E' normale che questa cosa mi abbia turbato così tanto?
Salve a tutti.
Sono lo stesso utente di questo consulto qui, qualche tempo fa:
https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/422994-fobia-del-cibo-alimentazione-selettiva.html
[non è strettamente necessario leggere quella pagina]
Credo di soffrire di distimia, ma ultimamente mi sono sentito abbastanza bene grazie al fatto di impegnarmi particolarmente nel ripasso pre-università (sembra che studiare mi faccia stare benino).
Inoltre ho lasciato perdere di approfondire le questioni di psicologia (la psicologia mi appassiona molto, ma era diventata davvero un'ossessione per cercare di capire meglio delle cose su di me, ovviamente, senza riuscirci).
Purtroppo ciò che mi rende depresso è per lo più la mancanza di vere amicizie, una tragica esperienza molto passata e il desiderio/bisogno di avere una ragazza come tanti altri miei coetanei (soffro di ansia sociale e tutto è più difficile, esco davvero poco).
Detto questo, oggi è stata una giornataccia a rovescio: dei truffatori hanno fatto firmare un contratto della luce a mia nonna (ho cercato di stare attento, ma alla fine lei ha firmato); ho avuto una pessima performance a pallavolo con mio cugino e infine è successa l'ultima cosa;
mio cugino, un tizio troppo strano ed elaborato per i miei standard, mi ha invitato all'acqua-park per l'indomani.
Io accettai quasi di colpo, nonostante le difficoltà che provo nell'uscire e soprattutto nell'andare lontano.
Una battuta di una sua amica che sarebbe anche venuta (assieme a molti altri), su per giù era: "Lo sai, chi va in coppia con una ragazza paga solo per una persona" (non l'ha fatto a malincuore, persona troppo buona).
Lì, ho provato un misto di rabbia e di delusione nei confronti di me stesso, ho maledetto la società e la mia vita, mi sono sentito (e dicevo, mentre gli spiegavo la mia rabbia a mio cugino) "sventurato", "pecora nera", "pazzo", "ultimo chiodo della carrozza dei morti", "mèrda della società".
"Pazzo" perché non ero in grado di comprendere che cosa in particolare abbia provocato la mia reazione (sicuramente esagerata). Mi è venuto lo stesso tipo di rabbia tipica della depressione, quando poi mi sono ritrovato da solo, pensieri ossessivi, pensavo al peggio, tutto nella mia testa mi portava solo a farmi arrabbiare di più, borbottavo e imprecavo.
Adesso sto un po' meglio, ma mi sento deluso da tutto. Non andavo al mare con lui da un mese e per una volta succede tutto questo.
Sono sempre più deluso di me stesso e di tutto quello che ho intorno. In questi momenti tutto mi fa schifo.
Ovviamente gli ho detto che a questo punto non sarei andato all'acqua-park.
Mi chiudo nei libri e passo lì la mia vita!
Sono lo stesso utente di questo consulto qui, qualche tempo fa:
https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/422994-fobia-del-cibo-alimentazione-selettiva.html
[non è strettamente necessario leggere quella pagina]
Credo di soffrire di distimia, ma ultimamente mi sono sentito abbastanza bene grazie al fatto di impegnarmi particolarmente nel ripasso pre-università (sembra che studiare mi faccia stare benino).
Inoltre ho lasciato perdere di approfondire le questioni di psicologia (la psicologia mi appassiona molto, ma era diventata davvero un'ossessione per cercare di capire meglio delle cose su di me, ovviamente, senza riuscirci).
Purtroppo ciò che mi rende depresso è per lo più la mancanza di vere amicizie, una tragica esperienza molto passata e il desiderio/bisogno di avere una ragazza come tanti altri miei coetanei (soffro di ansia sociale e tutto è più difficile, esco davvero poco).
Detto questo, oggi è stata una giornataccia a rovescio: dei truffatori hanno fatto firmare un contratto della luce a mia nonna (ho cercato di stare attento, ma alla fine lei ha firmato); ho avuto una pessima performance a pallavolo con mio cugino e infine è successa l'ultima cosa;
mio cugino, un tizio troppo strano ed elaborato per i miei standard, mi ha invitato all'acqua-park per l'indomani.
Io accettai quasi di colpo, nonostante le difficoltà che provo nell'uscire e soprattutto nell'andare lontano.
