Personalità evitante

Salve a tutti. Soffro di disturbo evitante della personalità. Frequento una terapeuta cognitivo-comportamentale, ma non mi sto trovando bene e sono 3 anni che ci vado. Sinceramente, mi sento poco capito, e il rapporto con la terapeuta è poco fiducioso da parte mia.
Io non so se è il sito giusto per chiederlo, ma vorrei molto cambiare terapia e chiedere se ci sono terapeuti nella mia zona (non so se è visibile la mia zona).
Siccome non so bene che terapia, sinceramente, mi farebbe piacere che qualcuno mi indicasse il suo orientamento, sarei curioso di poter capirne qualcosa di più.
Poi non so se è possibile avere contatti con qualche terapeuta della mia zona.
Ciao e grazie a tutti.
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Dr.ssa Chiara Aiello Psicologo, Psicoterapeuta 36
Gentile utente,

L'orientamento terapeutico è una delle tante cose che entra a far parte di una psicoterapia, ma non sicuramente l'unica. Anche la relazione psicoterapeuta-paziente è molto importante e spesso lavorare su questa in seduta può aprire scenari molto utili per progredire a livello personale. Per questo le consiglio vivamente di portare questo disagio e questo senso di sfiducia in seduta, parlandone liberamente con la sua terapeuta. Penso che sarebbe prezioso concentrarsi su quello che prova e su quale tipo di disagio e di sfiducia sta vivendo..
Le faccio i miei migliori auguri

Dr.ssa Chiara Aiello
www.chiaraaiello.it

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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>Frequento una terapeuta cognitivo-comportamentale, ma non mi sto trovando bene e sono 3 anni che ci vado.<<
non si è mai trovato bene o sono nell'ultimo periodo?
Ha trovato dei benefici, miglioramenti nel trattamento?

Credo sia importante parlarne con la Collega, perché onestamente tre anni di psicoterapia sono molti e non solo per l'orientamento cognitivo-comportamentale.

L'orientamento psicodinamico potrebbe essere utile al suo caso, qualora decidesse di interrompere il trattamento e rivolgersi ad un'altro Collega.






Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it

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Utente
Utente
Salve,
la ringrazio per la risposta.
Sì, in effetti sono molti, il problema è che ho difficoltà non da poco a comunicare con gli altri, soprattutto se si tratta di me. Non ho mai parlato in vita mia di me in modo completo. Per cui comincio a credere che la terapia che faccio non sia nemmeno così adatta, avrei bisogno proprio di un rapporto più paziente/terapeuta.
La terapia psicodinamica... La ringrazio. Mi informerò al riguardo.
Ovviamente comunicherò alla terapeuta la mia decisione, anche se mi terrorizza dirglielo... E al pensiero mi viene un'ansia tremenda...
Grazie ancora.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

che cosa significa che si sente poco capito dalla terapeuta? Può fare un esempio?
Perchè dice di avere poca fiducia? Può spiegarlo meglio?
In quali occasioni ha sperimentato di avere poca fiducia?

