Complesso d'inferiorità
Salve, sono una studentessa universitaria di ventitré anni e ho sempre avuto un certo complesso di inferiorità.
Da piccola non ero in grado di esprimere la mia opinione, e questa situazione è migliorata solo recentemente: al primo anno di università non riuscivo ad entrare in un negozio se vi erano troppe persone, per il resto tendevo ad evitare qualsiasi contatto con gli altri. Purtroppo il mio fisico è molto soggetto alle mie emozioni, così in certe situazioni ho anche rossore, aerofagia, mal di stomaco da ansia e nervosismo, e piango molto facilmente.
Sono sempre stata molto ambiziosa, avevo grandi progetti lavorativi e ho fatto di tutto per superare le mie paure sociali. Per la gran parte ci sono riuscita, adesso sono molto più loquace, guardo la gente negli occhi, ho anche sviluppato un certo senso dell'umorismo che molti apprezzano. Passo gran parte del mio tempo a studiare, ma mi sono resa conto che i miei sforzi non fruttano bene, perchè ho un grave disturbo di concentrazione, una memoria carente, e fondamentalmente non riesco ad essere felice della mia situazione.
Mi fidanzai all'età di 17 anni: per me era la prima volta, ma lui era da poco uscito da una storia di 4 anni particolarmente importante che ha addirittura minato la nostra storia. Ora stiamo ancora insieme, ormai da 7 anni, ma ho sempre pensato che la nostra relazione non è e non può essere paragonabile a quella sua precedente, per intensità.
Al quinto anno di fidanzamento mi lasciò, dicendo che non aveva più voglia di stare con me, perché non provava nulla: fin da piccola ero tormentata all'idea di non contare nulla, tutti si dimenticavano di me. Subire l'indifferenza della persona che amo mi ha distrutta, e a seguito di ciò ho pensato a vari modi di togliermi la vita, andandoci troppo vicina una sera in cui ho fatto accetta di tutti i medicinali di casa: ero intenzionata a prenderli tutti insieme ma temevo non sarebbero stati abbastanza da uccidermi e non volevo attirare l'attenzione della mia famiglia. Dopo qualche mese siamo tornati insieme, ma lo spettro di quella delusione continua a perseguitarmi.
Un altro evento d'impatto nella mia vita è stata l'acquisizione della patente: non riuscivo a guidare bene e non capisco perché alcune cose debbano essere così difficili per me quando sono normali per tutto il resto del mondo. Ho iniziato a credermi molto meno brillante di quanto credevo di essere e di quanto i miei genitori e il mio ragazzo si aspettassero.
Il colpo di grazia è stato l'università: sono al secondo anno fuoricorso, e gli esami diventano sempre più difficili, i risultati sempre più frustranti, mentre le mie coetanee si laureano e iniziano a lavorare.
Riguardo la famiglia, hanno sempre fatto del loro meglio, ma i miei genitori sono sempre stati troppo concentrati sugli altri problematici figli per accorgersi di me che li amo e che faccio tutto quello che loro vorrebbero da un figlio. Non riesco a dimenticare tutte le volte che mia madre ha pianto per mio fratello e tutte le volte che i miei abbracci sono stati accolti come un contentino inaccettabile. Mi sento come se il mio affetto e le mie attenzioni non fossero paragonabili a quelle degli altri, e questo anche per quanto riguarda il rapporto col mio fidanzato.
Da tutta una serie di fallimenti intellettuali e affettivi ho maturato un'ansia sempre maggiore e anche un notevole nervosismo, che si ripercuote sulla mia dieta e sul mio sonno, che è sempre o eccessivo o quasi assente, a seconda dei periodi. Ogni volta che qualcuno mi corregge, ogni volta che qualcuno dimostra di essermi superiore in qualcosa, mi sento come se non avessi alcuna ragione di esistere: che posso mai dare al mondo? Non ho talenti particolari, non so emozionare le persone... Ora aspetto con una concreta "paura" l'anno prossimo, che sarà il terzo fuoricorso, e non ce la faccio proprio a sostenere l'idea di questo mio costante fallimento. Una seduta psicologica mi aiuterebbe a migliorare questo mio modo di vedere le cose? Il mio problema è lieve o devo necessariamente farmi aiutare?
Aspetto la sua risposta e la ringrazio anticipatamente.
