Problemi di socializzazione
Salve dottori, mi trovo di nuovo qui a chiedere un vostro consulto. Faccio un riassunto perchè sarebbe impossibile scrivere tutto.
Sono un universitario, sto avendo problemi con il mio rapportarmi con le persone, non comprendo perchè non riesco a stabilire comunicazione con i miei coeatanei, e questo mi crea disagio all'università perchè mi sento sempre di troppo, o isolato. Ho pensato che potesse essere una condizione presa negli anni, in seguito a traumi ecc.. ma facendo un analisi del mio passato ho ricordi che anche quando ero nell'infanzia, avevo difficoltà a creare legami d'amicizia. E' difficile da spiegare è come se la gente quando parla con me si stufa, immagino che ho difficoltà ad aprirmi, perchè io ho tante cose da dire ma è come se non mi vengono, o mi sembrano inadatte. Timidezza non ne ho, in seguito alle mie esperienze lavorative, a volte mi sento proprio incompreso, e trattato proprio come uno scarto, al punto che a volte ho il timore di esplodere e diventare schizofrenico (non so se avete visto il film io me & irene in cui il protagonista viene sempre considerato poco e alla fine esplode e diventa schizofrenico per farsi rispettare). Ovviamente voi mi consiglierete di andare dallo psicologo, e non sarebbe una cattiva idea ma purtroppo non ho disponibilità monetaria, all'asl prendono 25 euro a seduta, io non ne ho, e comunque conosco troppe persone all'asl locale, mi sentirei troppo in soggezione. Io comprendo che ognuno nasce con il suo carattere, c'è la persona carismatica, che non so come riesce ad essere simpatico a tutti, anche se a volte è offensivo, ed è quello che viene invitato dappertutto perchè è una gradevole compagnia, poi c'è quello come me che nessuno se lo fila. Mi dispiace per questa situazione, vorrei essere più aperto, sapete dirmi qualche soluzione?! non so un centro di auto-mutuo aiuto, o cose simili, in cui si impara realmente a socializzare, anche per casi cronici come il mio?! Io non pretendo di essere simpatico a tutti perchè è impossibile, ma mi piacerebbe che se un coetaneo si mette in mia compagnia non si senta annoiato o a disagio. Purtroppo la mia espressione facciale è tremendamente "seria" spesso se faccio una battuta neanche si capisce, perchè i movimenti del viso sono fondamentali nella comunicazione, vabbè questo lo sapete meglio di me. Dunque, voi cosa consigliate a uno nella mia condizione?! so che non è possibile cambiare carattere, e quindi non credo sarò mai il tipo carismatico, ma sicuramente credo si possano fare dei miglioramenti. Mi affido ai vostri consigli.
Grazie per aver letto, buon anno nuovo.
Spero rispondiate in tanti.
Sono un universitario, sto avendo problemi con il mio rapportarmi con le persone, non comprendo perchè non riesco a stabilire comunicazione con i miei coeatanei, e questo mi crea disagio all'università perchè mi sento sempre di troppo, o isolato. Ho pensato che potesse essere una condizione presa negli anni, in seguito a traumi ecc.. ma facendo un analisi del mio passato ho ricordi che anche quando ero nell'infanzia, avevo difficoltà a creare legami d'amicizia. E' difficile da spiegare è come se la gente quando parla con me si stufa, immagino che ho difficoltà ad aprirmi, perchè io ho tante cose da dire ma è come se non mi vengono, o mi sembrano inadatte. Timidezza non ne ho, in seguito alle mie esperienze lavorative, a volte mi sento proprio incompreso, e trattato proprio come uno scarto, al punto che a volte ho il timore di esplodere e diventare schizofrenico (non so se avete visto il film io me & irene in cui il protagonista viene sempre considerato poco e alla fine esplode e diventa schizofrenico per farsi rispettare). Ovviamente voi mi consiglierete di andare dallo psicologo, e non sarebbe una cattiva idea ma purtroppo non ho disponibilità monetaria, all'asl prendono 25 euro a seduta, io non ne ho, e comunque conosco troppe persone all'asl locale, mi sentirei troppo in soggezione. Io comprendo che ognuno nasce con il suo carattere, c'è la persona carismatica, che non so come riesce ad essere simpatico a tutti, anche se a volte è offensivo, ed è quello che viene invitato dappertutto perchè è una gradevole compagnia, poi c'è quello come me che nessuno se lo fila. Mi dispiace per questa situazione, vorrei essere più aperto, sapete dirmi qualche soluzione?! non so un centro di auto-mutuo aiuto, o cose simili, in cui si impara realmente a socializzare, anche per casi cronici come il mio?! Io non pretendo di essere simpatico a tutti perchè è impossibile, ma mi piacerebbe che se un coetaneo si mette in mia compagnia non si senta annoiato o a disagio. Purtroppo la mia espressione facciale è tremendamente "seria" spesso se faccio una battuta neanche si capisce, perchè i movimenti del viso sono fondamentali nella comunicazione, vabbè questo lo sapete meglio di me. Dunque, voi cosa consigliate a uno nella mia condizione?! so che non è possibile cambiare carattere, e quindi non credo sarò mai il tipo carismatico, ma sicuramente credo si possano fare dei miglioramenti. Mi affido ai vostri consigli.
