Fobia del cibo / alimentazione selettiva
Salve.
Assieme a tutto il resto, soffro di un disturbo che in inglese si può chiamare "Selective Eating Disorder" (o credo anche con l'acronimo ARFID).
Ce l'ho sin dall'infanzia e col tempo è andato molto a peggiorare (invece che scomparire come accade in genere) (molto raramente assaggio cose nuove, ma più spesso capita che abbandono dei cibi perché costretto a mangiare sempre le stesse cose che poi iniziano a darmi anche fastidio).
Sappiate che il range dei cibi che mangio tutti i giorni è estremamente limitato e negli ultimi tempi ho iniziato a mangiare pochissimo (1-2 volte al giorno) perché, come già spiegato, stanno iniziando a darmi fastidio anche le uniche cose che mangiavo prima (a causa quindi di una certa monotonia dell'alimentazione).
Se a questo aggiungiamo i disturbi ossessivi-compulsivi (ad esempio non apro mai il frigorifero e non mangio nulla che ne provenga) e la depressione (che porta irritabilità) che spesso mi capita di essere assalito da una rabbia incontrollabile perché costretto a patire la fame anziché mangiare qualcosa di sempre vario e gustoso, ecco chiaramente come la mia vita stia diventando insopportabile.
Le tensioni si avvertono soprattutto in famiglia visto che i miei genitori stanno letteralmente impazzendo per la situazione.
Sono stato da diversi dottori; psichiatri e psicologi, che hanno davvero combinato solo guai con terapie sbagliate e pericolose, senza contare che hanno sempre completamente ignorato il mio problema e si sono preoccupati invece di altro (ansia sociale).
Quando sono andato dall'ultimo terapeuta ero già totalmente scettico; mi disse che esistono terapie (ho letto su internet che si chiama, in inglese, Systematic desensitization), ma non riesco ad affrontare il ribrezzo che mi fanno gli alimenti (sia di odore che di sapore), senza contare che questo metodo si dovrebbe fare ogni volta per ogni alimento.
Non vedo via d'uscita. Credo che sia una condizione abbastanza inusuale.
Cosa devo fare? Si può combattere più facilmente una paura che non il disgusto per qualcosa.
Scusate per la corposità dell'argomento.
Assieme a tutto il resto, soffro di un disturbo che in inglese si può chiamare "Selective Eating Disorder" (o credo anche con l'acronimo ARFID).
Ce l'ho sin dall'infanzia e col tempo è andato molto a peggiorare (invece che scomparire come accade in genere) (molto raramente assaggio cose nuove, ma più spesso capita che abbandono dei cibi perché costretto a mangiare sempre le stesse cose che poi iniziano a darmi anche fastidio).
Sappiate che il range dei cibi che mangio tutti i giorni è estremamente limitato e negli ultimi tempi ho iniziato a mangiare pochissimo (1-2 volte al giorno) perché, come già spiegato, stanno iniziando a darmi fastidio anche le uniche cose che mangiavo prima (a causa quindi di una certa monotonia dell'alimentazione).
Se a questo aggiungiamo i disturbi ossessivi-compulsivi (ad esempio non apro mai il frigorifero e non mangio nulla che ne provenga) e la depressione (che porta irritabilità) che spesso mi capita di essere assalito da una rabbia incontrollabile perché costretto a patire la fame anziché mangiare qualcosa di sempre vario e gustoso, ecco chiaramente come la mia vita stia diventando insopportabile.
Le tensioni si avvertono soprattutto in famiglia visto che i miei genitori stanno letteralmente impazzendo per la situazione.
Sono stato da diversi dottori; psichiatri e psicologi, che hanno davvero combinato solo guai con terapie sbagliate e pericolose, senza contare che hanno sempre completamente ignorato il mio problema e si sono preoccupati invece di altro (ansia sociale).