Una battuta di una sua amica che sarebbe anche venuta (assieme a molti altri), su per giù era: "Lo sai, chi va in coppia con una ragazza paga solo per una persona" (non l'ha fatto a malincuore, persona troppo buona).
Lì, ho provato un misto di rabbia e di delusione nei confronti di me stesso, ho maledetto la società e la mia vita, mi sono sentito (e dicevo, mentre gli spiegavo la mia rabbia a mio cugino) "sventurato", "pecora nera", "pazzo", "ultimo chiodo della carrozza dei morti", "mèrda della società".
"Pazzo" perché non ero in grado di comprendere che cosa in particolare abbia provocato la mia reazione (sicuramente esagerata). Mi è venuto lo stesso tipo di rabbia tipica della depressione, quando poi mi sono ritrovato da solo, pensieri ossessivi, pensavo al peggio, tutto nella mia testa mi portava solo a farmi arrabbiare di più, borbottavo e imprecavo.
Adesso sto un po' meglio, ma mi sento deluso da tutto. Non andavo al mare con lui da un mese e per una volta succede tutto questo.
Sono sempre più deluso di me stesso e di tutto quello che ho intorno. In questi momenti tutto mi fa schifo.
Ovviamente gli ho detto che a questo punto non sarei andato all'acqua-park.
Mi chiudo nei libri e passo lì la mia vita!
[#1]
"Mi chiudo nei libri e passo lì la mia vita!"
E secondo Lei questa può essere una soluzione, oppure può solo alimentare il problema?
E secondo Lei questa può essere una soluzione, oppure può solo alimentare il problema?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#2]
Ex utente
Grazie per la risposta dottoressa. Secondo me, ciò che ho detto (da considerare che adesso mi sento molto meglio) non risolverà il problema ma semplicemente credo che studiare (come farò all'università) mi terrà così impegnato da non avere neanche il tempo di pensare che sto male.
Quindi, in effetti, neppure peggiorerebbe le cose, credo. Sarebbe come mettere un momento in pausa tutte le mie sventure.
Poi non lo so, si vedrà quando sarò lì; sono conscio che sarà una bella sfida perché dovrò andare via di casa, da solo, per la prima volta.
Ho cambiato argomento a dire il vero, quindi torniamo al fatto.
Ho omesso un dettaglio abbastanza importante a tal proposito: quando l'amica di mio cugino aveva detto quella cosa, io avevo inteso erroneamente che, andando in coppia, si avrebbe pagato addirittura la metà della quota per entrambe le persone.
[Se il prezzo a persona era 12€, in coppia sarebbe stato soltanto 6€ in totale (3 per ciascuno), assurdo sì, ma lì per lì, tra lo stupore, avevo compreso in questo modo]
Mi sono arrabbiato tantissimo e le ho detto che non sarei venuto se non avessi avuto una "compagna" perché "sono stato educato così", ovvero sono stato educato a risparmiare il più possibile, quando possibile.
Quindi pare che io abbia trovato un pretesto per associare la mia condizione da single anche ad uno svantaggio economico, in quell'istante (che si va ad aggiungere a tutti gli altri lati negativi dell'essere single)!
In macchina, quando stavo discutendo con mio cugino del perché non sarei andato con lui l'indomani, mi ha spiegato meglio la situazione dello sconto, e mi sono reso conto che se avessi capito nel modo corretto sin da subito, forse mi sarei arrabbiato un po' (o molto) di meno o addirittura nonostante tutto non avrei rifiutato l'invito.
Di certo ormai non lo saprò come sarebbe andata, ma riflettendo ora in un momento di lucidità mi rendo conto che il fattore "soldi" ha giocato un ruolo importante tanto quanto il sentirsi "diverso" da tutti gli altri che sarebbero venuti con noi all'acqua-park.
Adesso, confesso, ho abbandonato da tempo il proposito di darmi spiegazioni psicologiche (come ho detto, tendono ad ossessionarmi) quindi non voglio andare oltre.
Voglio dire solo che mi rendo conto di aver certamente esagerato, ma sono certo che quello "scatto di pazzia" derivi da qualcosa di concreto.
Chissà quale meccanismo si sarà innescato a causa della vicenda...
Quindi, in effetti, neppure peggiorerebbe le cose, credo. Sarebbe come mettere un momento in pausa tutte le mie sventure.
