Carenze affettive
Premetto che ho avuto il mio percorso psicoterapeutico, è andato abbastanza bene e ho ritenuto che adesso devo farcela con le mie forze.
Vorrei parlarvi della questione delle carenze affettive, ne ho parlato anche in altri consulti... vorrei andare più nello specifico: talvolta, mi sento trascurato e non amato, specie in presenza di persone che mi interessano, o alle quali voglio bene, e specialmente se vedo che interagiscono con altri.
Una forma di gelosia in parte, e in parte una vera "fame" di amore e di attenzioni, che procurano sofferenza e alle quali non so come rimediare.
Cosa sapete dirmi al proposito? Le origini di un problema simile posso intuirle e potrete intuirle anche voi, cari specialisti, dando un'occhiata agli altri consulti... ma il rimedio quale può essere? Come posso difendermi da queste frustrazioni che talvolta mi fanno male?
Vorrei parlarvi della questione delle carenze affettive, ne ho parlato anche in altri consulti... vorrei andare più nello specifico: talvolta, mi sento trascurato e non amato, specie in presenza di persone che mi interessano, o alle quali voglio bene, e specialmente se vedo che interagiscono con altri.
Una forma di gelosia in parte, e in parte una vera "fame" di amore e di attenzioni, che procurano sofferenza e alle quali non so come rimediare.
Cosa sapete dirmi al proposito? Le origini di un problema simile posso intuirle e potrete intuirle anche voi, cari specialisti, dando un'occhiata agli altri consulti... ma il rimedio quale può essere? Come posso difendermi da queste frustrazioni che talvolta mi fanno male?
[#1]
"... ma il rimedio quale può essere?"
Caro ragazzo,
immagino che questo che sto per scriverle non lo gradirà ma la soluzione è che lei continui la psicoterapia che aveva già iniziato.
Perchè l'ha smessa?forse le riesce difficile vedersi come bisognoso di cure?
"ho ritenuto che adesso devo farcela con le mie forze"
Vede caro ragazzo, talvolta le nostre sole forze non bastano. La psicoterapia le fornirà i mezzi per affrontare la vita e, allora si che potrà appoggiarsi solo su sè stesso.
Pazienti.
Le faccio tanti auguri.
Caro ragazzo,
immagino che questo che sto per scriverle non lo gradirà ma la soluzione è che lei continui la psicoterapia che aveva già iniziato.
Perchè l'ha smessa?forse le riesce difficile vedersi come bisognoso di cure?
"ho ritenuto che adesso devo farcela con le mie forze"
Vede caro ragazzo, talvolta le nostre sole forze non bastano. La psicoterapia le fornirà i mezzi per affrontare la vita e, allora si che potrà appoggiarsi solo su sè stesso.
Pazienti.
Le faccio tanti auguri.
Dr.ssa Nunzia Spiezio
Psicologa
Avellino
[#2]
Non c'e una parola magica per non soffrire se si percepisce un bisogno di amore che non viene accolto.
Si puo' imparare a conviverci oppure imparare a cercare delle alternative.
Chiedere troppo puo' a volte avere l;effetto contrario al voluto e portare il nostro prossimo a scansarci.
Sono aspetti che vanno elaborati con un aiuto psicologico.
Che terapie ha seguito fino ad ora?
Si puo' imparare a conviverci oppure imparare a cercare delle alternative.
Chiedere troppo puo' a volte avere l;effetto contrario al voluto e portare il nostro prossimo a scansarci.
Sono aspetti che vanno elaborati con un aiuto psicologico.
