Cominciare una nuova terapia?
Gentili dottori,
tra circa un mese compirò 32 anni, mi alzo al mattino e non so che fare delle mie giornate.
A parte una parentesi di 2 mesi, sono circa 4 anni che non lavoro, dalla conclusione di un apprendistato. Ma la mancanza di occupazione non è l'unica causa della mia situazione problematica.
10 anni fa, dopo una lunga malattia, è morta mia madre, con la quale avevo un legame molto stretto, quasi simbiotico. Non è stato purtroppo né l'unico né l'ultimo lutto. Da quel punto in po' mi sembra di non essere più cresciuta, mi sento ferma, bloccata. Non ho uno scopo nella vita, mi sento vuota e inutile.
Convivo da 5 anni con R., con cui sto da 12, in una grande città in cui ci siamo trasferiti per lavoro, e faccio la casalinga, ma senza motivazione né soddisfazioni. Mi sento sola e isolata; ho pochi amici che o sono lontani o lavorano, li sento quasi esclusivamente via internet. Ci sono giorni in cui non esco di casa e parlo solo con il mio compagno.
Tendo a procrastinare sempre tutto, anche le faccende domestiche. Non mi curo di me stessa e della mia casa, arrivando per esempio a non lavarmi o a lasciare R. senza calze pulite. In più mi sento spesso annebbiata, sono sempre assonnata e passo dal letto al divano.
Non mi riconosco; da piccola ero considerata una studentessa dotata, brillante e con un buon futuro davanti, ma il passaggio dalle superiori all'università è stato traumatico: mia madre stava già male e io senza scadenze improrogabili non mi sapevo organizzare. Ho preso una laurea triennale impiegandoci 10 anni e molta fatica.
Mi vergogno di me stessa, del tempo e delle opportunità che ho sprecato; vorrei riuscire a darmi almeno una routine che mi dia la sensazione di aver completato qualcosa alla fine della giornata.
Fino a 6 mesi fa, per circa due anni e mezzo, sono stata seguita da un neuropsichiatra che mi ha diagnosticato una forma depressiva, curata prima con il cymbalta e poi con la sertralina. Contemporaneamente ho intrapreso un counseling, che però si è concluso un anno fa per volontà di entrambe le parti. Alla fine io mi sono sentita giudicata come un caso disperato e la terapista ha ritenuto che lei non fosse la persona adatta ad aiutarmi. In passato ho avuto altre esperienze, sostanzialmente di stampo analitico, senza mai una diagnosi precisa.
Mi sembra di essere abbastanza consapevole di quali sono i miei atteggiamenti negativi, ma continuo a fare resistenza al cambiamento; in più non vedo in me nessun aspetto positivo.
Arrivata a questo punto, con pensieri anche molto negativi, mi chiedo se sia il caso di iniziare una nuova terapia, anche se le precedenti le ho vissute come fallimenti, e di che tipo.
Grazie per la Vostra attenzione,
A.
tra circa un mese compirò 32 anni, mi alzo al mattino e non so che fare delle mie giornate.
A parte una parentesi di 2 mesi, sono circa 4 anni che non lavoro, dalla conclusione di un apprendistato. Ma la mancanza di occupazione non è l'unica causa della mia situazione problematica.
10 anni fa, dopo una lunga malattia, è morta mia madre, con la quale avevo un legame molto stretto, quasi simbiotico. Non è stato purtroppo né l'unico né l'ultimo lutto. Da quel punto in po' mi sembra di non essere più cresciuta, mi sento ferma, bloccata. Non ho uno scopo nella vita, mi sento vuota e inutile.
Convivo da 5 anni con R., con cui sto da 12, in una grande città in cui ci siamo trasferiti per lavoro, e faccio la casalinga, ma senza motivazione né soddisfazioni. Mi sento sola e isolata; ho pochi amici che o sono lontani o lavorano, li sento quasi esclusivamente via internet. Ci sono giorni in cui non esco di casa e parlo solo con il mio compagno.
Tendo a procrastinare sempre tutto, anche le faccende domestiche. Non mi curo di me stessa e della mia casa, arrivando per esempio a non lavarmi o a lasciare R. senza calze pulite. In più mi sento spesso annebbiata, sono sempre assonnata e passo dal letto al divano.
