La seduzione può essere uno strumento della psicoterapia?
Mi spiego. Da ormai un paio di mesi mi sta seguendo una psicoterapeuta, che io reputo eccezionale; in ogni seduta mi siedo, espongo il problema e dopo un'ora mi alzo sentendomi meglio.
Per questo motivo vorrei continuare la terapia con lei.
L'unica cosa strana è che, rispetto ad altre terapie dove io, bisognoso di amore e di affetto mi lasciavo andare completamente alla relazione paziente-terapeuta, poiché esco anche da un caso di dipendenza da psicoterapeuta, questa volta mi sto trattenendo con tutte le mie forze per non "cascarci" di nuovo, non la guardo mai per molto tempo negli occhi e quando mi sorride, e monitoro ogni sensazione che provo durante la seduta in modo da distrarmi subito se noto qualcosa di strano.
Il fatto è che, credo inconsciamente, la terapeuta mi mandi dei segnali di interesse, si tocca i capelli, espone il collo scoperto, mi guarda estasiata, si veste davvero molto bene (anche se, mai succinta) comunque sobria-sexy, protende verso di me con il corpo ecc.
io chiaramente continuo a resistere perché è la mia terapeuta
ma ormai sta diventando una specie di lotta, io "seduco" lei non concedendomi mai e lei "seduce" me con queste cose che io interpreto come segnali di attenzione, diciamo:
volevo capire, è possibile che lei stia facendo ciò per instaurare una relazione paziente-terapeuta migliore, oppure è soltanto un suo bisogno e dovrei parlargliene (o, terza opzione, sto fraintendendo, ma credo proprio di no). E se sì come, non volendo offenderla o essere inopportuno visto che comunque lei si sta prodigando molto per me.
Per questo motivo vorrei continuare la terapia con lei.
L'unica cosa strana è che, rispetto ad altre terapie dove io, bisognoso di amore e di affetto mi lasciavo andare completamente alla relazione paziente-terapeuta, poiché esco anche da un caso di dipendenza da psicoterapeuta, questa volta mi sto trattenendo con tutte le mie forze per non "cascarci" di nuovo, non la guardo mai per molto tempo negli occhi e quando mi sorride, e monitoro ogni sensazione che provo durante la seduta in modo da distrarmi subito se noto qualcosa di strano.
Il fatto è che, credo inconsciamente, la terapeuta mi mandi dei segnali di interesse, si tocca i capelli, espone il collo scoperto, mi guarda estasiata, si veste davvero molto bene (anche se, mai succinta) comunque sobria-sexy, protende verso di me con il corpo ecc.
io chiaramente continuo a resistere perché è la mia terapeuta
ma ormai sta diventando una specie di lotta, io "seduco" lei non concedendomi mai e lei "seduce" me con queste cose che io interpreto come segnali di attenzione, diciamo:
volevo capire, è possibile che lei stia facendo ciò per instaurare una relazione paziente-terapeuta migliore, oppure è soltanto un suo bisogno e dovrei parlargliene (o, terza opzione, sto fraintendendo, ma credo proprio di no). E se sì come, non volendo offenderla o essere inopportuno visto che comunque lei si sta prodigando molto per me.
[#1]
Gentile Utente,
quello fra paziente e psicoterapeuta è un rapporto professionale che deve rimanere tale e la seduzione non rientra certo fra gli strumenti terapeutici.
Se la sua dottoressa stesse davvero inviandole "segnali di seduzione" compirebbe una violazione della deontologia e non le sarebbe affatto utile.
Confidando nella professionalità della Collega, il cui punto di vista non ci è dato conoscere, le segnalo che è invece possibile che lei stia "proiettando" sulla dottoressa (e quindi attribuendole) i suoi desideri e i suoi pensieri, percependo in maniera distorta il suo atteggiamento.
Nello sforzo di non diventarne dipendente entro un rapporto del tipo madre-figlio, cosa che se ho capito bene le è succesa in precedenza, ha forse creato un altro tipo di legame e di dipendenza (?) di diversa connotazione.
In psicoterapia psicodinamica si chiama "transfert erotizzato" il complesso di sentimenti che il paziente prova per il terapeuta quando sente dell'attrazione nei suoi confronti: forse questo è ciò che le sta accadendo e che lei sta percependo come condiviso dalla dottoressa.
Le consiglio di parlargliene per evitare di inficiare il lavoro che state facendo assieme.
quello fra paziente e psicoterapeuta è un rapporto professionale che deve rimanere tale e la seduzione non rientra certo fra gli strumenti terapeutici.
Se la sua dottoressa stesse davvero inviandole "segnali di seduzione" compirebbe una violazione della deontologia e non le sarebbe affatto utile.