Può descrivere come avviene il trattamento?
Riceve delle prescrizioni da parte della terapeuta?
La diagnosi è stata posta da questa professionista o da altro professionista (es psichiatra)?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Utente
Utente
Salve,
sì, la diagnosi è stata fatta dalla mia terapeuta.
Lei è brava e tutto, non ho niente contro di lei. Purtroppo il problema parte da me, come ogni cosa... Sono incapace di ogni cosa... E mi sento davvero male... Quando sto con lei la sento sempre distante, mi sento inferiore, temo ogni sua reazione, e fatico a dirle, comunicarle come mi sento (in quel momento, anzi, non percepisco nemmeno come mi sento, provo solo disagio e basta).
Quando esco dalla terapia, spesso, mi sento peggio, perché non sono riuscito a comunicarle niente, e non è raro che io torni a casa e mi disperi.
Mi sento davvero vuoto, gli altri sono così diversi da me... E' insopportabile... Sono pieno di sogni, di aspirazioni, desideri, voglia di vivere fuori da casa mia, e non riesco davvero a cambiare...
Ho bisogno di conoscere un terapeuta che mi faccia sentire a mio agio. Inoltre lei è femmina ed è anche molto attraente, e io essendo maschio temo maggiormente il suo giudizio. Per cui c'è anche questo aspetto.
Mi sento poco capito anche perché non parlo, e mi sembra che a volte renda molto ovvie certe cose. E' che non mi esprimo, non l'ho mai imparato in vita mia.
Prendo anche un antidepressivo e un ansiolitico, ma sinceramente provo poca fiducia anche verso il mio psichiatra, è che ho il terrore di dire loro che voglio cambiare... Non vorrei reagissero male... Non so cosa farei, in quel caso... Rischierei di mettermi a piangere... Sarebbe traumatizzante...
Ma lo devo fare.
Sperimento poca fiducia in tutti, a dire il vero, ma in lei mi sento molto a disagio, e non è una persona che mette disagio alle persone normali. Ma a me, sì. Ma a me lo mettono un po' tutti, soprattutto se devo parlare di me. Anche perché nel momento che devo parlare mi sento a disagio (è l'ansia, anche se a me non pare nemmeno quella in quel momento), è come un blocco... Non ho mai espresso emozioni come rabbia o dolore in modo evidente... Non so nemmeno cosa significhi e cosa si provi.
[#6]
Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>Ho bisogno di conoscere un terapeuta che mi faccia sentire a mio agio.<<
questo è assolutamente vero, perché se non si sente a suo agio difficilmente riuscirà a sentirsi libero di parlare ed esprimersi in pieno, condizione fondamentale per il buon esito del trattamento (relazione terapeuta/paziente).

E' compito del terapeuta mettere a proprio agio il paziente, il suo disagio va semplicemente compreso empaticamente. Questa dovrebbe essere la prima "fase" della psicoterapia.

>>Non vorrei reagissero male..<<
non possono reagire "male" perché è diritto del paziente dissentire o avere dubbi ed eventualmente cambiare i propri curanti, se lo fanno significa che non stanno comprendendo la situazione ed è un motivo in più per interrompere il trattamento.







[#7]
Utente
Utente
Grazie. Gliene parlerò. Sì, soprattutto per problemi come i miei penso sia molto importante l'aspetto di fiducia (lo è per tutti, in modo particolare per persone come me che si fidano poco del giudizio degli altri e robe varie).
Grazie ancora.
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Dr.ssa Nunzia Spiezio Psicologo 531 20
Caro ragazzo,
"... Non ho mai espresso emozioni come rabbia o dolore in modo evidente... Non so nemmeno cosa significhi e cosa si provi"
diciamo che in tre anni di terapia con questo avrebbe dovuto prendere dimestichezza.
Probabilmente c'è qualcosa che non va e deve senza timore portare questi suoi disagi in setting terapeutico.
Vede, mio personalissimo parere, ma io credo che tra psicoterapeuta e paziente certe volte "la chimica" conti più dell'approccio utilizzato, più giusto meno giusto poco importa. Ciò che importa è quanto lei paziente si senta amato ed accettato. Quanto il clinico sappia farla sentire a suo agio e, per quell'ora, sollevarla dai suoi pesi esistenziali.
Si rende conto che tutto ciò stride fortemente con ciò che scrive?
" ho il terrore di dire loro che voglio cambiare... Non vorrei reagissero male... Non so cosa farei, in quel caso... Rischierei di mettermi a piangere..."
La saluto e l'abbraccio e se lo ritiene ci riscriva pure!

