approccio.
[#13]
Gentile signore,
Prima di tutto mi lasci esprimere il mio vivo rincrescimento per tutti gli eventi nefasti che le sono piombati addosso.
Dall'ultimo suo messaggio vedo che ha iniziato due diverse terapie e che le due si contrastano nel senso che la sua psicoterapeuta a carattere relazionale è sfiduciata nei confronti dell'EMDR di cui non ha una buona conoscenza.
Veramente non ce l'ho nemmeno io, ma se dovesse funzionare con 10 sedute, le consiglierei di fare questa terapia. O risolve i suoi casi, o se ne riparlerà dopo. Le dico questo perché le psicoterapie, relazionale, gestaltica, dinamica, ad indirizzo analitico etc. etc. durano molto molto di più.
Lei presenta una mole considerevole, ed interessante da un punto di vista psicoterapeutico, di problemi, e quindi se c'è una psicoterapia che in 10 sedute le risolve il problema io le farei. Sinceramente, d'altronde si mette nelle mani di psicologhe e psicoterapeute. Io sarei tranquillo.
Quando viene da me un nuovo paziente, lo informo che ci sono altre tecniche terapeutiche e gli spiego quali e se ritiene opportuno gli dico che è libero di provare.
Accade allora uno di questi due eventi:
1) o prova e non vedo più il mio potenziale paziente; significa che il soggetto ha trovato una buona strada e la sta percorrendo;
2) o prova e ritrovo il paziente nel mio studio due o tre settimane dopo che mi dice di essersi deciso ad iniziare un percorso terapeutico con me.
La terapia deve esse fatta con convinzione e con impegno.
Ecco perché li metto alla prova.
Glielo dico perché, se vuole, può fare in questo modo.
Le auguro di trovare la strada giusta.
Cordiali saluti.
Prima di tutto mi lasci esprimere il mio vivo rincrescimento per tutti gli eventi nefasti che le sono piombati addosso.
Dall'ultimo suo messaggio vedo che ha iniziato due diverse terapie e che le due si contrastano nel senso che la sua psicoterapeuta a carattere relazionale è sfiduciata nei confronti dell'EMDR di cui non ha una buona conoscenza.
Veramente non ce l'ho nemmeno io, ma se dovesse funzionare con 10 sedute, le consiglierei di fare questa terapia. O risolve i suoi casi, o se ne riparlerà dopo. Le dico questo perché le psicoterapie, relazionale, gestaltica, dinamica, ad indirizzo analitico etc. etc. durano molto molto di più.
Lei presenta una mole considerevole, ed interessante da un punto di vista psicoterapeutico, di problemi, e quindi se c'è una psicoterapia che in 10 sedute le risolve il problema io le farei. Sinceramente, d'altronde si mette nelle mani di psicologhe e psicoterapeute. Io sarei tranquillo.
Quando viene da me un nuovo paziente, lo informo che ci sono altre tecniche terapeutiche e gli spiego quali e se ritiene opportuno gli dico che è libero di provare.
Accade allora uno di questi due eventi:
1) o prova e non vedo più il mio potenziale paziente; significa che il soggetto ha trovato una buona strada e la sta percorrendo;
2) o prova e ritrovo il paziente nel mio studio due o tre settimane dopo che mi dice di essersi deciso ad iniziare un percorso terapeutico con me.
La terapia deve esse fatta con convinzione e con impegno.
Ecco perché li metto alla prova.
Glielo dico perché, se vuole, può fare in questo modo.
Le auguro di trovare la strada giusta.
Cordiali saluti.
[#14]
Buongiorno, ha fatto già buoni passi e mi sembra possa avere direttamente sul campo competenti consigli.
Personalmente penso che lei abbia già fatto ottime valutazioni sulla scelta possibile.
Considerando i tempi di un approccio focalizzato come l'EMDR, convengo con lei che potrebbe rimandare il suo lavoro di psicoterapia di un paio di mesi.
Nella mia attività professionale, non praticando L'EMDR, laddove ne convengo l'utilità, indirizzo i miei pazienti all'EMDR e solo successivamente inizio la terapia.
Credo sia tuttavia molto importante che lei ne parli bene con i suoi terapeuti.
Buon lavoro.
Personalmente penso che lei abbia già fatto ottime valutazioni sulla scelta possibile.
Considerando i tempi di un approccio focalizzato come l'EMDR, convengo con lei che potrebbe rimandare il suo lavoro di psicoterapia di un paio di mesi.
Nella mia attività professionale, non praticando L'EMDR, laddove ne convengo l'utilità, indirizzo i miei pazienti all'EMDR e solo successivamente inizio la terapia.
Credo sia tuttavia molto importante che lei ne parli bene con i suoi terapeuti.
Buon lavoro.
[#15]
Gentile utente,
ho letto solo oggi la sua richiesta e nonostante i miei colleghi siano stati molto esaustivi mi sento di risponderle dicendole come prima cosa che capisco il suo dolore. A questo devo però aggiungere che seppure difficile per ogniuno di noi, il lutto rappresenta una tappa obbligatoria e naturale di un ciclo di vita. Vivere esperienze negative correlate al lutto è oltre che comprensibile anche normale, ma imputarsi colpe o portare a vita questo senso di angoscia per questa morte oltre che non aiutarla le provocherà dei danni sia a livello fisico che psicologico. Valuto dunque positivamente la sua richiesta di aiuto, che a prescindere da quale professionista lei coinvolgerà, significa che dentro di lei ha voglia di affrontare, gestire e risolvere questo suo stato di sofferenza.
Io fossi in lei, prima di iniziare qualsiasi percorso mi rivolgerei comunque a un professionista, e valuterei insieme a lui quale percorso migliore in funzione della sua anamnesi.
Credo che senza un approfondito colloquio sia difficile suggerirle una tecnica piuttosto che un'altra.
Le faccio i miei più sinceri auguri,
Cordialmente,
ho letto solo oggi la sua richiesta e nonostante i miei colleghi siano stati molto esaustivi mi sento di risponderle dicendole come prima cosa che capisco il suo dolore. A questo devo però aggiungere che seppure difficile per ogniuno di noi, il lutto rappresenta una tappa obbligatoria e naturale di un ciclo di vita. Vivere esperienze negative correlate al lutto è oltre che comprensibile anche normale, ma imputarsi colpe o portare a vita questo senso di angoscia per questa morte oltre che non aiutarla le provocherà dei danni sia a livello fisico che psicologico. Valuto dunque positivamente la sua richiesta di aiuto, che a prescindere da quale professionista lei coinvolgerà, significa che dentro di lei ha voglia di affrontare, gestire e risolvere questo suo stato di sofferenza.
Io fossi in lei, prima di iniziare qualsiasi percorso mi rivolgerei comunque a un professionista, e valuterei insieme a lui quale percorso migliore in funzione della sua anamnesi.
Credo che senza un approfondito colloquio sia difficile suggerirle una tecnica piuttosto che un'altra.
Le faccio i miei più sinceri auguri,
Cordialmente,
Dr. Cristian Livolsi
Psicologo/Psicoterapeuta e Ipnologo
www.cristianlivolsi.com
cell. 3387425971
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Approfondimento su Sclerosi multipla
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