Partendo da un testo di medicitalia
Salve,
ieri ho pubblicato questo post: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/414274-agitazione-psicologica-con-forte-malessere-fisico.html ma purtroppo non ha avuto molto seguito, forse pure perché piuttosto lungo. La parte importante qui è alla fine del link.
L'autoanalisi (o il tentativo di) che segue riguarda il problema descritto appunto alla fine de link e si basa su un testo interessante che ho trovato su
MedicItalia: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/40-quando-le-nostre-convinzioni-ci-fanno-ammalare.html
Dopo la mia prima storia durata 2 anni, sono rimasto single praticamente per 3 anni e mezzo, 2 dei quali, un po' pure per scelta mia, soprattutto all'inizio causa delusione della prima storia, non sono stato a letto con una donna.
In questi anni da single penso di aver maturato dentro di me un Mito (vedi testo).
Con questo mito con cui misuro il mio "valore sociale". "Mio" perché non lo applico agli altri, ma solo a me stesso, non so perché. "Sociale" perché penso che "gli altri", perlomeno determinate persone di cui in realtà nemmeno m'importa, perché non hanno un ruolo nella mia vita né stimo particolarmente come persona (per es., ex compagni di classe con cui mi vedo assai sporadicamente), mi possano giudicare "uno sfigato".
Contenuto del mito: Per poter essere considerato socialmente in modo positivo dovrei poter dire d'essere stato con un certo numero di donne (imprecisato, ma superiore alle 7 con cui sono stato).
Dettagli del mito: Fino a 20 anni non sono mai stato con una ragazza, il che mi rende socialmente "uno sfigato". Dopodiché sono rimasto altri 2 anni senza stare con una donna, in parte per scelta, è vero, ma non importa perché il risultato è lo stesso: essere "uno sfigato" e, a livello più personale e meno sociale, aver perso tempo e occasioni che non tornano indietro. Mi comparo con altri che invece hanno sfruttato del proprio tempo e delle proprie occasioni, non da ultima la mia attuale ragazza (vedi mio ultimo messaggio nel primo link).
Applicazione del mito: applicando questo metro di giudizio a me stesso, nell'arco di questi anni da single ho maturato e, temo, introiettato profondamente dentro di me a livello irrazionale, l'idea di essere "uno sfigato" fino a quando (!) non avessi rimediato a ciò che non ho fatto nel passato e che, secondo il mito, mi rende "uno sfigato".
Come rimediare? Paradossalmente, pur sapendo che la mia storia non si può cambiare e che sempre sarà andata com'è andata, credo di aver fatto mia l'idea, anzi direi un vero e proprio progetto, di poter compensare questa "pecca" solo dimostrando, a me stesso e indirettamente "agli altri", che comunque valgo. Mi sono pertanto pianificato che sarei dovuto stare con varie donne per compensare l'aver iniziato tardi, l'esser rimasto due anni senza fare nulla, insomma l'essere "socialmente" "uno sfigato".
Razionalmente ho, credo, piuttosto chiaro il problema, ma non so come agire per cambiare l'immagine di me stesso. Come posso fare?
ieri ho pubblicato questo post: https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/414274-agitazione-psicologica-con-forte-malessere-fisico.html ma purtroppo non ha avuto molto seguito, forse pure perché piuttosto lungo. La parte importante qui è alla fine del link.
L'autoanalisi (o il tentativo di) che segue riguarda il problema descritto appunto alla fine de link e si basa su un testo interessante che ho trovato su
MedicItalia: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/40-quando-le-nostre-convinzioni-ci-fanno-ammalare.html
Dopo la mia prima storia durata 2 anni, sono rimasto single praticamente per 3 anni e mezzo, 2 dei quali, un po' pure per scelta mia, soprattutto all'inizio causa delusione della prima storia, non sono stato a letto con una donna.
In questi anni da single penso di aver maturato dentro di me un Mito (vedi testo).
Con questo mito con cui misuro il mio "valore sociale". "Mio" perché non lo applico agli altri, ma solo a me stesso, non so perché. "Sociale" perché penso che "gli altri", perlomeno determinate persone di cui in realtà nemmeno m'importa, perché non hanno un ruolo nella mia vita né stimo particolarmente come persona (per es., ex compagni di classe con cui mi vedo assai sporadicamente), mi possano giudicare "uno sfigato".
Contenuto del mito: Per poter essere considerato socialmente in modo positivo dovrei poter dire d'essere stato con un certo numero di donne (imprecisato, ma superiore alle 7 con cui sono stato).