Non mi riconosco; da piccola ero considerata una studentessa dotata, brillante e con un buon futuro davanti, ma il passaggio dalle superiori all'università è stato traumatico: mia madre stava già male e io senza scadenze improrogabili non mi sapevo organizzare. Ho preso una laurea triennale impiegandoci 10 anni e molta fatica.
Mi vergogno di me stessa, del tempo e delle opportunità che ho sprecato; vorrei riuscire a darmi almeno una routine che mi dia la sensazione di aver completato qualcosa alla fine della giornata.
Fino a 6 mesi fa, per circa due anni e mezzo, sono stata seguita da un neuropsichiatra che mi ha diagnosticato una forma depressiva, curata prima con il cymbalta e poi con la sertralina. Contemporaneamente ho intrapreso un counseling, che però si è concluso un anno fa per volontà di entrambe le parti. Alla fine io mi sono sentita giudicata come un caso disperato e la terapista ha ritenuto che lei non fosse la persona adatta ad aiutarmi. In passato ho avuto altre esperienze, sostanzialmente di stampo analitico, senza mai una diagnosi precisa.
Mi sembra di essere abbastanza consapevole di quali sono i miei atteggiamenti negativi, ma continuo a fare resistenza al cambiamento; in più non vedo in me nessun aspetto positivo.
Arrivata a questo punto, con pensieri anche molto negativi, mi chiedo se sia il caso di iniziare una nuova terapia, anche se le precedenti le ho vissute come fallimenti, e di che tipo.
Grazie per la Vostra attenzione,
A.
[#1]
Gentile Utente,
cita molti fattori correlati al suo malessere ....la malattia di sua madre, avvenuta in un momento importante di cambiamento e la successiva perdita, un lutto importante, probabilmente non ben elaborato al quale si sono aggiunte ulteriori perdite, il trasferimento in un'altra città e la conseguente mancata integrazione...nulla ci dice sulla sua vita di coppia, sul rapporto con il suo partner...
In ogni caso la sua vita appare bloccata in più ambiti e da parecchio tempo, trascinandosi nell'insoddisfazione, nella tristezza, nei sensi di colpa, nel senso di vuoto che la accompagna...
La consapevolezza dei suoi atteggiamenti negativi non può bastare per riuscire ad uscire dal limbo in cui sembra essere confinata e poter riprendere in mano la sua vita.
Non aggiunge particolari in merito ai motivi inerenti ai fallimenti terapeutici riferiti...ma non si fermi nonostante queste considerazioni...può trovare chi la possa accompagnare in un percorso idoneo a restituirle miglior benessere e qualità di vita, a ritrovare e riattivare risorse e potenzialità smarrite...
Dovrebbe prendersi cura di se stessa rivolgendosi a uno psicologo/psicoterapeuta.
Anche una rivalutazione del trattamento farmacologico sarebbe opportuna, attraverso visita medico specialistica (psichiatra).
Legga questi articoli
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Restiamo in ascolto
cita molti fattori correlati al suo malessere ....la malattia di sua madre, avvenuta in un momento importante di cambiamento e la successiva perdita, un lutto importante, probabilmente non ben elaborato al quale si sono aggiunte ulteriori perdite, il trasferimento in un'altra città e la conseguente mancata integrazione...nulla ci dice sulla sua vita di coppia, sul rapporto con il suo partner...
In ogni caso la sua vita appare bloccata in più ambiti e da parecchio tempo, trascinandosi nell'insoddisfazione, nella tristezza, nei sensi di colpa, nel senso di vuoto che la accompagna...
La consapevolezza dei suoi atteggiamenti negativi non può bastare per riuscire ad uscire dal limbo in cui sembra essere confinata e poter riprendere in mano la sua vita.
Non aggiunge particolari in merito ai motivi inerenti ai fallimenti terapeutici riferiti...ma non si fermi nonostante queste considerazioni...può trovare chi la possa accompagnare in un percorso idoneo a restituirle miglior benessere e qualità di vita, a ritrovare e riattivare risorse e potenzialità smarrite...
Dovrebbe prendersi cura di se stessa rivolgendosi a uno psicologo/psicoterapeuta.
Anche una rivalutazione del trattamento farmacologico sarebbe opportuna, attraverso visita medico specialistica (psichiatra).
Legga questi articoli
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
Restiamo in ascolto
Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it
[#2]
<<Mi vergogno di me stessa, del tempo e delle opportunità che ho sprecato>>
<<mi chiedo se sia il caso di iniziare una nuova terapia>>
Gentile Utente,
il fatto che abbia scritto qui e che si sia posta il quesito in merito all'opportunità di provare ad uscire da questa pesante e triste situazione è da leggersi, a mio avviso, già come un segnale positivo di volontà di cambiamento.