Grazie per aver letto, buon anno nuovo.
Spero rispondiate in tanti.
[#1]
Gentile utente,
Purtroppo in psicologia non esistono soluzioni risolutive che attraverso un click risolvano i problemi. Sarebbe interessante capire come mai per lei sia così importante risultare simpatico. Più lei si sforzerà ad essere diverso da ciò che è più gli altri se ne accorgeranno. La finzione non è socialmente una buona arte.
Chi glielo dice che è antipatico o noioso?
Lo desume dal fatto che non ha amici?
Solitamente la sincerità nei rapporti è premiata.
Credo comunque che la soluzione migliore sia quella di rivolgersi ad uno psicologo.
Forse può fare qualche sforzo e non credo si tratti solo di aspetti economici.
Purtroppo in psicologia non esistono soluzioni risolutive che attraverso un click risolvano i problemi. Sarebbe interessante capire come mai per lei sia così importante risultare simpatico. Più lei si sforzerà ad essere diverso da ciò che è più gli altri se ne accorgeranno. La finzione non è socialmente una buona arte.
Chi glielo dice che è antipatico o noioso?
Lo desume dal fatto che non ha amici?
Solitamente la sincerità nei rapporti è premiata.
Credo comunque che la soluzione migliore sia quella di rivolgersi ad uno psicologo.
Forse può fare qualche sforzo e non credo si tratti solo di aspetti economici.
Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/
[#2]
Gentile Utente,
credo che almeno una valutazione per inquadrare bene il problema sia d'obbligo, anche perchè non è chiaro il confine tra quello che è un tratto del carattere (e non c'è nulla di male ad essere timidi) e una difficoltà che sta diventando invalidante...
Legga anche qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Se il problema a socializzare c'è da sempre è probabile che Lei non abbia mai appreso come si fa e quindi un training sarebbe opportuno, ma suggerimenti da qui e senza conoscerLa non sono utili, perchè manca del tutto la valutazione del problema.
Cordiali saluti,
credo che almeno una valutazione per inquadrare bene il problema sia d'obbligo, anche perchè non è chiaro il confine tra quello che è un tratto del carattere (e non c'è nulla di male ad essere timidi) e una difficoltà che sta diventando invalidante...
Legga anche qui: https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1087-le-abilita-sociali.html
Se il problema a socializzare c'è da sempre è probabile che Lei non abbia mai appreso come si fa e quindi un training sarebbe opportuno, ma suggerimenti da qui e senza conoscerLa non sono utili, perchè manca del tutto la valutazione del problema.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#3]
Gentile utente, d'accordo coi colleghi che qualche colloquio potrebbe giovarle, intanto le domando .. non sarà che troppo preoccupato di pensare a cosa dire, che faccia fare e così via, lei si dimentica di fare attenzione agli altri, non li vede proprio per cui non si sintonizza con chi ha davanti,perchè non le interessa poi tanto, secondo me per inserirsi bene il segreto è "ESSERCI" nel gruppo, capaci perciò di cogliere chi ha davanti con la sua specificità a cui sintonizzarsi, provi a cercare di cogliere il carattere, gli interessi, il mondo dell'altro, non si tratta di fare battute, ma di dare attenzione..
Provi.. restiamo in ascolto.. intanto auguri..
Provi.. restiamo in ascolto.. intanto auguri..
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
[#4]
G.le utente, essere introversi non è di per sé svantaggioso o problematico.
Evidentemente lei si sta confrontando su più fronti, generandosi un bel pò di sofferenza. Precisamente, non si sente integrato nel suo ambiente sociale, si ritiene e si crede fatto in un certo modo (per lei sbagliato) e si confronta con un ideale di fascino e captazione relazionale (il suo modello di persona che attrae su di sé l'attenzione degli altri).
Vorrei farle vedere il problema da un'altra angolatura che non sia solo quella del giusto o sbagliato, del bello o del brutto, perchè si sa "il mondo è bello perchè è vario" e, per dirla diversamente, tutti possiamo essere più o meno attraenti e trovare persone con coi poter stare bene, che ci accettino e a cui piaciamo pur non essendo dei vip o dei modelli di comportamento sociale azzeccati e vincenti.