Dettagli del mito: Fino a 20 anni non sono mai stato con una ragazza, il che mi rende socialmente "uno sfigato". Dopodiché sono rimasto altri 2 anni senza stare con una donna, in parte per scelta, è vero, ma non importa perché il risultato è lo stesso: essere "uno sfigato" e, a livello più personale e meno sociale, aver perso tempo e occasioni che non tornano indietro. Mi comparo con altri che invece hanno sfruttato del proprio tempo e delle proprie occasioni, non da ultima la mia attuale ragazza (vedi mio ultimo messaggio nel primo link).
Applicazione del mito: applicando questo metro di giudizio a me stesso, nell'arco di questi anni da single ho maturato e, temo, introiettato profondamente dentro di me a livello irrazionale, l'idea di essere "uno sfigato" fino a quando (!) non avessi rimediato a ciò che non ho fatto nel passato e che, secondo il mito, mi rende "uno sfigato".
Come rimediare? Paradossalmente, pur sapendo che la mia storia non si può cambiare e che sempre sarà andata com'è andata, credo di aver fatto mia l'idea, anzi direi un vero e proprio progetto, di poter compensare questa "pecca" solo dimostrando, a me stesso e indirettamente "agli altri", che comunque valgo. Mi sono pertanto pianificato che sarei dovuto stare con varie donne per compensare l'aver iniziato tardi, l'esser rimasto due anni senza fare nulla, insomma l'essere "socialmente" "uno sfigato".
Razionalmente ho, credo, piuttosto chiaro il problema, ma non so come agire per cambiare l'immagine di me stesso. Come posso fare?
[#1]
gentile utente, già il fatto che lei lo abbia inquadrato come "mito" ha già compreso che si tratti di una realtà fittizia.
detto questo è caduto in un'altra trappola
(..) Mi sono pertanto pianificato che sarei dovuto stare con varie donne per compensare l'aver iniziato tardi (..)ma non so come agire per cambiare l'immagine di me stesso.(..)
secondo quale legge morale-psicologica non scritta sta agendo?
sta continuando ad inseguire un mito che, come tale, difficilmente lo raggiungerà!!
le consiglio quest'altra lettura
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3607-e-la-lotta-contro-l-ansia-che-crea-ansia.html
forse per cambiare l'immagine che ha di se stesso non dovrebbe affatto cercare soluzioni, dal momento in cui è proprio questa ricerca che la mantiene nella sua visione di "sfigato" che deve necessariamente fare qualcosa.
saluti
detto questo è caduto in un'altra trappola
(..) Mi sono pertanto pianificato che sarei dovuto stare con varie donne per compensare l'aver iniziato tardi (..)ma non so come agire per cambiare l'immagine di me stesso.(..)
secondo quale legge morale-psicologica non scritta sta agendo?
sta continuando ad inseguire un mito che, come tale, difficilmente lo raggiungerà!!
le consiglio quest'altra lettura
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3607-e-la-lotta-contro-l-ansia-che-crea-ansia.html
forse per cambiare l'immagine che ha di se stesso non dovrebbe affatto cercare soluzioni, dal momento in cui è proprio questa ricerca che la mantiene nella sua visione di "sfigato" che deve necessariamente fare qualcosa.
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
>>L'autoanalisi (o il tentativo di)..<<
l'auto-analisi nel suo caso assomiglia di più ad un meccanismo di difesa volto ad arginare gli stati emotivi, razionalizzando o creando delle "pseudo-intellettualizzazioni".
>>Come posso fare?<<
credo sia importante avere un confronto diretto con un Collega, questo le permetterà di fare chiarezza e sbrogliare le sue costruzioni mentali.
l'auto-analisi nel suo caso assomiglia di più ad un meccanismo di difesa volto ad arginare gli stati emotivi, razionalizzando o creando delle "pseudo-intellettualizzazioni".
>>Come posso fare?<<
credo sia importante avere un confronto diretto con un Collega, questo le permetterà di fare chiarezza e sbrogliare le sue costruzioni mentali.
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#3]
Ex utente
Gentile Dottor De Vincentiis,
per prima cosa grazie per la sua risposta ed il testo segnalatomi.
Non saprei dire secondo quale legge morale-psicologica non scritta sto agendo, però è vero che, una volta avendo percepito quanto scritto, mi ha preso una certa ansia di dover sistemare questo problema, sia nella sua "fase cronica" (quest'immagine che ho di me stesso) sia nella sua "fase acuta" (legata al confronto con la mia ragazza).