Quando sono andato dall'ultimo terapeuta ero già totalmente scettico; mi disse che esistono terapie (ho letto su internet che si chiama, in inglese, Systematic desensitization), ma non riesco ad affrontare il ribrezzo che mi fanno gli alimenti (sia di odore che di sapore), senza contare che questo metodo si dovrebbe fare ogni volta per ogni alimento.
Non vedo via d'uscita. Credo che sia una condizione abbastanza inusuale.
Cosa devo fare? Si può combattere più facilmente una paura che non il disgusto per qualcosa.
Scusate per la corposità dell'argomento.
[#1]
>>..hanno sempre completamente ignorato il mio problema e si sono preoccupati invece di altro..<<
che diagnosi è stata fatta dai Colleghi?
Cosa intende per "ignorato"?
Lei pensa di avere un disturbo alimentare che non viene riconosciuto dai professionisti ai quali si è rivolto?
>>hanno davvero combinato solo guai con terapie sbagliate e pericolose<<
cosa intende? Ci può spiegare meglio?
che diagnosi è stata fatta dai Colleghi?
Cosa intende per "ignorato"?
Lei pensa di avere un disturbo alimentare che non viene riconosciuto dai professionisti ai quali si è rivolto?
>>hanno davvero combinato solo guai con terapie sbagliate e pericolose<<
cosa intende? Ci può spiegare meglio?
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#2]
Ex utente
Innanzitutto vi ringrazio molto per il vostro aiuto (ho dimenticato di farlo prima).
Nell'esporvi il problema ho deciso di essere estremamente riassuntivo e di descrivere solo il problema principale (se dovessi raccontare per filo e per segno le cattive esperienze con tutti i dottori, e tutti gli altri sintomi, rischierei di non finire più).
Ogni volta che andavo da un dottore lo facevo per due problemi: il primo che ho scritto qui e il secondo che è l'ansia sociale.
Il primo psichiatra mi ha prescritto antipsicotici (io non ho mai sofferto di psicosi né di nulla che potesse giustificare l'assunzione di quel farmaco) perché, diceva lui, voleva sfruttare un effetto collaterale.
Effettivamente ho messo su 10Kg (addirittura mi ha ristretto la dieta vietandomi di mangiare dolci per una questione di assorbimento degli zuccheri), ma ugualmente non riuscivo a far entrare nella mia alimentazione nuovi cibi (se non rare eccezioni come già detto).
Il secondo psichiatra è stato ben peggiore; ha completamente ignorato il problema dell'alimentazione (ed è stato il male minore) e mi ha dato antidepressivi+ansiolitici (io non soffrivo di depressione ma credo sia una pratica normale associare gli SSRI agli ansiolitici).
Il mio organismo non prende molto bene i farmaci in generale, ma lo psichiatra ha insistito in una maniera che lo faceva sembrare più un fanatico che un medico.
Quel mix fatale mi ha provocato un episodio maniacale (misto a depressione, si figuri che cosa paradossale, ma è successo così).
Quando ho smesso i farmaci sono stato molto meglio, ma sono rimasto distimico.
Ovviamente voi farete molta fatica a credere a questo perché io sono il "paziente" che non vede di buon occhio il buon "dottore" per un motivo o per un altro.
Io penso di avere SED perché l'ultima terapeuta mi ha aperto gli occhi (non ero mai riuscito a trovare su internet il "nome proprio" di questa malattia, non avevo mai pensato ad una "fobia" perché io erroneamente associavo la parola "fobia" a quella di "paura"; come reazione a catena sono giunto ad "Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder" meglio conosciuta come SED o meno formalmente come "picky eating").
I sintomi corrispondono su per giù più di quanto possano corrispondere con qualsiasi altra cosa.
Di certo non è questione di anoressia nervosa.
Se per assurdo non fosse neppure questo, non saprei dove sbattermi la testa questa volta.
Scusate se ho scritto abbastanza male e grazie per il vostro tempo.
Nell'esporvi il problema ho deciso di essere estremamente riassuntivo e di descrivere solo il problema principale (se dovessi raccontare per filo e per segno le cattive esperienze con tutti i dottori, e tutti gli altri sintomi, rischierei di non finire più).