Poi non lo so, si vedrà quando sarò lì; sono conscio che sarà una bella sfida perché dovrò andare via di casa, da solo, per la prima volta.
Ho cambiato argomento a dire il vero, quindi torniamo al fatto.
Ho omesso un dettaglio abbastanza importante a tal proposito: quando l'amica di mio cugino aveva detto quella cosa, io avevo inteso erroneamente che, andando in coppia, si avrebbe pagato addirittura la metà della quota per entrambe le persone.
[Se il prezzo a persona era 12€, in coppia sarebbe stato soltanto 6€ in totale (3 per ciascuno), assurdo sì, ma lì per lì, tra lo stupore, avevo compreso in questo modo]
Mi sono arrabbiato tantissimo e le ho detto che non sarei venuto se non avessi avuto una "compagna" perché "sono stato educato così", ovvero sono stato educato a risparmiare il più possibile, quando possibile.
Quindi pare che io abbia trovato un pretesto per associare la mia condizione da single anche ad uno svantaggio economico, in quell'istante (che si va ad aggiungere a tutti gli altri lati negativi dell'essere single)!
In macchina, quando stavo discutendo con mio cugino del perché non sarei andato con lui l'indomani, mi ha spiegato meglio la situazione dello sconto, e mi sono reso conto che se avessi capito nel modo corretto sin da subito, forse mi sarei arrabbiato un po' (o molto) di meno o addirittura nonostante tutto non avrei rifiutato l'invito.
Di certo ormai non lo saprò come sarebbe andata, ma riflettendo ora in un momento di lucidità mi rendo conto che il fattore "soldi" ha giocato un ruolo importante tanto quanto il sentirsi "diverso" da tutti gli altri che sarebbero venuti con noi all'acqua-park.
Adesso, confesso, ho abbandonato da tempo il proposito di darmi spiegazioni psicologiche (come ho detto, tendono ad ossessionarmi) quindi non voglio andare oltre.
Voglio dire solo che mi rendo conto di aver certamente esagerato, ma sono certo che quello "scatto di pazzia" derivi da qualcosa di concreto.
Chissà quale meccanismo si sarà innescato a causa della vicenda...
[#3]
" sono certo che quello "scatto di pazzia" derivi da qualcosa di concreto. "
Certamente, ma non lo definirei così. La rabbia della persona triste è una rabbia che nasce dal modo in cui egli organizza la conoscenza e attribuisce significati, dopo aver elaborato le informazioni che arrivano. Legga qui: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html
Quindi potrebbe essere senz'altro utile capire da dove viene la rabbia e soprattutto imparare a modularla.
Tuttavia i comportamenti di evitamento del problema quando si ha una fobia sociale o una difficoltà relazionale sono da evitare perchè peggiorano la situazione.
Cordiali saluti,
Certamente, ma non lo definirei così. La rabbia della persona triste è una rabbia che nasce dal modo in cui egli organizza la conoscenza e attribuisce significati, dopo aver elaborato le informazioni che arrivano. Legga qui: https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1583-depressione-patologia-o-poca-forza-di-volonta.html
Quindi potrebbe essere senz'altro utile capire da dove viene la rabbia e soprattutto imparare a modularla.
Tuttavia i comportamenti di evitamento del problema quando si ha una fobia sociale o una difficoltà relazionale sono da evitare perchè peggiorano la situazione.
Cordiali saluti,
[#4]
Ex utente
MMh, grazie per l'articolo (suppongo che debba correggere la parola "helpness" con "helplessness").
Comunque, a dire il vero vi sono delle situazioni in cui mi comporto come se l'ansia non esistesse affatto: mi piace dire che in queste situazioni mi sento "me stesso" anche se mi rendo conto che sono ben poche.
Posso non essere ansioso, posso scherzare, fare battute, fare ridere, ecc... ma nella maggior parte delle circostanze/situazioni sociali, spesso è il contrario.
Che cosa intendo col fatto che mi sento me stesso? Semplicemente ho l'impressione che se le cose fossero andate diversamente durante la mia crescita, sarei stato... me stesso! [e molti problemi/ansie/paure/ossessioni si sarebbero potuti evitare]
Tornando allo studiare, ho notato alcune volte che mi metto così tanto di impegno che quasi dimentico di essere "malato", perché la mia vita assume un senso (la passione per la conoscenza).