In particolare quest'ansia nel risolvere il problema è legata a qualcosa di simile a quanto scritto nel suo testo: " L’accanimento sul problema, sia psicologico sia relazionale, non solo ne conferma la sua presenza ma fa si che esso sia il perno del nostro impegno. Se un membro della coppia decide di mettere in discussione il passato del proprio partner, involontariamente non sta facendo altro che collocare questo passato nel presente e subirne tutti gli effetti." (Per quanto io non metta in discussione il passato del partner, con cui sì faccio un confronto, bensì il mio.)
Credo di aver capito che lottare contro il problema lo esalti e in effetti ho anche questa sensazione: negli ultimi 3 giorni (cioè da quando il problema è sorto) quando non ci penso mi sento più sereno, mentre quando ci penso, tentando di trovare il modo di estirparlo, mi sento più ansioso e giù di morale perché so che non l'ho ancora estirpato e temo di non riuscirci.
Quello che però vorrei sottolineare è che non vorrei semplicemente vivere bene senza pensare al problema, ma vivere bene perché ho risolto il problema. Tuttavia non so come farlo.
Smettere di pensare alla cosa sicuramente non la gonfierà e non mi darà l'ansia di doverla risolvere... però la risolverà davvero?
per prima cosa grazie per la sua risposta ed il testo segnalatomi.
Non saprei dire secondo quale legge morale-psicologica non scritta sto agendo, però è vero che, una volta avendo percepito quanto scritto, mi ha preso una certa ansia di dover sistemare questo problema, sia nella sua "fase cronica" (quest'immagine che ho di me stesso) sia nella sua "fase acuta" (legata al confronto con la mia ragazza).
In particolare quest'ansia nel risolvere il problema è legata a qualcosa di simile a quanto scritto nel suo testo: " L’accanimento sul problema, sia psicologico sia relazionale, non solo ne conferma la sua presenza ma fa si che esso sia il perno del nostro impegno. Se un membro della coppia decide di mettere in discussione il passato del proprio partner, involontariamente non sta facendo altro che collocare questo passato nel presente e subirne tutti gli effetti." (Per quanto io non metta in discussione il passato del partner, con cui sì faccio un confronto, bensì il mio.)
Credo di aver capito che lottare contro il problema lo esalti e in effetti ho anche questa sensazione: negli ultimi 3 giorni (cioè da quando il problema è sorto) quando non ci penso mi sento più sereno, mentre quando ci penso, tentando di trovare il modo di estirparlo, mi sento più ansioso e giù di morale perché so che non l'ho ancora estirpato e temo di non riuscirci.
Quello che però vorrei sottolineare è che non vorrei semplicemente vivere bene senza pensare al problema, ma vivere bene perché ho risolto il problema. Tuttavia non so come farlo.
Smettere di pensare alla cosa sicuramente non la gonfierà e non mi darà l'ansia di doverla risolvere... però la risolverà davvero?
[#4]
Ex utente
Gentile Dottore Del Signore,
mi scusi ma non mi è chiaro in che modo il mio razionalizzare il problema costituisca un tentativo di arginare gli stati emotivi.
In realtà emotivamente vivo male la cosa, sebbene razionalmente sappia che si tratti di un mito e di cose senza importanza. Anzi, proprio per questo contrasto tra come mi sento (male) e l'aver coscienza che si tratta di un mito "sbagliato" credo di aver introiettato quest'ultimo a livello più profondo.
Le mie sono solo speculazioni perché non sono affatto un esperto di psicologia, però quello che volevo dire è che, se ho interpretato bene le sue parole, gli stati emotivi non sono affatto arginati.
mi scusi ma non mi è chiaro in che modo il mio razionalizzare il problema costituisca un tentativo di arginare gli stati emotivi.
In realtà emotivamente vivo male la cosa, sebbene razionalmente sappia che si tratti di un mito e di cose senza importanza. Anzi, proprio per questo contrasto tra come mi sento (male) e l'aver coscienza che si tratta di un mito "sbagliato" credo di aver introiettato quest'ultimo a livello più profondo.
Le mie sono solo speculazioni perché non sono affatto un esperto di psicologia, però quello che volevo dire è che, se ho interpretato bene le sue parole, gli stati emotivi non sono affatto arginati.
