La psicoterapia è risolutiva?
hoavuto problemi di ansia e ipocondria fin da bambina tanto che nei periodi più negativi non dormivo dall'ansia di morire o di essere malata e non uscivo di casa in preda al panico. All'età di 15 anni, dopo aver perso mia mamma improvvisamente, ho iniziato una psicoterapia durata quasi 2 anni. Nonostante non avessi per niente fiducia nella psicoterapia perchè, non conoscendola, la ritenevo inaffidabile e nonostante l'avessi considerata " l'ultima spiaggia ",mi sono trovata bene con la terapeuta e durante il " percorso " si è discusso di molti aspetti della mia vita, focalizzandosi sul rapporto con mio papà che in quel periodo mi dava problemi perchè usciva con una donna che non accettavo. Già durante la terapia mi sono ricreduta perchè sono riuscita a fare tutto ciò che prima non facevo più: uscire con amici, viaggiare, essere ottimista. Ho imparato a gestire l'ansia nelle varie forme e a non essere sempre con la paura di essere malata o di morire. Fin verso la fine del 2012 sono stata bene, poi ho incominciato ad avere periodi in cui si ripresenta tutto il circolo vizioso: sintomi fisici-ansia-autodiagnosi di malattie gravi-visite-non conferma della diagnosi-non convinzione.... In particolare sono 2 gli eventi che mi hanno fatto capire che devo ritrattare la situazione: un viaggio di 3 giorni in collina dal quale sono tornata in anticipo perchè, al solo pensiero di essere a mezz'ora da un ospedale, mi sono sentita male. Già dopo questa esperienza ho pensavo di non partire x capodanno, ma cosciente del fatto che evitare situazioni temute è controproducente, sono partita ugualmente per Roma. Purtroppo anche qui sono stata male e sono dovuta tornare perchè in preda all'ansia e a crisi di pianto ingestibili. Tornata a casa il tutto è rientrato nella norma in pochi giorni.
Sono consapevole del fatto di essere molto migliorata rispetto a quando sono andata in terapia, ma evidentemente non ho risolto completament il problema. Lunedì tornerò all'asl per consultare un'altra terapeuta ( quella vecchia ha cambiato città ), ma sinceramente ho molti dubbi: una psicoterapia può essere realmente risolutiva? Oppure se uno già da bambino soffriva d'ansia è in un certo senso predisposto caratterialmente quindi può tamponare la situazione ma prima o poi si ripresenterà? Purtroppo ho la sensazione che " se uno nasce quadrato non può morire tondo ". Vi ringrazio in anticipo per eventuali delucidazioni.
in genere è importante e fa parte della terapia stessa fare qualche seduta a mo' di "tagliando periodico", per verificare che i progressi fatti vengano mantenuti e magari migliorino ulteriormente.
Questo vale ancora di più nell'eventualità che si verifichino delle condizioni in cui possano riattivarsi i vecchi schemi mentali, cosa possibile e normale.
Ciò che conta è che dopo aver intrapreso una psicoterapia si è consapevoli di come gestire tali situazioni e di come bisogna reagire all'occorrenza.
Col tempo, poi, l'allenamento alla giusta reazione sarà sempre più efficiente per cui i "tagliandi" saranno sempre meno necessari.
anche io, come il Collega, le suggerisco di tornare in terapia, talvolta rimangono degli elementi ancora da analizzare e soprattutto risolvere, che nel tempo e con gli eventi della vita necessitano di essere ascoltati….ed adeguatamente elaborati.