Se tolgo questo, mi sento fuori posto in questo mondo, sento che il mondo possa fare a meno della mia esistenza!
Mi è sembrato molto interessante, da un anno a questa parte, la dinamica della mia condizione psicologica, il suo modo di variare nel tempo. Qualche mese fa avrei detto cose completamente diverse (i risultati di un "esame di coscienza" sarebbero stati diversi); sembra come se la "malattia" (ogni tanto la chiamo impropriamente così) si sviluppi di continuo in modi e forme diverse, ma è sempre lì comunque a nuocere.
Esistono anche delle basi irremovibili, vizi, problemi che sono sempre rimasti fondamentalmente uguali nel tempo.
---
UPDATE:
Questa è la mia teoria sulla vicenda di oggi (non penso che sia molto corretta comunque): inizio a credere che l'incoscio mi abbia giocato un brutto scherzetto ergendo dei muri difensivi, come è suo solito fare, con l'unica conseguenza di rendermi le cose solo più difficili.
Possibilmente tutto è stato un pretesto (incoscio) perché in realtà avevo paura di andare all'acqua-park per i miei problemi con l'alimentazione.
Da questo punto di vista il cibo ha rappresentato un ostacolo spesso poco trascurabile, soprattutto se sommato agli altri problemi.
Qualcosa mi dice comunque che tutto questo non è completamente corretto. E mi ero anche ripromesso di evitare di entrare nel ruolo dello psicanalista per nulla istruito!
Comunque, a dire il vero vi sono delle situazioni in cui mi comporto come se l'ansia non esistesse affatto: mi piace dire che in queste situazioni mi sento "me stesso" anche se mi rendo conto che sono ben poche.
Posso non essere ansioso, posso scherzare, fare battute, fare ridere, ecc... ma nella maggior parte delle circostanze/situazioni sociali, spesso è il contrario.
Che cosa intendo col fatto che mi sento me stesso? Semplicemente ho l'impressione che se le cose fossero andate diversamente durante la mia crescita, sarei stato... me stesso! [e molti problemi/ansie/paure/ossessioni si sarebbero potuti evitare]
Tornando allo studiare, ho notato alcune volte che mi metto così tanto di impegno che quasi dimentico di essere "malato", perché la mia vita assume un senso (la passione per la conoscenza).
Se tolgo questo, mi sento fuori posto in questo mondo, sento che il mondo possa fare a meno della mia esistenza!
Mi è sembrato molto interessante, da un anno a questa parte, la dinamica della mia condizione psicologica, il suo modo di variare nel tempo. Qualche mese fa avrei detto cose completamente diverse (i risultati di un "esame di coscienza" sarebbero stati diversi); sembra come se la "malattia" (ogni tanto la chiamo impropriamente così) si sviluppi di continuo in modi e forme diverse, ma è sempre lì comunque a nuocere.
Esistono anche delle basi irremovibili, vizi, problemi che sono sempre rimasti fondamentalmente uguali nel tempo.
---
UPDATE:
Questa è la mia teoria sulla vicenda di oggi (non penso che sia molto corretta comunque): inizio a credere che l'incoscio mi abbia giocato un brutto scherzetto ergendo dei muri difensivi, come è suo solito fare, con l'unica conseguenza di rendermi le cose solo più difficili.
Possibilmente tutto è stato un pretesto (incoscio) perché in realtà avevo paura di andare all'acqua-park per i miei problemi con l'alimentazione.
Da questo punto di vista il cibo ha rappresentato un ostacolo spesso poco trascurabile, soprattutto se sommato agli altri problemi.
Qualcosa mi dice comunque che tutto questo non è completamente corretto. E mi ero anche ripromesso di evitare di entrare nel ruolo dello psicanalista per nulla istruito!
[#5]
Ex utente
Non ho ricevuto altre risposte.
In ogni caso, la situazione è lievemente peggiorata nonostante stia cercando di tenerla sotto controllo.
Mi sento particolarmente giù, questi momenti arrivano all'improvviso.
Alla fine, dopo quel fatto, mi sono calmato dopo aver compreso la stupidità della faccenda.
Due giorni dopo, ieri, sono tornato al mare con mio cugino, tutto il giorno, mi sono divertito anche più del solito.