[#5]
>>..li stati emotivi non sono affatto arginati.<<
si perché la razionalizzazione è un po' un mentire a se stessi. Cercare di dare un senso "psicologico", in modo scientifico intendo, è già una forma di controllo (purtroppo inefficace) sull'ansia.
Le interpretazioni dovrebbero farle gli psicologi, perché se lei dice: "credo di aver introiettato quest'ultimo a livello più profondo" sta già facendo un'interpretazione, un tecnicismo del suo modo di funzionare, probabilmente errato.
si perché la razionalizzazione è un po' un mentire a se stessi. Cercare di dare un senso "psicologico", in modo scientifico intendo, è già una forma di controllo (purtroppo inefficace) sull'ansia.
Le interpretazioni dovrebbero farle gli psicologi, perché se lei dice: "credo di aver introiettato quest'ultimo a livello più profondo" sta già facendo un'interpretazione, un tecnicismo del suo modo di funzionare, probabilmente errato.
[#6]
"Smettere di pensare alla cosa sicuramente non la gonfierà e non mi darà l'ansia di doverla risolvere... però la risolverà davvero? "
No è necessario lavorare sul potere che attribuisce al giudizio degli altri, sulla scarsa considerazione di sé, sulla convinzione disfunzionale che il valore di una persona è testimoniato dalla quantità di incontri sessuali che riesce ad ottenere piuttosto che dalla qualità delle relazioni interpersonali che instaura con gli altri.
Questi ed altri aspetti possono essere affrontati adeguatamente all'interno di colloqui con lo Psicologo, al fine di avviare un reale processo di cambiamento.
No è necessario lavorare sul potere che attribuisce al giudizio degli altri, sulla scarsa considerazione di sé, sulla convinzione disfunzionale che il valore di una persona è testimoniato dalla quantità di incontri sessuali che riesce ad ottenere piuttosto che dalla qualità delle relazioni interpersonali che instaura con gli altri.
Questi ed altri aspetti possono essere affrontati adeguatamente all'interno di colloqui con lo Psicologo, al fine di avviare un reale processo di cambiamento.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#7]
Ex utente
Gentile Dottor Del Signore.
La ringrazio per la spiegazione, ora mi è più chiaro.
A questo punto, avendo capito che lei mi suggerisce un confronto con uno psicologo, cosa sulla quale effettivamente già meditavo, mi domandavo se una terapia mirata a risolvere specificamente questa cosa, magari più breve, sia qualcosa che secondo può raggiungere lo scopo desiderato, cioè farmi superare il problema.
La ringrazio ancora
La ringrazio per la spiegazione, ora mi è più chiaro.
A questo punto, avendo capito che lei mi suggerisce un confronto con uno psicologo, cosa sulla quale effettivamente già meditavo, mi domandavo se una terapia mirata a risolvere specificamente questa cosa, magari più breve, sia qualcosa che secondo può raggiungere lo scopo desiderato, cioè farmi superare il problema.
La ringrazio ancora
[#8]
Ex utente
Gentile Dottoressa Camplone,
grazie anche a lei per la sua risposta.
Solo una precisazione: la mia "convinzione disfunzionale che il valore di una persona è testimoniato dalla quantità di incontri sessuali che riesce ad ottenere piuttosto che dalla qualità delle relazioni interpersonali che instaura con gli altri" la applico esclusivamente a me stesso, ma non agli altri.
Le ripropongo la stessa domanda fatta al Dottor Del Signore: una terapia, magari più breve quanto a numero di sedute, che fosse mirata a risolvere specificamente questa cosa secondo lei può raggiungere lo scopo desiderato, cioè farmi superare il problema?
Grazie ancora
grazie anche a lei per la sua risposta.
Solo una precisazione: la mia "convinzione disfunzionale che il valore di una persona è testimoniato dalla quantità di incontri sessuali che riesce ad ottenere piuttosto che dalla qualità delle relazioni interpersonali che instaura con gli altri" la applico esclusivamente a me stesso, ma non agli altri.
Le ripropongo la stessa domanda fatta al Dottor Del Signore: una terapia, magari più breve quanto a numero di sedute, che fosse mirata a risolvere specificamente questa cosa secondo lei può raggiungere lo scopo desiderato, cioè farmi superare il problema?
Grazie ancora
[#9]
Si era chiaro che la convinzione era riferita a lei.Per quanto riguarda la sua domanda solitamente gli obiettivi si stabiliscono all'inizio del percorso terapeutico e durante il suo svolgimento si verifica periodicamente il loro raggiungimento, ma il numero ridotto di sedute di per sé non può essere garanzia di efficacia.
