Famiglia del weekend

Gent.mi Dottori,
scrivo per avere un'opinione in merito alla situazione che sto vivendo con la mia famiglia.Mio marito, mio figlio di tre anni ed io da due mesi apparteniamo alla categoria delle "famiglie del weekend", ossia famiglie che si riuniscono solo nel weekend per motivi di lavoro.E come nella stragrande maggioranza dei casi è mio marito quello che si sposta a 700 km da noi.Fino ad un paio di mesi fa eravamo tutti insieme in quanto io avevo deciso di seguirlo fintanto che fosse stato compatibile con le esigenze di nostro figlio (intendo quelle scolastiche).E così siamo stati per tre anni con non poche difficoltà noi tre soli in una città dove non conoscevamo nessuno pur di rimanere uniti e sacrificando lavoro(il mio) e affetti.
A fine ottobre hanno comunicato a mio marito l'ennesimo trasferimento della sua carriera (impiegato amministrativo di cantiere e dunque trasfertista alla mercè delle esigenze aziendali) che sarebbe avvenuto di l' a poco, ossia soli 15 giorni.
Vi lascio immaginare lo shock che abbiamo subito mio figlio ed io.Lui ha lasciato l'asilo che frequentava regolarmente da due mesi e dove aveva avuto un ottimo inserimento.Io ho lasciato il lavoro che da meno di un anno avevo faticosamente trovato per riuscire a dare un equilibrio anche alla mia vita.Inoltre il trasferimento di mio marito avra' una durata di meno di un anno per poi ritrovarsi ad agosto prossimo nella medesima situazione senza poter prevedere in anticipo la destinazione.
A quel punto abbiamo preso una amara decisione.ossia quella di dividerci e di non trasferire nuovamente tutta la famiglia con lui.
Così mio figlio ed io siamo ritornati dai nonni e mio marito ci raggiunge da due mesi ogni fine settimana.
Premetto che mio marito è disposto a cambiare lavoro ma non siamo attualmente in grado di cambiare la situazione in quanto la sua esperienza lavorativa è molto settoriale e non è facilmente spendibile
Quello che un po' mi tormenta è che il ragionamento da noi fatto (ossia "tanto tra un paio di anni il problema si sarebbe posto comunque") non sia stato il migliore nell'interesse di nostro figlio.
E' stato inserito subito in un nuovo asilo ma ha naturalmente chiesto per quasi tre settimane di poter tornare alla sua vecchia scuola.
Allo stesso modo ha da subito manifestato il disagio per la lontananza dal padre con risvegli notturni,urla, spavento, nervosismo nei miei confronti e molta agitazione.
Mio figlio ha tre anni.Ho spiegato fin da subito in modo semplice e chiaro cosa stava accadendo ma probabilmente io per prima gli ho trasmesso insofferenza per la situazione.oggi dopo due mesi le sue reazioni sono un po' migliorate. Ma quello che mi domando è: dovevamo forse seguire il padre almeno per altri due anni?Cosa è meglio per un bambino della sua età?vedere il padre tutti i giorni e fare magari due traslochi in un anno?o vedere il padre solo nel weekend e avere la possibilità di stabilire dei legami durevoli con luoghi e persone?
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Dr.ssa Flavia Massaro Psicologo 12.5k 233
Gentile Signora,

ciò che conta per un bambino è prima di tutto vivere in un ambiente sereno e se la sistemazione attuale gli consente questo è stata una buona decisione quella di separarvi nei giorni lavorativi di suo marito.

Dal momento che nel week-end il padre è a casa il bambino lo vede come lo vedrebbe se facesse un lavoro per il quale fosse fuori casa tutto il giorno, quindi da questo punto di vista non c'è molta differenza.
Ci sono svantaggi e svantaggi in ogni soluzione e dipendono anche dalla personalità del bambino, ma è sempre possibile valorizzare al massimo ai suoi occhi i punti di forza di una situazione e guidarlo verso una visione positiva proprio perché a quest'età è molto influenzabile e influenzato da voi adulti che ve ne prendete cura.

