Malessere interiore per colpa di un padre violento

Buonasera,
Vi scrivo per un malessere psicologico che mi assilla da molto tempo e che sembra non migliorare negli anni.Sono una ragazza di 23 anni e abito con i miei genitori: a mia mamma voglio un bene immenso,è generosa e affettuosa;il problema di cui Vi parlo è mio padre verso cui provo un odio profondissimo,da quando sono piccola,mi fa schifo nel vero senso della parola, mi vergogno di lui e di averlo come padre,mi da addirittura fastidio chiamarlo papà (infatti molte volte lo chiamo con il suo nome).Questo odio c’è da quando sono piccola,l'ho sempre odiato e questo non sembra svanire negli anni,anzi va peggiorando. Vi faccio una descrizione di questo uomo;lui è rude,maschilista e sopratutto violento:fino a 3-4 anni fa ogni cosa di sbagliato che facevo o dicevo (anche solo occupare il bagno quando doveva andarci lui) era motivo per darmi pugni, in testa soprattutto, o comunque sulla schiena, calci, strattoni, facendomi male, anche con pensantissime offese.A causa sua non ho bei ricordi della mia infanzia; anche se mi sforzo di ricordare, mi vengono alla mente solo brutti ricordi, poco affetto da parte di mia madre e solo punizioni e violenza da parte di mio padre.Da adolescente ho cominciato a provocarlo,ad essere ribelle e a minacciarlo di andare a denunciare, però per paura che la cosa mi si ritorcesse contro e per il terrore che provavo, non l’ho mai fatto. Poi col passare degli anni, con un po’ di buon senso ho capito che la mia ribellione e le continue provocazioni peggioravano la sua violenza. Cosi ho cominciato ad evitarlo, cosa che sto facendo tutt’ora: frequento l’università, lavorando occasionalmente, e quando mi trovo a casa cerco sempre di chiudermi nella mia stanza o di uscire con le mie amiche o con il mio ragazzo, col quale sono assieme da 2 anni e non ho mai invitato a casa, perché lui sa che mi vergogno di mio padre; il mio partner è anche la mia valvola di sfogo. Mia madre in tutto questo tace, subisce, mi difende di nascosto. A casa il maschilismo regna sovrano: lui non muove un dito nonostante sia in pensione,e mia mamma dopo 35 anni di matrimonio si è abituata a questa vita; ma io non ci riesco, ogni giorno è peggio,mi fa star male, e i pochi minuti che lo vedo al giorno mi offende, dice che sono un’ignorante, che non servo a nulla, che ho problemi (io??) perché non ci arrivo alle cose e tante altre; e io gli rispondo di tacere e di andare a quel paese, e dopo scappo in camera mia, sempre per terrore che mi metta le mani.Mi chiedo se lo odio più io o se mi odia più lui. Mi ha fatta diventare una persona nervosa, scontenta, che ce l’ha col mondo, infelice e molto fragile. Questo problema è cosi forte che mi segue anche nei sogni in cui lui mi rincorre e io scappo perche ho paura che mi faccia del male.Come posso fare a ricavare un po’ di tranquillità e felicità vivendo in questo modo? E da cosa dipende tutto questo odio, schifo e vergogna che provo per mio padre? Ringranzio in anticipo per il Vostro ascolto.Cordialmente
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Cara ragazza,
E' triste leggere le sue parole. Lascia sgomenti e atterriti.
Quando si vive e si e' cresciuti in una famiglia ove non ci sia rispetto, affetto, in una casa che non sia il luogo caldo e protettivo ove si possa trovare rifugio dal resto del mondo, be' la vita la si percepsce davvero ingenerosa e maligna.
Lei chiede da dove venga quest'odio. Da quanto lei riferisce e' la violenza la pulsione che struttura i rapporti fra suo padre e lei. Potremmo fare molte ipotesi sulle ragioni di cio' ma non e' il caso. Non e' rilevante in questo momento e in questa sede.. Quello che va rilevato e' il clima nel quale lei vive. La violenza non e' mai giustificata ne' giustificabile. Perche' da essa non puo' che prodursi altra violenza.
Le auguro di potere presto lasciare questa casa e farsi una sua famiglia nella quale iniziare a vivere in un modo diverso, con canoni molto diversi.
Da quel momento in poi valuteremo i danni che possano essersi prodotti sulla sua personalita'. E se si son veificati contenerli e fronteggiarli.

Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132

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Utente
Utente
Gentile Dottoressa,
Intanto La ringrazio per la Sua tempestiva risposta. Spero, non fra molto, di lasciare questa famiglia e abitare sola, o meglio con il mio partner, evento giá in programma. Purtroppo per ora le possibilità economiche e i miei studi non mi permettono di andare ad abitare per conto mio. Sono sicura che tutta questa infelicità passerà non appena mi allontaneró da casa; ma cosa potrei fare oggi nel presente fino al momento in cui me ne andró, per stare meglio e per allontanare temporaneamente questo odio che mi porta a questo dolore e tristezza? Puó darmi qualche consiglio?

Grazie in anticipo per la Sua disponibilità,
Cordialmente
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Dr.ssa Franca Esposito Psicologo, Psicoterapeuta 7k 154
Cara ragazza,
Lei si sta chiedendo una cosa difficile. Vuole lei stessa esercitare una violenza sul suo bisogno di difendersi.
Cosa vorrebbe da se' stessa? Negare di soffrire? Considerare di essere cosi' forte da riuscire ad ignorare il clima in cui vive?
Non glielo consiglio. Potrebbe essere un atteggiamento peggiore del male, potrebbe inconsiamente considerarlo un atteggiamento accettabile, assuefarsi. Si chiama lavaggio del cervello ed e' quello che accade ai prigioneri. Pur di integrarsi nella propria prigionia si assuefano alla loro condizione. E' la peggiore delle torture che possano essere subite.
Si attivi in qualunque modo per liberarsi, anche con limitate possibilita' economiche: si organizzii con qualche amicizia, dividere con qualcuno un appartamento puo' essere difficile ma essere un regalo che ci si concede almeno provvisoriamente, con l'obiettivo di migliorare appena posibile.