Però l'intera giornata è lievemente seminata dai vari pensieri negativi, soprattutto quando abbiamo finito e siamo tornati a casa sua, discutendo con mio zio, mi metto a dire sempre cose del tipo "sono malato", "tutto è storto di me, non c'è una cosa che sia giusta", ecc... anche con tono scherzoso, ma ugualmente sono pensieri seri.
Quando sono tornato a casa mia è bastato un banale rimprovero di mio padre per far crollare la situazione.
Mi rendo conto che in questi momenti sono vulnerabile, irritabile, instabile.
Non so più come fare a prevenire questi episodi.
---
La mia casa la sento ormai impregnata di un'aura negativa: mio padre che è nervoso, io che ho fame e non riesco a mangiare nulla, porte che sbattono e telefoni che suonano. Non c'è mai un attimo di tranquillità.
Quando sono fuori invece ciò che mi rende triste è osservare ciò che gli altri hanno ed io non riesco ad avere, la mia inadeguatezza, il fatto che la mia vita sembri priva di significato.
Sono in trappola.
In ogni caso, la situazione è lievemente peggiorata nonostante stia cercando di tenerla sotto controllo.
Mi sento particolarmente giù, questi momenti arrivano all'improvviso.
Alla fine, dopo quel fatto, mi sono calmato dopo aver compreso la stupidità della faccenda.
Due giorni dopo, ieri, sono tornato al mare con mio cugino, tutto il giorno, mi sono divertito anche più del solito.
Però l'intera giornata è lievemente seminata dai vari pensieri negativi, soprattutto quando abbiamo finito e siamo tornati a casa sua, discutendo con mio zio, mi metto a dire sempre cose del tipo "sono malato", "tutto è storto di me, non c'è una cosa che sia giusta", ecc... anche con tono scherzoso, ma ugualmente sono pensieri seri.
Quando sono tornato a casa mia è bastato un banale rimprovero di mio padre per far crollare la situazione.
Mi rendo conto che in questi momenti sono vulnerabile, irritabile, instabile.
Non so più come fare a prevenire questi episodi.
---
La mia casa la sento ormai impregnata di un'aura negativa: mio padre che è nervoso, io che ho fame e non riesco a mangiare nulla, porte che sbattono e telefoni che suonano. Non c'è mai un attimo di tranquillità.
Quando sono fuori invece ciò che mi rende triste è osservare ciò che gli altri hanno ed io non riesco ad avere, la mia inadeguatezza, il fatto che la mia vita sembri priva di significato.
Sono in trappola.
[#6]
Ex utente
Salve.
Torno purtroppo in questo consulto perché l'evento che sto per raccontare ha delle similitudini con quello precedente.
Dopo che, presumibilmente, quel fatto mi aveva provocato una tremenda crisi durata un paio di giorni, andando tutti i giorni al mare con mio cugino, pareva che per un po' avessi mandato in vacanza i miei problemi.
Stavo anche iniziando a pensare che era bello meritarsi un pezzettino d'estate prima di iniziare a studiare a Settembre. Tutto andava allegramente e felicemente, nonostante qualche momento in cui mi succedevano delle cose strane (forse dovute al fatto che negli ultimi tempi sono stato poco a contatto con le persone).
Davvero, tutto bene. Ho sempre avuto l'impressione di indossare una corazza d'acciaio spessa 40cm per difendermi dalla gente che in passato mi ha fatto del male; anche di quella sono riuscito a liberarmi.
Il mio carattere tendeva a diventare quello di un tempo (purtroppo?): abbastanza scherzare, abbastanza parlare, magari a sproposito, qualche battutina, comunque, un buon lavoro di riparazione che pareva funzionasse.
Quando poi, pian piano, inizio a conoscere i ragazzi (e le ragazze) che ho intorno, inizio a sentirmi molto a mio agio e le mie paure vengono facilmente superate.
Anche la noia che certe volte provoca stare al mare senza niente di ché da fare è facilmente superabile in queste condizioni ottimali.
Tra di noi c'è un ragazzo che è molto intelligente e dalle capacità ammirevoli(o forse è un cialtrone); io gli ho fatto capire che provo questa ammirazione nei suoi confronti, ma sin dal primo giorno ho notato che io, al contrario, non gli faccio tutta questa simpatia.
