Cambio dello psicoterapeuta: capire quello giusto
Sinteticamente, io direi che i problemi principali sono:
1) famiglia poco d'esempio: i miei genitori non sono dei modelli d'esempio. Soprattutto mia madre (ma anche mio padre di fatto perché tendenzialmente ha l'abitudine a dare ragione a lei oltre ad essere molto testone e non essersi mai interessato più di tanto a me), ha la tendenza ad evidenziare solo i miei difetti, cosa sbaglio, lati del carattere che A LEI non le piacciono, e, secondo me, mi considera abbastanza un fallito, pur negando la cosa (capirete ovviamente la contraddizione tra le due cose). Ogni tanto ripete che io nella mia vita non ho combinato nulla (prima non lo diceva, ma attorno ai 20 anni ha iniziato, ora ne ho 21), che non son buono di far nulla, ecc, se vado male a un esame è pronta a smer***mi a lungo (ovviamente se vado bene invece non dicon nulla). I miei genitori fan molto leva sul senso di colpa, per cui in un qualche modo qualcosa da disprezzare di me lo trovano. L'unica figura che si salva nella mia famiglia è mio fratello maggiore. Tempo fa non eran così , secondo me son peggiorati da più o meno un annetto, ma conto tra non molto di andarmene di casa, perciò dopo potranno al massimo rinfacciarmi che non torno (quando sono a casa però desiderano il contrario)
2) Autostima: ho degli alti e bassi, in generale penso di non aver abbastanza fiducia in me stesso (i miei genitori sono tendenzialmente insicuri e mi han sempre ripetuto che sono insicuro anch'io, l'autostima che guadagno la guadagno grazie a me o a risultati esterni). Purtroppo cioò secondo me influisce negativamente su quello che faccio, inclusa la sfera relazionale, dove a volte ho paura a mostrarmi per come sono con gli altri. In realtà questo credo sia l'unico problema che ho a livello relazionale, perché una volta aperto sono piuttosto socievole (anche a detta altrui), però di primo impatto forse di me traspare un'immagine un po' fredda. Inoltre noto che ho la tendenza a "rimandare" o pormi buoni propositi salvo poi dire "no, non fa per me/io??". Per esempio in questo momento sono combattuto se fare quest'estate o meno una vacanza studio anche solo per mettermi alla prova in un nuovo ambiente ma il mio sesto senso mi dice che i miei genitori sarebbero pronti a sputtanarmi sulla cosa (come molte delle mie iniziative, che son raramente condivise, a meno che non consigliate da loro).
3) Donne: con le donne sono un autentico disastro, non rimedio neanche un appuntamento. Ovviamente zero esperienze
Rispetto al passato, il risultato migliore è che temo meno il giudizio degli altri, ma devo lavorarci ancora (partivo messo male secondo me).
Alla luce di ciò, quale psicoterapeuta è il più consigliato?
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
I processi di cambiamento non sono mai lineari e costanti, in psicoterapia anche i momenti come quelli da lei descritti hanno un significato e non vanno ignorati ma esplicitati al terapeuta per diventare opportunità di affrontare eventuali resistenze, cambiare può essere molto faticoso
"Rispetto al passato, il risultato migliore è che temo meno il giudizio degli altri, ma devo lavorarci ancora (partivo messo male secondo me).
Alla luce di ciò, quale psicoterapeuta è il più consigliato?"
Questo significa che il processo di cambiamento è iniziato e sta andando nella direzione giusta, credo le sarebbe più utile parlare con il terapeuta delle sue aspettative riguardo al cambiamento e di come l'atteggiamento giudicante che ha nei suoi confronti interferisce con esse.
Dr.ssa SABRINA CAMPLONE
Psicologa-Psicoterapeuta Individuale e di Coppia a Pescara
www.psicologaapescara.it
A me invece non va bene. Questi miglioramenti sono quasi "automatici" alla mia età, specie se teniam conto che è passato ben 1 anno ormai... In un anno dovrei cambiare molto di più, e in alcune cose siam più o meno in stallo
Per me invece c'è un problema di fondo che rende tutto quello che faccio più inefficiente e dispendioso in termini di energie, quindi bisognerebbe prima rivedere il mio valore come persona e le mie credenze. Senza ovviamente trincerarsi dietro la ricerca di un modello di perfezione che non riesco a raggiungere. Nel senso molte persone non "cercano" eppure trovano comunque. Evidentemente hanno prima ripulito tutta la spazzatura di base e dopo in automatico le cose andavano bene.
