ansia, attacchi di panico e psicoterapia
Salve,vorrei un parere sull''andamento delle mie sedute psicoterapiche.
Da circa un anno soffro di un''ansia fortissima che in diverse situazioni si traduce in attacchi di panico piuttosto intensi.
Ciò mi ha condotto lentamente ad evitare le situazioni più critiche fino ad arrivare ad oggi quando a volte ho paura anche ad uscire di casa o ad entrare in un supermercato.
Tutto questo ha avuto delle ripercussioni piuttosto negative nella mia vita visto che non riesco più a frequentare l''università né ad avere relazioni sociali soddisfacenti.
Il primo attacco di panico l''ho avuto proprio all''università, durante una lezione, in un periodo molto stressante:sono dovuta fuggire dall'' aula per non svenire.
Sono una perfezionista, sopratutto a scuola, voglio sempre dare il massimo e avere risultati più che buoni.
Ma per mantenere questo obiettivo sono arrivata praticamente ad annullare me stessa e tutto quello che non fosse studio lo vedevo come una perdita di tempo invece che come un arricchimento personale.
Preso coscienza del mio stato, ho portato avanti per 6 mesi delle sedute con una psicologa ma non ho avuto risultati quindi da circa un mese ho cambiato terapeuta iniziando una psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale.
L''approccio è molto diverso e molto più stimolante soprattutto grazie al modo più diretto di affrontare le problematiche che generano ansia e ai "compiti" che vengono dati tra un incontro e l''altro.
Il problema è che io incontro moltissima difficoltà ad aprirmi e a discutere in modo approfondito le mie paure, le mie sensazioni con la dott.ssa, perché mi si scatena il panico e l''ansia durante la seduta e mi chiudo a riccio!!
Non mi sento a mio agio e ho pensato che possa essere anche una mancanza di feeling con la terapeuta, che mi mette un po in soggezione.
Stranamente ho meno difficoltà ad affrontare certe situazioni che mi spaventano piuttosto che a recarmi da lei.
Questo mi ha fatto preoccupare, forse non riuscirò a ottenere buoni risultati nella terapia se non tampono prima un po'' questa ansia che mi sta logorando.
Ho già provato a prendere ansiolitici con risultati scarsi e a quanto pare l''unica via rimasta sono gli antidepressivi, anche se ho il terrore di assumerli e non so se riuscirò!
Inoltre più si avvicina il momento di tornare in facoltà più mi sento peggio perché so che c''è sempre meno tempo per decidere di assumere i farmaci e mi sembra di non stare facendo abbastanza per rimediare ai miei problemi.
Voi che ne pensate:è normale sentirsi così durante le sedute?? sbaglio (dopo quasi un anno in questo stato) ad affrontare il tutto senza un supporto anche farmacologico??
Grazie a chi risponderà e scusate se mi sono dilungata troppo..
Da circa un anno soffro di un''ansia fortissima che in diverse situazioni si traduce in attacchi di panico piuttosto intensi.
Ciò mi ha condotto lentamente ad evitare le situazioni più critiche fino ad arrivare ad oggi quando a volte ho paura anche ad uscire di casa o ad entrare in un supermercato.
Tutto questo ha avuto delle ripercussioni piuttosto negative nella mia vita visto che non riesco più a frequentare l''università né ad avere relazioni sociali soddisfacenti.
Il primo attacco di panico l''ho avuto proprio all''università, durante una lezione, in un periodo molto stressante:sono dovuta fuggire dall'' aula per non svenire.
Sono una perfezionista, sopratutto a scuola, voglio sempre dare il massimo e avere risultati più che buoni.
Ma per mantenere questo obiettivo sono arrivata praticamente ad annullare me stessa e tutto quello che non fosse studio lo vedevo come una perdita di tempo invece che come un arricchimento personale.
Preso coscienza del mio stato, ho portato avanti per 6 mesi delle sedute con una psicologa ma non ho avuto risultati quindi da circa un mese ho cambiato terapeuta iniziando una psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale.