Ciò che è stato fa parte del passato e non è giusto continuare a (non)vivere così legati ad esso: ha il tempo per potersi prendere cura di sé in modo adeguato e penso che la risposta alla sua domanda non possa che essere affermativa. Certo che è il caso di iniziare con una valutazione accurata della situazione per capire bene come sia più corretto intervenire.
Si rivolga ad uno psicoterapeuta (assicurandosi che sia iscritto all'Albo dell'Ordine degli Psicologi) con fiducia e vedrà che sarà meno difficile di quanto ora immagina.
Cordialmente,
<<mi chiedo se sia il caso di iniziare una nuova terapia>>
Gentile Utente,
il fatto che abbia scritto qui e che si sia posta il quesito in merito all'opportunità di provare ad uscire da questa pesante e triste situazione è da leggersi, a mio avviso, già come un segnale positivo di volontà di cambiamento.
Ciò che è stato fa parte del passato e non è giusto continuare a (non)vivere così legati ad esso: ha il tempo per potersi prendere cura di sé in modo adeguato e penso che la risposta alla sua domanda non possa che essere affermativa. Certo che è il caso di iniziare con una valutazione accurata della situazione per capire bene come sia più corretto intervenire.
Si rivolga ad uno psicoterapeuta (assicurandosi che sia iscritto all'Albo dell'Ordine degli Psicologi) con fiducia e vedrà che sarà meno difficile di quanto ora immagina.
Cordialmente,
Dr.ssa Paola Scalco, Psicoterapia Cognitiva e Sessuologia Clinica
ASTI - Cell. 331 5246947
https://whatsapp.com/channel/0029Va982SIIN9ipi00hwO2i
[#3]
Gent.le Sig.ra,
ormai da più di trent'anni la ricerca scientifica sui fattori che rendono efficace la psicoterapia ci conferma che la relazione psicoterapeuta/cliente è l'aspetto discriminante al di là dell'orientamento dello specialista.
Tuttavia c'è da precisare che un percorso di counseling non è equivalente ad una psicoterapia dato che la formazione del counselor è differente da quella dello Psicologo-Psicoterapeuta.
E' evidente che nel suo caso c'è un processo di elaborazione del lutto ancora in corso e forse "cristallizzato" ma che in ogni caso rappresenta un aspetto fondamentale del suo vissuto che andrebbe affrontato adeguatamente, per creare le condizioni favorevoli all'avvio di un processo di cambiamento.
Inoltre sarebbe importante che Lei possa individuare degli obiettivi a breve termini che le consentano di sviluppare la motivazione necessaria a dare senso alla sua quotidianità.
La richiesta di un colloquio con lo Psicologo presso il Consultorio familiare della sua ASL può essere il primo passo in questa .
Al fine di fornirle dei riferimenti sulla qualità della relazione terapeutica le suggerisco di leggere questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
ormai da più di trent'anni la ricerca scientifica sui fattori che rendono efficace la psicoterapia ci conferma che la relazione psicoterapeuta/cliente è l'aspetto discriminante al di là dell'orientamento dello specialista.
Tuttavia c'è da precisare che un percorso di counseling non è equivalente ad una psicoterapia dato che la formazione del counselor è differente da quella dello Psicologo-Psicoterapeuta.
E' evidente che nel suo caso c'è un processo di elaborazione del lutto ancora in corso e forse "cristallizzato" ma che in ogni caso rappresenta un aspetto fondamentale del suo vissuto che andrebbe affrontato adeguatamente, per creare le condizioni favorevoli all'avvio di un processo di cambiamento.
Inoltre sarebbe importante che Lei possa individuare degli obiettivi a breve termini che le consentano di sviluppare la motivazione necessaria a dare senso alla sua quotidianità.
La richiesta di un colloquio con lo Psicologo presso il Consultorio familiare della sua ASL può essere il primo passo in questa .
Al fine di fornirle dei riferimenti sulla qualità della relazione terapeutica le suggerisco di leggere questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
[#4]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente, riassumo brevemente quello che ci ha scritto.