Confidando nella professionalità della Collega, il cui punto di vista non ci è dato conoscere, le segnalo che è invece possibile che lei stia "proiettando" sulla dottoressa (e quindi attribuendole) i suoi desideri e i suoi pensieri, percependo in maniera distorta il suo atteggiamento.
Nello sforzo di non diventarne dipendente entro un rapporto del tipo madre-figlio, cosa che se ho capito bene le è succesa in precedenza, ha forse creato un altro tipo di legame e di dipendenza (?) di diversa connotazione.
In psicoterapia psicodinamica si chiama "transfert erotizzato" il complesso di sentimenti che il paziente prova per il terapeuta quando sente dell'attrazione nei suoi confronti: forse questo è ciò che le sta accadendo e che lei sta percependo come condiviso dalla dottoressa.
Le consiglio di parlargliene per evitare di inficiare il lavoro che state facendo assieme.
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Utente
Il discorso torna perché comunque sono io che ci penso a questa cosa, di continuo. E lei credo di no visto che è costantemente attenta a ciò che dico o faccio in seduta anche se faccio ragionamenti complicatissimi, dubbio abbia anche solo il tempo di impegnarsi in altri pensieri. Comunque me ne convincerò e cercherò di abbandonare questo mio atteggiamento di difesa, però non glielò dirò di certo visto che in passato "dichiarazioni" del genere hanno cambiato profondamente la relazione con le ex terapeute, in negativo. A patto ovviamente, che non si tratti ancora di altre mie macchinazioni mentali.
Grazie per la tempestiva risposta.
Grazie per la tempestiva risposta.
[#4]
Utente
In sintesi: in un caso la terapeuta ha fatto come niente fosse e io ho cominciato a rimuginarci su all'infinito finché ho lasciato la terapia (non sapevo che ne potevo parlare in terapia perché ai tempi ero soltanto un adolescente), invece nel secondo caso ho avvertito la terapeuta di questa "cotta" madre-figlio (priva come sempre della componente di attrazione sessuale vera e propria) e ho percepito comunque un rimarcamento dei confini [niente più minuti in più, niente più saluti calorosi o gentilezze particolari] e mi sono sentito come rifiutato e abbandonato. Non vorrei che l'esperienza si ripetesse.
Ora cognitiva.
Ora cognitiva.
[#5]
Se la psicoterapia fosse psicodinamica sarebbe fondamentale che lei parlasse di quello che sta sentendo perchè il transfert deve essere analizzato e fornisce importanti indicazioni sul paziente, mentre nella terapia cognitivo-comportamentale il significato del rapporto paziente-terapeuta è differente, ma penso che possa avere comunque importanza la discussione di un aspetto così importante e delicato, che può condizionare gli esiti della terapia.
Provi a vedere con occhi diversi la situazione alla prossima seduta, nella consapevolezza che si può trattare solo di una sua proiezione, ma se non riuscisse a cambiare le sue percezioni a mio avviso sarebbe importante che affrontasse apertamente la questione.
Ha spiegato alla dottoressa in che modo sono terminati i percorsi che ha abbandonato?
Per quale motivo è in terapia?
Ha ricevuto una diagnosi?
Provi a vedere con occhi diversi la situazione alla prossima seduta, nella consapevolezza che si può trattare solo di una sua proiezione, ma se non riuscisse a cambiare le sue percezioni a mio avviso sarebbe importante che affrontasse apertamente la questione.
Ha spiegato alla dottoressa in che modo sono terminati i percorsi che ha abbandonato?
Per quale motivo è in terapia?
Ha ricevuto una diagnosi?
[#6]
Utente
Il fatto è che non la fisso mai a lungo ed è difficile capire; ad esempio, appena la vedo che si raccoglie i capelli, io faccio finta di scoprire di avere una macchia sulla maglia solo per distogliere lo sguardo o guardo altrove, mi interesso di un quadro o di una pianta.
No, ritenendoli troppo complicati da riassumere perché questi "sentimenti" si intrecciavano con altri provati al di fuori della terapia; ammetto comunque di avere avuto sempre lo stesso stile in fatto di amore. Credo quello a cui accennava lei, madre-figlio, mai superato, in nessuna terapia.
Ansia da competizione e invidia - vinte!
Problemi relazionali e quindi bisogno di affetto/amore/appartenenza
depressione - solitudine - paura ecc. su cui stiamo lavorando
No, nessuna diagnosi, però venivo da un altro recente percorso dove più che diagnosticato mi è stato "indicato" un disturbo narcisistico di personalità (al quale io aggiungo "ipervigile" perché tendo sempre a nascondermi più che a esibirmi).
Lei comunque potrebbe suggerirmi delle parole da usare per affrontare la questione?
A me dire, "mi sento attratto da lei" mi creerebbe un notevole imbarazzo e non riuscirei più a confidarmi e a dire cose "brutte" di me come sto facendo ora.