Ogni volta che andavo da un dottore lo facevo per due problemi: il primo che ho scritto qui e il secondo che è l'ansia sociale.
Il primo psichiatra mi ha prescritto antipsicotici (io non ho mai sofferto di psicosi né di nulla che potesse giustificare l'assunzione di quel farmaco) perché, diceva lui, voleva sfruttare un effetto collaterale.
Effettivamente ho messo su 10Kg (addirittura mi ha ristretto la dieta vietandomi di mangiare dolci per una questione di assorbimento degli zuccheri), ma ugualmente non riuscivo a far entrare nella mia alimentazione nuovi cibi (se non rare eccezioni come già detto).
Il secondo psichiatra è stato ben peggiore; ha completamente ignorato il problema dell'alimentazione (ed è stato il male minore) e mi ha dato antidepressivi+ansiolitici (io non soffrivo di depressione ma credo sia una pratica normale associare gli SSRI agli ansiolitici).
Il mio organismo non prende molto bene i farmaci in generale, ma lo psichiatra ha insistito in una maniera che lo faceva sembrare più un fanatico che un medico.
Quel mix fatale mi ha provocato un episodio maniacale (misto a depressione, si figuri che cosa paradossale, ma è successo così).
Quando ho smesso i farmaci sono stato molto meglio, ma sono rimasto distimico.
Ovviamente voi farete molta fatica a credere a questo perché io sono il "paziente" che non vede di buon occhio il buon "dottore" per un motivo o per un altro.
Io penso di avere SED perché l'ultima terapeuta mi ha aperto gli occhi (non ero mai riuscito a trovare su internet il "nome proprio" di questa malattia, non avevo mai pensato ad una "fobia" perché io erroneamente associavo la parola "fobia" a quella di "paura"; come reazione a catena sono giunto ad "Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder" meglio conosciuta come SED o meno formalmente come "picky eating").
I sintomi corrispondono su per giù più di quanto possano corrispondere con qualsiasi altra cosa.
Di certo non è questione di anoressia nervosa.
Se per assurdo non fosse neppure questo, non saprei dove sbattermi la testa questa volta.
Scusate se ho scritto abbastanza male e grazie per il vostro tempo.
[#3]
>>l'ultima terapeuta mi ha aperto gli occhi..<<
sta continuando ad andare in terapia con questa Collega?
Non credo sia utile cercare di dare un nome alle sue difficoltà, questo non fa altro che strutturare ancora di più il suo problema.
Adesso che "crede" di avere un'affidabilità sulla diagnosi psichiatrica è cambiato qualcosa? Credo si no.
E' importante, in questo senso, smettere di fare ricerche on-line di chi sa quale diagnosi e affidarsi alla psicoterapia. Dire di avere un generico disturbo dell'alimentazione oppure una sindrome specifica come quella da lei identificata, non è fondamentale ai fini del trattamento.
Quello che conta veramente è la valutazione di personalità nel suo complesso (aspetti cognitivi, emotivo-affettivi, gestione degli impulsi, relazioni sentimentali e amicali ecc.).
sta continuando ad andare in terapia con questa Collega?
Non credo sia utile cercare di dare un nome alle sue difficoltà, questo non fa altro che strutturare ancora di più il suo problema.
Adesso che "crede" di avere un'affidabilità sulla diagnosi psichiatrica è cambiato qualcosa? Credo si no.
E' importante, in questo senso, smettere di fare ricerche on-line di chi sa quale diagnosi e affidarsi alla psicoterapia. Dire di avere un generico disturbo dell'alimentazione oppure una sindrome specifica come quella da lei identificata, non è fondamentale ai fini del trattamento.
Quello che conta veramente è la valutazione di personalità nel suo complesso (aspetti cognitivi, emotivo-affettivi, gestione degli impulsi, relazioni sentimentali e amicali ecc.).
[#4]
Ex utente
Gazie per la risposta.