Che terapie ha seguito fino ad ora?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#3]
Ex utente
cari dottori,
una psicoterapia potrà mica durare in eterno?
ne ho riconosciuto l'utilità, dopo averla fatta mi sento meglio, più maturo e sui "binari" giusti: ma continuare ad andare significa semplicemente sentirsi ripetere sempre le stesse cose, perché è arrivato il momento che io mi metta in gioco, che mi prenda dei rischi, faccia delle cose, e mi conosco, non esiste psicologo, ma forse essere umano, che possa velocizzare questo processo.
sono costretto a seguire i miei tempi.
due anni e mezzo di terapia cognitivo-comportamentale, hanno portato pochissimi benefici. pochi mesi di terapia orientata sulla persona hanno fatto di più. mi sono trovato bene, ma ho smesso per i motivi di cui sopra.
non posso continuare a girare psicologi nella speranza di avere il coraggio che mi manca e le idee chiare. anche perché lo psicologo ha i suoi limiti: è un facilitatore, un educatore, ma in campo scendono i calciatori e non gli allenatori.
sentirsi trascurati e non amati è brutto. non mi succede sempre, ma a volte, come stamattina, sì. e mi domandavo, cosa potevo fare? dovevo dirlo alla persona, rivelarle che ero giù di corda, cercare il suo affetto? era un'amica, ma che potevo fare? non puoi andare da un tizio/a e dire: "oh, mi sento trascurato". sarebbe opprimente anche farlo con un partner.
il problema è: perché accade questo, perché non mi basto? perché voglio essere amato? è una cosa bella, ma la sento pericolosa. a parte che non ci sono abituato, non mi capita mai, sono inibito eccetera. ma aver "bisogno" degli altri a questo modo, necessitare delle loro attenzioni ed il loro affetto, significa mettere nelle loro mani la propria vita, la propria felicità. una persona non può essere sempre presente per noi.
una psicoterapia potrà mica durare in eterno?
ne ho riconosciuto l'utilità, dopo averla fatta mi sento meglio, più maturo e sui "binari" giusti: ma continuare ad andare significa semplicemente sentirsi ripetere sempre le stesse cose, perché è arrivato il momento che io mi metta in gioco, che mi prenda dei rischi, faccia delle cose, e mi conosco, non esiste psicologo, ma forse essere umano, che possa velocizzare questo processo.
sono costretto a seguire i miei tempi.
due anni e mezzo di terapia cognitivo-comportamentale, hanno portato pochissimi benefici. pochi mesi di terapia orientata sulla persona hanno fatto di più. mi sono trovato bene, ma ho smesso per i motivi di cui sopra.
non posso continuare a girare psicologi nella speranza di avere il coraggio che mi manca e le idee chiare. anche perché lo psicologo ha i suoi limiti: è un facilitatore, un educatore, ma in campo scendono i calciatori e non gli allenatori.
sentirsi trascurati e non amati è brutto. non mi succede sempre, ma a volte, come stamattina, sì. e mi domandavo, cosa potevo fare? dovevo dirlo alla persona, rivelarle che ero giù di corda, cercare il suo affetto? era un'amica, ma che potevo fare? non puoi andare da un tizio/a e dire: "oh, mi sento trascurato". sarebbe opprimente anche farlo con un partner.
il problema è: perché accade questo, perché non mi basto? perché voglio essere amato? è una cosa bella, ma la sento pericolosa. a parte che non ci sono abituato, non mi capita mai, sono inibito eccetera. ma aver "bisogno" degli altri a questo modo, necessitare delle loro attenzioni ed il loro affetto, significa mettere nelle loro mani la propria vita, la propria felicità. una persona non può essere sempre presente per noi.
[#4]
Gentile Utente,
ben ritrovato!
Sono un po' perplessa dalle Sue domande, perchè a queste domande avrebbe già dovuto trovare le risposte nella psicoterapia e comunque la finalità di una psicoterapia è promuovere il benessere delle persone.
Ha ragione sul fatto che non può essere il terapeuta a FARE delle cose al Suo posto, ma di queste difficoltà nel fare delle scelte/azioni, ne ha mai parlato in terapia? Che cosa Le è stato operativamente proposto?
Già nel consulto precedente ero un po' perplessa dalla Sua definizione di psicoterapia come percorso utilissimo e interessante ma dagli scarsi risultati... non Le pare dissonante tutto ciò?
Lei si domanda "il problema è: perché accade questo, perché non mi basto? perché voglio essere amato? " ma credo che la risposta sia scontata. Il nocciolo della questione sembra di più come fare a stare con gli altri, tollerando queste Sue crisi sull'amabilità personale.