La "terapia sistemico-relazionale" è una sorta di TCC incentrata sul modo di relazionarsi?
Io non credo di soffrire di attacchi di panico, disturbi d'ansia ecc (sono cose di cui ti accorgi precisamente, io in genere invece sono abbastanza calmo e di umore stabile tranne a volte che son girato male ma questo succede a un po' tutti). Né bulimia, anoressia ecc (ci tengo alla linea abbastanza ma assolutamente non da comprometterne la mia vita sociale e salute).
Diciamo che il tutto si riassume nel fatto che non riesco né a circondarmi delle persone che vorrei (o meglio, non tutte le persone che frequento mi soddisfano, e la colpa in ciò dev'essere mia) né riesco a affascinarle/interessarle come vorrei. Ovviamente questo vale per ambo i sessi, nel caso femminile semplicemente direi che la cosa è più o meno uguale, ma enfatizzata (ovvero non riesco a risultare interessante per niente come vorrei e non riesco a entrare in contatto con nessuna ragazza che mi interessi sul serio, non perché sia esigente)
Di tanto in tanto provo anche a buttarmi ma non riesco mai a fare un lavoro continuativo (es: ci provo con due, va male, per 3-4 settimane faccio altro, e alla fine il mio "modo di pormi", la mia esperienza è tornata allo status quo. Idem in famiglia, magari per 10 giorni va tutto liscio, poi c'è il giorno in cui i miei genitori sbottano, per motivi generalmente molto stupidi, e alla fine siamo messi come prima perché mi rinfacciano le stesse identiche cose della volta prima), col risultato che dopo un po' rimango più o meno a dov'ero prima. E intanto i mesi passano.
ciò che dice il terapeuta va bene, nel senso che -una volta intercettato il comportamento o i comportamenti che creano problemi- questi possono essere modificati attraverso le prescrizioni del terapeuta.
Chiaramente ci vuole molta fatica e impegno da parte del pz, perchè egli è abituato a fare e pensare automaticamente in un altro modo.
Ad esempio, un pz. potrebbe avere dei pensieri automatici di fallimento nell'approccio con le donne e quindi non provarci o avvicinarsi in maniera tale da suscitare poco interesse per via dell'insicurezza che trasmettono...
Il Suo terapeuta Le dà prescrizioni?
E' anche chiaro che se Lei si lascia scoraggiare dopo poco tempo, butta via tutti i progressi che probabilmente ha già fatto ma che non vede quando si scoraggia....
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
saluti
No, non mi pare abbia dato "prescrizioni". Cioé ma consigliato lui come procederebbe, degli spunti. Non so se si può considerare la stessa cosa
Per il resto, non è che non ci provo mai, ma non ho neanche tutte ste occasioni. Non posso certo fermare tipe in mezzo alla strada (o meglio, posso anche ma come puro esercizio di s-timidatorio, perché concretamente non si riesce a creare interesse a meno di essere tipi veramente attraenti). L'unico luogo possono esser le aule studio quando ci vado (ovvero in genere in periodo esami), per il resto non è che abbia tante occasioni. Nelle palestre non ci sono occasioni. La sera in genere la passo tra amici, e come amici nessuno è sveglio da farmi da spalla. Quindi, tolti i social (su cui neanche lì rimedio qualcosa), scrostando rimangono poche occasioni che finiscono male (come detto riuscirei anche ad attaccar discorso, ma non creo interesse). Miglioro troppo lentamente di questo passo
comunque prima di migliorare quest'aspetto sarei più interessato ai primi 2. Sul terzo è da sempre che mi va male (non lo dico per vittimismo o mentendo a me stesso ignorando qualcosa, sul serio, sono uscito 1 volta un pomeriggio dopo lezione con una ragazza in 21 anni, che sinceramente non mi interessava neanche e non ho fatto io il primo passo) quindi dev'esserci qualcosa di sbagliato alle radici, anche se di preciso non so cosa (o meglio, ho sicuramente dei difetti ma non credo così assurdi da essere considerati solo quelli la causa). Negli altri due invece si vedon progressi (alternati a fasi meno soddisfacenti), quindi vorrei capire come modificare al meglio il percorso.