Da ragazzina, lei era considerata una studentessa brillante, e le sue prospettive erano positive. In corrispondenza ad un cambiamento importante della sua vita (il passaggio all'università), con tutti i riadattamenti che richiede, lei ha sperimentato una profonda difficoltà a riorganizzarsi, ed a rispettare delle scadenze e degli impegni che non erano quelli settimanali dell'interrogazione e del compito in classe, ma quelli a medio termine, che richiedono una disciplina ed un'organizzazione più autonome.
Questo ha condotto ad una serie di difficoltà universitarie, esacerbate dalla malattia di sua madre. Ipotizzo che già da allora il suo umore abbia cominciato ad "andar giù". Quando questo accade, una delle possibili reazioni che mettiamo in campo è quella di "ritirarci" e rinunciare, che può assumere diverse forme (smettere di impegnarsi, rimandare, evitare certe situazioni o certe scadenze, chiudersi in casa, etc.).
A sua volta, il "ritiro" può condurre ad ulteriori, spiacevoli conseguenze. Infatti, ognuno di noi ricava energia e motivazione dai suoi sforzi, e dalle loro conseguenze. Se smettiamo di sforzarci e di impegnarci, smettiamo di fallire, ma anche di avere successo!
Se questo accade, può instaurarsi una sorta di "circolo vizioso" tra umore basso, disimpegno, valutazione di sè come "senza valore" o "senza speranza", ed ulteriore "calo".
La psicoterapia, da sola o in combinazione ad una adeguata terapia farmacologica, non può "cambiarci la vita". Ma può "aiutarci" a cambiarla.
Forse, i percorsi precedenti la hanno aiutata in parte, o non sono stati utili. Ma questo non implica nulla su altri percorsi che può intraprendere.
Magari, può prendere in considerazione orientamenti meno "introspettivi" e più orientati al cambiamento diretto del comportamento, che lavorino per obiettivi, come ad esempio quello cognitivo-comportamentale. Non sono nè migliori nè peggiori di altri, ma forse potrebbero fornirle un metodo proprio per definire obiettivi, mettersi in movimento, affrontare i problemi che incontra e che incontrerà.
Il problema, a volte, è che ci concentriamo tanto sul nostro passato, da dimenticarci che il nostro presente, oggi, diventerà la nostra storia, domani.
OGGI, che storia vogliamo costruire?
Da ragazzina, lei era considerata una studentessa brillante, e le sue prospettive erano positive. In corrispondenza ad un cambiamento importante della sua vita (il passaggio all'università), con tutti i riadattamenti che richiede, lei ha sperimentato una profonda difficoltà a riorganizzarsi, ed a rispettare delle scadenze e degli impegni che non erano quelli settimanali dell'interrogazione e del compito in classe, ma quelli a medio termine, che richiedono una disciplina ed un'organizzazione più autonome.
Questo ha condotto ad una serie di difficoltà universitarie, esacerbate dalla malattia di sua madre. Ipotizzo che già da allora il suo umore abbia cominciato ad "andar giù". Quando questo accade, una delle possibili reazioni che mettiamo in campo è quella di "ritirarci" e rinunciare, che può assumere diverse forme (smettere di impegnarsi, rimandare, evitare certe situazioni o certe scadenze, chiudersi in casa, etc.).
A sua volta, il "ritiro" può condurre ad ulteriori, spiacevoli conseguenze. Infatti, ognuno di noi ricava energia e motivazione dai suoi sforzi, e dalle loro conseguenze. Se smettiamo di sforzarci e di impegnarci, smettiamo di fallire, ma anche di avere successo!
Se questo accade, può instaurarsi una sorta di "circolo vizioso" tra umore basso, disimpegno, valutazione di sè come "senza valore" o "senza speranza", ed ulteriore "calo".
La psicoterapia, da sola o in combinazione ad una adeguata terapia farmacologica, non può "cambiarci la vita". Ma può "aiutarci" a cambiarla.
Forse, i percorsi precedenti la hanno aiutata in parte, o non sono stati utili. Ma questo non implica nulla su altri percorsi che può intraprendere.
Magari, può prendere in considerazione orientamenti meno "introspettivi" e più orientati al cambiamento diretto del comportamento, che lavorino per obiettivi, come ad esempio quello cognitivo-comportamentale. Non sono nè migliori nè peggiori di altri, ma forse potrebbero fornirle un metodo proprio per definire obiettivi, mettersi in movimento, affrontare i problemi che incontra e che incontrerà.
Il problema, a volte, è che ci concentriamo tanto sul nostro passato, da dimenticarci che il nostro presente, oggi, diventerà la nostra storia, domani.
