Mi sento esclusa
Egregi Medici,
mi rivolgo a Voi per sottoporVi il mio problema..
Sono laureata in giurisprudenza e, appena conseguito il titolo accademico, ho iniziato a collaborare con uno studio legale dove ho svolto la pratica forense.
Inizialmente mi sentivo quasi fortunata, anche perché per me nulla é mai stato semplice, ad aver trovato in breve tempo un'occasione lavorativa.
Avevo legato- o almeno così mi era parso- con un collega mio coetaneo che, però, in un tempo ristretto mi aveva fatto capire che per lui non si trattava solo di amicizia.
Lui é sposato e, nonostante i miei sentimenti, ho ritenuto opportuno non modificare il nostro rapporto.
Inutile aggiungere che, nel corso di questi 5 anni, mi ha dato piú volte da dubitare sulla veridicità delle sue parole...
Ad ogni modo, ciò che mi fa soffrire di più é il sentirmi continuamente esclusa dai miei colleghi per tutto ciò che concerne lo Studio ma anche il contatto extra lavorativo con gli stessi colleghi.
Mi spiego meglio.
So per certo che una mia collega gode di una corsia "preferenziale" rispetto a me, nell'essere interpellata su questioni lavorative e non.
Prima di prendere una qualsiasi decisione che investirà la gestione lavorativa ed anche organizzativa dell'ufficio, viene chiesto il suo parere e mai MAI il mio! Anche se quelle stesse decisioni avranno ripercussioni su di me.
Io non posso che accettarle. Non posso dissentire e quasi neppure concordare.
Ma non solo.
Una mattina, finito un lavoro, avevo deciso di andare al bar a prendere un caffè e mi ero recata nella stanza attigua alla mia per invitare i miei colleghi, nel caso l' avessero voluto, a seguirmi.
Con mio grande stupore in studio non c'era più nessuno...Erano usciti senza neppure avvisare! Ma lo stupore si trasformò presto in rabbia e tristezza quando, giunta al bar, li vidi seduti al tavolino a sorseggiare il loro caffè.
Ed è così anche per le cene e per i pranzi...Pranzo insieme ad una collega solo se lei non ha di meglio da fare.
Ero piena di entusiasmo appena laureata, ma ultimamente fatico molto ad alzarmi dal letto, in certi momenti penso che non ne valga la pena. Non mi interessa più il lavoro, ne' vedere quei colleghi.Anzi, in certi giorni non vorrei vedere proprio nessuno.
Tutto ciò che so é che non ritengono che io faccia parte dello studio.
Sto iniziando anche a dubitare delle mie capacità professionali e non può che essere altrimenti..nessuno di loro mi coinvolge in pratiche che abbiano un valore.
E come se non bastasse vengo "accusata" di essere silenziosa e di parlare poco...Ma come posso parlare con loro se nemmeno mi ascoltano? E se lo fanno tagliano corto...
La colpa è davvero mia? Io ho sempre cercato di essere gentile, disponibile e sorridente...Forse sono proprio io che non capisco come comportarmi.
Sono solo stata me stessa.
La verità è che mi fanno sentire un ospite e nemmeno desiderato! Nonostante sia con loro da ormai cinque anni...
In passato ho sofferto di attacchi di panico e si stanno ripresentando...
mi rivolgo a Voi per sottoporVi il mio problema..
Sono laureata in giurisprudenza e, appena conseguito il titolo accademico, ho iniziato a collaborare con uno studio legale dove ho svolto la pratica forense.
Inizialmente mi sentivo quasi fortunata, anche perché per me nulla é mai stato semplice, ad aver trovato in breve tempo un'occasione lavorativa.
Avevo legato- o almeno così mi era parso- con un collega mio coetaneo che, però, in un tempo ristretto mi aveva fatto capire che per lui non si trattava solo di amicizia.
Lui é sposato e, nonostante i miei sentimenti, ho ritenuto opportuno non modificare il nostro rapporto.
Inutile aggiungere che, nel corso di questi 5 anni, mi ha dato piú volte da dubitare sulla veridicità delle sue parole...
Ad ogni modo, ciò che mi fa soffrire di più é il sentirmi continuamente esclusa dai miei colleghi per tutto ciò che concerne lo Studio ma anche il contatto extra lavorativo con gli stessi colleghi.
Mi spiego meglio.
So per certo che una mia collega gode di una corsia "preferenziale" rispetto a me, nell'essere interpellata su questioni lavorative e non.
Prima di prendere una qualsiasi decisione che investirà la gestione lavorativa ed anche organizzativa dell'ufficio, viene chiesto il suo parere e mai MAI il mio! Anche se quelle stesse decisioni avranno ripercussioni su di me.
Io non posso che accettarle. Non posso dissentire e quasi neppure concordare.
Ma non solo.
