Abusi e prima volta in età adulta

Gentilissimi,
quando ero bambino ho subito una violenza sessuale, una masturbazione da parte di un ragazzino più grande. Per colpa di questo ed altri abusi in famiglia - di diverso tipo però, mio padre quando si arrabbiava era un amante della cinghia - negli anni ho sviluppato una forte disistima e una forma di tricotillomania che dura da almeno 15, sto raccattando i pezzi ancora oggi a 27 anni tramite una terapia da una psicologa. A contorno di questo, giusto per completare il quadro, ho abbandonato una carriera universitaria a 6 esami da un percorso triennale, ma non è questo il punto per cui scrivo.


L'abuso sessuale si è rivelato una croce enorme, non ho mai avuto ad oggi esperienze sessuali perché ne ho una grandissima paura.


Sentire parlare le altre persone delle proprie esperienze sessuali mi avvilisce, soprattutto quando ne parlano le ragazze: in particolare qualche sera fa una ragazza che conosco e per cui ho sentimenti contrastanti si è addentrata nell'argomento raccontando sue esperienze con molta disinvoltura. Sentirne parlare così con tanta naturalezza mi fa arrabbiare perché non sentendomi capace l'unica prospettiva che mi immagino verso una prima volta è il fallimento


D'altra parte...come è possibile fare sesso con qualcuno con questo tipo di sensazioni addosso?

Rivelare una cosa del genere ad un'altra persona se si cerca di andare al dunque non è un opzione, non credo che una ragazza si senta a proprio agio se in un momento di intimità si sentisse dire che rappresenta la prima volta per un abusato.


La mia terapeuta mi consiglia di fare semplicemente piccoli passi alla volta, e ora che piano piano mi sto aprendo e sto cominciano un po' più a "giocare" e scherzare con le ragazze forse succederà qualcosa.


Parlarne solo in terapia però è come se non mi bastasse, come se avessi necessità di confrontarmi con qualcuno che abbia avuto lo stesso tipo di problema per poter attingere da altre esperienze.


Mi viene spesso ripetuto che questa pulsione del "fare" se non risolvo la mia situazione interna non può semplicemente portare a niente, ma la frustrazione che provo è veramente molto molto grande.

Continua a presentarsi nella mia mente la domanda....come fare?
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
Le indicazioni delle Collega sono, almeno da quello che scrive, condivisibili. Si tratta a mio avviso di continuare su questa linea, perché prima della sessualità è necessario costruire una relazione affettiva all'interno della quale sperimentare fiducia, empatia e condivisione.

>>non credo che una ragazza si senta a proprio agio se in un momento di intimità si sentisse dire che rappresenta la prima volta per un abusato.<<
questa è una forma di svalutazione che non giova alla sua autostima. Lei non dovrebbe etichettarsi come "abusato", perché la sua personalità è qualcosa di molto più vasto e soprattutto importante.

Forse sta dando troppa importanza a quel singolo evento e questo stato di cose cristallizza la sua visione dell'accaduto.






Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"Mi viene spesso ripetuto che questa pulsione del "fare" se non risolvo la mia situazione interna non può semplicemente portare a niente"

Posso chiederLe chi lo dice?

Da quello che scrive qui, io credo che la Sua grande paura di fallire sia l'ostacolo maggiore; procrastinare la prima volta, legato dai Suoi timori di non essere compreso e forse di sentirsi diverso (abusato), non può che peggiorare la situazione semplicemente perchè aumentano le paure legate a quel momento.
In altre parole Lei ha molto più tempo per pensare, rimuginare, fantasticare su un momento che, secondo Lei, sarà catastrofico.

Quindi conviene cambiare questa idea che ha sia di se stesso, sia del momento d'intimità.
Con questa ragazza di cui ci parla è nata una relazione sentimentale?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Vi ringrazio molto per le risposte.

Effettivamente mi rispecchio in quello che scrive il Dr. Del Signore, ed è un altra cosa per cui in effetti provo molta rabbia: il non riuscire a vivere il sesso in maniera tranquilla ma sentire un profondo bisogno di empatia e condivisione, e a quel punto forse dovremmo chiamarlo amore (?). Mi sembra anche indicativo il fatto che provi tutta questa rabbia, come se non mi dovessi concedere di poter aver bisogno di affrontare la questione serenamente e sia attanagliato dai sensi di colpa, di essere una sorta di prodotto difettato (da qui e dal mio continuo rimuginare prende corpo probabilmente la tricotillomania)

Sto lentamente tramutando il mio modo di pensare e so che in effetti devo imparare a rendermi conto che non posso addossarmi colpe per le mie sofferenze.