Bisogna anche dire che talvolta, chiusa una psicoterapia, gli schemi vecchi che il pz. implementava nel passato possono tornare e manifestarsi, ma un pz. che ha fatto un buon percorso terapeutico è capace di darne una lettura immediata e corretta e gestirli nella maniera più funzionale, cioè senza lasciarsi influenzare.
Quando ha detto, in terapia, al terapeuta di sentirsi spesso trascurato e non amato, che cosa Le era stato risposto?
ben ritrovato!
Sono un po' perplessa dalle Sue domande, perchè a queste domande avrebbe già dovuto trovare le risposte nella psicoterapia e comunque la finalità di una psicoterapia è promuovere il benessere delle persone.
Ha ragione sul fatto che non può essere il terapeuta a FARE delle cose al Suo posto, ma di queste difficoltà nel fare delle scelte/azioni, ne ha mai parlato in terapia? Che cosa Le è stato operativamente proposto?
Già nel consulto precedente ero un po' perplessa dalla Sua definizione di psicoterapia come percorso utilissimo e interessante ma dagli scarsi risultati... non Le pare dissonante tutto ciò?
Lei si domanda "il problema è: perché accade questo, perché non mi basto? perché voglio essere amato? " ma credo che la risposta sia scontata. Il nocciolo della questione sembra di più come fare a stare con gli altri, tollerando queste Sue crisi sull'amabilità personale.
Bisogna anche dire che talvolta, chiusa una psicoterapia, gli schemi vecchi che il pz. implementava nel passato possono tornare e manifestarsi, ma un pz. che ha fatto un buon percorso terapeutico è capace di darne una lettura immediata e corretta e gestirli nella maniera più funzionale, cioè senza lasciarsi influenzare.
Quando ha detto, in terapia, al terapeuta di sentirsi spesso trascurato e non amato, che cosa Le era stato risposto?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#5]
Le sue domande sono inquietanti.
Nel mio approccio psicodonamico si va a cercare il perche'.
Come era la sua vita infantile? Come era sua madre con lei? L;ammirava? La metteva al centro del suo mondo?
E lei che ci scrive come si sentiva?
Il modo in cui lei percepisce l'oggi dipende da quel passato.
Nel mio approccio psicodonamico si va a cercare il perche'.
Come era la sua vita infantile? Come era sua madre con lei? L;ammirava? La metteva al centro del suo mondo?
E lei che ci scrive come si sentiva?
Il modo in cui lei percepisce l'oggi dipende da quel passato.
[#6]
Ex utente
salve dottoressa pileci, come sempre grazie della gentile attenzione
certamente ne ho parlato, ma cosa mi si poteva rispondere?
di prendermi i miei rischi, soprattutto emotivi. di osare.
i miei passi avanti, per carità, li ho fatti. soprattutto sono diventato più aperto, la mia autostima è meno disastrata di prima, ho le idee chiare su quanto sia invalidante il rifiuto di me stesso.
ma le mie paure sono là. ogni tanto le affronto, ma certo non spariscono; forse riesco man mano a gestirle meglio, e questo, per carità, è già un grande risultato.
ma ci sono degli scogli altissimi che non riesco a superare, soprattutto in ambito relazionale: mi ci vuole del tempo, almeno spero che il tempo basti. le paure restano, sono fortissime.
e resta anche la timidezza, il vergognarsi di alcune cose. so dove sbaglio, so dove devo migliorare e so che la chiave di tutto è nel volersi bene e nell'avere stima e fiducia in sé stessi. lo so. e questo mi ripeterebbe il terapeuta.
cosa avrebbe detto il terapeuta? primo, di amare me stesso e soddisfare la voragine affettiva che vorrei colmassero gli altri. di parlare con il cuore e non con il cervello, magari di manifestare le proprie emozioni nei confronti di quella persona che si vorrebbe attirare a sé.
ecco... in effetti mi sono ormai risposto. dovrei amare me stesso, non anelare le attenzioni di altri. però i passi avanti non sono stati tantissimi, ma non c'è terapia che possa rimediare, credetemi. dovrei andarci per anni forse? è una grossa spesa, e uno non può avere ogni settimana qualcosa da raccontare, e soprattutto ci sono i limiti che ci sono. non ho nulla contro la psicoterapia, mi è servita, ma ribadisco, non posso affidarmi alla psicoterapia in eterno. non posso.
