Insicurezza sul lavoro
Gentilissim* dottor*,
sono una ragazza di 23.
Dopo la laurea triennale (in scienze della comunicazione) ho capito di voler lavorare nel campo dell'educazione, mi sono iscritta al corso magistrale in Scienze Pedagogiche e ho iniziato, contemporaneamente, un tirocinio post-laurea in un centro educativo e a lavorare come animatrice presso un'agenzia.
Nonostante il target dell'utenza sia simile, i due ambienti risultano piuttosto diversi sia per gli obiettivi, che per la professionalità richiesta, sia per ciò che ci si aspetta da me.
Sono una ragazza abbastanza timida e insicura, spesso non so come comportarmi, ma ho imparato a buttarmi così almeno non ho rimpianti, anche se spesso sono poi assalita dai dubbi: sarò stata brava? Ho agito come dovevo? Cosa avranno pensato gli altri di me?
Questa mia insicurezza sta diventando insostenibile: i dubbi mi causano forte stress, fatico a rilassarmi, a volte a dormire, avrei bisogno di avere maggiori feedback, soprattutto in campo lavorativo perché nel tirocinio mi sento meno responsabilità e comunque delle indicazioni su come mi devo comportare le ho, mentre come animatrice sento come di dovermela cavare da sola, che nessuno mi osserva per criticarmi costruttivamente, come vorrei, temo invece le critiche alle spalle, soprattutto perché una semi-educatrice studentessa di pedagogia ha senza dubbio un modo diverso di porsi rispetto agli altri animatori che non hanno fatto alcuno studio di scienze umane/sociali.
Ultima precisazione: mi sento inoltre imbranata perché cresciuta in mezzo agli adulti e senza alcuna vera esperienza con bambini al di sotto dei 6 anni.
Resto in attesa di una vostra risposta o di eventuali domande di approfondimento,
Grazie,
Tata
sono una ragazza di 23.
Dopo la laurea triennale (in scienze della comunicazione) ho capito di voler lavorare nel campo dell'educazione, mi sono iscritta al corso magistrale in Scienze Pedagogiche e ho iniziato, contemporaneamente, un tirocinio post-laurea in un centro educativo e a lavorare come animatrice presso un'agenzia.
Nonostante il target dell'utenza sia simile, i due ambienti risultano piuttosto diversi sia per gli obiettivi, che per la professionalità richiesta, sia per ciò che ci si aspetta da me.
Sono una ragazza abbastanza timida e insicura, spesso non so come comportarmi, ma ho imparato a buttarmi così almeno non ho rimpianti, anche se spesso sono poi assalita dai dubbi: sarò stata brava? Ho agito come dovevo? Cosa avranno pensato gli altri di me?
Questa mia insicurezza sta diventando insostenibile: i dubbi mi causano forte stress, fatico a rilassarmi, a volte a dormire, avrei bisogno di avere maggiori feedback, soprattutto in campo lavorativo perché nel tirocinio mi sento meno responsabilità e comunque delle indicazioni su come mi devo comportare le ho, mentre come animatrice sento come di dovermela cavare da sola, che nessuno mi osserva per criticarmi costruttivamente, come vorrei, temo invece le critiche alle spalle, soprattutto perché una semi-educatrice studentessa di pedagogia ha senza dubbio un modo diverso di porsi rispetto agli altri animatori che non hanno fatto alcuno studio di scienze umane/sociali.
Ultima precisazione: mi sento inoltre imbranata perché cresciuta in mezzo agli adulti e senza alcuna vera esperienza con bambini al di sotto dei 6 anni.
Resto in attesa di una vostra risposta o di eventuali domande di approfondimento,
Grazie,
Tata
[#1]
G.le utente, ciò che riporta è molto selettivo e circoscritto. Potrebbe dirci di più rispetto alle sue insicurezze.
Si verificano solo in ambiente professionale?
Secondo lei da cosa e come si sono originate?
Si verificano solo in ambiente professionale?
Secondo lei da cosa e come si sono originate?
Dr. Michele Spalletti, psicologo - psicoterapeuta
[#2]
Utente
Attualmente si verificano solo in ambiente professionale.
Penso che il problema sia che ho bisogno di frequenti feedback su me stessa (forse dovuti a un timore di sbagliare sviluppato al liceo?). Ho in parte trovato la soluzione chiedendo, appunto, tali feedback, anche in maniera dettagliata. Il problema si pone nel momento in cui essi non mi soddisfano perché non sono abbastanza approfonditi da tranquillizzarmi. Spesso le altre persone si stufano di rispondere alle mie domande o non le comprendono ed è difficile insistere oltre un certo limite in ambito lavorativo perciò mi rimangono dubbi.