[#10]
Ex utente
Mi sto rendendo conto di due cose:
1. mi sto ossessionando con questo problema: cerco di pensarci per capire come sentirmi meglio, come sbrogliare la faccenda, come risolverla una volta per tutte prima che mi porti a rovinare la mia relazione (giacché mi rendo conto che se non altro influenza, in senso negativo, il mio modo di percepire alcune cose), e quando non ci penso e me ne rendo conto mi sento quasi in colpa... perché voglio risolverlo, non ignorarlo!
2. sto spostando sempre più il problema da quello vero, cioè me stesso e il mio modo di percepire il mio valore e il mio passato, al passato della mia ragazza. Ho la sensazione di stare gradualmente sviluppando quasi una reazione negativa al fatto che sia stata con tanti uomini. Finora io ho sempre detto che, sia per gli uomini che per le donne, se qualcuno vuole e sempre rispettando il prossimo (cioè non tradendo o ferendo sentimenti altrui), è libero di godersi il sesso e che in questo non c'è niente di male. La penso ancora così, ma a forza di riflettere sul mio problema è come se non accettassi bene il passato della mia ragazza. L'ultima cosa che voglio è far diventare questo il centro del problema, perché temo che in questo modo rovinerò davvero tutto... ne sono tanto convinto che addirittura penso sia quello che inconsciamente voglio fare...
Come posso fare?
1. mi sto ossessionando con questo problema: cerco di pensarci per capire come sentirmi meglio, come sbrogliare la faccenda, come risolverla una volta per tutte prima che mi porti a rovinare la mia relazione (giacché mi rendo conto che se non altro influenza, in senso negativo, il mio modo di percepire alcune cose), e quando non ci penso e me ne rendo conto mi sento quasi in colpa... perché voglio risolverlo, non ignorarlo!
2. sto spostando sempre più il problema da quello vero, cioè me stesso e il mio modo di percepire il mio valore e il mio passato, al passato della mia ragazza. Ho la sensazione di stare gradualmente sviluppando quasi una reazione negativa al fatto che sia stata con tanti uomini. Finora io ho sempre detto che, sia per gli uomini che per le donne, se qualcuno vuole e sempre rispettando il prossimo (cioè non tradendo o ferendo sentimenti altrui), è libero di godersi il sesso e che in questo non c'è niente di male. La penso ancora così, ma a forza di riflettere sul mio problema è come se non accettassi bene il passato della mia ragazza. L'ultima cosa che voglio è far diventare questo il centro del problema, perché temo che in questo modo rovinerò davvero tutto... ne sono tanto convinto che addirittura penso sia quello che inconsciamente voglio fare...
Come posso fare?
[#11]
>>La penso ancora così, ma a forza di riflettere sul mio problema è come se non accettassi bene il passato della mia ragazza.<<
credo invece che la sua sia una sorta di "negazione" e il fatto che lei non riesce ad accettare il passato della sua ragazza è una questione sulla quale riflettere, perché non è un'idea che nasce dal nulla.
Il conflitto scaturisce tra questi due modi di pensare:
1- >>Finora io ho sempre detto che, sia per gli uomini che per le donne, se qualcuno vuole e sempre rispettando il prossimo (cioè non tradendo o ferendo sentimenti altrui), è libero di godersi il sesso e che in questo non c'è niente di male.<<
2- >>è come se non accettassi bene il passato della mia ragazza.<<
la differenza fondamentale è che con la sua ragazza ha un coinvolgimento affettivo, quindi non può considerarla con tutti gli altri (punto 1). Le sue insicurezze, perché di questo si tratta, la portano a rimuginare sul passato (punto 2).
>>perché voglio risolverlo, non ignorarlo!<<
allora dovrebbe contattare un Collega di persona, qui possiamo fare solo ipotesi.
credo invece che la sua sia una sorta di "negazione" e il fatto che lei non riesce ad accettare il passato della sua ragazza è una questione sulla quale riflettere, perché non è un'idea che nasce dal nulla.