E' importante che spieghi più volte al piccolo quello che sta succedendo se dà segno di non ricordare cose già dette o ripropone interrogativi che le sembravano superati, perché deve avere tempo e modo di metabolizzare il cambiamento e adattarsi alla nuova realtà, passaggio che non è mai semplice nemmeno per gli adulti:
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1261-reagire-male-ai-cambiamenti-i-disturbi-dell-adattamento.html

Sicuramente la sua insofferenza lo ha influenzato, ma da quanto ci dice la situazione è migliorata e non c'è motivo per pensare che non migliorerà ulteriormente.

Mi chiedo invece come si stia trovando lei in questa collocazione: al momento abitate dai suoi genitori?
Sta cercando lavoro?

Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it

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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Gentile Signora,
moltissimo dipende da come voi genitori riuscite a gestire la situazione. Se non vi mostrate preoccupati per la decisione presa e il tempo che trascorrete insieme è sereno di qualità il vostro bimbo ha le migliori possibilità per adattarsi con maggiore facilità.

Anche la convivenza con i nonni, il rapporto con lei in assenza del padre e un clima sereno all'interno di quel contesto ha grande importanza.
Lei come si sente ora? Come si trova nella nuova sistemazione?
Si sente ancora insofferente? E suo marito? Come va tra di voi?

Dr.ssa Laura Rinella
Psicologa Psicoterapeuta
www.psicologiabenessereonline.it

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Utente
Utente
Gent.me Dottoresse,
Vi ringrazio entrambe per le Vostre risposte.
Ho volontariamente sorvolato il punto del mio stato d'animo nella mia richiesta di consulto proprio perché volevo inizialmente una risposta diretta sulle implicazioni di questa scelta per il nostro bimbo.
Ma naturalmente mi rendo conto anche io che le due cose sono strettamente correlate.
Dunque, per risponderVi entrambe dirò subito che la notizia del trasferimento è stata per me da subito fonte di stress,così come la celere organizzazione di un trasloco e non da meno il mio distacco da un luogo di lavoro tanto desiderato e sinceramente molto piacevole.
Ho valutato in fretta in quei giorni scioccanti la possibilità per me e mio figlio di rimanere dove vivevamo al fine di stravolgere il meno possibile le nostre vite,ma tutto diveniva troppo complicato e soprattutto anche scopo?io nn saprò mai in anticipo quale sarà la destinazione di mio marito, né lui saprà o meno con sicurezza se in un posto rimarrà 6 mesi,o un anno o forse tre.
Ritornare dai miei genitori non è stato facile.Sebbene siano persone buone e presenti, amorevoli con noi tre, di sostegno morale ed economico ho vissuto fin da subito questa convivenza nel peggiore dei modi. Perchè non riesco ad accettare nessun tipo di intromissione nei riguardi di mio figlio.Non riesco ad accettare di esser ritornata figlia a tutti gli effetti.Io sono oggi una mamma ed una moglie e all'improvviso mi sono sentita privata di tutto.Ho così iniziato a pensare di prendere un appartamento in fitto con mio figlio(sempre nelle vicinanze dei miei genitori) in modo da avere anche la giusta intimità con mio marito nei weekend....in modo da poter ritornare ad avere le nostre abitudini, i nostri spazi, le nostre regole e ricreare seppur solo per due giorni una sorta di normalità.Con tutte le difficoltà economiche ed organizzative che questo ennesimo cambiamento comporterà.
Per quanto concerne il rapporto con mio marito anche questo ne risente molto perché io ora sono una bomba ad orologeria pronta da esplodere su tutto naturalmente con le persone a me più care.
Sto cercando naturalmente un lavoro, cerco di essere meno nervosa possibile in presenza di mio figlio ma è evidente che ci sto ancora lavorando molto.
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Dr.ssa Laura Rinella Psicologo, Psicoterapeuta 6.3k 119
Buona l' idea di pensare a come riorganizzarsi per riavere la vostra intimità familiare, la puo aiutare a vivere il la sistemazione attuale come transitoria che lei puo migliorare con il suo impegno e le sue risorse, dunque a venire a patti con il suo nervosismo.

Comprendo le sue preoccupazioni per eventuali spostamenti futuri, ma preoccuparsene ora non la aiuta e la appesantisce ulteriormente. cominci dal presente, il resto verra man mano.

Un caro saluto