Il virgolettato riportato dalla dr.ssa Pileci è quello che, a grandi linee, mi riferisce spesso la mia terapeuta.


Con la ragazza di cui parlo non è nata una relazione sentimentale, ma penso di poter dire che siamo amici. Ho conosciuto lei ed una sua amica diversi mesi fa e spesso usciamo noi tre insieme.

Mi chiedo perché abbia iniziato a raccontare le sue esperienze con altri uomini, è una cosa che mi infastidisce e che non mi stimola affatto ad intraprendere una relazione con lei, anche perché io sono caratterialmente abbastanza riservato.

Inoltre non avendo avuto né relazioni sentimentali né esperienze dal punto di vista sessuale ritrovarmi ad affrontare certe questioni mi mette in difficoltà.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>il non riuscire a vivere il sesso in maniera tranquilla ma sentire un profondo bisogno di empatia e condivisione, e a quel punto forse dovremmo chiamarlo amore (?)<<
può chiamarlo come vuole, ma dovrebbe comprendere che la sessualità non è qualcosa di scollato dagli affetti e dai sentimenti, quindi il suo bisogno di "empatia e condivisione" è quantomeno normale se non auspicabile.

Lei non è un prodotto "difettato", probabilmente il suo rapporto con i genitori ha influito sulle sue relazione affettive e sessuali più di quanto crede e più dell'abuso che descrive, perché la possibilità di superare i traumi o di viverli come tali è qualcosa che sta a monte degli eventi stessi.

>>Mi chiedo perché abbia iniziato a raccontare le sue esperienze con altri uomini..<<
questo non possiamo saperlo, perché sono dinamiche che si innescano all'interno delle relazioni. Forse si è infastidito per il semplice motivo che teme un confronto.







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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

si faccia aiutare a modulare tutta questa rabbia di cui ci parla: forse un po' di questa rabbia viene dall'abuso subito e in parte anche dalle difficoltà che incontra adesso.
Però l'aspetto sessuale forse è secondario al fatto di incontrare difficoltà a costruire relazioni più profonde e intime e nelle quali può sperimentare la fiducia.
Per questa ragione, la relazione terapeutica è fondamentale: ne parli con il terapeuta.

Cordiali saluti,
[#6]
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Credo che proprio questo sia in un certo senso il problema.

Mi sono accorto che questa ragazza mi piace molto e la sento molto vicina: data la mia insicurezza, ho descritto ad amici i suoi atteggiamenti nei miei confronti e dopo aver ricevuto qualche incoraggiamento mi sono lanciato.

Ho trovato una scusa per rimanere solo con lei, non mi sono dichiarato esplicitamente per quanto stessi esplodendo perché avevo paura che se l'avessi fatto si sarebbe definitivamente allontanata, sapendo anche che ha molti amici maschi e che potevo benissimo aver frainteso i suoi atteggiamenti.

Ho cercato comunque di farle intendere che il mio interesse verso di lei poteva essere più profondo di un'amicizia.

Il giorno dopo mi ha scritto che sperava avesse frainteso le mie intenzioni perché per lei sono un caro amico e questo doveva essere chiaro se vogliamo continuare a vederci; quello che sono stato in grado di rispondere è stato che volevo mantenere il rapporto che ho con lei.

Questo mi ha fatto capire che è proprio vero che l'aspetto sessuale per me è secondario, d'altra parte riuscire a costruire una relazione profonda con un'altra persona è difficilissimo, mi chiedo se mai ci riuscirò, nella società di oggi non è affatto semplice.

E' stata un'esperienza molto importante e molto dolorosa perché seppur in maniera timida mi sono esposto per la prima volta in vita mia.

Le voglio davvero bene e spero di riuscire a rimanerle vicino senza impazzire.

[#7]
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Ho rivisto questa ragazza, penso di essere riuscito a gestire i miei sentimenti anche se una parte di me spera che un giorno lei ceda, perché tra noi c'è una grande affinità.

Dentro di me ho questo desiderio fortissimo di amare, il problema è che ad affrontare un rifiuto mi chiudo come se non ci potessero essere altre possibilità, cosa che in parte è vera perché non riesco a crearmi molte occasioni...
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"ad affrontare un rifiuto mi chiudo come se non ci potessero essere altre possibilità..."