Sono d'accordo con quello che mi sta dicendo: io ho maturato ormai una certa diffidenza verso il "metodo psichiatrico" utilizzato per risolvere alcuni tipi di disturbi.
Io per lo psichiatra sono un "paziente" con la sindrome XYZ mentre per un altro tipo di professionista (ad esempio lo psicologo) sono una "persona" (una persona della quale si può valutare la personalità nel suo complesso come dice lei).
Adesso, io ho avuto cattive esperienze anche con gli psicologi/terapeuti purtroppo, quindi ho deciso di rifiutare il trattamento dell'ultima alla quale mi sono rivolto (costretto a rivolgermi).
Ciò che sto chiedendo qui, è un consiglio su un approccio diretto ed efficace per uscire fuori da questa situazione.
Non mi sono illuso di ottenerlo, ma il tentativo non nuoce di certo.
Usare la "terapia" cibo per cibo (e ripeto che non si tratta di paura, ma di vero e proprio disgusto) è una strada che non vedo molto conveniente.
Mi spiace per l'immagine schifosa, ma per spiegarvi meglio vi dico che il cibo mi disgusta come se fosse càcca.
Sono d'accordo con quello che mi sta dicendo: io ho maturato ormai una certa diffidenza verso il "metodo psichiatrico" utilizzato per risolvere alcuni tipi di disturbi.
Io per lo psichiatra sono un "paziente" con la sindrome XYZ mentre per un altro tipo di professionista (ad esempio lo psicologo) sono una "persona" (una persona della quale si può valutare la personalità nel suo complesso come dice lei).
Adesso, io ho avuto cattive esperienze anche con gli psicologi/terapeuti purtroppo, quindi ho deciso di rifiutare il trattamento dell'ultima alla quale mi sono rivolto (costretto a rivolgermi).
Ciò che sto chiedendo qui, è un consiglio su un approccio diretto ed efficace per uscire fuori da questa situazione.
Non mi sono illuso di ottenerlo, ma il tentativo non nuoce di certo.
Usare la "terapia" cibo per cibo (e ripeto che non si tratta di paura, ma di vero e proprio disgusto) è una strada che non vedo molto conveniente.
Mi spiace per l'immagine schifosa, ma per spiegarvi meglio vi dico che il cibo mi disgusta come se fosse càcca.
[#5]
>>Ciò che sto chiedendo qui, è un consiglio su un approccio diretto ed efficace per uscire fuori da questa situazione.<<
il suggerimento migliore è quello di contattare un Collega specializzato in psicoterapia e fare una valutazione psicologica, poi eventualmente un percorso mirato.
Mi sembra di capire che lei ha difficoltà a "digerire" non solo i trattamenti psichiatrici, ma anche quelli psicologici e psicoterapici. Nessun professionista ha la bacchetta magica in grado di far evolvere situazioni complesse come la sua, soprattutto senza una motivazione di base al cambiamento. Se lei non è riuscito a fidarsi dei professionisti ai quali si è rivolto c'è sicuramente un motivo, ma lo deve cercare dentro di lei e non all'esterno.
La causa del suo disgusto per il cibo andrebbe ricercata nel suo sviluppo psico-affettivo, nelle prime relazioni con le sue figure di riferimento.
>>ho avuto cattive esperienze anche con gli psicologi/terapeuti purtroppo..<<
cosa intende con "cattive esperienze"?
Cosa si aspetta dalla psicoterapia?
il suggerimento migliore è quello di contattare un Collega specializzato in psicoterapia e fare una valutazione psicologica, poi eventualmente un percorso mirato.
Mi sembra di capire che lei ha difficoltà a "digerire" non solo i trattamenti psichiatrici, ma anche quelli psicologici e psicoterapici. Nessun professionista ha la bacchetta magica in grado di far evolvere situazioni complesse come la sua, soprattutto senza una motivazione di base al cambiamento. Se lei non è riuscito a fidarsi dei professionisti ai quali si è rivolto c'è sicuramente un motivo, ma lo deve cercare dentro di lei e non all'esterno.