In passato ho avuto tali problemi anche in amicizia, ma attraverso chiarimenti e conseguenti interruzioni o approfondimenti di amicizie sono giunta a una situazione di equilibrio.
Penso che il problema sia che ho bisogno di frequenti feedback su me stessa (forse dovuti a un timore di sbagliare sviluppato al liceo?). Ho in parte trovato la soluzione chiedendo, appunto, tali feedback, anche in maniera dettagliata. Il problema si pone nel momento in cui essi non mi soddisfano perché non sono abbastanza approfonditi da tranquillizzarmi. Spesso le altre persone si stufano di rispondere alle mie domande o non le comprendono ed è difficile insistere oltre un certo limite in ambito lavorativo perciò mi rimangono dubbi.
In passato ho avuto tali problemi anche in amicizia, ma attraverso chiarimenti e conseguenti interruzioni o approfondimenti di amicizie sono giunta a una situazione di equilibrio.
[#3]
Gentile Utente,
il suo desiderio di ricevere feedback implica una figura "autorevole" che in un certo senso possa supervisionare il suo lavoro. Questo può andare bene in un tirocinio perché tale funzione può essere svolta da un tutor, ma se si tratta di lavoro vero e proprio diventa tutto più complicato, perché le sue richieste sono su base ansiosa e difficilmente possono colmare la sua insicurezza.
Credo sia utile invece cambiare prospettiva e cercare di lavorare in maniera autonoma evitando la ricerca di "conferme". Se trova difficoltà nel fare questo potrebbe essere utile consultare un Collega di persona.
il suo desiderio di ricevere feedback implica una figura "autorevole" che in un certo senso possa supervisionare il suo lavoro. Questo può andare bene in un tirocinio perché tale funzione può essere svolta da un tutor, ma se si tratta di lavoro vero e proprio diventa tutto più complicato, perché le sue richieste sono su base ansiosa e difficilmente possono colmare la sua insicurezza.
Credo sia utile invece cambiare prospettiva e cercare di lavorare in maniera autonoma evitando la ricerca di "conferme". Se trova difficoltà nel fare questo potrebbe essere utile consultare un Collega di persona.
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#4]
Gentile utente, penso ci sia anche una generica autostima non particolarmente scintillante, forse un consulto con uno specialista potrebbe aiutarla, per contro sarà l'esperienza con la capacità di ascoltarsi e valutarsi , che insieme ai feed-back delle persone con cui lavorerà la renderanno più consapevole e sicura, come succede a tutti.
Abbia fiducia nella sua intelligenza e nella sua sensibilità..
Restiamo in ascolto..
Abbia fiducia nella sua intelligenza e nella sua sensibilità..
Restiamo in ascolto..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
[#5]
G.le utente, ciò che si aspetta dall'altro è più che legittimo, soprattutto nel luogo in cui lei svolge il tirocinio, in cui dovrebbe avere un tutor incaricato a svolgere tale funzione di insegnamento.
L'agognare che l'altro ci riconosca e ci dia dei feed-back, fa parte della dialettica della comunicazione, dove ci si attende che il nostro messaggio venga obliterato dal desiderio del prossimo.
Credo che quanto lei si aspetta di ricevere sia, soprattutto al giorno d'oggi in cui tutti credono di sapere e si fingono tuttologhi, una qualità che le potrà permettere di apprendere e di confrontarsi, oltre a indurle delle rassicurazioni sul suo operato e sulla sua identità.
Il problema, se di problema vogliamo parlare, è che sembra non riuscire a farne a meno e vive con insopporbabilità quei contesti in cui l'altro del riconoscimento latita, facendola sentire in difetto o non protetta simbolicamente.
In questo campo in cui non c'è un sapere che possa confortarla lei sembra cadere come soggetto.
Le ripeto, ciò, in certi limiti, è normale, soprattutto per il tipo di attività e di studi intrapresi: non si sa mai come comportarsi o cosa fare, si può far bene come si può sbagliare, anche quando si crede di fare la cosa giusta o si è stati consigliati nel farla, è inevitabile. Più la soluzione è incerta, visto il contesto operativo, e più si rischia di essere insicuri.
In ambito lavorativo, il suo atteggiamento sembra essere pertinente, diversamente, se questo bisogno di conferme diventa ossessionante e pervasivo, allora la questione è quanta autostima abbiamo di noi, quanto dobbiamo cercare nell'altro un segno del nostro essere bravi ed adeguati.