Se conserva un buon ricordo del percorso effettuato, torni dal clinico che si è già occupato di lei, vedrà che risolverà questo malessere
Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it
legga questo
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/4088-quando-il-paziente-si-allea-con-la-propria-malattia.html
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
tu dici " Ho imparato a gestire l'ansia nelle varie forme e a non essere sempre con la paura di essere malata o di morire."
e poi: "Tornata a casa il tutto è rientrato nella norma in pochi giorni. "
Queste due affermazioni sono contrastanti tra loro, nel senso che -dal punto di vista della terapia cognitivo-comportamentale- quando il pz. impara a gestire l'ansia, ha imparato anche a riconoscere l'attivazione somatica tipica dello stato ansioso e poi a modularlo. Scappare e tornare a casa, al contrario, non fa altro che peggiorare il problema, perchè -se è vero che l'ansia è immediatamente scesa- rafforza l'idea del pz. di non potercela fare e di non essere in grado di gestire le distanze da casa e che tornare a casa sia la scelta più saggia....
Per rispondere all'ultima parte della mail, è vero che ci sono persone che sono maggiormente predisposte ad essere in un certo modo ed è vero però che aumentando la consapevolezza del proprio modo di funzionare potrà essere possibile, con l'aiuto del terapeuta, imparare a gestire sempre meglio l'ansia.
Inoltre, terminare una psicoterapia per l'ansia non significa che il pz. non proverà mai più uno stato ansioso, ma che sarà in grado di leggerlo bene e di modularlo in una maniera più funzionale.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
Ho letto l'articolo consigliatomi dal Dott. De Vincentiis molto utile per evitare di intralciare la terapia che spero sia del tutto risolutiva.
Nel rispondere alla Dott.ssa Pileci specifico che so bene che la risoluzione di un problema ansioso non significa non provare più ansia, bensì saperla riconoscere e gestire. E' quello che ho saputo fare da quando ho iniziato a percepire i benefici della terapia fino a circa un anno fa in cui, non so come e per quale motivo, sono tornata a non essere capace di attivare quei meccanismi mentali che mi facevano controllare l'ansia e le preoccupazioni.
Per quanto riguarda i viaggi, so che è sbagliato scappare dalla situazione che crea difficoltà infatti è il motivo per cui ho deciso di partire lo stesso, nonostante l'esperienza estiva negativa, però non sono stata in grado di gestire la situazione, ragione per la quale tornerò all'ASL. Secondo me sarebbe stato più sensato rivolgermi alla terapeuta precedente, dato che mi ero trovata bene e conosce già la situazione, però purtroppo esercita in un'altra città quindi devo per forza cambiare, sperando di trovarmi altrettanto bene e di risolvere qualcosa. L'unica cosa che mi lascia perplessa è il fatto di dover raccontare ancora tutto, probabilmente partendo da lontano e situazioni che magari non ricordo più molto bene.
Ringrazio di nuovo tutti per l'attenzione.
Cordiali saluti
infatti legga questo
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/1399-panico-e-ossessioni-quali-terapie.html
Oppure può portare semplicemente le difficoltà che sta incontrando oggi e lavorare su quelle in terapia.
Non tutte le forme di psicoterapia hanno il bisogno di scavare nel passato; ci sono tipi di psicoterapia che lavorano sulle credenze disfunzionali del pz., sul sintomo e sul problema attuale.
Cordiali saluti,
>>L'unica cosa che mi lascia perplessa è il fatto di dover raccontare ancora tutto, probabilmente partendo da lontano e situazioni che magari non ricordo più molto bene.<<
in accordo con i Colleghi, volevo solo aggiungere che il "dover raccontare ancora tutto" non è una riedizione identica di qualcosa che ha già fatto, perché alcuni temi possono essere gli stessi (soprattutto in fase anamnestica), ma il contenuto affettivo è probabilmente diverso per diversi motivi (i due anni di terapia, l'età, la fase che sta attraversando ecc.).
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
La fatica che sente forse è un meccanismo di difesa, la paura/diffcioltà nel pensare di ricominciare....
Se non può tornare dal precendente terapeuta ne scelga uno nuovo/a vedrà che anche questa volta andrà bene.
molto spesso i disturbi d'ansia riconoscono, oltre a fattori scatenanti della storia recente, anche dei fattori predisponenti che originano in un passato che può essere anche molto remoto e aver dato luogo a fenomeni di "imprinting".