Gentile Utente,
partire con queste premesse non va bene. Le spiego il perchè.
Noi tutti ci comportiamo anche secondo le nostre credenze e questa è una credenza che non Le fa bene alla salute. E' come se Lei dicesse che non ne vale la pena, perchè tanto non cambierà mai...
Ancora scrive: "...quindi dev'esserci qualcosa di sbagliato alle radici, anche se di preciso non so cosa..."
Dove potrebbe arrivare con tali convinzioni?
Invece per quanto riguarda gli altri due punti...
Sulla famiglia, vale la pena capire, ma tanto Lei (e neppure il terapeuta) potrete modificare il passato. Vale la pena prendere atto che i Suoi genitori (per ragioni LORO) funzionano così e prendere le distanze (non andando via...), ma raccogliendo quelle critiche per ciò che sono: la loro opinione solo in alcune situazioni... Faccia attenzione a non fraintendere: magari i Suoi genitori hanno la tendenza a svalutarLa solo quando loro si sentono in un determinato modo (es stanchi, frustrati, ecc...) e prendere le distanze significa lasciare loro il loro stato d'animo e le loro idee.
Poi Lei scrive: "... a volte ho paura a mostrarmi per come sono con gli altri. In realtà questo credo sia l'unico problema che ho a livello relazionale, perché una volta aperto sono piuttosto socievole (anche a detta altrui), però di primo impatto forse di me traspare un'immagine un po' fredda..."
A mio avviso è questa paura che deve superare, anche perchè poi apprezza che quando si fa conoscere per chi è davvero, ottiene successo nelle Sue relazioni e risulta socievole.
Questa paura può superarLa solo attraversandola.
Cordiali saluti,
Sta parlando di sé come di un computer da resettare, anziché una persona che merita considerazione a prescindere da qualsiasi credenza disfunzionale, qualsiasi processo di cambiamento passa attraverso questo passaggio l'accettazione di sé, per questo è fondamentale che possa sperimentarla all'interno della relazione terapeutica.
A tal proposito le consiglio la lettura di questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/153-perche-iniziare-una-psicoterapia.html
ripartirei dal suo primo post: come mai è in psicoterapia?
Soffre di qualche disturbo?
Ha ricevuto una diagnosi?
Francamente da quello che dice non mi sembra proprio che stiamo parlando di una psicopatologia, dal momento che riferisce più che altro una certa insicurezza ben motivata dall'atteggiamento squalificante che sua madre adotta nei suoi confronti e dall'utilizzo del senso di colpa da parte di entrambi i suoi genitori per manipolarla.
In questo senso, sempre che lei non mi dica di soffrire invece di un disturbo/patologia, quello che sta facendo è un percorso di sostegno psicologico e non una psicoterapia.
Secondo me se non si trova bene con lo psicologo che la sta seguendo deve dirglielo e chiarire cosa non la convince.
Concordo con quanto le ha risposto la d.ssa Camplone sul fatto che i cambiamenti non sono "automatici" nè progressivi nè programmabili a tavolino, anche se sarebbe bello che fosse così, perchè l'essere umano è complesso e vive tante situazioni mentre sta affrontando un percorso di crescita psicologica come sta facendo lei, situazioni che possono agevolare ma anche ostacolare i progressi.
Ne parli compiutamente con chi la segue e, se non riesce a ripristinare la fiducia in lui, cerchi un altro psicologo con il quale continuare il percorso.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
Comunque sia, concentrarsi all'inizio sui primi due dei tre problemi che ha esposto potrebbe in apparenza avere un senso, dato che verosimilmente sono stati loro a causarlo. Ma da un punto di vista pratico potrebbe invece avere molto più senso partire proprio dal terzo, cioè dagli effetti. Diventando più capace con le ragazze, infatti, potrebbe avere l'effetto di farla maturare velocemente e spazzar via in un sol colpo tutte le insicurezze che si sta portando dentro. E con esse, la fin troppo facile tentazione di rimuginare a lungo sulle "cause", dolce illusione che culla ogni aspirante candidato al cambiamento.