(Diciamo che il problema è solo da un punto di vista emotivo, perché se io mi infatuo di lei poi ovviamente soffro non potendo mai essere un sentimento corrisposto).
No, ritenendoli troppo complicati da riassumere perché questi "sentimenti" si intrecciavano con altri provati al di fuori della terapia; ammetto comunque di avere avuto sempre lo stesso stile in fatto di amore. Credo quello a cui accennava lei, madre-figlio, mai superato, in nessuna terapia.
Ansia da competizione e invidia - vinte!
Problemi relazionali e quindi bisogno di affetto/amore/appartenenza
depressione - solitudine - paura ecc. su cui stiamo lavorando
No, nessuna diagnosi, però venivo da un altro recente percorso dove più che diagnosticato mi è stato "indicato" un disturbo narcisistico di personalità (al quale io aggiungo "ipervigile" perché tendo sempre a nascondermi più che a esibirmi).
Lei comunque potrebbe suggerirmi delle parole da usare per affrontare la questione?
A me dire, "mi sento attratto da lei" mi creerebbe un notevole imbarazzo e non riuscirei più a confidarmi e a dire cose "brutte" di me come sto facendo ora.
(Diciamo che il problema è solo da un punto di vista emotivo, perché se io mi infatuo di lei poi ovviamente soffro non potendo mai essere un sentimento corrisposto).
[#7]
Penso che possa iniziare a introdurre il discorso raccontando di come sono finiti i precedenti percorsi e dicendo che vorrebbe approfondire i motivi per i quali è andata così.
Sarebbe stato importante parlarne anche prima, visto che l'esito è stato il medesimo, ma è sempre in tempo per farlo.
Sarebbe stato importante parlarne anche prima, visto che l'esito è stato il medesimo, ma è sempre in tempo per farlo.
[#8]
Gentile Utente,
>>..dove più che diagnosticato mi è stato "indicato" un disturbo narcisistico di personalità..<<
questa diagnosi è in linea con la sua tendenza ad "erotizzare" il setting psicoterapeutico, la seduzione è una forma di controllo, un po' come dire: "io e te stiamo sullo stesso piano" (speculare), tant'è vero che possiamo quasi formare una "coppia" (questo a livello fantasmatico ovviamente).
Si tratta di sue proiezioni e se la diagnosi è quella di disturbo narcisistico di personalità, bisognerebbe proprio lavorare sulla relazione transferale tra paziente e psicoterapeuta.
Secondo lei per quale motivo si sono interrotti i precedenti tentativi di psicoterapia?
Quanto sono durati?
Ha sempre scelto Colleghe donne? Come mai?
>>..dove più che diagnosticato mi è stato "indicato" un disturbo narcisistico di personalità..<<
questa diagnosi è in linea con la sua tendenza ad "erotizzare" il setting psicoterapeutico, la seduzione è una forma di controllo, un po' come dire: "io e te stiamo sullo stesso piano" (speculare), tant'è vero che possiamo quasi formare una "coppia" (questo a livello fantasmatico ovviamente).
Si tratta di sue proiezioni e se la diagnosi è quella di disturbo narcisistico di personalità, bisognerebbe proprio lavorare sulla relazione transferale tra paziente e psicoterapeuta.
Secondo lei per quale motivo si sono interrotti i precedenti tentativi di psicoterapia?
Quanto sono durati?
Ha sempre scelto Colleghe donne? Come mai?
[#9]
Utente
@Dr. Flavia Massaro:
Ritengo che sia un modo molto delicato ma non voglio che capisca e che cambi atteggiamento nei miei riguardi, piuttosto penso che le dirò che tutte le relazioni amorose in cui mi imbatto funzionano in questo modo; capisco che magari non è lo stesso rapporto "madre-figlio" ma credo di poter affermare che il modo in cui mi innamoro sia sempre lo stesso.
Lo stesso "sogno romantico accompagnato da pensiero ossessivo che ricarica e incrementa sentimenti ed emozioni connesse "
@Dr. Giuseppe Del Signore:
Può anche non credermi ma il modo in cui vivo queste situazioni è puramente sentimentale. In genere rimango infatuato e comincio a fare pensieri ossessivi e a crearmi preoccupazioni aggiuntive per tutto quello che faccio, counque senza mai provare desideri di natura sessuale come mi capita invece al di fuori della terapia con le altre donne, forse perché investo la terapeuta di una carica materna che mi impedisce anche solo di pensarle certe cose.
Anche se lo farò, lo farò soltanto alla fine, prima di lasciare la terapia. Per ora, cercherò di tamponare la situazione o appunto di mascherare la mia richiesta facendola passare per una situazione capitata all'esterno.
Il primo per il fatto di essermi sentito rifiutato; il secondo per lo stesso motivo ma anche perché era da un po' di tempo che la terapia si era bloccata e continuavo ad andare soltanto perché ero dipendente da lei.