certamente ne ho parlato, ma cosa mi si poteva rispondere?
di prendermi i miei rischi, soprattutto emotivi. di osare.
i miei passi avanti, per carità, li ho fatti. soprattutto sono diventato più aperto, la mia autostima è meno disastrata di prima, ho le idee chiare su quanto sia invalidante il rifiuto di me stesso.
ma le mie paure sono là. ogni tanto le affronto, ma certo non spariscono; forse riesco man mano a gestirle meglio, e questo, per carità, è già un grande risultato.
ma ci sono degli scogli altissimi che non riesco a superare, soprattutto in ambito relazionale: mi ci vuole del tempo, almeno spero che il tempo basti. le paure restano, sono fortissime.
e resta anche la timidezza, il vergognarsi di alcune cose. so dove sbaglio, so dove devo migliorare e so che la chiave di tutto è nel volersi bene e nell'avere stima e fiducia in sé stessi. lo so. e questo mi ripeterebbe il terapeuta.
cosa avrebbe detto il terapeuta? primo, di amare me stesso e soddisfare la voragine affettiva che vorrei colmassero gli altri. di parlare con il cuore e non con il cervello, magari di manifestare le proprie emozioni nei confronti di quella persona che si vorrebbe attirare a sé.
ecco... in effetti mi sono ormai risposto. dovrei amare me stesso, non anelare le attenzioni di altri. però i passi avanti non sono stati tantissimi, ma non c'è terapia che possa rimediare, credetemi. dovrei andarci per anni forse? è una grossa spesa, e uno non può avere ogni settimana qualcosa da raccontare, e soprattutto ci sono i limiti che ci sono. non ho nulla contro la psicoterapia, mi è servita, ma ribadisco, non posso affidarmi alla psicoterapia in eterno. non posso.
[#7]
Ex utente
cara dottoressa esposito,
sono sicuro che qualcosa, nella mia infanzia, si andato storto.
più del bullismo, che comunque ha ferito mortalmente il mio enorme orgoglio, suppongo che qualcosa non andasse a casa, a livello di affettività e tutto, e questo spiegherebbe i miei vuoti affettivi.
ma adesso non ricordo. non le so dire cosa ci fosse di anomalo nella mia infanzia, ricordo che ero timido, timidissimo, ricordo di aver subito qualche delusione da cugini, zii, fratelli a cui volevo bene. ricordo che mia madre talvolta si disperava perché ero già un caratteraccio. tutto qua, non ricordo altro. ma del resto capire da dove arrivano i miei dolori non mi permette certamente di curarli...
sono sicuro che qualcosa, nella mia infanzia, si andato storto.
più del bullismo, che comunque ha ferito mortalmente il mio enorme orgoglio, suppongo che qualcosa non andasse a casa, a livello di affettività e tutto, e questo spiegherebbe i miei vuoti affettivi.
ma adesso non ricordo. non le so dire cosa ci fosse di anomalo nella mia infanzia, ricordo che ero timido, timidissimo, ricordo di aver subito qualche delusione da cugini, zii, fratelli a cui volevo bene. ricordo che mia madre talvolta si disperava perché ero già un caratteraccio. tutto qua, non ricordo altro. ma del resto capire da dove arrivano i miei dolori non mi permette certamente di curarli...
[#8]
Gentile Utente,
Lei scrive: "dovrei amare me stesso"...
Ok, ma concretamente che significa e come può farlo?
E' qui che deve concretamente farsi aiutare dal terapeuta, così come sulle paure. Le paure devono essere affrontate sistematicamente, non di tanto in tanto.
Nelle precedenti terapie, non Le venivano prescritti dei compiti? Se sì, quali?
Lei scrive: "dovrei amare me stesso"...
Ok, ma concretamente che significa e come può farlo?
E' qui che deve concretamente farsi aiutare dal terapeuta, così come sulle paure. Le paure devono essere affrontate sistematicamente, non di tanto in tanto.