OGGI, che storia vogliamo costruire?
[#5]
Utente
Innanzi tutto Vi ringrazio per le Vostre risposte.
Per quanto riguarda il rapporto di coppia, anche in questo ambito ci sono delle grosse difficoltà. Sono consapevole di essere una persona con cui è difficile convivere, anche se è raro che R. me lo faccia pesare. Ho molta paura di perderlo, soprattutto di perdere la sua fiducia. Spesso per inerzia o pigrizia, sinceramente non so, non faccio la mia parte. Lui lavora fuori casa, ma molto spesso si ritrova a dover fare anche molte cose in casa che io non faccio. Bisogna dire però che se lui è con me sono molto più motivata e riesco a completare un po' di compiti.
La sfera sessuale è un'altra area critica, io non sento il bisogno di avere rapporti e lui vorrebbe che invece fossi io a prendere l'iniziativa.
Abbiamo parlato di avere un figlio, dato che io non ho impegni lavorativi ma siamo comunque riusciti a risparmiare in questi anni, e abbiamo anche cominciato l'iter di programmazione della gravidanza: abbiamo fatto gli esami del sangue, ho smesso la pillola e ho cominciato ad assumere acido folico. Anche se è un desiderio che sento di avere, credo di non essere pronta e ho molta paura di non essere all'altezza.
Quello che dice la dr.ssa Camplone riguardo gli obiettivi è esattamente quello che vorrei raggiungere. Ho letto molto a questo riguardo, ma tutti i consigli che trovo non riesco a metterli in pratica. Mi sento nella spirale del "tanto è inutile", una delle mie frasi caratteristiche, insieme a "non ci riesco".
La risposta data dal dott. Calì riassume esattamente la mia situazione e come mi sento. Il fatto è che mi blocco proprio davanti all'ultima domanda e non so da che parte iniziare. Anche quando comincio qualcosa con le migliori intenzioni, mi perdo non lo porto fino in fondo, non sono costante e le sensazioni di fallimento si occumulano.
A questo punto credo che leggerò gli articoli che mi avete segnalato, soprattutto per fare una scelta sul tipo di terapia da intraprendere e proverò a consultare un Vostro collega della mia città.
Grazie ancora
Per quanto riguarda il rapporto di coppia, anche in questo ambito ci sono delle grosse difficoltà. Sono consapevole di essere una persona con cui è difficile convivere, anche se è raro che R. me lo faccia pesare. Ho molta paura di perderlo, soprattutto di perdere la sua fiducia. Spesso per inerzia o pigrizia, sinceramente non so, non faccio la mia parte. Lui lavora fuori casa, ma molto spesso si ritrova a dover fare anche molte cose in casa che io non faccio. Bisogna dire però che se lui è con me sono molto più motivata e riesco a completare un po' di compiti.
La sfera sessuale è un'altra area critica, io non sento il bisogno di avere rapporti e lui vorrebbe che invece fossi io a prendere l'iniziativa.
Abbiamo parlato di avere un figlio, dato che io non ho impegni lavorativi ma siamo comunque riusciti a risparmiare in questi anni, e abbiamo anche cominciato l'iter di programmazione della gravidanza: abbiamo fatto gli esami del sangue, ho smesso la pillola e ho cominciato ad assumere acido folico. Anche se è un desiderio che sento di avere, credo di non essere pronta e ho molta paura di non essere all'altezza.
Quello che dice la dr.ssa Camplone riguardo gli obiettivi è esattamente quello che vorrei raggiungere. Ho letto molto a questo riguardo, ma tutti i consigli che trovo non riesco a metterli in pratica. Mi sento nella spirale del "tanto è inutile", una delle mie frasi caratteristiche, insieme a "non ci riesco".
La risposta data dal dott. Calì riassume esattamente la mia situazione e come mi sento. Il fatto è che mi blocco proprio davanti all'ultima domanda e non so da che parte iniziare. Anche quando comincio qualcosa con le migliori intenzioni, mi perdo non lo porto fino in fondo, non sono costante e le sensazioni di fallimento si occumulano.
A questo punto credo che leggerò gli articoli che mi avete segnalato, soprattutto per fare una scelta sul tipo di terapia da intraprendere e proverò a consultare un Vostro collega della mia città.
Grazie ancora
Questo consulto ha ricevuto 5 risposte e 2.1k visite dal 24/04/2014.
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