Blocco psicologico per rapporto mai maturato: recidere definitivamente o riprovare?

Salve. Non nascondo una certa vergogna nell’esporre un problema tanto banale che è diventato enorme per me. Sono un ragazzo di 33 anni pieno di passioni e amici, “cerco” di vivere la vita al meglio, ma nonostante ciò sono soggetto (da anni) a stati periodici di ansia e forte insicurezza. Immagino conosciate bene il meccanismo della mente che va in “loop” sulle proprie paure, quindi non mi dilungo sui sintomi. Sono stato in cura per un bel po’ da uno psicoterapeuta e ho imparato a gestire questo atteggiamento verso la vita, anche se a volte, come in questo caso, rimane invalidante.
Questo il mio problema: 7 anni fa, mi sono lasciato con una ragazza molto importante per me. Siamo stati insieme 4 anni, era vero amore per entrambi, condividendo tutto, e soprattutto aprendosi completamente all’altro. Ovviamente alla lunga sono nati i problemi, soprattutto legati al suo “lasciarsi andare” sia in campo sessuale, sia nel riuscire a vivere la vita in maniera più spensierata e meno impostata. Per spiegarmi con uno stereotipo: era la classica brava ragazza, quella di cui ti puoi fidare cecamente e con un cuore e una dolcezza enorme.
Io ho iniziato a sentire che avevo bisogno di esplorare il mondo al di fuori di lei, di frequentare ragazze piu’ “normali”, che cambiano, che sbagliano, che hanno anche esperienze negative e che hanno voglia di crescere, in poche parole: ragazze più vive e dinamiche. Lei invece era (ed è) l’immagine della staticità. Non osa. Non rischia. Non fa mai del male agli altri. Ho creduto di non essere più innamorato e cosi’ la lasciai.
In questi sette anni, purtroppo (viviamo in piccolo paese), abbiamo continuato a frequentare gli stessi amici, vedendoci spessissimo. Spesso e volentieri ci siamo anche aiutati in varie situazioni o difficoltà, creando un rapporto strano che è a metà tra amicizia e qualcosa di più profondo, un rapporto molto difficile da recidere.
Nel frattempo io ho avuto altre storie, che mi hanno dato molto, che mi hanno soddisfatto dove lei non mi soddisfaceva, ma la cosa strana è che le ho vissute quasi come un “tradimento” nei suoi confronti. Non sono più riuscito a “donare il mio cuore” ad un'altra (scusate l’espressione romantica), ma solo a divertirmi e stare bene e magari provare un grosso affetto per le ragazze che frequentavo, ma mai vero e proprio innamoramento (o magari solo all’inizio). Ho cercato nelle altre quello che lei non mi dava, ma nella mia mente c’è sempre stata la sua faccia dolce e comprensiva che mi guardava. In questi anni lei non si è MAI rifidanzata, e credo abbia frequentato a malapena qualche ragazzo. (continua)
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
"Ho creduto di non essere più innamorato e cosi’ la lasciai"

Gent.le Ragazzo,
quella che lei definisce "staticità" è solo una delle due facce della medaglia, dall'altro lato della quale c'è la solidità di un legame affettivo che ha continuato a rappresentare un riferimento in questi anni e che forse ora rischia di "idealizzare" se non lo contestualizza nella realtà di una relazione di coppia che avrebbe bisogno di evolvere per crescere.
Sarebbe preferibile che lei faccia prima chiarezza dentro di sé e poi eventualmente decidere se se la sente di riaprire il discorso con questa ragazza.

Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it

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Utente
Utente
La ringrazio per la risposta. il mio dubbio è proprio questo: ho idealizzato la sua figura o è la fatidica "donna giusta"?
Ad ogni modo, la mi richiesta era più lunga di 3000 caratteri e continuava cosi':
Io attualmente frequento un'altra ragazza, ma non ci riesco a viverla perché il pensiero (e la vista) della mia ex mi blocca. Come se partissi dal pregiudizio che nessuna potrà mai capirmi come ha fatto lei. Quindi tendo a iniziare delle storie, divertirmi, e quando iniziano a diventare troppo serie le chiudo. Non faccio mai quel salto che è necessario per creare un rapporto solido: donarsi all’altra persona.
Questo sta però diventando un atteggiamento autolesionista che mi impedisce di crescere. Inoltre mi approccio a questo problema con ansia, lasciando che entri in circolo il maledetto vortice di pensieri che non mi fa più capire cosa devo fare. Ne ho anche parlato con lei, che è altrettanto confusa. Aggiungo che il tempo che è passato (troppo) non ci aiuta a vedere chiaramente le cose. Sembra come se non riuscissimo a escluderci dalle nostre vite, ma neanche a tornare insieme. Come se stessimo in un limbo. Ultimamente ho chiesto un incontro col mio vecchio psicoterapeuta. Il suo consiglio è stato di riprovarci, e cercare di far uscire insieme a lei, i lati della sua personalità che siano meno da “mamma” e piu da “donna”, perché lui è convinto che tutte le persone li hanno, magari sono sopiti.
Io nel frattempo ho serie difficoltà a capire cosa provo.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
Forse questa confusione è salutare perché rappresenta l'opportunità di mettere in discussione schemi, convinzioni e pregiudizi che interferiscono con la possibilità di essere sé stessi, è come se lei essendo molto sicuro di come dovrebbero andare le cose nella sua vita cerca affannosamente di adeguarsi ad un modello ideale che non le corrisponde e quindi entra in conflitto con sé stesso.
E' disposto a correre il rischio di sbagliare? di iniziare a giocare una partita rinunciando a sapere in anticipo il suo esito?
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Utente
Utente
La ringrazio per la tempestività. Potrebbe essere più chiara? quale sarebbe secondo lei il modello al quale aspiro, e quale sarebbe invece la partita da giocare?
Grazie mille.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
"Non faccio mai quel salto che è necessario per creare un rapporto solido: donarsi all’altra persona."

Come vede il modello ideale lo ha sintetizzato lei stesso, la partita da giocare è entrare in relazione con l'altro senza imporsi un ruolo prestabilito, ma lasciandosi la possibilità di autorivelarsi e di scoprire l'altro a prescindere dalle aspettative.
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Gentile Utente,
mi associo alle riflessioni della Collega.
Una relazione di coppia, non dovrebbe seguire schemi pre definiti, ma seguire il cuore, senza passare dalla ragione.
Se decide di capire invece di sentire, non credo riuscirà mai ad entrare realmente in contatto profondo ematico con la partner.

le allego svariate letture sull'amore

https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2175-quando-finisce-un-amore.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/2959-amore-bugiardo.html
https://www.medicitalia.it/news/psicologia/3075-non-c-e-sesso-senza-amore-le-donne-al-sesso-occasionale-preferiscono-l-amore.html
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4219-sappiamo-ancora-amare-la-nuova-grammatica-del-cuore.html

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Utente
Utente
Ho letto gli articoli e ragionato sui vostri consigli
Fare chiarezza dentro di me prima di fare altri casini è impresa assai ardua: per non essere influenzato dalla presenza o dalle attenzioni di una o dell'altra ragazza, dovrei andare a vivere su un'isola deserta per un anno. Cosa che non posso fare.
Credo anche di non essere mai riuscito a voltare pagina, continuando a frequentarla.
La sensazione è che qualsiasi scelta io faccia, sia sbagliata, perché non spontanea. E la cosa più brutta è che non riesco a uscirne, ostacolando la mia felicità.
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Dr.ssa Sabrina Camplone Psicoterapeuta, Psicologo 4.9k 87
La fuga e l'evitamento sono dei meccanismi di difesa non certo due soluzioni.
Non si tratta di ragionare o di trovare l'azione giusta in assoluto, ma di mettersi in condizione di chiedere e ricevere aiuto, a volte da soli non è possibile affrontare una situazione che ci ha messo in difficoltà.