Gentile Utente,

il rifiuto è una delle tante possibilità, ma può succedere. Certamente deve imparare anche ad accettare il rifiuto. Fa parte della vita.

Cordiali saluti,
[#9]
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Certo ha ragione. La difficoltà sta nel riuscire a modificare il mio modo di sentire, perché mi sono sempre sentito rifiutato.

Per questo ogni rifiuto è pesante, perché è come se fosse una conferma della mia svalutazione, soprattutto in ambito relazionale. Per questo è necessario che cominci a stabilire relazioni positive, certo non è facile trasferire la "relazione positiva" che avviene con il terapeuta all'esterno.

Temo semplicemente di non riuscire a ribaltare questa situazione.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Ne parli al terapeuta, sia del Suo timore di non riuscire a cambiare, sia COME FARE operativamente per modificare questi aspetti di sè.

Ha già letto questo articolo https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html ?
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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Salve dottoressa.

Negli ultimi suoi post compare sempre la frase "ne parli al terapeuta", questa cosa mi preoccupa un po'.

Io in effetti parlo di queste cose, ed abbiamo ormai stabilito le cause dei miei problemi ed ultimamente mi rendo conto dei miei errori nel relazionarmi con le altre persone: ovvero quando le persone non mi cercano tendo sempre a pensare che non vogliano stabilire un rapporto con me e se contatto qualcuno mi aspetto sempre che sia quel qualcuno ad esempio ad invitarmi per un incontro; questo perché ho paura di mostrarmi bisognoso di attenzioni e si ricollega al mio passato di scarsa autostima...


Quindi come vede abbiamo inquadrato i problemi, è la ricerca delle soluzioni che invece non vedo: proprio nell'ultima seduta ho esposto il mio timore e la mia decisiva voglia di dire "basta" e cambiare, ma al momento della richiesta di COME fare per modificare questi aspetti mi sono sentito rimbalzare indietro la domanda, come se dovessi per forza cavarmela da solo.

Sto sbagliando io nel porre la questione alla mia terapeuta? Cosa viene detto in questa situazione generalmente ad un paziente?

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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
"al momento della richiesta di COME fare per modificare questi aspetti mi sono sentito rimbalzare indietro la domanda, come se dovessi per forza cavarmela da solo."

Questo non significa che Lei debba cavarsela da solo, ma che debba pensare a quali soluzioni potrebbe implementare. Chiaramente il terapeuta Le sta accanto e può favorire la riflessione. Poi, ci sono psicoterapie più prescrittive in cui si dice al pz come fare. La Sua di che tipo è?

E' chiarissimo anche questo passaggio: "quando le persone non mi cercano tendo sempre a pensare che non vogliano stabilire un rapporto con me e se contatto qualcuno mi aspetto sempre che sia quel qualcuno ad esempio ad invitarmi per un incontro; questo perché ho paura di mostrarmi bisognoso di attenzioni e si ricollega al mio passato di scarsa autostima..."

Una volta intercettata la paura a fare qualcosa, nella psicoterapia attiva e prescrittiva quale ad esempio la cognitivo-comportamentale, si passa proprio all'azione per superare e vincere questa paura. Che cosa accadrebbe se Lei si mostrasse bisognoso di attenzioni o vulnerabile nelle relazioni?
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Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Salve dottoressa, la ringrazio per la risposta.

Devo essere sincero non ho idea di che tipo sia la mia terapia, mi fu consigliata la terapeuta e semplicemente dopo una prima seduta in cui piansi a dirotto, (per via di un'esperienza negativa che avevo avuto con un altro terapeuta che in buona sostanza aveva negato il mio dolore una volta che con difficoltà avevo descritto l'abuso subito) iniziai regolarmente con le sedute, da quel giorno sono passati più di tre anni.


Ho paura che se mi mostrassi bisognoso di attenzioni o vulnerabile le persone finirebbero col disprezzarmi e non amarmi, ed in effetti il sentirmi non amato rappresenta forse la mia più grande sofferenza...per questo baso i miei comportamenti sulle risposte che trovo nelle altre persone e come è emerso dalla mia ultima seduta questo atteggiamento non mi consente di vivere rapporti autentici, la mia mente cerca continuamente interpretazioni nei gesti degli altri senza riuscire a valutarli in modo oggettivo.


E non solo il non essere amato, dolore ancora maggiore è il non riuscire ad amare, temo di non avere realmente amato nessuno in vita mia, nessuno...