Dr.ssa Nunzia Spiezio
Psicologa
Avellino

[#9]
Utente
Utente
Salve a tutti. Finalmente ho trovato il coraggio di dire alla mia terapeuta di voler abbandonare la terapia. E' stato un incubo... Perché la reazione che ha avuto è stata che io non voglio effettuare il prossimo cambiamento, quindi espormi in cose nuove... Non era questo, ma il fatto che provavo un senso di distacco troppo grande da lei, più ancora che con le persone "comuni". Ero terrorizzato, negli ultimi tempi, e non sapevo più come agire...
Io non ho detto niente, come al mio solito, da perfetto schifoso incapace. Ha pure chiamato dentro mia madre!!! Ho odiato sin dal primo giorno questa cosa, ma ho detto di sì, perché temevo una reazione negativa da parte sua. Mia madre è la fonte di tutti i miei problemi e averla lì, in seduta, mi fa sentire come se stessi morendo! Così mia madre ha scatenato la sofferenza massima, in me. Avevo tutti contro, mia madre che non voleva abbandonassi e la terapeuta lo stesso, con l'idea che io stessi solo "evitando" e che fosse solo una difesa. Non ha tutti i torti, ma se mi fossi trovato meglio con lei, forse mi sarei espresso di più (forse, perché non esprimo mai emozioni intense agli altri, mi ero spiegato male, prima, le emozioni io le esprimo solo quando non c'è nessuno e sono con me stesso e basta). Con lei mi sentivo in gabbia. Poi a volte minimizzava, quasi le stessi raccontando la favola di Cappuccetto Rosso e il Lupo...
La cosa che mi ha messo K.O. totalmente è stata la sua frase finale: "Ti va se parlo 5 minuti con tua madre, visto che non vuoi parlare?"
Lì non ho detto niente, neanche OK, va bene, ma mi sono alzato, terrorizzato, quanto carico di sofferenza, e voglia di piangere, sono uscito in fretta e furia, ho raggiunto un bagno dell'ospedale e ho pianto come una fontana...
Mi sono sentito impotente... Non sentivo l'appoggio di nessuno, mi sentivo odiato, la causa di tutte le preoccupazioni degli altri, la delusione di tutti, pieno di sensi di colpa, mi odiavo e odiavo la mia terapeuta e mia madre, ancor più mia madre. Non sopportavo più niente.
Prima di andare dal nuovo terapeuta, ho dovuto essere forte, il che è strano da parte mia, visto che sono un debole. Sebbene mia madre abbia insistito che io riprendessi da lei, esprimendo costantemente la sua preoccupazione in modo passivo, come è suo solito fare, con quella modalità che ti fa sentire sbagliato, un verme putrido che merita solo di essere sventrato vivo, spesso attaccandomi, sempre passivamente, e bloccando qualsiasi cosa volessi comunicarle...
Alla fine ho trovato questo terapeuta. Ho fatto due sedute, adesso. La terza sarà tra due settimane, e la sua diagnosi è stata la stessa di quella dell'altra terapeuta, ma lui (questo è un maschio) si comporta diversamente. E' sensibilissimo, empatico, e comprende il mio dolore, sempre, anche senza che glielo comunichi, lo vede. Inoltre con lui mi sento più libero. Mi ha fatto notare che rispondo sempre o Sì o No, evitando qualsiasi dialogo, esprimendo qualsiasi emozione, e che se voglio stare zitto posso. Inoltre mi ha presentato cosa potremmo fare e mi ha detto apertamente che per affrontare questo problema dovrò inevitabilmente soffrire, e che devo essere pronto. Non so, ma provo più fiducia verso di lui, e voglio provarci, per quanto io sia pessimista ai massimi livelli verso me stesso... Non ho torto, faccio proprio schifo...
Lui è sempre cognitivo-comportamentale ma anche sistemico-relazionale, per me cosa nuova. Secondo il mio psichiatra è un bravissimo terapeuta, lo ha definito un "pozzo di scienza", ed è molto empatico. Confermo tutto, anche se non riesco a sentirmi comunque a mio agio. Mi ha detto che il primo obiettivo sarà di creare un rapporto di condivisione con lui, dove mi possa sentire libero di esprimermi. Spero ci riesca, con tutto il cuore, perché nessuno ci è mai riuscito...
Poema finito. Un saluto a tutti.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>il primo obiettivo sarà di creare un rapporto di condivisione con lui, dove mi possa sentire libero di esprimermi.<<
E' importante costruire una relazione terapeutica efficace, solo un questo modo avrà la possibilità con tempo di aprirsi, inoltre è opportuno non far entrare altri all'interno del setting, soprattutto sua madre.