Molto calmo ed educato, quando gli davo da parlare, stava al discorso, ma mi era sufficientemente chiaro che il tizio non si trovava mai d'accordo con ciò di cui gli parlavo, non vedeva l'ora che mi togliessi di torno e gli seccava quando mi avvicinavo per parlargli di qualcosa.
Tutto nei limiti dell'educazione, cercando di non farmelo capire (forse).
Una volta gli ho chiesto qualcosa sulle tecniche di meditazione/guarigione orientali e poi gli ho detto che secondo me, nonostante potessero funzionare, è sbagliata la teoria secondo la quale vengano utilizzate energie fittizie quali il CHI o le forze dell'universo.
Ma di certo, non è mia intenzione far prevalere le mie opinioni, né contraddire un esperto del settore. Era solo un'opinione personale.
Il giorno dopo ci troviamo nella casa di un'amica per stare un po' tutti insieme (posto nuovo, ma le condizioni ottimali perduravano e quindi riuscivo a tenere a bada la situazione).
Mio cugino lamenta un dolore al piede e il tizio si propone di farglielo passare. Inizia così il suo lavoro di guarigione.
Evitando di distrarlo eccessivamente gli domando: "chi te l'ha insegnata?"
Nessuna risposta, mentre occasionalmente parla con mio cugino che si trova sotto le sue mani terapeutiche.
"si può autopraticare?"
Niente, neppure uno sguardo.
Mio cugino gli chiede come funziona e lui risponde di essere un canale tra la sua energia e quella dell'universo.
Ricollegando il discorso al giorno prima, io gli dico a mio cugino: "sì, su per giù questa sembra la teoria".
Il tizio mi guarda e, sforzandosi di essere educato, mi risponde con un tono impercettibilmente alterato:
"questa è la pratica, poi tu credi come càzzo vuoi"
Sono le banalità più assurde che rovinano il mio equilibrio. In quel momento ho sentinto dentro di me una vampata di calore intenso, di rabbia, di odio profondo. Tutti i progressi fino a quel momento sapevo che erano svaniti così, con quel rimprovero stupidissimo.
Nel giro di un'oretta ho iniziato ad avvertire l'ansia (anche fisicamente), a sentirmi depresso e chiuso come prima. Ho chiesto a mio cugino di accompagnarmi a casa (questo è in genere il finale che ieri speravo diverso); ora ho l'impressione che l'estate per me sia finita ieri con quel fatto.
Solo nei prossimi giorni posso valutare le conseguenze dell'avvenimento.
Adesso mi sento depresso come due settimane fa. Nervoso a casa, come due settimane fa. Le cose vanno male di nuovo come prima. Tutto quel poco che stavo costruendo per stare bene, crolla con un soffio, come la casetta di paglia del porcellino.
Mi chiedo se abbia senso fare tanti sforzi quando poi tutto termina così, in un battito di ciglio.
Sono stanco di osservare la mia inadeguatezza in ambito sociale, di osservare la mia stranezza e come altri osservano che io stesso riesco ad osservare ed a cogliere le pecche del mio comportamento senza riuscire (o riuscendo difficilmente) a porne rimedio.
Inizio a pensare che il mio ruolo nella vita sia quello di soffrire fino alla fine, finché il dio (di qualsiasi tipo esso sia) non mi faccia il più bel regalo che ogni giorno di questa stessa vita inutile spero di ottenere, ovvero di togliermi dalle scatole.
Nulla è mai riuscito a smentire ancora questa sensazione di sofferenza eterna.
Torno purtroppo in questo consulto perché l'evento che sto per raccontare ha delle similitudini con quello precedente.
Dopo che, presumibilmente, quel fatto mi aveva provocato una tremenda crisi durata un paio di giorni, andando tutti i giorni al mare con mio cugino, pareva che per un po' avessi mandato in vacanza i miei problemi.
Stavo anche iniziando a pensare che era bello meritarsi un pezzettino d'estate prima di iniziare a studiare a Settembre. Tutto andava allegramente e felicemente, nonostante qualche momento in cui mi succedevano delle cose strane (forse dovute al fatto che negli ultimi tempi sono stato poco a contatto con le persone).
Davvero, tutto bene. Ho sempre avuto l'impressione di indossare una corazza d'acciaio spessa 40cm per difendermi dalla gente che in passato mi ha fatto del male; anche di quella sono riuscito a liberarmi.
