Dubbi dopo la fine di una storia
Sono una ragazza di 23 anni e sono uscita pochi giorni fa da una storia di tre anni e mezzo con un ragazzo che ha 2 anni più di me, la mia prima relazione seria. Ci siamo lasciati consensualmente, ma il “seme” della rottura è stato gettato da me.
Sono una persona con i piedi per terra, molto quadrata, e cerco sempre di essere onesta con me stessa, anche quando si tratta di prendere decisioni difficili. Lui invece è l’esatto opposto, confusionario, estremamente insicuro di se stesso, e anche un po’ infantile. Il suo modo di comportarsi è estremamente caotico, imprevedibile, in tutti questi anni non sono mai riuscita a capire cosa aspettarmi da lui, perché secondo me spesso neanche lui sa cosa vuole e come comportarsi, né nelle situazioni di poco conto né di fronte ai problemi reali. Insomma, mi sentivo destabilizzata e gravata dall’ assenza di sicurezza e affidabilità che lui mi trasmetteva.
Sentivo che il rapporto stava diventando troppo faticoso, che non potevo mai essere rilassata o realmente serena con lui, perché aveva sempre bisogno di essere “trainato”, indirizzato e persino rassicurato in ogni cosa. La sua incapacità di gestire le situazioni, di prendere posizioni costruttive, la sua immaturità nel condurre le discussioni e nel cercare soluzioni ai problemi, più o meno grandi, avevano fatto si che io mi sentissi sempre più logorata e insoddisfatta, sempre meno a mio agio, e anche un po’ sola. Spesso mi sentivo come la mamma che deve gestire il figlio, e lui ovviamente di questo soffriva, e anche a me pesava molto.
Inoltre dopo tanti anni io sentivo ancora degli enormi blocchi nei suoi confronti, forse dovuti proprio a questa mancanza di equilibrio e stabilità nel nostro rapporto, non riuscivo a lasciarmi andare e infatti anche per questo non abbiamo mai avuto rapporti sessuali completi (sarebbe stata per me la prima volta), cosa di cui entrambi abbiamo sofferto.
A fianco di ciò, va detto che lui mi ha sempre dimostrato molto rispetto, premura, non mi ha mai tradita nonostante tutto, né mi ha mai raccontato bugie, mi ha dato amore, e di questo io gli sono grata e mi sento anche un po’ in colpa perché forse tutto sommato questa mia fermezza, che a lui manca completamente, ha finito per sacrificare un rapporto con una persona che nonostante tutto ha cercato di darmi tanto e che io non sono riuscita ad accettare per ciò che era. Inoltre quando lui capiva di sbagliare a comportarsi, si scusava e tentava di migliorare… ma i problemi sono sempre riaffiorati, io non mi sentivo felice, e forse dopo tre anni l’amore non mi bastava più, né il suo né il mio, ma mi serviva equilibrio, complicità.
Quindi questi dubbi e sensi di colpa potrebbero derivare dalla paura che si ha nell’immediato un po’ di rimanere soli, un po’ del vuoto che ci attende dopo una relazione duratura?
Io comunque in questa storia ho sofferto, e in fondo chissà che non si possa parlare di incompatibilità, pura e semplice.
Sono una persona con i piedi per terra, molto quadrata, e cerco sempre di essere onesta con me stessa, anche quando si tratta di prendere decisioni difficili. Lui invece è l’esatto opposto, confusionario, estremamente insicuro di se stesso, e anche un po’ infantile. Il suo modo di comportarsi è estremamente caotico, imprevedibile, in tutti questi anni non sono mai riuscita a capire cosa aspettarmi da lui, perché secondo me spesso neanche lui sa cosa vuole e come comportarsi, né nelle situazioni di poco conto né di fronte ai problemi reali. Insomma, mi sentivo destabilizzata e gravata dall’ assenza di sicurezza e affidabilità che lui mi trasmetteva.
Sentivo che il rapporto stava diventando troppo faticoso, che non potevo mai essere rilassata o realmente serena con lui, perché aveva sempre bisogno di essere “trainato”, indirizzato e persino rassicurato in ogni cosa. La sua incapacità di gestire le situazioni, di prendere posizioni costruttive, la sua immaturità nel condurre le discussioni e nel cercare soluzioni ai problemi, più o meno grandi, avevano fatto si che io mi sentissi sempre più logorata e insoddisfatta, sempre meno a mio agio, e anche un po’ sola. Spesso mi sentivo come la mamma che deve gestire il figlio, e lui ovviamente di questo soffriva, e anche a me pesava molto.