L''approccio è molto diverso e molto più stimolante soprattutto grazie al modo più diretto di affrontare le problematiche che generano ansia e ai "compiti" che vengono dati tra un incontro e l''altro.
Il problema è che io incontro moltissima difficoltà ad aprirmi e a discutere in modo approfondito le mie paure, le mie sensazioni con la dott.ssa, perché mi si scatena il panico e l''ansia durante la seduta e mi chiudo a riccio!!
Non mi sento a mio agio e ho pensato che possa essere anche una mancanza di feeling con la terapeuta, che mi mette un po in soggezione.
Stranamente ho meno difficoltà ad affrontare certe situazioni che mi spaventano piuttosto che a recarmi da lei.
Questo mi ha fatto preoccupare, forse non riuscirò a ottenere buoni risultati nella terapia se non tampono prima un po'' questa ansia che mi sta logorando.
Ho già provato a prendere ansiolitici con risultati scarsi e a quanto pare l''unica via rimasta sono gli antidepressivi, anche se ho il terrore di assumerli e non so se riuscirò!
Inoltre più si avvicina il momento di tornare in facoltà più mi sento peggio perché so che c''è sempre meno tempo per decidere di assumere i farmaci e mi sembra di non stare facendo abbastanza per rimediare ai miei problemi.
Voi che ne pensate:è normale sentirsi così durante le sedute?? sbaglio (dopo quasi un anno in questo stato) ad affrontare il tutto senza un supporto anche farmacologico??
Grazie a chi risponderà e scusate se mi sono dilungata troppo..
[#1]
>>Non mi sento a mio agio e ho pensato che possa essere anche una mancanza di feeling con la terapeuta, che mi mette un po in soggezione.<<
questo è un punto molto importante e sarebbe il caso di parlarne con la Collega.
>>Stranamente ho meno difficoltà ad affrontare certe situazioni che mi spaventano piuttosto che a recarmi da lei.<<
in realtà dovrebbe essere l'esatto opposto, dovrebbe provare sensazioni e sentimenti molto diversi.
Le capitava anche con l'altra terapia?
Secondo lei, come mai ha queste sensazioni rispetto alla Collega?
L'università e lo studio non possono essere l'unica motivazione e il baricentro della sua esistenza, perché come vede c'è il sintomo che in certo senso le ricorda questo.
La ricerca della "perfezione" è solo una difesa contro gli affetti e la difficoltà nella gestione degli stessi. Le cause andrebbero indagate in psicoterapia, quindi le sole prescrizioni (compiti) potrebbero non essere sufficienti alla risoluzione del suo disagio.
Ha una relazione affettiva?
questo è un punto molto importante e sarebbe il caso di parlarne con la Collega.
>>Stranamente ho meno difficoltà ad affrontare certe situazioni che mi spaventano piuttosto che a recarmi da lei.<<
in realtà dovrebbe essere l'esatto opposto, dovrebbe provare sensazioni e sentimenti molto diversi.
Le capitava anche con l'altra terapia?
Secondo lei, come mai ha queste sensazioni rispetto alla Collega?
L'università e lo studio non possono essere l'unica motivazione e il baricentro della sua esistenza, perché come vede c'è il sintomo che in certo senso le ricorda questo.
La ricerca della "perfezione" è solo una difesa contro gli affetti e la difficoltà nella gestione degli stessi. Le cause andrebbero indagate in psicoterapia, quindi le sole prescrizioni (compiti) potrebbero non essere sufficienti alla risoluzione del suo disagio.
Ha una relazione affettiva?
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#2]
Quante sedute aveva fatto nella precedente terapia? Chiedo questo perché 6 mesi possono essere un tempo breve o brevissimo a seconda del numero di sedute che ha fatto.
Il sintomo che lei descrive (panico) inoltre potrebbe essere un semplice sintomo quanto un disturbo, quanto ancora un correlato secondario rispetto ad un disturbo di tutt'altra natura o un sintomo dovuto a condizioni mediche o a farmaci, sostanze, ecc.