Ora quello che vorrei porle come questione è: quanto di quello che denuncia di negativo nella sua relazione con gli altri dipende da questi e, soprattutto, quanto da lei?
Ma non nel senso di credere di non avere i requisiti o la "patente" per sentirsi socialmente adeguato, ma quanto l'immagine che lei si è costruito di sé stesso (come inadatto) condiziona il suo modo di approcciarsi al mondo in generale.
Credo, infatti, che più di ciò che accade realmente sia importante come ci percepiamo e la sentenza che emettiamo su di noi, come convincimento identificatorio, è più forte di qualsiasi sguardo ammaliante o di traverso.
La mente tende a confermare le ipotesi che ha elaborato e non a smentirle, per cui se lei pensa di essere inadatto troverà solo dati che perorano tale costrutto e di conseguenza si comporterà da "sfigato" (ma solo nel suo modo di vedersi e di giudicarsi).
E' ovvio tuttavia, come le consigliano i miei colleghi, che, per sciogliere tali nodi relativi alla gestione della percezione e del rapporto con gli altri, dovrebbe rivolgersi ad un esperto
Evidentemente lei si sta confrontando su più fronti, generandosi un bel pò di sofferenza. Precisamente, non si sente integrato nel suo ambiente sociale, si ritiene e si crede fatto in un certo modo (per lei sbagliato) e si confronta con un ideale di fascino e captazione relazionale (il suo modello di persona che attrae su di sé l'attenzione degli altri).
Vorrei farle vedere il problema da un'altra angolatura che non sia solo quella del giusto o sbagliato, del bello o del brutto, perchè si sa "il mondo è bello perchè è vario" e, per dirla diversamente, tutti possiamo essere più o meno attraenti e trovare persone con coi poter stare bene, che ci accettino e a cui piaciamo pur non essendo dei vip o dei modelli di comportamento sociale azzeccati e vincenti.
Ora quello che vorrei porle come questione è: quanto di quello che denuncia di negativo nella sua relazione con gli altri dipende da questi e, soprattutto, quanto da lei?
Ma non nel senso di credere di non avere i requisiti o la "patente" per sentirsi socialmente adeguato, ma quanto l'immagine che lei si è costruito di sé stesso (come inadatto) condiziona il suo modo di approcciarsi al mondo in generale.
Credo, infatti, che più di ciò che accade realmente sia importante come ci percepiamo e la sentenza che emettiamo su di noi, come convincimento identificatorio, è più forte di qualsiasi sguardo ammaliante o di traverso.
La mente tende a confermare le ipotesi che ha elaborato e non a smentirle, per cui se lei pensa di essere inadatto troverà solo dati che perorano tale costrutto e di conseguenza si comporterà da "sfigato" (ma solo nel suo modo di vedersi e di giudicarsi).
E' ovvio tuttavia, come le consigliano i miei colleghi, che, per sciogliere tali nodi relativi alla gestione della percezione e del rapporto con gli altri, dovrebbe rivolgersi ad un esperto
Dr. Michele Spalletti, psicologo - psicoterapeuta
[#5]
Utente
Innanzitutto ringrazio per aver risposto in tanti, sono di mentalità molto aperta e quindi cerco molti pareri.
Cerco di rispondere alle vostre domande creando una risposta generale.
Io quello che ho notato è che se le persone mi vedono a primo impatto, sono antipatico, ma se imparano a conoscermi (e ce ne vuole di tempo..) capiscono come sono fatto, che sono affidabile, sincero, buono d'animo, che sono la persona che sa dare un consiglio al momento del bisogno, che ha una vasta esperienza, che non si arrabbia e ci si può ragionare, e infatti la mia cerchia di amici mi vede come un leader , a volte non si muovono se prima non chiedono a me, a volte anche a livello maniacale, ad esempio un mio amico (uno dei tanti che all'inizio non mi poteva vedere), si è fissato talmente tanto su di me, che adesso sta facendo sedute di psicoterapia perchè ero diventato il suo unico punto fisso tutto il giorno (fa strano dirlo ma sapete meglio di me che accadono queste cose).
Rispondendo alla domanda "perchè ritiene di essere antipatico/noioso"? Primo, perchè lo noto, noto come si approcciano con me, secondo, tutti quelli che hanno avuto l'occasione di conoscermi meglio e capire come sono realmente mi hanno detto tutti o quasi, la stessa cosa "sinceramente quando ti ho conosciuto mi sembravi una persona cattiva, avevo un'idea del tutto opposta a quella che ho ora", in generale il senso è questo. Io non voglio apparire finto, ne tanto meno simpatico a tutti , io vorrei solo capire perchè si crea questo contrasto tra chi mi conosce appena e chi ha imparato a conoscermi?! Perchè inizialmente alla massa appaio cattivo/freddo/inaffidabile, e quando imparano a conoscermi (e ripeto ci vuole molto tempo) si trovano bene con me e mi cercano sempre?