La causa del suo disgusto per il cibo andrebbe ricercata nel suo sviluppo psico-affettivo, nelle prime relazioni con le sue figure di riferimento.
>>ho avuto cattive esperienze anche con gli psicologi/terapeuti purtroppo..<<
cosa intende con "cattive esperienze"?
Cosa si aspetta dalla psicoterapia?
[#6]
Ex utente
La ringrazio ancora per il suo tempo. Lo apprezzo molto.
Sono stato da una prima psicologa quando ero piccolino (non ne ho ricordo, ma non è stato niente di ché comunque).
Mia madre mi racconta che tutti i medici sono sempre stati abbastanza ignoranti quando si trattava di me (anche per complicazioni post-parto), soprattutto la pediatra che non ha mai informato mia madre su possibili complicazioni per il futuro (riguardo al cibo).
Tutti dicevano la parola magica: "passerà" o "crescerà". Tutti quanti, fino a quello degli antidepressivi.
Il secondo psicologo a 16/17 anni è stato ben poco convincente. Mi "interrogava", mi chiedeva delle cose, se miglioravo ecc... test e disegnini, ovviamente non miglioravo e lui non sapeva che fare.
Il terzo (che forse era anche terapeuta ma non ne sono sicuro) era molto bravo, ma pian piano che passava il tempo mi convinceva sempre di meno per il suo modo di fare.
Lei può pensare che la mia sia una scusa o un'impressione sbagliata (be', potrebbe anche essere), ma ho capito che mirava solo a rubare i soldi ai clienti. Pochi miglioramenti per l'ansia ma niente di più.
Cosa mi aspetto dalla psicoterapia? Questa è una bella domanda anche perché ultimamente mi è nato il desiderio non solo di "guarire" ma più che altro anche di capire come siano andate certe cose nella mia vita, il perché, e soprattutto come abbiano influenzato la mia personalità sino a farla diventare fobica/ossessiva/depressa, ecc... (ovviamente qualche idea ce l'ho, ma non è il mio compito)
In particolare vedo di buon'occhio la psicoanalisi che la trovo molto interessante; ne sono abbastanza incuriosito, ma non so se sia il caso di affrontare un tale percorso (e soprattutto adesso che i miei genitori dovranno mantenermi l'università).
Cosa sto cercando allora? Non lo so neanch'io, non riesco ancora a capirlo a dire il vero.
Inizio a credere che il problema del cibo sia in grandissima parte una questione di genetica (anche mio cugino ne soffre, ma in misura molto minore).
Forse per qualche motivo è peggiorato.
Comunque, al di là del quadro abbastanza disastroso (fobie, ossessioni e depressione), tutte queste cose hanno entità abbastanza moderata; è la loro unione che le rende particolarmente fastidiose.
Infine, c'è da dire che quando ero abbastanza piccolo è successa una cosa molto strana della quale qui non è il caso di parlare (anche perché ogni volta che ci provo si fa fatica a crederci).
Una cosa che crescendo mi ha provocato molti dubbi, molti timori. La domanda che mi sono sempre posto è: perché è successo?
Mi chiedo se sia l'inizio di tutto.
Come posso scoprirlo un giorno? Come posso scoprire da dove scaturisce un certo comportamento dell'infanzia e quali conseguenze possa aver avuto negli anni?
(l'unica persona alla quale ho raccontato questo fatto è stato l'ultimo psicologo, quello più bravo; ma a parte delle ipotesi, niente di concreto, solo tanta vergogna e sofferenza nel ricordare e nel descrivere)
Grazie di tutto.
Sono stato da una prima psicologa quando ero piccolino (non ne ho ricordo, ma non è stato niente di ché comunque).
Mia madre mi racconta che tutti i medici sono sempre stati abbastanza ignoranti quando si trattava di me (anche per complicazioni post-parto), soprattutto la pediatra che non ha mai informato mia madre su possibili complicazioni per il futuro (riguardo al cibo).