Ps: soffro anche di una sorta di dermatillomania: mi torturo gambe e braccia, che sono ricoperte di croste e cicatrici.
Da piccola non ero in grado di esprimere la mia opinione, e questa situazione è migliorata solo recentemente: al primo anno di università non riuscivo ad entrare in un negozio se vi erano troppe persone, per il resto tendevo ad evitare qualsiasi contatto con gli altri. Purtroppo il mio fisico è molto soggetto alle mie emozioni, così in certe situazioni ho anche rossore, aerofagia, mal di stomaco da ansia e nervosismo, e piango molto facilmente.
Sono sempre stata molto ambiziosa, avevo grandi progetti lavorativi e ho fatto di tutto per superare le mie paure sociali. Per la gran parte ci sono riuscita, adesso sono molto più loquace, guardo la gente negli occhi, ho anche sviluppato un certo senso dell'umorismo che molti apprezzano. Passo gran parte del mio tempo a studiare, ma mi sono resa conto che i miei sforzi non fruttano bene, perchè ho un grave disturbo di concentrazione, una memoria carente, e fondamentalmente non riesco ad essere felice della mia situazione.
Mi fidanzai all'età di 17 anni: per me era la prima volta, ma lui era da poco uscito da una storia di 4 anni particolarmente importante che ha addirittura minato la nostra storia. Ora stiamo ancora insieme, ormai da 7 anni, ma ho sempre pensato che la nostra relazione non è e non può essere paragonabile a quella sua precedente, per intensità.
Al quinto anno di fidanzamento mi lasciò, dicendo che non aveva più voglia di stare con me, perché non provava nulla: fin da piccola ero tormentata all'idea di non contare nulla, tutti si dimenticavano di me. Subire l'indifferenza della persona che amo mi ha distrutta, e a seguito di ciò ho pensato a vari modi di togliermi la vita, andandoci troppo vicina una sera in cui ho fatto accetta di tutti i medicinali di casa: ero intenzionata a prenderli tutti insieme ma temevo non sarebbero stati abbastanza da uccidermi e non volevo attirare l'attenzione della mia famiglia. Dopo qualche mese siamo tornati insieme, ma lo spettro di quella delusione continua a perseguitarmi.
Un altro evento d'impatto nella mia vita è stata l'acquisizione della patente: non riuscivo a guidare bene e non capisco perché alcune cose debbano essere così difficili per me quando sono normali per tutto il resto del mondo. Ho iniziato a credermi molto meno brillante di quanto credevo di essere e di quanto i miei genitori e il mio ragazzo si aspettassero.
Il colpo di grazia è stato l'università: sono al secondo anno fuoricorso, e gli esami diventano sempre più difficili, i risultati sempre più frustranti, mentre le mie coetanee si laureano e iniziano a lavorare.
Riguardo la famiglia, hanno sempre fatto del loro meglio, ma i miei genitori sono sempre stati troppo concentrati sugli altri problematici figli per accorgersi di me che li amo e che faccio tutto quello che loro vorrebbero da un figlio. Non riesco a dimenticare tutte le volte che mia madre ha pianto per mio fratello e tutte le volte che i miei abbracci sono stati accolti come un contentino inaccettabile. Mi sento come se il mio affetto e le mie attenzioni non fossero paragonabili a quelle degli altri, e questo anche per quanto riguarda il rapporto col mio fidanzato.
Da tutta una serie di fallimenti intellettuali e affettivi ho maturato un'ansia sempre maggiore e anche un notevole nervosismo, che si ripercuote sulla mia dieta e sul mio sonno, che è sempre o eccessivo o quasi assente, a seconda dei periodi. Ogni volta che qualcuno mi corregge, ogni volta che qualcuno dimostra di essermi superiore in qualcosa, mi sento come se non avessi alcuna ragione di esistere: che posso mai dare al mondo? Non ho talenti particolari, non so emozionare le persone... Ora aspetto con una concreta "paura" l'anno prossimo, che sarà il terzo fuoricorso, e non ce la faccio proprio a sostenere l'idea di questo mio costante fallimento. Una seduta psicologica mi aiuterebbe a migliorare questo mio modo di vedere le cose? Il mio problema è lieve o devo necessariamente farmi aiutare?
Aspetto la sua risposta e la ringrazio anticipatamente.
Ps: soffro anche di una sorta di dermatillomania: mi torturo gambe e braccia, che sono ricoperte di croste e cicatrici.
