Semplice tristezza o depressione?
Gentili dottori,
scrivo questo messaggio consapevole che dovrò recarmi personalmente da uno specialista per poter venire a capo del mio stato. Vorrei però capire, innanzitutto, in che termini descriverlo.
Sono anni ormai che non sento più di essere la persona che ero. Svolgo una vita normale, ho un buon lavoro,faccio sport, ma è come se una malinconia fosse sempre lì in fondo all'anima e come se, anche se in apparenza non lo lascio trasparire, nulla mi entusiasmi o mi renda veramente contento.
Non so dire di preciso quando sia cominciata questa situazione, ma di sicuro i sintomi più evidenti si sono presentati a partire dal 2009, dopo una parentesi sentimentale brevissima che è venuta a mettere in discussione il rapporto che avevo da sette anni con il mio compagno, rapporto ahimè a distanza.
A ciò vanno sicuramente sommate anche le pressioni del mio vivere in casa con la mia famiglia, pressioni che si esercitano specie a livello emotivo sotto forma di tentativi di controllare vari aspetti della mia vita o instillarmi sensi di colpa per ciò che faccio o non faccio.
Il copo di grazia è venuto poi dall'incontro con un vecchio amico di infanzia nel 2012, con cui si è sviluppata una relazione sofferta e faticosa che è andata a sfibrare ancor di più il mio già esausto rapporto a distanza, ma che non ha portato a nulla poiché lui non ha intenzione di lasciare il compagno con cui vive.
Il risultato è che mi trovo in una situazione, che sembra ormai riproporsi ciclicamente, di sconforto e apatia profonda, in cui passo le giornate a far nulla,a letto o a guidare a vuoto (almeno finché non riprenderà il lavoro che verrà a colmare i vuoti senza però risolvere i problemi), in cui mi trovo solo e senza desiderio di conoscere persone o cominciare nuove attività ricreative perché temo che si rivelerebbero una noia come tutte le altre cose che faccio.
Le uniche persone con cui riesco a parlare di quesro mio stato sono un'amica e il mio compagno, sebbene solo in maniera parziale e con il limite e della distanza.Queste stesse persone mi hanno ora convinto a passare dei giorni di vacanza fuori casa, dopo un'estate sprecata a fare nulla, ma ho accettato senza nessun entusiasmo, anzi, con un certo sentimento di ansia rispetto ai dieci giorni che mi aspettano.
Il momento più difficile della giornata è la mattina, quando sento un misto di ansia e malinconia che dura fino al pomeriggio. A volte, al culmine dell'abbattimento, mi addormento risvegliandomi un po' più rilassato. La sera va di solito meglio, mi sento più propositivo e spesso resto sveglio fino a notte inoltrata ad ascoltare musica o a vedere film, anche perché non riuscirei a dormire.
Non se sia tristezza che si ripresenta ciclicamente o qualcosa di più serio, ed è per questo che chiedo questo consulto, oltre che per capire come fare a cambiare le cose ed uscirne.
Un cordiale saluto,
Paolo
scrivo questo messaggio consapevole che dovrò recarmi personalmente da uno specialista per poter venire a capo del mio stato. Vorrei però capire, innanzitutto, in che termini descriverlo.
Sono anni ormai che non sento più di essere la persona che ero. Svolgo una vita normale, ho un buon lavoro,faccio sport, ma è come se una malinconia fosse sempre lì in fondo all'anima e come se, anche se in apparenza non lo lascio trasparire, nulla mi entusiasmi o mi renda veramente contento.
Non so dire di preciso quando sia cominciata questa situazione, ma di sicuro i sintomi più evidenti si sono presentati a partire dal 2009, dopo una parentesi sentimentale brevissima che è venuta a mettere in discussione il rapporto che avevo da sette anni con il mio compagno, rapporto ahimè a distanza.
A ciò vanno sicuramente sommate anche le pressioni del mio vivere in casa con la mia famiglia, pressioni che si esercitano specie a livello emotivo sotto forma di tentativi di controllare vari aspetti della mia vita o instillarmi sensi di colpa per ciò che faccio o non faccio.
Il copo di grazia è venuto poi dall'incontro con un vecchio amico di infanzia nel 2012, con cui si è sviluppata una relazione sofferta e faticosa che è andata a sfibrare ancor di più il mio già esausto rapporto a distanza, ma che non ha portato a nulla poiché lui non ha intenzione di lasciare il compagno con cui vive.