Tutti dicevano la parola magica: "passerà" o "crescerà". Tutti quanti, fino a quello degli antidepressivi.
Il secondo psicologo a 16/17 anni è stato ben poco convincente. Mi "interrogava", mi chiedeva delle cose, se miglioravo ecc... test e disegnini, ovviamente non miglioravo e lui non sapeva che fare.
Il terzo (che forse era anche terapeuta ma non ne sono sicuro) era molto bravo, ma pian piano che passava il tempo mi convinceva sempre di meno per il suo modo di fare.
Lei può pensare che la mia sia una scusa o un'impressione sbagliata (be', potrebbe anche essere), ma ho capito che mirava solo a rubare i soldi ai clienti. Pochi miglioramenti per l'ansia ma niente di più.
Cosa mi aspetto dalla psicoterapia? Questa è una bella domanda anche perché ultimamente mi è nato il desiderio non solo di "guarire" ma più che altro anche di capire come siano andate certe cose nella mia vita, il perché, e soprattutto come abbiano influenzato la mia personalità sino a farla diventare fobica/ossessiva/depressa, ecc... (ovviamente qualche idea ce l'ho, ma non è il mio compito)
In particolare vedo di buon'occhio la psicoanalisi che la trovo molto interessante; ne sono abbastanza incuriosito, ma non so se sia il caso di affrontare un tale percorso (e soprattutto adesso che i miei genitori dovranno mantenermi l'università).
Cosa sto cercando allora? Non lo so neanch'io, non riesco ancora a capirlo a dire il vero.
Inizio a credere che il problema del cibo sia in grandissima parte una questione di genetica (anche mio cugino ne soffre, ma in misura molto minore).
Forse per qualche motivo è peggiorato.
Comunque, al di là del quadro abbastanza disastroso (fobie, ossessioni e depressione), tutte queste cose hanno entità abbastanza moderata; è la loro unione che le rende particolarmente fastidiose.
Infine, c'è da dire che quando ero abbastanza piccolo è successa una cosa molto strana della quale qui non è il caso di parlare (anche perché ogni volta che ci provo si fa fatica a crederci).
Una cosa che crescendo mi ha provocato molti dubbi, molti timori. La domanda che mi sono sempre posto è: perché è successo?
Mi chiedo se sia l'inizio di tutto.
Come posso scoprirlo un giorno? Come posso scoprire da dove scaturisce un certo comportamento dell'infanzia e quali conseguenze possa aver avuto negli anni?
(l'unica persona alla quale ho raccontato questo fatto è stato l'ultimo psicologo, quello più bravo; ma a parte delle ipotesi, niente di concreto, solo tanta vergogna e sofferenza nel ricordare e nel descrivere)
Grazie di tutto.
[#7]
>>Inizio a credere che il problema del cibo sia in grandissima parte una questione di genetica..<<
la genetica non credo sia rilevante in questo caso.
>>..ho capito che mirava solo a rubare i soldi ai clienti.<<
quanto è durato il trattamento?
la genetica non credo sia rilevante in questo caso.
>>..ho capito che mirava solo a rubare i soldi ai clienti.<<
quanto è durato il trattamento?
[#8]
Ex utente
Ho controllato e questo psicologo è specializzato in psicoterapia Gestalt.
Adesso non lo so con precisione quanto sono durato con lui, ma credo che in totale siano state circa dalle 10 alle 15 sedute (l'ho abbandonato comunque una o due volte per poi tornarci in seguito).
Mi rendo conto che le sedute non siano state molte, ma come le ho già spiegato non vedevo alcun miglioramento e il suo modo di fare mi sembrava troppo strano e mirato principalmante a fregare i soldi ai clienti.
Posso anche dirle, se preferisce, in base a cosa ritengo questo.
Certo, non è mica un reato per un professionista di fregare i soldi ai clienti, però quantomeno l'obbiettivo principale dovrebbe essere quello di portare alla guarigione.