Noi da qui non possiamo saperlo, ma probabilmente lo sapranno i suoi terapeuti e sapranno dirle se il tempo che lei ha immaginato come "utile" sia effettivamente sufficiente o meno, indipendentemente dal fatto che lei segua una terapia più attiva e centrata sul soggetto come quella psicodinamica o più prescrittiva come quella cognitivo-comportamentale.
Gli antidepressivi di ultima generazione sembra funzionino bene con i sintomi ansiosi, ma per questa valutazione si deve sempre sentire uno psichiatra e comunque - in generale - continuare la psicoterapia anche dopo la cessazione iniziale dei sintomi.
cordiali saluti
Il sintomo che lei descrive (panico) inoltre potrebbe essere un semplice sintomo quanto un disturbo, quanto ancora un correlato secondario rispetto ad un disturbo di tutt'altra natura o un sintomo dovuto a condizioni mediche o a farmaci, sostanze, ecc.
Noi da qui non possiamo saperlo, ma probabilmente lo sapranno i suoi terapeuti e sapranno dirle se il tempo che lei ha immaginato come "utile" sia effettivamente sufficiente o meno, indipendentemente dal fatto che lei segua una terapia più attiva e centrata sul soggetto come quella psicodinamica o più prescrittiva come quella cognitivo-comportamentale.
Gli antidepressivi di ultima generazione sembra funzionino bene con i sintomi ansiosi, ma per questa valutazione si deve sempre sentire uno psichiatra e comunque - in generale - continuare la psicoterapia anche dopo la cessazione iniziale dei sintomi.
cordiali saluti
Dr. Alessandro Raggi
psicoterapeuta psicoanalista
www.psicheanima.it
[#3]
Gentile Utente,
è del tutto fisiologico nel corso di una psicoterapia potersi sentire in questa maniera e provare un po' d'ansia proprio poco prima di andare dalla terapeuta.
Lei asserisce poi di essere una perfezionista e di temere in qualche maniera il giudizio e l'errore: quale occasione migliore della seduta per far emergere tutto ciò, nella quale è un aspetto Suo che viene fuori in presenza della terapeuta che, probabilmente, viene vista da Lei come colei che La giudicherà o che Le dirà se ha fatto bene o male.
Deve però sapere che le prescrizioni comportamentali e le discussioni sui compiti che emergono durante la seduta NON servono a noi terapeuti, tanto meno per giudicare il pz, ma servono al pz. per imparare a sperimentarsi in un modo diverso: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html
E' anche vero che il terapeuta ha il dovere di intervenire se qualcosa non va bene. Lei si sente giudicata dalla terapeuta?
Colga l'occasione per riferire alla terapeuta proprio tutto ciò che ha scritto qui, magari può stampare questa conversazione e parlarne in seduta, perchè sorprende poco che Lei abbia l'ansia soprattutto nelle situazioni in cui dal Suo punto di vista ci si sente sotto esame (es università). Sono certa che la condivisione di questo aspetto potrà fare emergere il problema, con la finalità di risolverlo.
Non mi preoccuperei invece di non riuscire ad ottenere risultati: se Lei è aperta con la terapeuta non ci sono problemi di questo tipo, perchè mette la Collega proprio nella condizione di poter lavorare al meglio per Lei.
Cordiali saluti,
è del tutto fisiologico nel corso di una psicoterapia potersi sentire in questa maniera e provare un po' d'ansia proprio poco prima di andare dalla terapeuta.
Lei asserisce poi di essere una perfezionista e di temere in qualche maniera il giudizio e l'errore: quale occasione migliore della seduta per far emergere tutto ciò, nella quale è un aspetto Suo che viene fuori in presenza della terapeuta che, probabilmente, viene vista da Lei come colei che La giudicherà o che Le dirà se ha fatto bene o male.
Deve però sapere che le prescrizioni comportamentali e le discussioni sui compiti che emergono durante la seduta NON servono a noi terapeuti, tanto meno per giudicare il pz, ma servono al pz. per imparare a sperimentarsi in un modo diverso: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html
E' anche vero che il terapeuta ha il dovere di intervenire se qualcosa non va bene. Lei si sente giudicata dalla terapeuta?