9 mesi il primo
1 anno e 7 mesi il secondo
(in questo caso la cotta l'ho presa piuttosto tardi, in un momento di debolezza, appunto, quando ho abbassato la guardia perché per la terapeuta era un momento difficile e zac.!.. innamorato!)
Perché mi sono state assegnate dagli istituti, dal consultorio e in un caso perché conosceva un'amica di famigli . Tuttavia ho sempre accettato di lavorare con le donne perché le reputo più sensibili quando si parla di emozioni e più capaci nelle relazioni sociali.
Ritengo che sia un modo molto delicato ma non voglio che capisca e che cambi atteggiamento nei miei riguardi, piuttosto penso che le dirò che tutte le relazioni amorose in cui mi imbatto funzionano in questo modo; capisco che magari non è lo stesso rapporto "madre-figlio" ma credo di poter affermare che il modo in cui mi innamoro sia sempre lo stesso.
Lo stesso "sogno romantico accompagnato da pensiero ossessivo che ricarica e incrementa sentimenti ed emozioni connesse "
@Dr. Giuseppe Del Signore:
Può anche non credermi ma il modo in cui vivo queste situazioni è puramente sentimentale. In genere rimango infatuato e comincio a fare pensieri ossessivi e a crearmi preoccupazioni aggiuntive per tutto quello che faccio, counque senza mai provare desideri di natura sessuale come mi capita invece al di fuori della terapia con le altre donne, forse perché investo la terapeuta di una carica materna che mi impedisce anche solo di pensarle certe cose.
Anche se lo farò, lo farò soltanto alla fine, prima di lasciare la terapia. Per ora, cercherò di tamponare la situazione o appunto di mascherare la mia richiesta facendola passare per una situazione capitata all'esterno.
Il primo per il fatto di essermi sentito rifiutato; il secondo per lo stesso motivo ma anche perché era da un po' di tempo che la terapia si era bloccata e continuavo ad andare soltanto perché ero dipendente da lei.
9 mesi il primo
1 anno e 7 mesi il secondo
(in questo caso la cotta l'ho presa piuttosto tardi, in un momento di debolezza, appunto, quando ho abbassato la guardia perché per la terapeuta era un momento difficile e zac.!.. innamorato!)
Perché mi sono state assegnate dagli istituti, dal consultorio e in un caso perché conosceva un'amica di famigli . Tuttavia ho sempre accettato di lavorare con le donne perché le reputo più sensibili quando si parla di emozioni e più capaci nelle relazioni sociali.
[#10]
Gentile Utente,
ben ritrovato!
Anche nel consulto precedente ci parlava dello stesso inconveniente sorto durante la psicoterapia ( https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/343753-problema-con-la-terapeuta.html ).
Lei scriveva in quella richiesta: "Ho fatto passi importanti insieme a lei. E ultimamente sembrava pure si fosse affezionata a me, per i risultati conseguiti insieme.
Tra i miei tanti problemi ho la difficoltà a relazionarmi con gli altri, per me questo rappresenta uno scoglio gigantesco ed è l'unico problema che non sono riuscito a risolvere ancora e per il quale sto continuando a vederla. Comunque affetto nella mia vita ce n'è poco, perché ho difficoltà ad instaurare rapporti di amicizia e di amore.
La mia terapeuta si è mostrata sempre più affezionata a me, e mi ha sostenuto sempre di più, fino al punto che, senza nemmeno accorgermene, mi sono innamorato di lei. Forse per colmare il vuoto..."
Ho ripreso questo passaggio per diverse ragioni.
1. Lei afferma di avere difficoltà relazionali con le persone e con le donne in particolare. Come sta affrontando tale difficoltà in terapia?
2. E' possibile secondo Lei che, viste le difficoltà relazionali, Lei abbia la tendenza a mettersi in situazioni del genere con le psicoterapeute, con le quali, è chiaro, si instaura un rapporto non solo di fiducia, ma anche professionale di un certo tipo, dal momento che si affrontano in terapia temi molto intimi e delicati per il pz.? In altre parole, sembra che Lei voglia vivere queste relazioni "impossibili", piuttosto che storie vere... potrebbe essere? Che tipo di difficoltà incontra nelle storie possibili?
3. Lei dice che non si sente molto amato nella vita e che, invece, sente che la terapeuta sia affezionata a Lei. Qui vorrei tornare a questa richiesta di consulto più recente che pone oggi sulla seduzione. E' chiaro che nelle relazioni interpersonali vi sono delle modalità di stare in relazione e che sono diverse e utilizzate a seconda dell'occasione. Non ci trovo nulla di male se un terapeuta è "affezionato" al pz, nel senso che ha a cuore il benessere del pz e in un certo senso fa il tifo per il pz, alleandosi con lui contro la sofferenza. Questa è la modalità da preferire in terapia perchè pz. e terapeuta stanno cooperando per raggiungere lo stesso obiettivo: il benessere del pz.