Allora, i motivi principali dell'interruzione erano il fatto che spesso "litigavamo", ovvero non ci trovavamo molto d'accordo su alcune cose, la seduta successiva poi faceva in modo di darmi ragione per farmi sentire soddisfatto, cosicché io tornassi la volta successiva ancora.
Sapeva che ammiravo Freud e ogni tanto me lo citava tentando di farmi sentire soddisfatto a fine seduta.
Usava questi piccoli "jolly" per cercare di farmi tornare ogni volta.
Mi ha anche fatto fare un'elettroencefalogramma quasi senza alcun motivo! Secondo me sapeva che non ne sarebbe uscito nulla.
Poi io gli dicevo che non avevo modo di mettere alla prova la mia ansia sociale: non ho molti amici e con quei pochi che ho non mi ci trovo bene a causa di profonde diversità.
Quindi mi sembrava anche inutile continuare senza "gli strumenti" per affrontare il problema.
Io preferisco, diciamo, un ambiente più intellettuale. I momenti più belli ricordo di averli passati solo a scuola.
Tra studiare e scherzare con i compagni e i professori, credo che nient'altro mi abbia fatto divertire così tanto nella mia vita (o forse è la nostralgia che mi fa dire così)
Adesso non lo so con precisione quanto sono durato con lui, ma credo che in totale siano state circa dalle 10 alle 15 sedute (l'ho abbandonato comunque una o due volte per poi tornarci in seguito).
Mi rendo conto che le sedute non siano state molte, ma come le ho già spiegato non vedevo alcun miglioramento e il suo modo di fare mi sembrava troppo strano e mirato principalmante a fregare i soldi ai clienti.
Posso anche dirle, se preferisce, in base a cosa ritengo questo.
Certo, non è mica un reato per un professionista di fregare i soldi ai clienti, però quantomeno l'obbiettivo principale dovrebbe essere quello di portare alla guarigione.
Allora, i motivi principali dell'interruzione erano il fatto che spesso "litigavamo", ovvero non ci trovavamo molto d'accordo su alcune cose, la seduta successiva poi faceva in modo di darmi ragione per farmi sentire soddisfatto, cosicché io tornassi la volta successiva ancora.
Sapeva che ammiravo Freud e ogni tanto me lo citava tentando di farmi sentire soddisfatto a fine seduta.
Usava questi piccoli "jolly" per cercare di farmi tornare ogni volta.
Mi ha anche fatto fare un'elettroencefalogramma quasi senza alcun motivo! Secondo me sapeva che non ne sarebbe uscito nulla.
Poi io gli dicevo che non avevo modo di mettere alla prova la mia ansia sociale: non ho molti amici e con quei pochi che ho non mi ci trovo bene a causa di profonde diversità.
Quindi mi sembrava anche inutile continuare senza "gli strumenti" per affrontare il problema.
Io preferisco, diciamo, un ambiente più intellettuale. I momenti più belli ricordo di averli passati solo a scuola.
Tra studiare e scherzare con i compagni e i professori, credo che nient'altro mi abbia fatto divertire così tanto nella mia vita (o forse è la nostralgia che mi fa dire così)
[#9]
>>Mi rendo conto che le sedute non siano state molte, ma come le ho già spiegato non vedevo alcun miglioramento e il suo modo di fare mi sembrava troppo strano e mirato principalmente a fregare i soldi ai clienti.<<
ha fatto poche sedute e nessun professionista lavora per "fregare" i suoi soldi. I punto è un altro, ossia la relazione terapeutica e le sue resistenze di base al trattamento.
>>non è mica un reato per un professionista di fregare i soldi ai clienti, però quantomeno l'obbiettivo principale dovrebbe essere quello di portare alla guarigione.<<
ci sono implicazioni deontologiche importanti, perché se un trattamento non funziona sarebbe il caso in interrompere le sedute e fare un invio ad un altro professionista, questo però non è il suo caso. La psicoterapia non lavora per raggiungere la "guarigione", termine usato in medicina e in generale nei credi religiosi o mistici.