Nelle precedenti terapie, non Le venivano prescritti dei compiti? Se sì, quali?
[#9]
Ex utente
beh, diceva il terapeuta, amare sé stessi quindi farsi rispettare, cercare la soddisfazione personale, il piacere, la realizzazione, dare voce ai sentimenti e non pensare/parlare male di sé.
i compiti talvolta sì, ma il più delle volte no perché non li eseguivo. troppa paura. altre volte non ne vedevo l'utilità, non capivo, e questo aggiunto alla paura mi faceva arrendere.
i compiti talvolta sì, ma il più delle volte no perché non li eseguivo. troppa paura. altre volte non ne vedevo l'utilità, non capivo, e questo aggiunto alla paura mi faceva arrendere.
[#10]
Gentile Utente,
fermo restando che ci sono tantissimi limiti nella consulenza on line, mi pare di capire tuttavia che Lei abbia usato poco e male la psicoterapia e Le spiego perchè.
La risposta che ci attendiamo da parte di un pz. è davvero che egli possa incontrare delle difficoltà nell'eseguire i compiti che come psicoterapeuti assegnamo loro, perchè se così non fosse il pz. non sarebbe un pz e non verrebbe neppure in terapia, perchè quella soluzione al problema sarebbe già stata una scelta possibile e certamente l'avrebbe già implementata! :-)
Quando il pz. incontra delle difficoltà deve portare tali difficoltà nella terapia e discuterne con il terapeuta, in maniera tale da poter superare il problema, passso dopo passo.
E anche quando non ne capisce l'utilità perchè possono esserci delle prescrizioni paradossali, è dovere del pz. parlarne con lo psicoterapeuta.
Secondo la teoria dell'apprendimento infatti, è chiaro che se vi è un rinforzo intermittente i risultati non ci sono e il pz. si arrende.
Il terapeuta non Le domandava comunque se era riuscito ad eseguire i compiti assegnati?
fermo restando che ci sono tantissimi limiti nella consulenza on line, mi pare di capire tuttavia che Lei abbia usato poco e male la psicoterapia e Le spiego perchè.
La risposta che ci attendiamo da parte di un pz. è davvero che egli possa incontrare delle difficoltà nell'eseguire i compiti che come psicoterapeuti assegnamo loro, perchè se così non fosse il pz. non sarebbe un pz e non verrebbe neppure in terapia, perchè quella soluzione al problema sarebbe già stata una scelta possibile e certamente l'avrebbe già implementata! :-)
Quando il pz. incontra delle difficoltà deve portare tali difficoltà nella terapia e discuterne con il terapeuta, in maniera tale da poter superare il problema, passso dopo passo.
E anche quando non ne capisce l'utilità perchè possono esserci delle prescrizioni paradossali, è dovere del pz. parlarne con lo psicoterapeuta.
Secondo la teoria dell'apprendimento infatti, è chiaro che se vi è un rinforzo intermittente i risultati non ci sono e il pz. si arrende.
Il terapeuta non Le domandava comunque se era riuscito ad eseguire i compiti assegnati?
[#11]
Ex utente
me lo chiedeva, ma il più delle volte rifiutavo già in fase di proposta.
era una cognitivo-comportamentale, ma data la mia difficoltà nell'eseguire compiti, la sua, anzi la nostra, nell'ideare quelli giusti... molte volte era cognitiva e basta, il comportamentale andava a farsi benedire.
del resto, sinceramente, nutro ancora qualche riserva su tale approccio: è veramente difficilissimo costruire una scaletta realmente fattibile, ragionata, graduale e aderente alla realtà quotidiana, fatta di azioni che possano effettivamente desensibilizzare... e soprattutto chi stabilisce cosa può rendermi pronto ad affrontare il gradino successivo, se quel gradino racchiude in sé magari la mia più grande paura?
l'altro terapeuta, che preferivo, non era un cognitivo-comportamentale, tuttavia, vista l'importanza dell'agire, anche lui magari mi dava qualche suggerimento pratico.
ad esempio quando mi innamorai di una ragazza, mi suggerì di correre il rischio. ma non ce la facevo, non ce la potevo fare, perché mancavano i presupposti, le esperienze, le conoscenze sociali, la fiducia in sé, la sicurezza, la maturità, le social skills, e last but not least la donna in questione era pure impegnata.