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Una seduta psicologica mi aiuterebbe a migliorare questo mio modo di vedere le cose? Il mio problema è lieve o devo necessariamente farmi aiutare? soffro anche di una sorta di dermatillomania
Gentile utente, una sola seduta si può definire "consulenza". Se iniziare in questo modo "soft" la mette più a Suo agio, lo faccia.
I vari aspetti che Lei descrive fanno propendere in realtà per una psicoterapia. Non tanto sulla base di un problema lieve o grave, quanto per iniziare un percorso di cambiamento che la conduca ad una qualità di vita migliore.
Da sola utilizza uno sguardo perennemente svalutante di sè, rispetto a tutte lke aree della vita: sentimenti, studio, patente..
Gentile utente, una sola seduta si può definire "consulenza". Se iniziare in questo modo "soft" la mette più a Suo agio, lo faccia.
I vari aspetti che Lei descrive fanno propendere in realtà per una psicoterapia. Non tanto sulla base di un problema lieve o grave, quanto per iniziare un percorso di cambiamento che la conduca ad una qualità di vita migliore.
Da sola utilizza uno sguardo perennemente svalutante di sè, rispetto a tutte lke aree della vita: sentimenti, studio, patente..
Dr. Carla Maria BRUNIALTI
Psicoterapeuta, Sessuologa clinica, Psicologa europea.
https://www.centrobrunialtipsy.it/
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<Il mio problema è lieve o devo necessariamente farmi aiutare?>
Gentile Utente,
la percezione che ha di se stessa, la sintomatologia che riferisce, la sofferenza che prova richiedono attenzione specialistica, date poi le ripercussioni sulla sua qualità di vita.
Sembra non sia riuscita a conquistare una sufficiente stima di sé, complici la carenza di supporti affettivi da lei percepita e certe dinamiche familiari che non l'hanno aiutata a sentirsi acccettata, amata, considerata come avrebbe voluto.
I costanti paragoni con gli altri, il rimuginare sulla sua vita affettiva e familiare, la sua bassa autostima, la trattengono in uno stato di disagio e sofferenza che inficiano il suo benessere e la sua qualità di vita in più ambiti.
Se lei si percepisce come una persona che non ha talenti né qualità, non adeguata, si pone nella vita con premesse che non la aiutano di certo a conseguire i suoi obiettivi di studio, ad esempio, o una vita relazionale/sentimentale più soddisfacente.
L'ansia ad esempio è nemica dello studio e della concentrazione, richiede serenità e mente libera da paure e preoccupazioni.
Le suggerisco di consultare uno psicologo/psicoterapeuta che possa valutare attentamente la sua condizione alla luce di ogni elemento utile e accompagnarla in un eventuale percorso atto a far fronte in modo efficace ai suoi disagi, restituirle migliore benessere, qualità di vita, stima di sé.
Restiamo in ascolto
Gentile Utente,
la percezione che ha di se stessa, la sintomatologia che riferisce, la sofferenza che prova richiedono attenzione specialistica, date poi le ripercussioni sulla sua qualità di vita.
Sembra non sia riuscita a conquistare una sufficiente stima di sé, complici la carenza di supporti affettivi da lei percepita e certe dinamiche familiari che non l'hanno aiutata a sentirsi acccettata, amata, considerata come avrebbe voluto.
I costanti paragoni con gli altri, il rimuginare sulla sua vita affettiva e familiare, la sua bassa autostima, la trattengono in uno stato di disagio e sofferenza che inficiano il suo benessere e la sua qualità di vita in più ambiti.
Se lei si percepisce come una persona che non ha talenti né qualità, non adeguata, si pone nella vita con premesse che non la aiutano di certo a conseguire i suoi obiettivi di studio, ad esempio, o una vita relazionale/sentimentale più soddisfacente.
L'ansia ad esempio è nemica dello studio e della concentrazione, richiede serenità e mente libera da paure e preoccupazioni.
Le suggerisco di consultare uno psicologo/psicoterapeuta che possa valutare attentamente la sua condizione alla luce di ogni elemento utile e accompagnarla in un eventuale percorso atto a far fronte in modo efficace ai suoi disagi, restituirle migliore benessere, qualità di vita, stima di sé.
Restiamo in ascolto
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
Questo consulto ha ricevuto 2 risposte e 2.1k visite dal 05/08/2014.
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