Inoltre dopo tanti anni io sentivo ancora degli enormi blocchi nei suoi confronti, forse dovuti proprio a questa mancanza di equilibrio e stabilità nel nostro rapporto, non riuscivo a lasciarmi andare e infatti anche per questo non abbiamo mai avuto rapporti sessuali completi (sarebbe stata per me la prima volta), cosa di cui entrambi abbiamo sofferto.
A fianco di ciò, va detto che lui mi ha sempre dimostrato molto rispetto, premura, non mi ha mai tradita nonostante tutto, né mi ha mai raccontato bugie, mi ha dato amore, e di questo io gli sono grata e mi sento anche un po’ in colpa perché forse tutto sommato questa mia fermezza, che a lui manca completamente, ha finito per sacrificare un rapporto con una persona che nonostante tutto ha cercato di darmi tanto e che io non sono riuscita ad accettare per ciò che era. Inoltre quando lui capiva di sbagliare a comportarsi, si scusava e tentava di migliorare… ma i problemi sono sempre riaffiorati, io non mi sentivo felice, e forse dopo tre anni l’amore non mi bastava più, né il suo né il mio, ma mi serviva equilibrio, complicità.
Quindi questi dubbi e sensi di colpa potrebbero derivare dalla paura che si ha nell’immediato un po’ di rimanere soli, un po’ del vuoto che ci attende dopo una relazione duratura?
Io comunque in questa storia ho sofferto, e in fondo chissà che non si possa parlare di incompatibilità, pura e semplice.
[#1]
La paura della solitudine la si sente semmai prima della fine di una relazione insoddisfacente, più raramente dopo. Dopo si sentono più facilmente colpa e tristezza, come sta accadendo a lei.
Tuttavia anche lei potrebbe essere una persona non così sicura di sé. Ci pensi un attimo: se fosse davvero sicura di sé, non avrebbe rimorsi né rimpianti. Soffrirebbe un po', ma saprebbe di aver fatto la cosa giusta a lasciarlo.
L'incompatibilità può esserci, ma da sola potrebbe non bastare a giustificare il malessere.
È anche vero che alla fine di una storia è normale un certo periodo di disagio.
Tuttavia anche lei potrebbe essere una persona non così sicura di sé. Ci pensi un attimo: se fosse davvero sicura di sé, non avrebbe rimorsi né rimpianti. Soffrirebbe un po', ma saprebbe di aver fatto la cosa giusta a lasciarlo.
L'incompatibilità può esserci, ma da sola potrebbe non bastare a giustificare il malessere.
È anche vero che alla fine di una storia è normale un certo periodo di disagio.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
[#2]
Psicologo
Gentile ragazza,
La fine di una storia di solito può innescare una serie di dubbi e riflessioni che possono protrarsi anche per qualche tempo. La paura di restare soli e le considerazioni in merito alla scelte compiuta possono dunque ritenersi fisiologici nell'immediata conclusione di una relazione, soprattutto se questa si è protratta per parecchio tempo. Probabilmente, superata la fase iniziale, ritornerà a sentirsi meglio e potrà valutare con maggiore serenità l'adeguatezza della sua decisione. Dopo tutto lei scrive di aver avuto una relazione che la destabilizzava e che non le dava neppure la sicurezza necessaria per avere un rapporto sessuale completo col suo uomo e ciò dovrebbe farla riflettere circa la difficoltà di poter costruire qualcosa di duraturo con questo ragazzo. D'altronde, se la decisione è stata presa da entrambi (a prescindere da chi l'abbia proposta) è possibile che magari anche il suo ragazzo provasse i suoi stessi dubbi, anche se magari non aveva la forza d'intervenire. Magari col tempo riuscirà a trovare una persona che incontri davvero le sue esigenze e con la quale potrà costruire una relazione più stabile e funzionale. Se questi dubbi dovessero protrarsi ancora per molto tempo, o se continuasse a stare male, potrebbe decidere di consultare uno psicologo per intraprendere un eventuale percorso di supporto.
Cordialità.