Colga l'occasione per riferire alla terapeuta proprio tutto ciò che ha scritto qui, magari può stampare questa conversazione e parlarne in seduta, perchè sorprende poco che Lei abbia l'ansia soprattutto nelle situazioni in cui dal Suo punto di vista ci si sente sotto esame (es università). Sono certa che la condivisione di questo aspetto potrà fare emergere il problema, con la finalità di risolverlo.
Non mi preoccuperei invece di non riuscire ad ottenere risultati: se Lei è aperta con la terapeuta non ci sono problemi di questo tipo, perchè mette la Collega proprio nella condizione di poter lavorare al meglio per Lei.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#4]
Utente
Con l'altra psicologa mi capitava di essere agitata all'inizio della seduta ma poi mi rilassavo.
Secondo me è dovuto al fatto che con la psicologa in sostanza parlavo solo io..lei ascoltava e interveniva di tanto in tanto ma nulla di che..più che altro le sedute erano per me uno sfogo ma ero io a tenere in mano la discussione: lei mi diceva che se ero a disagio con certe cose potevo non parlarne.
Ora invece mi sento sotto torchio, perché la psicoterapeuta mi interrompe continuamente, mi fa domande "scomode", nel senso che vuole sapere esattamente come mi sento quando mi viene il panico,analizzare tutte le situazioni che me lo provocano e dice che bisogna parlarne per forza anche se sto male.
Lei dice che dovrei sentirmi meglio, dovrebbe essere una liberazione per me, invece io la vivo come una tortura:appena entro nello studio comincio a guardare l'orologio per vedere quanto tempo manca a finire.
Con le relazioni sia d'amicizia che sentimentali sono un disastro.
Ho chiuso a febbraio una storia che si trascinava da anni e che mi ha fatto soffrire molto...non posso entrare nei
particolari ma lui non era un ragazzo che poteva avere una relazione seria con me...questo l'ho usato a mio vantaggio all'inizio perché non volevo una storia impegnativa ma con l'andare del tempo la situazione mi ha creato non pochi problemi e ha sicuramente contribuito al mio malessere attuale: lui non c'era quasi mai e quando ho avuto davvero bisogno non ha saputo starmi vicino se non con messaggi dal cellulare visto che non si faceva neanche chiamare.E in sostanza sono rimasta da sola con le mie difficoltà perché non ne potevo parlare con nessuno eccetto lui.
Con la psicologa facevo una seduta alla settimana e lo stesso ora con la psicoterapeuta.
Si mi sento come sotto esame, mi fa le domande a bruciapelo, io non so dove vuole andare a parare ed entro in panico, perché non riesco a tenere sotto controllo la situazione (il controllo su tutto è un altro mio problema su tutti i fronti).
Poi dopo tutto questo tempo mi sento stanca di fare queste sedute..in realtà è mia mamma che mi ha spinto a intraprendere la psicoterapia perché io in realtà non mi sentivo più la forza.L'ho fatto più che altro per farle vedere che stavo facendo qualcosa per migliorare il mio malessere.
In più ora che si è rivelato così impegnativo sento proprio che non ce la faccio più.
Per quanto riguarda gli antidepressivi la psichiatra che mi segue dice che vorrebbe vedermi reagire e farcela da sola imparando a controllare le mie emozioni proprio attraverso tecniche di desensibilizzazione indicate dalla psicoterapeuta.
E' molto restia a prescrivermi l'antidepressivo.
Invece un altro psichiatra con cui ho avuto una consulenza me lo ha prescritto subito dicendomi che non uscirò da questa situazione in tempi brevi senza prenderlo.
Secondo me è dovuto al fatto che con la psicologa in sostanza parlavo solo io..lei ascoltava e interveniva di tanto in tanto ma nulla di che..più che altro le sedute erano per me uno sfogo ma ero io a tenere in mano la discussione: lei mi diceva che se ero a disagio con certe cose potevo non parlarne.
Ora invece mi sento sotto torchio, perché la psicoterapeuta mi interrompe continuamente, mi fa domande "scomode", nel senso che vuole sapere esattamente come mi sento quando mi viene il panico,analizzare tutte le situazioni che me lo provocano e dice che bisogna parlarne per forza anche se sto male.