Lei scrive "E ultimamente sembrava pure si fosse affezionata a me, per i risultati conseguiti insieme."
Non pensa che la terapeuta possa incoraggiare e rafforzare i Suoi successi terapeutici? Quali sono questi successi?
4. Nello stesso tempo, talvolta, possono esserci altri modi, che a mio avviso devono essere dosati con moltissima saggezza e consapevolezza da parte di un terapeuta e solo in alcune particolarissime occasioni. Ad esempio un terapeuta potrebbe essere accudente solo in determinate situazioni (es il pz. racconta di un lutto grave), oppure -in disturbi molto gravi del pz aggressivo- potrebbe girare nella stanza della rabbia e dell'aggressività che chiaramente il terapeuta deve saper gestire, e così via.
Quindi è importante sapere che la relazione in terapia non è statica su una sola modalità. Pe quanto riguarda la seduzione, ritengo dovremmo accordarci sul significato della parola. "Seducere" significa portare l'altro a vedere il mondo dal proprio punto di vista. Con la seduzione possiamo fare delle richieste per ottenere una risposta affermativa: lo fanno anche i bambini e tutti i bambini sono seduttivi nelle loro richieste e imparano prestissimo che è una modalità efficace. Ma Lei che cosa intende invece per "seduzione"? Mi pare di capire che si stia riferendo a comportamenti sessualmente connotati. E' così o è Lei a leggerli così?
In ogni caso, come Le scrivevo anche nel precedente consulto, è indispensabile parlarne con la terapeuta, in quanto, come Lei afferma "ormai è una lotta", cioè avete perso di vista il motivo per il quale siete lì a lavorare insieme e gli obiettivi terapeutici.
Prima Le ho parlato di rabbia e aggressività: anche la competizione può entrare in una relazione terapeutica e a volte, se usata bene, può essere molto utile. Ma se usata sempre si perdono di vista le finalità del lavoro terapeutico ed è meglio cambiare terapeuta, perchè non si sta più lavorando fianco a fianco contro la sofferenza, ma uno contro l'altro.
A questo punto è ipotizzabile anche -con i limiti del mezzo- che Lei stia confondendo la cooperazione con qualcos'altro.
Ci ha mai pensato?
ben ritrovato!
Anche nel consulto precedente ci parlava dello stesso inconveniente sorto durante la psicoterapia ( https://www.medicitalia.it/consulti/psicologia/343753-problema-con-la-terapeuta.html ).
Lei scriveva in quella richiesta: "Ho fatto passi importanti insieme a lei. E ultimamente sembrava pure si fosse affezionata a me, per i risultati conseguiti insieme.
Tra i miei tanti problemi ho la difficoltà a relazionarmi con gli altri, per me questo rappresenta uno scoglio gigantesco ed è l'unico problema che non sono riuscito a risolvere ancora e per il quale sto continuando a vederla. Comunque affetto nella mia vita ce n'è poco, perché ho difficoltà ad instaurare rapporti di amicizia e di amore.
La mia terapeuta si è mostrata sempre più affezionata a me, e mi ha sostenuto sempre di più, fino al punto che, senza nemmeno accorgermene, mi sono innamorato di lei. Forse per colmare il vuoto..."
Ho ripreso questo passaggio per diverse ragioni.
1. Lei afferma di avere difficoltà relazionali con le persone e con le donne in particolare. Come sta affrontando tale difficoltà in terapia?
2. E' possibile secondo Lei che, viste le difficoltà relazionali, Lei abbia la tendenza a mettersi in situazioni del genere con le psicoterapeute, con le quali, è chiaro, si instaura un rapporto non solo di fiducia, ma anche professionale di un certo tipo, dal momento che si affrontano in terapia temi molto intimi e delicati per il pz.? In altre parole, sembra che Lei voglia vivere queste relazioni "impossibili", piuttosto che storie vere... potrebbe essere? Che tipo di difficoltà incontra nelle storie possibili?
3. Lei dice che non si sente molto amato nella vita e che, invece, sente che la terapeuta sia affezionata a Lei. Qui vorrei tornare a questa richiesta di consulto più recente che pone oggi sulla seduzione. E' chiaro che nelle relazioni interpersonali vi sono delle modalità di stare in relazione e che sono diverse e utilizzate a seconda dell'occasione. Non ci trovo nulla di male se un terapeuta è "affezionato" al pz, nel senso che ha a cuore il benessere del pz e in un certo senso fa il tifo per il pz, alleandosi con lui contro la sofferenza. Questa è la modalità da preferire in terapia perchè pz. e terapeuta stanno cooperando per raggiungere lo stesso obiettivo: il benessere del pz.