Il mio carattere tendeva a diventare quello di un tempo (purtroppo?): abbastanza scherzare, abbastanza parlare, magari a sproposito, qualche battutina, comunque, un buon lavoro di riparazione che pareva funzionasse.
Quando poi, pian piano, inizio a conoscere i ragazzi (e le ragazze) che ho intorno, inizio a sentirmi molto a mio agio e le mie paure vengono facilmente superate.
Anche la noia che certe volte provoca stare al mare senza niente di ché da fare è facilmente superabile in queste condizioni ottimali.
Tra di noi c'è un ragazzo che è molto intelligente e dalle capacità ammirevoli(o forse è un cialtrone); io gli ho fatto capire che provo questa ammirazione nei suoi confronti, ma sin dal primo giorno ho notato che io, al contrario, non gli faccio tutta questa simpatia.
Molto calmo ed educato, quando gli davo da parlare, stava al discorso, ma mi era sufficientemente chiaro che il tizio non si trovava mai d'accordo con ciò di cui gli parlavo, non vedeva l'ora che mi togliessi di torno e gli seccava quando mi avvicinavo per parlargli di qualcosa.
Tutto nei limiti dell'educazione, cercando di non farmelo capire (forse).
Una volta gli ho chiesto qualcosa sulle tecniche di meditazione/guarigione orientali e poi gli ho detto che secondo me, nonostante potessero funzionare, è sbagliata la teoria secondo la quale vengano utilizzate energie fittizie quali il CHI o le forze dell'universo.
Ma di certo, non è mia intenzione far prevalere le mie opinioni, né contraddire un esperto del settore. Era solo un'opinione personale.
Il giorno dopo ci troviamo nella casa di un'amica per stare un po' tutti insieme (posto nuovo, ma le condizioni ottimali perduravano e quindi riuscivo a tenere a bada la situazione).
Mio cugino lamenta un dolore al piede e il tizio si propone di farglielo passare. Inizia così il suo lavoro di guarigione.
Evitando di distrarlo eccessivamente gli domando: "chi te l'ha insegnata?"
Nessuna risposta, mentre occasionalmente parla con mio cugino che si trova sotto le sue mani terapeutiche.
"si può autopraticare?"
Niente, neppure uno sguardo.
Mio cugino gli chiede come funziona e lui risponde di essere un canale tra la sua energia e quella dell'universo.
Ricollegando il discorso al giorno prima, io gli dico a mio cugino: "sì, su per giù questa sembra la teoria".
Il tizio mi guarda e, sforzandosi di essere educato, mi risponde con un tono impercettibilmente alterato:
"questa è la pratica, poi tu credi come càzzo vuoi"
Sono le banalità più assurde che rovinano il mio equilibrio. In quel momento ho sentinto dentro di me una vampata di calore intenso, di rabbia, di odio profondo. Tutti i progressi fino a quel momento sapevo che erano svaniti così, con quel rimprovero stupidissimo.
Nel giro di un'oretta ho iniziato ad avvertire l'ansia (anche fisicamente), a sentirmi depresso e chiuso come prima. Ho chiesto a mio cugino di accompagnarmi a casa (questo è in genere il finale che ieri speravo diverso); ora ho l'impressione che l'estate per me sia finita ieri con quel fatto.
Solo nei prossimi giorni posso valutare le conseguenze dell'avvenimento.
Adesso mi sento depresso come due settimane fa. Nervoso a casa, come due settimane fa. Le cose vanno male di nuovo come prima. Tutto quel poco che stavo costruendo per stare bene, crolla con un soffio, come la casetta di paglia del porcellino.
Mi chiedo se abbia senso fare tanti sforzi quando poi tutto termina così, in un battito di ciglio.
Sono stanco di osservare la mia inadeguatezza in ambito sociale, di osservare la mia stranezza e come altri osservano che io stesso riesco ad osservare ed a cogliere le pecche del mio comportamento senza riuscire (o riuscendo difficilmente) a porne rimedio.
Inizio a pensare che il mio ruolo nella vita sia quello di soffrire fino alla fine, finché il dio (di qualsiasi tipo esso sia) non mi faccia il più bel regalo che ogni giorno di questa stessa vita inutile spero di ottenere, ovvero di togliermi dalle scatole.
Nulla è mai riuscito a smentire ancora questa sensazione di sofferenza eterna.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 2.6k visite dal 24/07/2014.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.