Lei dice che dovrei sentirmi meglio, dovrebbe essere una liberazione per me, invece io la vivo come una tortura:appena entro nello studio comincio a guardare l'orologio per vedere quanto tempo manca a finire.
Con le relazioni sia d'amicizia che sentimentali sono un disastro.
Ho chiuso a febbraio una storia che si trascinava da anni e che mi ha fatto soffrire molto...non posso entrare nei
particolari ma lui non era un ragazzo che poteva avere una relazione seria con me...questo l'ho usato a mio vantaggio all'inizio perché non volevo una storia impegnativa ma con l'andare del tempo la situazione mi ha creato non pochi problemi e ha sicuramente contribuito al mio malessere attuale: lui non c'era quasi mai e quando ho avuto davvero bisogno non ha saputo starmi vicino se non con messaggi dal cellulare visto che non si faceva neanche chiamare.E in sostanza sono rimasta da sola con le mie difficoltà perché non ne potevo parlare con nessuno eccetto lui.
Con la psicologa facevo una seduta alla settimana e lo stesso ora con la psicoterapeuta.
Si mi sento come sotto esame, mi fa le domande a bruciapelo, io non so dove vuole andare a parare ed entro in panico, perché non riesco a tenere sotto controllo la situazione (il controllo su tutto è un altro mio problema su tutti i fronti).
Poi dopo tutto questo tempo mi sento stanca di fare queste sedute..in realtà è mia mamma che mi ha spinto a intraprendere la psicoterapia perché io in realtà non mi sentivo più la forza.L'ho fatto più che altro per farle vedere che stavo facendo qualcosa per migliorare il mio malessere.
In più ora che si è rivelato così impegnativo sento proprio che non ce la faccio più.
Per quanto riguarda gli antidepressivi la psichiatra che mi segue dice che vorrebbe vedermi reagire e farcela da sola imparando a controllare le mie emozioni proprio attraverso tecniche di desensibilizzazione indicate dalla psicoterapeuta.
E' molto restia a prescrivermi l'antidepressivo.
Invece un altro psichiatra con cui ho avuto una consulenza me lo ha prescritto subito dicendomi che non uscirò da questa situazione in tempi brevi senza prenderlo.
[#5]
Gentile ragazza,
se Lei deve andare in terapia e parlare come fosse uno sfogo, mi pare chiaro non ottenere alcun tipo di risultato, soprattutto per quanto riguarda i disturbi d'ansia.
Se, al contrario, ha modo di lavorare proprio sugli aspetti problematici, sulle credenze e convinzioni (es controllo) che generano il problema in termini di pensieri ed emozioni (ansia), allora è chiaro che sente la FATICA del lavoro psicoterapico.
La fatica della psicoterapia appartiene al pz, così come i risultati.
Una psicoterapia che non fa fare alcuna fatica al pz NON va bene perchè non permette di cambiare.
L'aspetto importante della psicoterapia è il cambiamento degli aspetti disfunzionali e per farlo deve necessariamente confrontarsi con ciò che non funziona.
Poi, l'analisi delle sequenze critiche nella terapia cognitivo-comportamentale è fatta proprio come Lei l'ha descritta: è chiaro che il terapeuta deve aiutarLa a focalizzarsi sull'aspetto disfunzionale e non La lascia parlare a vanvera come fosse in uno sfogatoio.
Mi pare che la modalità di procedere del terapeuta sia corretta e sensata.
Ma ribadisco che se fa fatica (indipendentemente dall'ambito) deve parlarne con la terapeuta per poter essere aiutata anche su questo aspetto.
Se vuole ci aggiorni in futuro :-)
Cordiali saluti,
se Lei deve andare in terapia e parlare come fosse uno sfogo, mi pare chiaro non ottenere alcun tipo di risultato, soprattutto per quanto riguarda i disturbi d'ansia.
Se, al contrario, ha modo di lavorare proprio sugli aspetti problematici, sulle credenze e convinzioni (es controllo) che generano il problema in termini di pensieri ed emozioni (ansia), allora è chiaro che sente la FATICA del lavoro psicoterapico.
