Depressione, fobie, rapporto con terapeuta.
Gentili Specialisti
Ringrazio innanzi tutto della vostra disponibilità.
Vivo da parecchi anni una situazione di depressione che ho deciso finalmente di trattare con una terapia cadenzata, di tipo TCC.
Breve premessa: la depressione, per anamnesi personale, in generale condivisa dal terapeuta, nasce come reazione a una cronica situazione di fobia sociale, aggravata anche da una situazione familiare caratterizzata da forte passivo-aggressività. Io stesso sono passivo-aggressivo.
La terapia dura da quasi due anni, con fasi di stanca e di slancio. Tuttavia ho sempre fatto molta resistenza, passiva manco a dirlo, prima ai farmaci, poi allo stile del terapeuta che trovo senz'altro empatico, ma da cui non mi sento coinvolto.
Ho avuto una parentesi di miglioramento l'anno scorso, supportato da una promessa di trasferimento lavorativo e una illusione amorosa che credo mi abbia fatto fare piu passi avanti che la terapia, ma che si è poi rivelata una ferita profonda (che sto cercando ancora di chiudere visto che l'altra è mia collega).
Il fatto è che non riesco a sentirmi sereno e logico a sufficienza, per vedere in modo chiaro come "sostituire" i pensieri negativi con quelli positivi o fare il classico lavoro di analisi ABC, è tutto a scoppio ritardato. Il terapeuta ci prova ma lo trovo disordinato, quasi poco interessato, facciamo queste cose da due anni ormai, ma mi vedo fisicamente ricadere in fondo, sono tornato il pigro nullafacente di una volta, sempre più egocentrico, sempre più pauroso, sempre più ansioso..
Voglio cambiare terapeuta ma fare in modo che il distacco sia poco traumatico. Anzi forse proprio tipo di terapia. La TCC ha bisogno di una serenità di base e di razionalità, che ho in scarsa misura, per poter dare risposte. Oppure di un terapeuta che ci abbia capito qualcosa o provi a seguire una linea.
Da parte mia ho cercato di mettere in pratica alcune cose lottando, ho provato a socializzare, a iscrivermi a corsi, addirittura a cambiare città per alcuni mesi. Vedo tutto come una sovrastruttura su una base che è immutabile ed è fatta di ansia paura tristezza e rabbia, che non se ne vanno neanche con le bombe. Non posso nemmeno far uso di sostanze, sono troppo sensibile anche a quelle.
Chiedo alla vostra cortesia non una soluzione ma un confronto, perchè dalla confusione alla rinuncia a capire manca proprio poco.
Vi ringrazio,
Ringrazio innanzi tutto della vostra disponibilità.
Vivo da parecchi anni una situazione di depressione che ho deciso finalmente di trattare con una terapia cadenzata, di tipo TCC.
Breve premessa: la depressione, per anamnesi personale, in generale condivisa dal terapeuta, nasce come reazione a una cronica situazione di fobia sociale, aggravata anche da una situazione familiare caratterizzata da forte passivo-aggressività. Io stesso sono passivo-aggressivo.
La terapia dura da quasi due anni, con fasi di stanca e di slancio. Tuttavia ho sempre fatto molta resistenza, passiva manco a dirlo, prima ai farmaci, poi allo stile del terapeuta che trovo senz'altro empatico, ma da cui non mi sento coinvolto.
Ho avuto una parentesi di miglioramento l'anno scorso, supportato da una promessa di trasferimento lavorativo e una illusione amorosa che credo mi abbia fatto fare piu passi avanti che la terapia, ma che si è poi rivelata una ferita profonda (che sto cercando ancora di chiudere visto che l'altra è mia collega).
Il fatto è che non riesco a sentirmi sereno e logico a sufficienza, per vedere in modo chiaro come "sostituire" i pensieri negativi con quelli positivi o fare il classico lavoro di analisi ABC, è tutto a scoppio ritardato. Il terapeuta ci prova ma lo trovo disordinato, quasi poco interessato, facciamo queste cose da due anni ormai, ma mi vedo fisicamente ricadere in fondo, sono tornato il pigro nullafacente di una volta, sempre più egocentrico, sempre più pauroso, sempre più ansioso..
Voglio cambiare terapeuta ma fare in modo che il distacco sia poco traumatico. Anzi forse proprio tipo di terapia. La TCC ha bisogno di una serenità di base e di razionalità, che ho in scarsa misura, per poter dare risposte. Oppure di un terapeuta che ci abbia capito qualcosa o provi a seguire una linea.
Da parte mia ho cercato di mettere in pratica alcune cose lottando, ho provato a socializzare, a iscrivermi a corsi, addirittura a cambiare città per alcuni mesi. Vedo tutto come una sovrastruttura su una base che è immutabile ed è fatta di ansia paura tristezza e rabbia, che non se ne vanno neanche con le bombe. Non posso nemmeno far uso di sostanze, sono troppo sensibile anche a quelle.
Chiedo alla vostra cortesia non una soluzione ma un confronto, perchè dalla confusione alla rinuncia a capire manca proprio poco.