Se è solo l’altro a detenere le chiavi e la scrittura dell’amore che abbiamo verso noi stessi, allora potrebbero esserci delle questioni irrisolte con il proprio narcisismo, con l’investimento amoroso che abbiamo nei nostri confronti e che, in larga parte, dipende dal modo in cui ci hanno visto, parlato e trattato le nostre figure di riferimento.
In tal senso, com’è stato il suo rapporto con le sue figure di riferimento? Si è sentita amata e si sente amata? Ha sviluppato, per così dire, una “base sicura” in termini affettivi, tale da poter “bastare” a sé stessa nella propria autovalutazione?
L'agognare che l'altro ci riconosca e ci dia dei feed-back, fa parte della dialettica della comunicazione, dove ci si attende che il nostro messaggio venga obliterato dal desiderio del prossimo.
Credo che quanto lei si aspetta di ricevere sia, soprattutto al giorno d'oggi in cui tutti credono di sapere e si fingono tuttologhi, una qualità che le potrà permettere di apprendere e di confrontarsi, oltre a indurle delle rassicurazioni sul suo operato e sulla sua identità.
Il problema, se di problema vogliamo parlare, è che sembra non riuscire a farne a meno e vive con insopporbabilità quei contesti in cui l'altro del riconoscimento latita, facendola sentire in difetto o non protetta simbolicamente.
In questo campo in cui non c'è un sapere che possa confortarla lei sembra cadere come soggetto.
Le ripeto, ciò, in certi limiti, è normale, soprattutto per il tipo di attività e di studi intrapresi: non si sa mai come comportarsi o cosa fare, si può far bene come si può sbagliare, anche quando si crede di fare la cosa giusta o si è stati consigliati nel farla, è inevitabile. Più la soluzione è incerta, visto il contesto operativo, e più si rischia di essere insicuri.
In ambito lavorativo, il suo atteggiamento sembra essere pertinente, diversamente, se questo bisogno di conferme diventa ossessionante e pervasivo, allora la questione è quanta autostima abbiamo di noi, quanto dobbiamo cercare nell'altro un segno del nostro essere bravi ed adeguati.
Se è solo l’altro a detenere le chiavi e la scrittura dell’amore che abbiamo verso noi stessi, allora potrebbero esserci delle questioni irrisolte con il proprio narcisismo, con l’investimento amoroso che abbiamo nei nostri confronti e che, in larga parte, dipende dal modo in cui ci hanno visto, parlato e trattato le nostre figure di riferimento.
In tal senso, com’è stato il suo rapporto con le sue figure di riferimento? Si è sentita amata e si sente amata? Ha sviluppato, per così dire, una “base sicura” in termini affettivi, tale da poter “bastare” a sé stessa nella propria autovalutazione?
[#6]
Utente
Gentile dr Del Signore,
credo che lei abbia centrato il punto: sono sempre stata abituata a essere nella posizione di allieva, mi devo invece rendere conto che nel mio attuale lavoro devo prendermi le mie responsabilità ed essere autonoma e non aver bisogno di conferme perché non si addice alla mia posizione.
credo che lei abbia centrato il punto: sono sempre stata abituata a essere nella posizione di allieva, mi devo invece rendere conto che nel mio attuale lavoro devo prendermi le mie responsabilità ed essere autonoma e non aver bisogno di conferme perché non si addice alla mia posizione.
[#7]
Utente
Gentile dr Spalletti,
è proprio questo il punto:
<< In questo campo in cui non c'è un sapere che possa confortarla lei sembra cadere come soggetto. >>
Per quanto riguarda i rapporti di personali la ricerca di feedback, probabilmente mi sono spiegata male, non riguarda me come persona, ma la relazione.
è proprio questo il punto:
<< In questo campo in cui non c'è un sapere che possa confortarla lei sembra cadere come soggetto. >>
Per quanto riguarda i rapporti di personali la ricerca di feedback, probabilmente mi sono spiegata male, non riguarda me come persona, ma la relazione.
[#8]
Gentile Utente,
esatto, l'autonomia lavorativa implica responsabilità e quindi la possibilità di fare scelte senza che esse debbano essere necessariamente "vagliate" da qualcun'altro.
Peraltro non è assolutamente detto che questo "altro" possa essere più competente di lei.
esatto, l'autonomia lavorativa implica responsabilità e quindi la possibilità di fare scelte senza che esse debbano essere necessariamente "vagliate" da qualcun'altro.
Peraltro non è assolutamente detto che questo "altro" possa essere più competente di lei.
Questo consulto ha ricevuto 8 risposte e 10.3k visite dal 02/01/2014.
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