La psicoterapia (ci sono diversi indirizzi) lavora sulla relazione terapeuta-paziente e sulla riduzione della sofferenza psichico-emotiva; promozione del benessere psicologico; raggiungimento di un miglior equilibrio psichico personale; miglioramento delle capacità relazionali; miglioramento della gestione dei propri stati emotivi e dei propri impulsi; raggiungimento di una migliore comprensione di sé e dell’altro.
Il trattamento in genere è finalizzato, attraverso la relazione e la collaborazione da parte del paziente, al conseguimento della migliore realizzazione di se stessi e delle proprie capacità/potenzialità; all'aumento della conoscenza di sé e l’accettazione dei propri limiti; alla riduzione della sofferenza psichica.
Probabilmente quello che ha cercato di fare il Collega in seduta è stato di creare una relazione terapeutica funzionale, il primo passo per iniziare un percorso di psicoterapia. Ovviamente se lei rimane nella posizione svalutante e "sospettosa", non si va da nessuna parte. Nel paziente deve nascere una motivazione al cambiamento altrimenti bisogna fare un lavoro preliminare, sulla motivazione stessa.
Potrebbe essere utile consultare un Collega specializzato in psicoterapia psicodinamica (orientamento psicoanalitico), vis à vis.
ha fatto poche sedute e nessun professionista lavora per "fregare" i suoi soldi. I punto è un altro, ossia la relazione terapeutica e le sue resistenze di base al trattamento.
>>non è mica un reato per un professionista di fregare i soldi ai clienti, però quantomeno l'obbiettivo principale dovrebbe essere quello di portare alla guarigione.<<
ci sono implicazioni deontologiche importanti, perché se un trattamento non funziona sarebbe il caso in interrompere le sedute e fare un invio ad un altro professionista, questo però non è il suo caso. La psicoterapia non lavora per raggiungere la "guarigione", termine usato in medicina e in generale nei credi religiosi o mistici.
La psicoterapia (ci sono diversi indirizzi) lavora sulla relazione terapeuta-paziente e sulla riduzione della sofferenza psichico-emotiva; promozione del benessere psicologico; raggiungimento di un miglior equilibrio psichico personale; miglioramento delle capacità relazionali; miglioramento della gestione dei propri stati emotivi e dei propri impulsi; raggiungimento di una migliore comprensione di sé e dell’altro.
Il trattamento in genere è finalizzato, attraverso la relazione e la collaborazione da parte del paziente, al conseguimento della migliore realizzazione di se stessi e delle proprie capacità/potenzialità; all'aumento della conoscenza di sé e l’accettazione dei propri limiti; alla riduzione della sofferenza psichica.
Probabilmente quello che ha cercato di fare il Collega in seduta è stato di creare una relazione terapeutica funzionale, il primo passo per iniziare un percorso di psicoterapia. Ovviamente se lei rimane nella posizione svalutante e "sospettosa", non si va da nessuna parte. Nel paziente deve nascere una motivazione al cambiamento altrimenti bisogna fare un lavoro preliminare, sulla motivazione stessa.
Potrebbe essere utile consultare un Collega specializzato in psicoterapia psicodinamica (orientamento psicoanalitico), vis à vis.
[#10]
Ex utente
E' stato appresso a me più del dovuto, quindi grazie per tutti i suggerimenti.
In effetti ho sbagliato nel termine "guarigione", avrei voluto usare altre parole che non mi venivano in mente nell'istante in cui ho scritto la risposta.
Controllerò se nella città dove andrò a studiare esiste qualche opportunità (di qualunque tipo) a basso costo per affrontare il problema.
In effetti ho sbagliato nel termine "guarigione", avrei voluto usare altre parole che non mi venivano in mente nell'istante in cui ho scritto la risposta.
Controllerò se nella città dove andrò a studiare esiste qualche opportunità (di qualunque tipo) a basso costo per affrontare il problema.
Questo consulto ha ricevuto 11 risposte e 20.5k visite dal 30/06/2014.
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