Lei scrive "E ultimamente sembrava pure si fosse affezionata a me, per i risultati conseguiti insieme."
Non pensa che la terapeuta possa incoraggiare e rafforzare i Suoi successi terapeutici? Quali sono questi successi?
4. Nello stesso tempo, talvolta, possono esserci altri modi, che a mio avviso devono essere dosati con moltissima saggezza e consapevolezza da parte di un terapeuta e solo in alcune particolarissime occasioni. Ad esempio un terapeuta potrebbe essere accudente solo in determinate situazioni (es il pz. racconta di un lutto grave), oppure -in disturbi molto gravi del pz aggressivo- potrebbe girare nella stanza della rabbia e dell'aggressività che chiaramente il terapeuta deve saper gestire, e così via.
Quindi è importante sapere che la relazione in terapia non è statica su una sola modalità. Pe quanto riguarda la seduzione, ritengo dovremmo accordarci sul significato della parola. "Seducere" significa portare l'altro a vedere il mondo dal proprio punto di vista. Con la seduzione possiamo fare delle richieste per ottenere una risposta affermativa: lo fanno anche i bambini e tutti i bambini sono seduttivi nelle loro richieste e imparano prestissimo che è una modalità efficace. Ma Lei che cosa intende invece per "seduzione"? Mi pare di capire che si stia riferendo a comportamenti sessualmente connotati. E' così o è Lei a leggerli così?
In ogni caso, come Le scrivevo anche nel precedente consulto, è indispensabile parlarne con la terapeuta, in quanto, come Lei afferma "ormai è una lotta", cioè avete perso di vista il motivo per il quale siete lì a lavorare insieme e gli obiettivi terapeutici.
Prima Le ho parlato di rabbia e aggressività: anche la competizione può entrare in una relazione terapeutica e a volte, se usata bene, può essere molto utile. Ma se usata sempre si perdono di vista le finalità del lavoro terapeutico ed è meglio cambiare terapeuta, perchè non si sta più lavorando fianco a fianco contro la sofferenza, ma uno contro l'altro.
A questo punto è ipotizzabile anche -con i limiti del mezzo- che Lei stia confondendo la cooperazione con qualcos'altro.
Ci ha mai pensato?
[#11]
Utente
1. Abbiamo trovato come punto focale la paura del giudizio (più che del rifiuto; non ho paura delle donne in quanto tali ma solo di fare brutta figura rispetto al mio ideale grandioso, per ora tollerato, e di essere deriso-sminuito-svalutato). Non è così semplice perché i giudizi di cui ho paura sono tanti ma poco a poco stiamo facendo passi avanti che mi fanno ben sperare.
2. Non credo, perché, uno dei motivi che mi ha spinto a intraprendere questo percorso e chiedere aiuto è stato l'amore goffo e non ricambiato per una donna non psicoterapeuta (storia se vogliamo comunque impossibile). Non ho capito cosa intende per "cose intime e delicate", se è quello che penso io, cioè affetto ed emozioni tra cui la paura, allora chiaramente, essendo in una posizione di debolezza sento l'appoggio e un senso di riempimento del mio vuoto esistenziale nonché l'assenza di critiche e di giudizi, ma non cerco una gratifica immediata al mio bisogno di affetto/amore quanto delle soluzioni pratiche per la mia vita privata. In un certo senso, so che è tutto "finto". Confesso di nutrire una certa attrazione nei confronti di donne colte e professionali in generale, come potrebbero essere le psicoterapeute (ma anche le avvocatesse, le scienziate, le scrittrici ecc.) però so anche che al di fuori del setting terapeutico sono persone come tutte quante le altre, nel senso che non staranno sempre lì ad accudirti, ascoltarti o risolverti i problemi e so benissimo che l'amore non si concretizza mai all'interno di una seduta di psicoterapia, perciò almeno all'inizio la mia richiesta non è mai quella di essere accudito e amato quanto piuttosto quello di essere risollevato e aiutato a modificare alcune mie modalità disfunzionali di relazione che io non riesco nemmeno ad identificare.
3. La terapia precedente si basava più sul responsabilizzare i pazienti comunque era di supporto ma i successi sono stati parziali e sono stati raggiunti per quanto riguarda la mia felicità interiore (ad es. per lo scioglimento dell'ansia) piuttosto che per il rapporto con gli altri.
4. La terapeuta non è mai volgare ma fa delle cose che in me fanno scattare "amore nei suoi confronti", "NON eccitazione", allora quando cerco di capire a cosa è dovuto trovo la risposta in suoi piccoli gesti e atteggiamenti. Ora, quanto ad attribuire il significato non lo so, magari sono io che esagero, ma nella vita di tutti i giorni, quando mi capita accanto, una ragazza a cui piaccio, in genere la prima cosa che fa è quello che fa la mia terapeuta in seduta: si sposta i capelli, lascia intravedere la scollatura [la terapeuta lo fa appena ma sembra quasi subliminale], mi guarda inebriata, si veste sempre di tutto punto.