Il risultato è che mi trovo in una situazione, che sembra ormai riproporsi ciclicamente, di sconforto e apatia profonda, in cui passo le giornate a far nulla,a letto o a guidare a vuoto (almeno finché non riprenderà il lavoro che verrà a colmare i vuoti senza però risolvere i problemi), in cui mi trovo solo e senza desiderio di conoscere persone o cominciare nuove attività ricreative perché temo che si rivelerebbero una noia come tutte le altre cose che faccio.
Le uniche persone con cui riesco a parlare di quesro mio stato sono un'amica e il mio compagno, sebbene solo in maniera parziale e con il limite e della distanza.Queste stesse persone mi hanno ora convinto a passare dei giorni di vacanza fuori casa, dopo un'estate sprecata a fare nulla, ma ho accettato senza nessun entusiasmo, anzi, con un certo sentimento di ansia rispetto ai dieci giorni che mi aspettano.
Il momento più difficile della giornata è la mattina, quando sento un misto di ansia e malinconia che dura fino al pomeriggio. A volte, al culmine dell'abbattimento, mi addormento risvegliandomi un po' più rilassato. La sera va di solito meglio, mi sento più propositivo e spesso resto sveglio fino a notte inoltrata ad ascoltare musica o a vedere film, anche perché non riuscirei a dormire.
Non se sia tristezza che si ripresenta ciclicamente o qualcosa di più serio, ed è per questo che chiedo questo consulto, oltre che per capire come fare a cambiare le cose ed uscirne.
Un cordiale saluto,
Paolo
[#1]
>>in fondo all'anima e come se, anche se in apparenza non lo lascio trasparire, nulla mi entusiasmi o mi renda veramente contento. >>
Gentile utente,
le vicende Le hanno lasciato uno strascico interiore che "ha una risonanza" dentro di Lei connotata da tratti depressivi.
Ma come mai a 38 anni "Vivo in casa con la mia famiglia:"? Certo che la (quasi ogni) famiglia è controllante! per il fatto che quando viviamo con i genitori, siamo figli.
Come pensa di uscire da questa empasse?
Gentile utente,
le vicende Le hanno lasciato uno strascico interiore che "ha una risonanza" dentro di Lei connotata da tratti depressivi.
Ma come mai a 38 anni "Vivo in casa con la mia famiglia:"? Certo che la (quasi ogni) famiglia è controllante! per il fatto che quando viviamo con i genitori, siamo figli.
Come pensa di uscire da questa empasse?
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
[#2]
Come vede i suoi stati affettivi sono in linea con la fase di vita che sta passando, questo è un punto importante perché il suo disagio potrebbe non essere causato dalla presunta tristezza o depressione, ma dall'impossibilità di riuscire a cambiare alcune cose importanti della sua vita.Cercare di comprendere che i sentimenti negativi sono un'opportunità per cambiare è utile per iniziare a fare qualcosa di concreto.
>>Vorrei però capire, innanzitutto, in che termini descriverlo..<<
questo può farlo soltanto lei, perché il compito dello psicologo è quello di cercare di dare un senso condivisibile a ciò che lei descrive. Di sicuro possiamo dire che lei sta vivendo un disagio, con vissuti di anedonia e mancanza di stimoli, ma per sapere che si tratta di un disturbo vero e proprio deve necessariamente incontrare un Collega di persona.
>>Vorrei però capire, innanzitutto, in che termini descriverlo..<<
questo può farlo soltanto lei, perché il compito dello psicologo è quello di cercare di dare un senso condivisibile a ciò che lei descrive. Di sicuro possiamo dire che lei sta vivendo un disagio, con vissuti di anedonia e mancanza di stimoli, ma per sapere che si tratta di un disturbo vero e proprio deve necessariamente incontrare un Collega di persona.
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#3]
Ex utente
Gent.mi dott. Brunialti e Del Signore,
innanzitutto, grazie per il cordiale e sollecito riscontro.