Vi ringrazio,
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(...)l fatto è che non riesco a sentirmi sereno e logico a sufficienza, per vedere in modo chiaro come "sostituire" i pensieri negativi con quelli positivi o fare il classico lavoro di analisi ABC, è tutto a scoppio ritardato. Il terapeuta ci prova ma...
gentile regazzo c'è un detto che così recita: "se si fanno le stesse cose si ottengono solo le stesse cose"
senza nulla togliere alla professionalità del terapeuta sembra che ci sia la necessità di affrontare il problema sotto altri punti di vista e provare nuove strategie terapeutiche.
dal momento in cui scrive:
(..)Oppure di un terapeuta che ci abbia capito qualcosa o provi a seguire una linea(..)appare ovvio che la sua percezione di quello che state facendo non è straordinariamente positiva, quindi, sarebbe opportuno pensare ad un cambiamento.
le consiglio questa lettura
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4088-quando-il-paziente-si-allea-con-la-propria-malattia.html
e questa per darle l'idea di come poter percepire una problematica patologica da punti di vista, forse, mai presi in considerazione
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3607-e-la-lotta-contro-l-ansia-che-crea-ansia.html
saluti
gentile regazzo c'è un detto che così recita: "se si fanno le stesse cose si ottengono solo le stesse cose"
senza nulla togliere alla professionalità del terapeuta sembra che ci sia la necessità di affrontare il problema sotto altri punti di vista e provare nuove strategie terapeutiche.
dal momento in cui scrive:
(..)Oppure di un terapeuta che ci abbia capito qualcosa o provi a seguire una linea(..)appare ovvio che la sua percezione di quello che state facendo non è straordinariamente positiva, quindi, sarebbe opportuno pensare ad un cambiamento.
le consiglio questa lettura
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4088-quando-il-paziente-si-allea-con-la-propria-malattia.html
e questa per darle l'idea di come poter percepire una problematica patologica da punti di vista, forse, mai presi in considerazione
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3607-e-la-lotta-contro-l-ansia-che-crea-ansia.html
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#2]
Utente
Egregio
Ringrazio per la sua risposta.
Ho letto i suoi due articoli , il primo lo condivido pienamente, il secondo un po' meno e dico subito perché, per la mia esperienza purtroppo la vita stessa toglie il tempo per attendere che le cose vengano da sé, una "non soluzione" è una idea simpatica ma poco praticabile.
Lei mi suggerisce "se si fanno le stesse cose si ottengono solo le stesse cose"; ha ragione, credo di aver provato, pure insistendo, a mettere in pratica degli accorgimenti tali da farmi uscire dalla "comfort zone" ma puntualmente l'ansia sopraggiunge e purtroppo l'effetto non è quello di desensibilizzarmi, ma quello opposto di stimolare ancora di più la "vocina" malefica e critica.
Io ho una enorme stima per il mio terapeuta, riconosco la pazienza e la voglia di approfondire ma purtroppo lo vedo andare a tentoni. Due anni di terapia hanno fatto solo risalire un po' di rabbia repressa ma il metodo, che prevede una analisi razionale dei pensieri che sottostanno alle emozioni, mi risulta difficile da applicare; in una data situazione la mente razionale si annebbia e lascia il posto a sensazioni che mi investono violentemente. La depressione e la aggressività passiva fanno il resto in termini di memoria labile e pavidità. Ecco, paura e rabbia, questo non riesco a superare. Mancanza di coraggio e pulsioni rabbiose e represse. Mi mancano "carezze" sincere e disinteressate.
Grazie.
Ringrazio per la sua risposta.
Ho letto i suoi due articoli , il primo lo condivido pienamente, il secondo un po' meno e dico subito perché, per la mia esperienza purtroppo la vita stessa toglie il tempo per attendere che le cose vengano da sé, una "non soluzione" è una idea simpatica ma poco praticabile.
Lei mi suggerisce "se si fanno le stesse cose si ottengono solo le stesse cose"; ha ragione, credo di aver provato, pure insistendo, a mettere in pratica degli accorgimenti tali da farmi uscire dalla "comfort zone" ma puntualmente l'ansia sopraggiunge e purtroppo l'effetto non è quello di desensibilizzarmi, ma quello opposto di stimolare ancora di più la "vocina" malefica e critica.
Io ho una enorme stima per il mio terapeuta, riconosco la pazienza e la voglia di approfondire ma purtroppo lo vedo andare a tentoni. Due anni di terapia hanno fatto solo risalire un po' di rabbia repressa ma il metodo, che prevede una analisi razionale dei pensieri che sottostanno alle emozioni, mi risulta difficile da applicare; in una data situazione la mente razionale si annebbia e lascia il posto a sensazioni che mi investono violentemente. La depressione e la aggressività passiva fanno il resto in termini di memoria labile e pavidità. Ecco, paura e rabbia, questo non riesco a superare. Mancanza di coraggio e pulsioni rabbiose e represse. Mi mancano "carezze" sincere e disinteressate.
Grazie.
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 1.5k visite dal 29/04/2014.
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