sinceramente, quella dei compiti la vedo una disciplina difficile da applicare, molte volte può sembrare un semplicistico "non ce la fai a fare questo? rimedio: fallo"... avrò incontrato le persone sbagliate, forse?
eppure il secondo professionista che ho visitato, mi sembrava veramente bravo. anzi lo era sicuramente. e allora non andava bene lui, non vado bene io o, come penso, la psicoterapia non fa, obiettivamente, miracoli quali quelli di cui ho bisogno?
perché abbandonare certe paure e certe vergogne, attualmente, la vedo come un miracolo.
era una cognitivo-comportamentale, ma data la mia difficoltà nell'eseguire compiti, la sua, anzi la nostra, nell'ideare quelli giusti... molte volte era cognitiva e basta, il comportamentale andava a farsi benedire.
del resto, sinceramente, nutro ancora qualche riserva su tale approccio: è veramente difficilissimo costruire una scaletta realmente fattibile, ragionata, graduale e aderente alla realtà quotidiana, fatta di azioni che possano effettivamente desensibilizzare... e soprattutto chi stabilisce cosa può rendermi pronto ad affrontare il gradino successivo, se quel gradino racchiude in sé magari la mia più grande paura?
l'altro terapeuta, che preferivo, non era un cognitivo-comportamentale, tuttavia, vista l'importanza dell'agire, anche lui magari mi dava qualche suggerimento pratico.
ad esempio quando mi innamorai di una ragazza, mi suggerì di correre il rischio. ma non ce la facevo, non ce la potevo fare, perché mancavano i presupposti, le esperienze, le conoscenze sociali, la fiducia in sé, la sicurezza, la maturità, le social skills, e last but not least la donna in questione era pure impegnata.
sinceramente, quella dei compiti la vedo una disciplina difficile da applicare, molte volte può sembrare un semplicistico "non ce la fai a fare questo? rimedio: fallo"... avrò incontrato le persone sbagliate, forse?
eppure il secondo professionista che ho visitato, mi sembrava veramente bravo. anzi lo era sicuramente. e allora non andava bene lui, non vado bene io o, come penso, la psicoterapia non fa, obiettivamente, miracoli quali quelli di cui ho bisogno?
perché abbandonare certe paure e certe vergogne, attualmente, la vedo come un miracolo.
[#13]
Ex utente
quello che direbbe qualsiasi terapeuta.
rischia. accetta la tua particella di rischio. senti la paura, poi fallo lo stesso. affronta il fuoco. buttati. credici. stimati.
io sarò codardo, sarò pigro, ma vorrei vedere altri nei miei panni; non credo che altri provino lo stesso fuoco interiore che mi debilita nelle situazioni emotivamente difficili, non credo che gli altri conoscano la vera ansia come l'ho conosciuta e vista io.
rischia. accetta la tua particella di rischio. senti la paura, poi fallo lo stesso. affronta il fuoco. buttati. credici. stimati.
io sarò codardo, sarò pigro, ma vorrei vedere altri nei miei panni; non credo che altri provino lo stesso fuoco interiore che mi debilita nelle situazioni emotivamente difficili, non credo che gli altri conoscano la vera ansia come l'ho conosciuta e vista io.
[#14]
Gentile Utente,
uno degli aspetti su cui talvolta occorre lavorare in terapia è il modo che i pz. hanno di raccontarsela rispetto se stessi, le difficoltà, la patologia, le relazioni, ecc...
Talvolta è indispensabile comprendere col pz. quali abili si è creato per continuare a stare male.
Scusi la franchezza :-)
uno degli aspetti su cui talvolta occorre lavorare in terapia è il modo che i pz. hanno di raccontarsela rispetto se stessi, le difficoltà, la patologia, le relazioni, ecc...
Talvolta è indispensabile comprendere col pz. quali abili si è creato per continuare a stare male.
Scusi la franchezza :-)
Questo consulto ha ricevuto 15 risposte e 2.2k visite dal 04/06/2014.
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