A mio parere potrebbe essere consigliabile un approccio sistemico-relazionale, o meglio ancora breve strategico, che discende storicamente dal primo e che ha un taglio per certi versi più attivo, basato su prescrizioni comportamentali. Ovviamente dovrà essere motivato a mettere in atto per filo e per segno quanto il terapeuta le dirà, altrimenti avrebbe poco senso. Se riuscirà a farlo, però, vedrà sulla propria pelle che cosa significa programmare ed effettuare il cambiamento.
Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com
La "psicoterapia" infatti si sostanzia in percorsi che "costituiscono un particolare sottoinsieme di modalità di intervento clinico specialistico mirato a forme psicopatologiche più strutturate"
( http://www.psy.it/lo_psicologo/aree_pratica/psicologo_clinico.pdf ).
Questo tanto perchè lei non si consideri patologico se non lo è.
In ogni caso, come le dicevo, se si trova male o le sembra che i progressi stiano ultimamente mancando è il caso che ne parli apertamente con chi la segue perchè le possa dare il proprio parere, o eventualmente cambiare psicologo.
Ci pensi e se vuole ci aggiorni!
Comunque boh, forse sto un po' enfatizzando il problema, o forse è anche colpa mia, non lo so. Più che altro le cose che mi insoddisfano riguardo ai 3 punti sono le seguenti:
- famiglia: già detto
- Relazioni: numericamente credo di avere una vita sociale nella norma e un giro di amicizie consolidato (purtroppo ho iniziato tardi a "pensarci", aggiungiamoci che di mio ero molto timido, anche se son migliorato, poi tolta la palestra e l'uni non mi rimane tutto sto tempo per fare attività che mi consentano di conoscere nuova gente, e in più frequento gruppi in cui la maggioranza esce molto per inerzia). Il punto è che parte delle amicizie che frequento mi accorgo che son sterili. Sterili sul piano proprio relazionale. Ogni tanto penso agli amici che frequento di più (con alcune persone, specie dell'università, ho un buon rapporto ma purtroppo ancora non ci frequentiamo in parte anche per problemi diciamo esterni, ma cercherò di insistere un po' di più, cercar edi essere più aperto ecc). Di una parte riesco a trovare, abbastanza rapidamente, diversi lati positivi nella loro persona. Di altre, del gruppo in comune che abbiamo, pensandoci mi accorgo che non è che abbiano tutte ste qualità e, anzi, mi balzano alla testa quasi prima i difetti. Un'altra cosa che mi infastidisce è il fatto che, sempre una parte, non accetta mai le mie proposte. Si finisce con l'andare nei soliti posti, vuoti e sterili, in cui vedi gruppetti separati che passan la serata (triste) tra di loro. Le mie proposte quasi mai vengono accettate (neanche ne faccio più), e infatti io mi son stancato di "accettare" sempre e basta, a me se andare in un posto non mi interessa lo dico chiaro e tondo (o ogni tanto va bene, ma non tutte le volte che usciamo!), ovviamente senza impedire loro d'andarci se lo desiderano, mi sembra chiaro! che perdipiù si lamentano della nostra poca "intraprendenza" (nonostante per mesi li abbia "tartassati" per andare in nuovi posti ecc)
è solo che non è facile "allargare" il giro di frequentazioni nuove (quindi non solo amici di amici, perché rimaniamo sempre lì, sempre i soliti luoghi, più o meno le solite facce, non cambia molto tra l'uscire con 6 piuttosto che 10 persone se son tutte della stessa cerchia, umanamente e relazionalmente si rimane in stallo).
- donne: secondo me è una diretta conseguenza del punto prima. Come posso pensare di trovare una ragazza se non usciamo in posti dove c'è la possibilità di conoscerne? Perché va bene la serata fra amici, ma i miei amici a parte un paio più svegli sono convinti che "un giorno" (non si sa di preciso quando) cadrà dal cielo. E' per questo che le ragazze ora NON mi interessano (o meglio, non ho voglia di fermare le tipe per strada solo per prendermi dei due di picche). Come si fa a pensare di trovare la ragazza se non si è FERMAMENTE appagati dal resto della propria vita? è impossibile trovarne una interessata (o qualcuna che si interessi) in queste condizioni: è di fatto saran tipo 2 anni che non mi pare ci sia qualcuna interessata a me (io qualche volta ci ho provato, ma senza successo, ma ammetto che non avrò fatto sufficienti tentativi). Poi non saprei neanche come gestire una relazione seria, i miei genitori se non lavorano son continuamente a casa, e non ci son solo loro, quindi zero possibilità di intimità ecc
credo dovrebbe ridiscutere di questi punti con molta calma con il terapeuta, precisando anche che non sente cambiamenti importanti nell'ultimo periodo.