Una mattina, finito un lavoro, avevo deciso di andare al bar a prendere un caffè e mi ero recata nella stanza attigua alla mia per invitare i miei colleghi, nel caso l' avessero voluto, a seguirmi.
Con mio grande stupore in studio non c'era più nessuno...Erano usciti senza neppure avvisare! Ma lo stupore si trasformò presto in rabbia e tristezza quando, giunta al bar, li vidi seduti al tavolino a sorseggiare il loro caffè.
Ed è così anche per le cene e per i pranzi...Pranzo insieme ad una collega solo se lei non ha di meglio da fare.
Ero piena di entusiasmo appena laureata, ma ultimamente fatico molto ad alzarmi dal letto, in certi momenti penso che non ne valga la pena. Non mi interessa più il lavoro, ne' vedere quei colleghi.Anzi, in certi giorni non vorrei vedere proprio nessuno.
Tutto ciò che so é che non ritengono che io faccia parte dello studio.
Sto iniziando anche a dubitare delle mie capacità professionali e non può che essere altrimenti..nessuno di loro mi coinvolge in pratiche che abbiano un valore.
E come se non bastasse vengo "accusata" di essere silenziosa e di parlare poco...Ma come posso parlare con loro se nemmeno mi ascoltano? E se lo fanno tagliano corto...
La colpa è davvero mia? Io ho sempre cercato di essere gentile, disponibile e sorridente...Forse sono proprio io che non capisco come comportarmi.
Sono solo stata me stessa.
La verità è che mi fanno sentire un ospite e nemmeno desiderato! Nonostante sia con loro da ormai cinque anni...
In passato ho sofferto di attacchi di panico e si stanno ripresentando...
[#1]
Gentile utente,
credo che non si possa parlare in termini di colpa personale. In ogni gruppo, quando si forma un capro espiatorio, ci troviamo di fronte ad una sorta di "patologia" gruppale. La tribù non funziona e quindi si crea l'idea che la responsabilità sia di un solo individuo.
In ogni caso mi rendo conto che ciò non sia facile da digerire.
Forse potrebbe iniziare a cercare un'altra sistemazione.
Restiamo in ascolto
credo che non si possa parlare in termini di colpa personale. In ogni gruppo, quando si forma un capro espiatorio, ci troviamo di fronte ad una sorta di "patologia" gruppale. La tribù non funziona e quindi si crea l'idea che la responsabilità sia di un solo individuo.
In ogni caso mi rendo conto che ciò non sia facile da digerire.
Forse potrebbe iniziare a cercare un'altra sistemazione.
Restiamo in ascolto
Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/
[#2]
Gentile utente,
gli psicologi parlano di "assertività" per indicare un concetto relativo al modo di relazionarsi agli altri.
In pratica il comportamento assertivo è tale quando l'individuo riesce a far rispettare i propri diritti rispettando nel contempo quelli degli altri, quando non è né troppo passivo o autolesionista, né troppo aggressivo.
E' probabile che lei si avvantaggerebbe di un training sull'assertività o comunque di qualche seduta da uno psicoterapeuta che favorisca una migliore comunicazione e comportamenti più assertivi.
Anche un rafforzamento di caratteristiche di personalità sarebbe molto probabilmente indicato.
Le consiglio perciò di rivolgersi ad uno psicoterapeuta che sia in grado di perseguire e raggiungere i suddetti obiettivi.
gli psicologi parlano di "assertività" per indicare un concetto relativo al modo di relazionarsi agli altri.
In pratica il comportamento assertivo è tale quando l'individuo riesce a far rispettare i propri diritti rispettando nel contempo quelli degli altri, quando non è né troppo passivo o autolesionista, né troppo aggressivo.
E' probabile che lei si avvantaggerebbe di un training sull'assertività o comunque di qualche seduta da uno psicoterapeuta che favorisca una migliore comunicazione e comportamenti più assertivi.
Anche un rafforzamento di caratteristiche di personalità sarebbe molto probabilmente indicato.
Le consiglio perciò di rivolgersi ad uno psicoterapeuta che sia in grado di perseguire e raggiungere i suddetti obiettivi.
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
[#3]
Gentile utente, concordo con la proposta di cercare un aiuto per imparare a proporsi diversamente , persino a livello di abbigliamento , trucco ecc. la gente è anche superficiale.. Poi più forte, con calma potrebbe certo anche guardarsi in giro.. avendo imparato a proporsi diversamente, più sicura, più aggressiva, spiace dirlo, ma a volte il mondo del lavoro è duro e competitivo e " vae victis".
Inoltre le faccio notare che ha scritto Studio maiuscolo, smetta di pensare con gratitudine al fatto di aver trovato da lavorare.. appunto può anche cambiare..
Inoltre le faccio notare che ha scritto Studio maiuscolo, smetta di pensare con gratitudine al fatto di aver trovato da lavorare.. appunto può anche cambiare..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
Questo consulto ha ricevuto 3 risposte e 5.3k visite dal 14/02/2014.
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