Il termine imprinting sta ad indicare apprendimenti precoci e molto tenaci. In pratica si crea una sorta di predisposizione ai disturbi d'ansia che può essere più o meno forte.
Fortunatamente si è visto che i fenomeni di imprinting non sono sempre rigidi e immutabili e la psicoterapia riesce ad agire anche su fattori di disturbo intervenuti precocissimamente nella vita dell'individuo.
Le segnalo al riguardo un mio articolo:
https://www.medicitalia.it/blog/psicologia/3161-e-possibile-modificare-l-imprinting.html
Cordiali saluti
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
a distanza di 9 mesi vi aggiorno sulla mia situazione attuale e vorrei porvi una domanda, ma prima devo fare una premessa:
La mia famiglia ha in affidamento un bambino da 9 anni e 8 anni fa è morta mia mamma. Gli assistenti sociali ( Assistente + psicologa ) sono sempre intervenuti per monitorare la situazione. La psicologa fa parte dell'equipe di psicologi dell'ASL.
Quando mi sono rivolta allo spazio giovani per richiedere un primo consulto psicologico un'assistente sociale ha compilato una cartella con le motivazioni per le quali io lo stavo chiedendo e poi tutte le psicologhe hanno deciso a chi affidare il mio caso ( quindi quella psicologa è venuta a conoscenza di queste mie problematiche ). Al primo consulto, la mia psicologa ha detto che ho atteso molto perché l'altra dottoressa ha dovuto fare la sua relazione da mandare al tribunale per la storia di mio fratello. Al momento mi sono infastidita perché quella dottoressa è venuta a conoscenza per caso dei miei problemi, ma non c'entrano niente con l'affidamento di mio fratello, quindi cosa c'entra la sua relazione al tribunale con i miei consulti psicologici? Nonostante ciò ho continuato le sedute con la mia terapeuta sperando che non si verificassero altri episodi simili. Mi trovo molto bene con questa terapeuta e percepisco dei miglioramenti anche se ho fatto solamente 7 sedute, ma oggi un altro episodio simile si è verificato. La psicologa che seguiva l'andamento dell'affidamento ha delegato la mia psicologa di seguire il caso, ma non è stato possibile in quanto lei segue già il mio caso personale. La mia psicologa mi ha informato di questa cosa e mi ha detto che, tramite la sua collega, conosce tutto il caso famigliare dell'affidamento. Anche questa cosa mi ha infastidita perché ha passato l'intera seduta di oggi a discutere del motivo dell'incontro con gli assistenti sociali ecc.
Detto questo io ho il dubbio che le informazioni riguardo l'affidamento e la mia situazione personale transitino da una psicologa all'altra e, se così fosse, mi darebbe molto fastidio.
La mia domanda perciò è: è possibile / consentito dal vostro codice deontologico che la mia psicologa riferisca qualche informazione sulla mia condizione psicologica alla collega che si occupa dell'affidamento di mio fratello? Perché se scopro che l'ha fatto penso che perderei completamente la fiducia e quindi sarei costretta a chiudere la psicoterapia con lei.
Vorrei che ognuna di loro gestisse il proprio caso senza scambiarsi alcun tipo di informazione in nessun senso, chiedo qualcosa di impossibile?
Vi ringrazio in anticipo per l'attenzione.
Tutto ciò, però, non dovrebbe farLe perdere fiducia nei curanti, ma può vedere tale condivisione come un vantaggio per Lei.
Se, tuttavia, ne è infastidita, ne discuta in seduta.
Sono certa sarà un punto importante per chiarire molti aspetti della relazione terapeutica.
Un cordiale saluto,
Può certamente sentirsi libera di esprimere che l'altra psicologa non Le piace, ma non rovinerei il rapporto di fiducia col curante, SE Lei si trova bene...
Cordiali saluti,
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.