Le dò ragione invece per quanto riguarda altre cose innocenti che in me fanno scattare comunque amore nei suoi confronti, come un'eccessiva gentilezza o simpatia (semplici sorrisi).
In passato ho avuto una relazione in cui mostravo tratti di erotomania ma credo che questa volta la situazione sia diversa. Comunque non sto accusando la terapeuta della sua condotta, il sesso qui è fuori discussione e anzi, proprio il fatto che se nasca un amore non si possa concretizzare e soprattutto essere ricambiato in termini sentimentali, è la principale fonte di sofferenza, ma ero curioso di sapere se lei voleva testare la mia reazione alle donne (visto che le dico che secondo me non suscito interesse, ed è così e che tengo le distanze) oppure vuole solo mettere alla prova le sue abilità femminili e devo dirglielo perché la finisca.
La cosa strana comunque è che la terapia funziona per tutto il resto, ma sono sul punto di ammalarmi per lei.
2. Non credo, perché, uno dei motivi che mi ha spinto a intraprendere questo percorso e chiedere aiuto è stato l'amore goffo e non ricambiato per una donna non psicoterapeuta (storia se vogliamo comunque impossibile). Non ho capito cosa intende per "cose intime e delicate", se è quello che penso io, cioè affetto ed emozioni tra cui la paura, allora chiaramente, essendo in una posizione di debolezza sento l'appoggio e un senso di riempimento del mio vuoto esistenziale nonché l'assenza di critiche e di giudizi, ma non cerco una gratifica immediata al mio bisogno di affetto/amore quanto delle soluzioni pratiche per la mia vita privata. In un certo senso, so che è tutto "finto". Confesso di nutrire una certa attrazione nei confronti di donne colte e professionali in generale, come potrebbero essere le psicoterapeute (ma anche le avvocatesse, le scienziate, le scrittrici ecc.) però so anche che al di fuori del setting terapeutico sono persone come tutte quante le altre, nel senso che non staranno sempre lì ad accudirti, ascoltarti o risolverti i problemi e so benissimo che l'amore non si concretizza mai all'interno di una seduta di psicoterapia, perciò almeno all'inizio la mia richiesta non è mai quella di essere accudito e amato quanto piuttosto quello di essere risollevato e aiutato a modificare alcune mie modalità disfunzionali di relazione che io non riesco nemmeno ad identificare.
3. La terapia precedente si basava più sul responsabilizzare i pazienti comunque era di supporto ma i successi sono stati parziali e sono stati raggiunti per quanto riguarda la mia felicità interiore (ad es. per lo scioglimento dell'ansia) piuttosto che per il rapporto con gli altri.
4. La terapeuta non è mai volgare ma fa delle cose che in me fanno scattare "amore nei suoi confronti", "NON eccitazione", allora quando cerco di capire a cosa è dovuto trovo la risposta in suoi piccoli gesti e atteggiamenti. Ora, quanto ad attribuire il significato non lo so, magari sono io che esagero, ma nella vita di tutti i giorni, quando mi capita accanto, una ragazza a cui piaccio, in genere la prima cosa che fa è quello che fa la mia terapeuta in seduta: si sposta i capelli, lascia intravedere la scollatura [la terapeuta lo fa appena ma sembra quasi subliminale], mi guarda inebriata, si veste sempre di tutto punto.
Le dò ragione invece per quanto riguarda altre cose innocenti che in me fanno scattare comunque amore nei suoi confronti, come un'eccessiva gentilezza o simpatia (semplici sorrisi).
In passato ho avuto una relazione in cui mostravo tratti di erotomania ma credo che questa volta la situazione sia diversa. Comunque non sto accusando la terapeuta della sua condotta, il sesso qui è fuori discussione e anzi, proprio il fatto che se nasca un amore non si possa concretizzare e soprattutto essere ricambiato in termini sentimentali, è la principale fonte di sofferenza, ma ero curioso di sapere se lei voleva testare la mia reazione alle donne (visto che le dico che secondo me non suscito interesse, ed è così e che tengo le distanze) oppure vuole solo mettere alla prova le sue abilità femminili e devo dirglielo perché la finisca.
La cosa strana comunque è che la terapia funziona per tutto il resto, ma sono sul punto di ammalarmi per lei.
[#12]
"almeno all'inizio la mia richiesta non è mai quella di essere accudito e amato quanto piuttosto quello di essere risollevato e aiutato a modificare alcune mie modalità disfunzionali di relazione che io non riesco nemmeno ad identificare. "
E poi che cosa succede? Come vede, la relazione passa dal piano cooperativo che va benissimo, ad altro che non va bene... ad esempio il bisogno (umano) di essere amati e accuditi non deve essere soddisfatto in terapia...