La fatica della psicoterapia appartiene al pz, così come i risultati.
Una psicoterapia che non fa fare alcuna fatica al pz NON va bene perchè non permette di cambiare.
L'aspetto importante della psicoterapia è il cambiamento degli aspetti disfunzionali e per farlo deve necessariamente confrontarsi con ciò che non funziona.
Poi, l'analisi delle sequenze critiche nella terapia cognitivo-comportamentale è fatta proprio come Lei l'ha descritta: è chiaro che il terapeuta deve aiutarLa a focalizzarsi sull'aspetto disfunzionale e non La lascia parlare a vanvera come fosse in uno sfogatoio.
Mi pare che la modalità di procedere del terapeuta sia corretta e sensata.
Ma ribadisco che se fa fatica (indipendentemente dall'ambito) deve parlarne con la terapeuta per poter essere aiutata anche su questo aspetto.
Se vuole ci aggiorni in futuro :-)
Cordiali saluti,
[#6]
Utente
Proverò a parlarne con la dott.ssa.
Speriamo di poter arrivare ad un compromesso che mi permetta di affrontare le problematiche senza sentirmi troppo male in seduta.
Riguardo alla precedente terapia devo dire che mi dispiace molto aver buttato tanto tempo e soldi in qualcosa che alla fine mi ha dato ben poco giovamento.
Ma era la mia prima volta da una psicologa..ne ho scelto una a caso..non sapevo ci fossero diversi metodi..pensavo funzionasse così e basta.
E su internet che ho trovato informazioni sulla terapia cognitivo-comportamentale e da lì ho capito che forse il tipo di terapia che stavo facendo non era adatto a me.
Purtroppo è andata così.
La ringrazio tanto dottoressa, è stata gentile e disponibile.
Speriamo di poter arrivare ad un compromesso che mi permetta di affrontare le problematiche senza sentirmi troppo male in seduta.
Riguardo alla precedente terapia devo dire che mi dispiace molto aver buttato tanto tempo e soldi in qualcosa che alla fine mi ha dato ben poco giovamento.
Ma era la mia prima volta da una psicologa..ne ho scelto una a caso..non sapevo ci fossero diversi metodi..pensavo funzionasse così e basta.
E su internet che ho trovato informazioni sulla terapia cognitivo-comportamentale e da lì ho capito che forse il tipo di terapia che stavo facendo non era adatto a me.
Purtroppo è andata così.
La ringrazio tanto dottoressa, è stata gentile e disponibile.
[#7]
Fa bene a parlarne con la Sua dottoressa, vedrà che la terapia avrà modo di prendere un'altra piega e troverà giovamento. Non si scoraggi se alcuni momenti della psicoterapia Le sembreranno difficili e problematici... talvolta può capitare di fare più fatica, ma il terapeuta è proprio lì per starLe accanto e aiutarLa a superare le difficoltà, se Lei lo permette :-)
In effetti ci sono diversi tipi di psicoterapia e le psicoterapie non sono tutte uguali, anzi possono essere anche molto diverse l'una dall'altra.
Legga qui per approfondimenti: https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, oltre a basarsi sulle evidenze empiriche ead essere l'applicazione del metodo scientifico alla psicoterapia, considera non solo il criterio di efficacia (cioè la soluzione del problema portato dal pz) ma anche di efficienza (cioè con il minor dispendio di tempo ed energia).
In ogni caso Le auguro di risolvere presto la problematica che L'ha portata in terapia. Se vuole ci aggiorni in futuro.
Cordiali saluti,
In effetti ci sono diversi tipi di psicoterapia e le psicoterapie non sono tutte uguali, anzi possono essere anche molto diverse l'una dall'altra.
Legga qui per approfondimenti: https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, oltre a basarsi sulle evidenze empiriche ead essere l'applicazione del metodo scientifico alla psicoterapia, considera non solo il criterio di efficacia (cioè la soluzione del problema portato dal pz) ma anche di efficienza (cioè con il minor dispendio di tempo ed energia).