>>Spero ci riesca, con tutto il cuore, perché nessuno ci è mai riuscito..<<
questo non dipende solo dal Collega, ma anche da lei stesso.






[#11]
Utente
Utente
Ha ragione, dipende anche da me, dopo tutto un terapeuta non ha la "bacchetta magica".
Di fatto io ci provo a volte, ma è come se non ci riuscissi mai... La cosa strana è che io do una fiducia estrema e ingenua per quanto riguarda tutti gli aspetti al di fuori di me. Per dire io posso fidarmi di ogni intenzione d'una persona, come ad esempio che non mi farà del male fisicamente, addirittura mi fiderei a darle in mano il mio portafogli! E non esagero, l'ho fatto. Ma se quella cosa riguarda me, qualcosa che riguarda me, nell'intimità, come esprimere un'emozione d'affetto o una reazione negativa, ma anche mostrare il mio corpo (nel caso fossi con una ragazza) mi manda nella totale sfiducia, anche se questa persona la conosco da una vita intera, pure con mia madre mi succede.
Alla fine ormai mi è chiaro che la sfiducia parte da me stesso, di fatto però è solo una frase, che io trovo inconcepibile verso di me, perché gli altri è come se mi dessero assiduamente la conferma che io faccio schifo, sono sbagliato, inetto, ripugnante.
Proverò a seguire i consigli del nuovo terapeuta, che mi ha anche detto che lavoreremo sulla postura, io ovunque sia, persino fuori dalla seduta, ho sempre la schiena flessa, lo sguardo perso nel vuoto, e se cammino fuori di casa uso sempre le cuffiette, quelle che assorbono ogni rumore esterno. La Musica (ascolto SOLO Musica per eccellenza, che viene definita quasi in maniera putrida "classica") mi permette di non pensare agli altri, mi estranea completamente, ed è l'unico modo per non soffrire, per non vedere la vita delle persone diverse da me... Forse dovrei cominciare a cambiare questo stile di comportamento, che attuo da una vita, e ci ho provato, sotto consiglio anche dell'altra terapeuta. L'ho fatto per circa un anno, ma poi non ce l'ho più fatta... Non riesco a uscire senza le cuffie, senza quella Musica soave e sublime, è per me troppo, troppo sofferente... Più forte di me...
Tuttavia, nel mio pessimismo cosmico, nutro talvolta un po' di speranza. Non riguarda la mia felicità, io non so nemmeno cosa sia, non sono mai stato felice, se non per cose effimere materiali. Riguarda, almeno, il mio futuro... Il mio sogno di diventare scrittore e di diplomarmi in pianoforte... Dall'età di 12 anni lo desidero e ora che ne ho 21 ho visto questo ambiente una sola volta in vita mia... Ed è stato terrorizzante...
Alla fine di tutto questo poema, concludendo alla mia solita maniera pessimistica, mi domando: "Chi sono, chi sono gli altri, cos'è la vita?" Alla fine è come se il mio cervello mi rispondesse soltanto che io non sono nessuno, e gli altri sono persone superiori e con un futuro, mentre la vita sia per me qualcosa d'inesistente e irraggiungibile... Un controsenso vista la speranza che talvolta provo.
Dopo tutto, io sono un controsenso.
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Dr. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta 4.6k 51
>>gli altri è come se mi dessero assiduamente la conferma che io faccio schifo, sono sbagliato, inetto, ripugnante. <<
purtroppo questa è l'idea che lei ha di se stesso e di conseguenza la vede riflessa nell'altro. Cambiare l'idea di se significa modificare il modo in cui viene o pensa di essere visto.

Le sue difficoltà possono essere affrontate e risolte con la psicoterapia, ci vuole tempo.