La fine di una storia di solito può innescare una serie di dubbi e riflessioni che possono protrarsi anche per qualche tempo. La paura di restare soli e le considerazioni in merito alla scelte compiuta possono dunque ritenersi fisiologici nell'immediata conclusione di una relazione, soprattutto se questa si è protratta per parecchio tempo. Probabilmente, superata la fase iniziale, ritornerà a sentirsi meglio e potrà valutare con maggiore serenità l'adeguatezza della sua decisione. Dopo tutto lei scrive di aver avuto una relazione che la destabilizzava e che non le dava neppure la sicurezza necessaria per avere un rapporto sessuale completo col suo uomo e ciò dovrebbe farla riflettere circa la difficoltà di poter costruire qualcosa di duraturo con questo ragazzo. D'altronde, se la decisione è stata presa da entrambi (a prescindere da chi l'abbia proposta) è possibile che magari anche il suo ragazzo provasse i suoi stessi dubbi, anche se magari non aveva la forza d'intervenire. Magari col tempo riuscirà a trovare una persona che incontri davvero le sue esigenze e con la quale potrà costruire una relazione più stabile e funzionale. Se questi dubbi dovessero protrarsi ancora per molto tempo, o se continuasse a stare male, potrebbe decidere di consultare uno psicologo per intraprendere un eventuale percorso di supporto.
Cordialità.
[#3]
Utente
Senza dubbio io sono una persona abbastanza insicura. Spesso mi trovo nella posizione dell'eterna indecisa, ad esempio. Diciamo però che quando infine prendo una decisione tendo a farmene completamente carico, a costo di soffrire come un cane, se in fondo credo che sia la cosa giusta da fare. Ciò che mi aveva rassicurato in questo frangente è che quando ho realizzato la mia decisione ero convinta che fosse la cosa migliore e più saggia lasciarsi. Paradossalmente (?) i dubbi mi sono sorti dopo. Sono consapevole di avere tanti limiti caratteriali, e sono consapevole di essere una persona tendenzialmente rigida e col pugno di ferro e che questi lati del mio carattere (che chissà, forse proprio da insicurezza sono dettati) andrebbero un po' smussati. Mi chiedo se non sono stata abbastanza comprensiva, flessibile e se per questo non abbia visto tutto il buono che c'era in questa relazione. Poi però ripenso ai litigi, alla sofferenza, alla fatica di comunicare e di trovare un punto di intesa anche su cose che mi sembravano banali, alla confusione che mi si creava in testa e al senso di instabilità che mi derivavano da questo rapporto. E procedo così a fasi alterne le mie giornate, passando da momenti di certezza a momenti di dubbio...
[#4]
>>> Paradossalmente (?) i dubbi mi sono sorti dopo.
>>>
Non è così paradossale, perché le relazioni sentimentali hanno la caratteristica di far emergere il meglio e il peggio delle persone.
Se lei è:
>>> consapevole di essere una persona tendenzialmente rigida e col pugno di ferro
>>>
questo può essersi manifestato nella decisione di lasciarlo, ma... il rimorso e i dubbi che ora sta sentendo potrebbero indicare che le sue insicurezze hanno a che vedere proprio con il modo in cui gestisce le relazioni.
La rigidità, anche se può sembrare lapalissiano, è una strategia inconsapevole che si mette in atto quando manca flessibilità. Ad esempio per guardarsi d'attorno e cercare altre persone. Quello che è meno ovvio è che quando si è rigidi per mancanza di alternative, si tende a farsene un motivo di orgoglio, a considerarlo un punto di forza. E a dimenticarsi che la flessibilità è sempre un'alternativa migliore.
Probabilmente il suo ex, così incostante e così poco stabile, starà soffrendo meno di lei. Anche se non è detto.
>>>
Non è così paradossale, perché le relazioni sentimentali hanno la caratteristica di far emergere il meglio e il peggio delle persone.
Se lei è:
>>> consapevole di essere una persona tendenzialmente rigida e col pugno di ferro
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questo può essersi manifestato nella decisione di lasciarlo, ma... il rimorso e i dubbi che ora sta sentendo potrebbero indicare che le sue insicurezze hanno a che vedere proprio con il modo in cui gestisce le relazioni.
La rigidità, anche se può sembrare lapalissiano, è una strategia inconsapevole che si mette in atto quando manca flessibilità. Ad esempio per guardarsi d'attorno e cercare altre persone. Quello che è meno ovvio è che quando si è rigidi per mancanza di alternative, si tende a farsene un motivo di orgoglio, a considerarlo un punto di forza. E a dimenticarsi che la flessibilità è sempre un'alternativa migliore.
Probabilmente il suo ex, così incostante e così poco stabile, starà soffrendo meno di lei. Anche se non è detto.
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.7k visite dal 26/06/2014.
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