In ogni caso Le auguro di risolvere presto la problematica che L'ha portata in terapia. Se vuole ci aggiorni in futuro.
Cordiali saluti,
[#8]
gentile utente,
non ci sono terapie migliori di altre o specifiche per un disturbo, ma più facilmente terapeuti migliori di altri e/o pazienti che riescono meglio a lavorare in un modo anzichè in un altro.
La terapia può essere "difficile" e non è quasi mai una passeggiata, ma comunque sei mesi a un incontro a settimana sono in generale pochi per apprezzare dei risultati interessanti.
Lei non è affatto obbligato a sentirsi "comodo" in terapia così come però non è obbligato a essere "scomodo", però deve poter scegliere liberamente il terapeuta con il quale lei si trova meglio e con cui si sente più a suo agio. Le domande scomode fanno parte di ogni terapia, ma possono essere parte di un metodo se ripetute spesso, come lei racconta. Ma se lei dopo un po' di tempo sente che questo lavoro non le da altro che sofferenza senza alcun beneficio, e sente di essere "costretto" a parlare di ciò di cui non le interessa parlare (tipo i dettagli di come e quando viene l'attacco di panico) non ne vale la pena di sottoporsi a un qualcosa che non si è rivelato utile in un tempo ragionevole.
Nella prima terapia, di cui non conosco molti dettagli, a lei sembrava di essere lì a sfogarsi e basta, così come in questa ultima lei si sente di essere "torturato" dalle domande insistenti del terapeuta. Entrambi questi sentimenti potrebbero essere esplorati e indagati.
Non tutte le terapie sono prescrittive (domande, chiarimenti, istruzioni, compiti, ecc..) come le terapia che sta facendo ma ciò non significa che non possano essere efficaci ed efficienti allo stesso modo.
La scientificità dei metodi psicoterapeutici è esattamente la medesima e non c'è attualmente alcuna prova che una psicoterapia in assoluto sia migliore di un'altra.
Lei deve fare ciò che ritiene meglio per se e ciò che è più la fa star meglio non sentirsi costretto a fare una terapia semplicemente perchè imposta dai genitori.
non ci sono terapie migliori di altre o specifiche per un disturbo, ma più facilmente terapeuti migliori di altri e/o pazienti che riescono meglio a lavorare in un modo anzichè in un altro.
La terapia può essere "difficile" e non è quasi mai una passeggiata, ma comunque sei mesi a un incontro a settimana sono in generale pochi per apprezzare dei risultati interessanti.
Lei non è affatto obbligato a sentirsi "comodo" in terapia così come però non è obbligato a essere "scomodo", però deve poter scegliere liberamente il terapeuta con il quale lei si trova meglio e con cui si sente più a suo agio. Le domande scomode fanno parte di ogni terapia, ma possono essere parte di un metodo se ripetute spesso, come lei racconta. Ma se lei dopo un po' di tempo sente che questo lavoro non le da altro che sofferenza senza alcun beneficio, e sente di essere "costretto" a parlare di ciò di cui non le interessa parlare (tipo i dettagli di come e quando viene l'attacco di panico) non ne vale la pena di sottoporsi a un qualcosa che non si è rivelato utile in un tempo ragionevole.
Nella prima terapia, di cui non conosco molti dettagli, a lei sembrava di essere lì a sfogarsi e basta, così come in questa ultima lei si sente di essere "torturato" dalle domande insistenti del terapeuta. Entrambi questi sentimenti potrebbero essere esplorati e indagati.
Non tutte le terapie sono prescrittive (domande, chiarimenti, istruzioni, compiti, ecc..) come le terapia che sta facendo ma ciò non significa che non possano essere efficaci ed efficienti allo stesso modo.
La scientificità dei metodi psicoterapeutici è esattamente la medesima e non c'è attualmente alcuna prova che una psicoterapia in assoluto sia migliore di un'altra.
Lei deve fare ciò che ritiene meglio per se e ciò che è più la fa star meglio non sentirsi costretto a fare una terapia semplicemente perchè imposta dai genitori.
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 3.5k visite dal 02/08/2014.
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