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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

con questa convinzione "Ho paura che se mi mostrassi bisognoso di attenzioni o vulnerabile le persone finirebbero col disprezzarmi e non amarmi..." Lei regola il Suo comportamento orientando le risposte degli altri a tenersi lontano da Lei, ma non perchè Lei non sia amabile, ma perchè Lei stesso mette un muro.

Tutti noi siamo vulnerabili, bisognosi di attenzioni, ecc... nasciamo proprio con questo bisogno e nella nostra vita cerchiamo il modo di soddisfarlo e le persone con cui soddisfare questo bisogno.

Per questa ragione, si faccia aiutare dalla psicoterapeuta ad affrontare specificamente questo Suo timore.
Mi aggiorni quando vuole :-)

Cordiali saluti
[#15]
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
Gentile dottoressa,
dalla sua risposta non ho ancora avuto modo di parlare specificatamente della questione con la mia terapeuta, la vedrò tra qualche giorno.

Mi è stato già fatto notare in passato anche da altre persone che inconsciamente metto un muro tra me e gli altri, ma faccio realmente moltissima fatica a comprendere questa dinamica.

E' particolare il fatto che io sia una persona abbastanza simpatica mi piace davvero molto ridere e scherzare e mi rendo conto che chi mi sta intorno sta bene con me, e la mia mancanza si fa sentire.

Di nuovo sembra essere importante la risposta dell'altro: quando è che questa distanza viene percepita e perché?

Lei sembra scrivere che il non confidare i miei bisogni e le mie debolezze faccia sì che allontani gli altri, il punto è che ho sofferto così tanto che non voglio che si noti...in questo caso sono confuso perché di primo acchito scriverei che una persona nel mio stesso stato emotivo la eviterei, però se fosse una persona a cui voglio bene farei di tutto per aiutarla.




[#16]
Attivo dal 2014 al 2015
Ex utente
In questi giorni quando sono da solo rifletto in continuazione sulla mia situazione e leggo articoli su articoli per capire come fare a migliorare. La mia voglia di guarire si è tramutata in un' ossessione e ho paura che più vengo risucchiato da questa cosa e meno avrò possibilità di guarire perché alimento le mie paure di fallimento!

Secondo la mia terapeuta non ho confini: ovvero o respingo completamente le persone oppure vorrei coinvolgermi e concedermi completamente...senza una via di mezzo.

Questo si riconduce al tipo di pensiero dualistico che mi contraddistingue: buono/cattivo, accettato/respinto, ecc..


Sono consapevole ormai dei meccanismi che mi portano alla sofferenza: quando sono da solo e mando un messaggio a qualcuno se non sono ricontattato ho paura di essere abbandonato, rendersi conto che le cause di questa sofferenza non sono riconducibili alla situazione oggettiva ma al mio vissuto è già un passo avanti, ma la sofferenza che sento è davvero molta ed è incolmabile.

Ho bisogno di costruire rapporti interpersonali di qualità che in questo momento mi mancano molto, avrei voglia di lasciarmi andare. Il contatto fisico inoltre è sempre stato molto problematico nella mia famiglia, sono stato segnato dalla paura e dalle botte di mio padre e non ho un ricordo di mia madre molto affettuosa. Soffro anche nel vedere miei amici ed amiche si abbracciano mentre io non riesco...

Qualche piccolo gesto, pensiero o regalo mi stanno sicuramente facendo avvicinare di più (per esempio regalare una stella di natale), probabilmente sono sulla giusta strada, sarà vero che per riconquistare in modo sano la propria emotività bisogna anche comprendere le sofferenze però comincio ad essere stanco.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

quando Lei scrive:

"Sono consapevole ormai dei meccanismi che mi portano alla sofferenza: quando sono da solo e mando un messaggio a qualcuno se non sono ricontattato ho paura di essere abbandonato, rendersi conto che le cause di questa sofferenza non sono riconducibili alla situazione oggettiva ma al mio vissuto è già un passo avanti, ma la sofferenza che sento è davvero molta ed è incolmabile."

è vero: è già un passo avanti, perché la consapevolezza aiuta ed il primo step in una psicoterapia talvolta è proprio quello di aumentare la consapevolezza del pz.
Ma immediatamente dopo è indispensabile iniziare a cambiare il nostro modo di comportarci e di pensare. Questo è ciò che genera il vero cambiamento.

Le auguro quindi un lavoro fruttuoso in terapia e colgo l'occasione anche per augurarLe buone feste!

Cordiali saluti,