Non è più semplice farsi aiutare dalla terapeuta a capire che cos'è questa modalità relazionale che si attiva, dal momento che mi pare importante e frequente, in modo tale da risolvere il problema?
Cordiali saluti,
E poi che cosa succede? Come vede, la relazione passa dal piano cooperativo che va benissimo, ad altro che non va bene... ad esempio il bisogno (umano) di essere amati e accuditi non deve essere soddisfatto in terapia...
Non è più semplice farsi aiutare dalla terapeuta a capire che cos'è questa modalità relazionale che si attiva, dal momento che mi pare importante e frequente, in modo tale da risolvere il problema?
Cordiali saluti,
[#13]
Utente
Io lo voglio risolvere questo problema. E la terapia mi sembra il luogo ideale ma se le dico che mi sto innamorando, che sono attratto da lei o cose di questo tipo poi non riuscirei più a continuare io.
Per ora farò finta di aver preso un abbaglio e farò come se niente fosse, se la cosa continua le dirò che mi è capitata questa cosa con un'altra donna (sarebbe la verità, perché ho avuto altre storie difunzionali di questo tipo) e volevo capire perché.
Cordiali saluti,
Grazie a lei e a tutti i dottori che hanno risposto.
Per ora farò finta di aver preso un abbaglio e farò come se niente fosse, se la cosa continua le dirò che mi è capitata questa cosa con un'altra donna (sarebbe la verità, perché ho avuto altre storie difunzionali di questo tipo) e volevo capire perché.
Cordiali saluti,
Grazie a lei e a tutti i dottori che hanno risposto.
[#14]
Gentile Utente,
>>Ora, quanto ad attribuire il significato non lo so, magari sono io che esagero, ma nella vita di tutti i giorni, quando mi capita accanto, una ragazza a cui piaccio, in genere la prima cosa che fa è quello che fa la mia terapeuta in seduta..<<
mi sembra ovvia la sua esagerazione, che in realtà ha una definizione diversa. Se lei non comprende questa sua distorsione non si va da nessuna parte. Lei ha delle problematiche con le ragazze reali che traspone nella relazione terapeutica ed è per questo che vede delle similitudini in questi atteggiamenti.
>>..ma ero curioso di sapere se lei voleva testare la mia reazione alle donne (visto che le dico che secondo me non suscito interesse, ed è così e che tengo le distanze) oppure vuole solo mettere alla prova le sue abilità femminili e devo dirglielo perché la finisca.<<
è Lei (lei che scrive) che vuole testare qualcosa e non la collega, perché tutto ciò nasce dalle sue difficoltà con le donne reali, ossia quelle che stanno al di fuori dal setting terapeutico.
Tutte le sue fantasie sono legate al transfert erotico, antico quanto la suggestione stessa.
>>E la terapia mi sembra il luogo ideale ma se le dico che mi sto innamorando, che sono attratto da lei o cose di questo tipo poi non riuscirei più a continuare io. <<
è questo il nodo da sciogliere perché rispecchia le sue modalità di relazionarsi con l'altro sesso, la paura del rifiuto, le angosce abbandoniche ecc.
>>Ora, quanto ad attribuire il significato non lo so, magari sono io che esagero, ma nella vita di tutti i giorni, quando mi capita accanto, una ragazza a cui piaccio, in genere la prima cosa che fa è quello che fa la mia terapeuta in seduta..<<
mi sembra ovvia la sua esagerazione, che in realtà ha una definizione diversa. Se lei non comprende questa sua distorsione non si va da nessuna parte. Lei ha delle problematiche con le ragazze reali che traspone nella relazione terapeutica ed è per questo che vede delle similitudini in questi atteggiamenti.
>>..ma ero curioso di sapere se lei voleva testare la mia reazione alle donne (visto che le dico che secondo me non suscito interesse, ed è così e che tengo le distanze) oppure vuole solo mettere alla prova le sue abilità femminili e devo dirglielo perché la finisca.<<
è Lei (lei che scrive) che vuole testare qualcosa e non la collega, perché tutto ciò nasce dalle sue difficoltà con le donne reali, ossia quelle che stanno al di fuori dal setting terapeutico.
Tutte le sue fantasie sono legate al transfert erotico, antico quanto la suggestione stessa.
>>E la terapia mi sembra il luogo ideale ma se le dico che mi sto innamorando, che sono attratto da lei o cose di questo tipo poi non riuscirei più a continuare io. <<
è questo il nodo da sciogliere perché rispecchia le sue modalità di relazionarsi con l'altro sesso, la paura del rifiuto, le angosce abbandoniche ecc.
Questo consulto ha ricevuto 14 risposte e 41.5k visite dal 06/02/2014.
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