Il conflitto scaturisce tra questi due modi di pensare:
1- >>Finora io ho sempre detto che, sia per gli uomini che per le donne, se qualcuno vuole e sempre rispettando il prossimo (cioè non tradendo o ferendo sentimenti altrui), è libero di godersi il sesso e che in questo non c'è niente di male.<<
2- >>è come se non accettassi bene il passato della mia ragazza.<<
la differenza fondamentale è che con la sua ragazza ha un coinvolgimento affettivo, quindi non può considerarla con tutti gli altri (punto 1). Le sue insicurezze, perché di questo si tratta, la portano a rimuginare sul passato (punto 2).
>>perché voglio risolverlo, non ignorarlo!<<
allora dovrebbe contattare un Collega di persona, qui possiamo fare solo ipotesi.
[#12]
Ex utente
Gentile Dottor Del Signore,
Volevo riferirle che nel frattempo ho provveduto a contattare un Collega. Purtroppo non potrà essere un incontro di persona ma via skype. La cosa positiva è che se partirò potrò continuarlo nel tempo.
Quanto al punto da lei suggerito, il fatto è che so da 2 mesi del passato della mia ragazza e fino a lunedì l'avevo sempre accettato senza problemi. Mi aveva senz'altro sorpreso perché, per com'è e per quello che mi aveva raccontato non sospettavo niente del genere, ma niente di più. Invece adesso è scattato qualcosa. Un'idea che mi è venuta è che prima pensavo fossi ancora in tempo di "recuperare", ma chiaro se desidero stare con la mia ragazza devo accettare, e farlo serenamente, che ognuno di noi ha un passato diverso e che ognuno ha fatto le proprie esperienze, lei molte e io molte meno.
Secondo lei in che senso la mia sarebbe una sorta di negazione?
Volevo riferirle che nel frattempo ho provveduto a contattare un Collega. Purtroppo non potrà essere un incontro di persona ma via skype. La cosa positiva è che se partirò potrò continuarlo nel tempo.
Quanto al punto da lei suggerito, il fatto è che so da 2 mesi del passato della mia ragazza e fino a lunedì l'avevo sempre accettato senza problemi. Mi aveva senz'altro sorpreso perché, per com'è e per quello che mi aveva raccontato non sospettavo niente del genere, ma niente di più. Invece adesso è scattato qualcosa. Un'idea che mi è venuta è che prima pensavo fossi ancora in tempo di "recuperare", ma chiaro se desidero stare con la mia ragazza devo accettare, e farlo serenamente, che ognuno di noi ha un passato diverso e che ognuno ha fatto le proprie esperienze, lei molte e io molte meno.
Secondo lei in che senso la mia sarebbe una sorta di negazione?
[#13]
Ex utente
Non so se sono stato chiaro sulla faccenda del "recuperare", ma quello che volevo dire è quanto segue: siccome a breve dovrò partire e stare all'estero vari mesi (adesso sto anche mettendo in dubbio se partire effettivamente o meno), la mia ragazza mi ha detto che vorrebbe sapere che ne valga la pena, di aspettarmi per questi mesi. Il valerne la pena dipende essenzialmente dal fatto che io poi, una volta tornato, la coinvolga nei miei progetti futuri e non che riparta ancora lasciandola nuovamente ad aspettarmi. E questo è totalmente comprensibile, secondo me.
Il problema è che fino al momento in cui questo discorso è stato fatto io ho sempre vissuto questa relazione nel presente, e non in prospettiva futura. Questo fatto, di progettare la relazione nel futuro e quindi di continuare a stare con questa persona, cozza(va) con la mia idea, il mio "progetto", di fare altre esperienze. In questo senso mi ha messo davanti all'idea che io sarei rimasto con una ragazza, perché in effetti voglio rimanerci giacché mi ci trovo bene, la quale non ha sprecato il suo tempo e si è fatta le sue esperienze, mentre il mio "riscatto" sarebbe rimasto incompiuto.
Non so se sono riuscito a spiegarmi bene.
Il problema è che fino al momento in cui questo discorso è stato fatto io ho sempre vissuto questa relazione nel presente, e non in prospettiva futura. Questo fatto, di progettare la relazione nel futuro e quindi di continuare a stare con questa persona, cozza(va) con la mia idea, il mio "progetto", di fare altre esperienze. In questo senso mi ha messo davanti all'idea che io sarei rimasto con una ragazza, perché in effetti voglio rimanerci giacché mi ci trovo bene, la quale non ha sprecato il suo tempo e si è fatta le sue esperienze, mentre il mio "riscatto" sarebbe rimasto incompiuto.
Non so se sono riuscito a spiegarmi bene.
Questo consulto ha ricevuto 13 risposte e 2k visite dal 08/05/2014.
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