Però a me pare (ovviamente da verificare con il curante) che una delle difficoltà che incontra è la paura dell'intimità nelle relazioni, che La porta a restare su un piano molto superficiale, nonostante tutto.
Non si tratta infatti solo di conoscere nuove persone, perchè chiaramente Lei si relazionerebbe allo stesso modo che utilizza oggi.
Si tratta proprio di modificare queste modalità.
E questo è un lavoro psicoterapico attraverso il quale è possibile modificare questi schemi comportamentali.
Per approfondimenti può leggere qui:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4335-la-psicoterapia-cognitivo-comportamentale-non-rimuove-le-cause-del-problema.html
La stessa cosa vale per il timore di non sapere come gestire una storia seria. Fino a quando non comincia ad averne una, non lo saprà, nè potrà essere messo nelle condizioni di imparlo.
Cordiali saluti,
Per "intimità delle relazioni". Ovvero che aspetti dovrei migliorare? Nel senso proprio che atteggiamenti diversi dovrei assumere?
Ciò non solo non è necessariamente vero, ma può persino andare a detrimento di chi, socialmente parlando, ha ancora da imparare.
Pensi ad esempio che nei gruppi, come al di fuori di essi, le ragazze più attraenti sono spesso conquistate dai ragazzi più intraprendenti. Lei magari potrebbe trovarsi un gruppo fantastico, pieno di belle ragazze, e non gliene toccherebbe comunque neanche una perché le mancherebbero pur sempre le abilità sociali di cui tanto abbisogna.
Il principio della concorrenza giocherebbe a suo sfavore, perché avrebbe i concorrenti gomito a gomito.
Riguardo a prendersi "due di picche", credo invece che sia proprio ciò che le manca. Deve abituarsi a essere rifiutato dalle ragazze senza dare alla cosa troppa importanza. Solo così potrà imparare a sciogliersi.
Invece ora è concentrato sul non fallire, si mantiene a distanza di sicurezza e quindi non impara nulla.
La TCC ha il concetto di desensibilizzazione sistematica, che significa confrontarsi continuamente, in modo graduale e controllato, con la situazione fastidiosa finché essa cessa di esserlo. In TBS è chiamato e messo in pratica in modo un po' diverso, ma l'idea è quella.
È l'atteggiamento che occorre mutare. Da un atteggiamento di evitamento, in questo caso dovuto alla paura del rifiuto, occorre passare a un altro del tipo: "Oh, vediamo oggi che occasioni possiamo trovare per divertirci".
Ma per ottenere ciò è più facile partire cambiando attivamente i comportamenti, piuttosto che ragionarci e rimuginarci sopra. Nessuno è mai diventato socialmente abile ragionandoci a tavolino. Occorre sporcarsi le mani, a meno di non essere nati già con il pallino della comunicazione.
È la tendenza ossessiva a cercare continuamente di mettersi al sicuro che occorre sconfiggere, rendendosi conto che si tratta solo di paure immotivate.
potrebbe leggere questo articolo:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
e per quanto riguarda ciò che Lei definisce "consigli", tenga presente che si tratta di prescrizioni comportamentali ben precise che in genere prescrive lo psicoterapeuta e che si attuano tra una seduta e l'altra.
Cordiali saluti,
Il rapporto diretto con il terapeuta serve per sostenere la motivazione PROPRIO nel processo di cambiamento dei comportamenti e degli atteggiamenti che vengono spontanei, ma sono disfunzionali e controproducenti. Quando dico che lei si mette al sicuro, è ovvio che non intendo dire che lo farebbe in modo consapevole o in malafede. Lo fa perché è la paura che la fa scendere a più miti consigli. Ma, come dicevo, è una paura immotivata.
Ottima l'idea di farsi aiutare da un amico che in fatto di ragazze è più avanti di lei. Dovrebbe però anche in quel caso evitare di "raccontarsela" ed essere estremamente sincero con lui e con se stesso: "Guarda, io di ragazze non ne capisco un tubo, se mi aiuti ti pago una birra".
Il primo passo per risolvere un problema è quello di riconoscerne l'esistenza, in tutta franchezza.
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