@dott.Brunialti:so bene che è il fatto di essere in casa a 38 anni è un errore madornale di cui sono responsabile io soltanto. Purtroppo, la mia difficoltà a prendere decisioni si è combinata con una serie di altre concause che hanno condotto a questo stato di cose. Dopo gli studi universitari, ho proseguito gli studi post-universitari fuori città, per cui quando sono poi rientrato per il lavoro sono tornato in casa dei miei. Un po' per pigrizia, un po' perché il lavoro che faccio mi porta a trascorrere poco tempo in casa, un po' per dare ai miei una mano dal punto di vista economico e un po' perché, avendo un compagno che vive altrove, non ho mai avuto una spinta o un supporto ad andarmene, sono rimasto qui. Mi rendo conto che, molto del mio stato, dipenda anche dalla mancanza di uno spazio fisico ed emotivo tutto mio e sto provando a rimediare cercando una sistemazione altra, anche provvisoria, ma lo stato d'animo del momento di sicuro non aiuta. Come uscire dall'empasse?Non lo so, è per questo che ho scritto e che ho intenzione di rivolgermi ad uno specialista in autunno.
@ dott. Del Signore: ha perfettamente ragione nel dire che il mio malessere è generato da un'inerzia al cambiamento risultante dalla mia incapacità di prendere decisioni che hanno inevitabilmente conseguenze anche sugli altri. Diciamo che, nel timore di ferire, mi sono costretto ad un immobilismo che in ultima istanza ha ferito me. So che è un opportunità per cambiare, ma al momento fatico a trovare dentro di me soltanto le forze per farlo. In breve, la tristezza o depressione che sia non è la causa ma piuttosto la conseguenza (o una delle conseguenze) di questo immobilismo reiterato per tanto tempo.
innanzitutto, grazie per il cordiale e sollecito riscontro.
@dott.Brunialti:so bene che è il fatto di essere in casa a 38 anni è un errore madornale di cui sono responsabile io soltanto. Purtroppo, la mia difficoltà a prendere decisioni si è combinata con una serie di altre concause che hanno condotto a questo stato di cose. Dopo gli studi universitari, ho proseguito gli studi post-universitari fuori città, per cui quando sono poi rientrato per il lavoro sono tornato in casa dei miei. Un po' per pigrizia, un po' perché il lavoro che faccio mi porta a trascorrere poco tempo in casa, un po' per dare ai miei una mano dal punto di vista economico e un po' perché, avendo un compagno che vive altrove, non ho mai avuto una spinta o un supporto ad andarmene, sono rimasto qui. Mi rendo conto che, molto del mio stato, dipenda anche dalla mancanza di uno spazio fisico ed emotivo tutto mio e sto provando a rimediare cercando una sistemazione altra, anche provvisoria, ma lo stato d'animo del momento di sicuro non aiuta. Come uscire dall'empasse?Non lo so, è per questo che ho scritto e che ho intenzione di rivolgermi ad uno specialista in autunno.
@ dott. Del Signore: ha perfettamente ragione nel dire che il mio malessere è generato da un'inerzia al cambiamento risultante dalla mia incapacità di prendere decisioni che hanno inevitabilmente conseguenze anche sugli altri. Diciamo che, nel timore di ferire, mi sono costretto ad un immobilismo che in ultima istanza ha ferito me. So che è un opportunità per cambiare, ma al momento fatico a trovare dentro di me soltanto le forze per farlo. In breve, la tristezza o depressione che sia non è la causa ma piuttosto la conseguenza (o una delle conseguenze) di questo immobilismo reiterato per tanto tempo.
[#4]
Gentile utente leggendo quanto ha scritto, credo che in lei ci sia tanta consapevolezza, rispondendo ai mie colleghi ha risposto da solo alle sue domande.
Lei ci dice che "tristezza o depressione che sia non è la causa ma piuttosto la conseguenza (o una delle conseguenze) di questo immobilismo reiterato per tanto tempo" . Come uscire dall'empasse? Credo che rivolgersi ad un collega che l'accompagni nella comprensione dei suoi bisogni profondi e del perchè di questa difficoltà a prendere decisioni, che sa essere necessarie al suo benessere potrebbe aiutarla moltissimo.
Lei ci dice che "tristezza o depressione che sia non è la causa ma piuttosto la conseguenza (o una delle conseguenze) di questo immobilismo reiterato per tanto tempo" . Come uscire dall'empasse? Credo che rivolgersi ad un collega che l'accompagni nella comprensione dei suoi bisogni profondi e del perchè di questa difficoltà a prendere decisioni, che sa essere necessarie al suo benessere potrebbe aiutarla moltissimo.
Dr.ssa Costanza Giovanna
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.7k visite dal 22/08/2014.
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