Io non voglio che la gente si leghi a me dal primo giorno, ma non voglio neanche che abbia una considerazione cattiva di me, cioè il fatto è che mi dispiace pensare che una persona mi veda come cattivo o altro, quando poi non lo sono. Mi capita spesso la situazione (sul lavoro, all'università) che un collega chieda qualcosa a qualcun'altro, e magari quel collega è stato tutto il giorno con me, e appena succede io mi domando "e scusa.. ma perchè non lo ha chiesto a me"? Succede spesso, non mi chiedono mai nulla, sembra che appaio proprio.. bo.. un robot?
Posso capire se a porre la domanda è il tipo che se ne sta tutto per fatti suoi e non parla mai con nessuno a prescindere, perchè è asociale e gli piace stare da solo. Ma a me piace stare a contatto con le persone, mi piace quando ci parlo, non sono asociale.
Ripeto, io non voglio essere quello che arriva in un ambiente e sta simpatico a tutti, ma non voglio neanche essere quello che viene giudicato per ciò che non è.
P.S. Se vi viene in mente qualche testo che vi ricorda il mio caso magari consigliatemelo, mi piacerebbe approfondirmi.
Dott. Mori, sono già stato dallo psicologo (per attachi di panico) quando avevo uno stipendio, non mi faccio problemi ad andare dallo psicologo, e appena avrò modo ci andrò, quando lavorerò, perchè al momento vivo con 200 euro al mese, triste realtà della crisi.
Cerco di rispondere alle vostre domande creando una risposta generale.
Io quello che ho notato è che se le persone mi vedono a primo impatto, sono antipatico, ma se imparano a conoscermi (e ce ne vuole di tempo..) capiscono come sono fatto, che sono affidabile, sincero, buono d'animo, che sono la persona che sa dare un consiglio al momento del bisogno, che ha una vasta esperienza, che non si arrabbia e ci si può ragionare, e infatti la mia cerchia di amici mi vede come un leader , a volte non si muovono se prima non chiedono a me, a volte anche a livello maniacale, ad esempio un mio amico (uno dei tanti che all'inizio non mi poteva vedere), si è fissato talmente tanto su di me, che adesso sta facendo sedute di psicoterapia perchè ero diventato il suo unico punto fisso tutto il giorno (fa strano dirlo ma sapete meglio di me che accadono queste cose).
Rispondendo alla domanda "perchè ritiene di essere antipatico/noioso"? Primo, perchè lo noto, noto come si approcciano con me, secondo, tutti quelli che hanno avuto l'occasione di conoscermi meglio e capire come sono realmente mi hanno detto tutti o quasi, la stessa cosa "sinceramente quando ti ho conosciuto mi sembravi una persona cattiva, avevo un'idea del tutto opposta a quella che ho ora", in generale il senso è questo. Io non voglio apparire finto, ne tanto meno simpatico a tutti , io vorrei solo capire perchè si crea questo contrasto tra chi mi conosce appena e chi ha imparato a conoscermi?! Perchè inizialmente alla massa appaio cattivo/freddo/inaffidabile, e quando imparano a conoscermi (e ripeto ci vuole molto tempo) si trovano bene con me e mi cercano sempre?
Io non voglio che la gente si leghi a me dal primo giorno, ma non voglio neanche che abbia una considerazione cattiva di me, cioè il fatto è che mi dispiace pensare che una persona mi veda come cattivo o altro, quando poi non lo sono. Mi capita spesso la situazione (sul lavoro, all'università) che un collega chieda qualcosa a qualcun'altro, e magari quel collega è stato tutto il giorno con me, e appena succede io mi domando "e scusa.. ma perchè non lo ha chiesto a me"? Succede spesso, non mi chiedono mai nulla, sembra che appaio proprio.. bo.. un robot?
Posso capire se a porre la domanda è il tipo che se ne sta tutto per fatti suoi e non parla mai con nessuno a prescindere, perchè è asociale e gli piace stare da solo. Ma a me piace stare a contatto con le persone, mi piace quando ci parlo, non sono asociale.
Ripeto, io non voglio essere quello che arriva in un ambiente e sta simpatico a tutti, ma non voglio neanche essere quello che viene giudicato per ciò che non è.
P.S. Se vi viene in mente qualche testo che vi ricorda il mio caso magari consigliatemelo, mi piacerebbe approfondirmi.
Dott. Mori, sono già stato dallo psicologo (per attachi di panico) quando avevo uno stipendio, non mi faccio problemi ad andare dallo psicologo, e appena avrò modo ci andrò, quando lavorerò, perchè al momento vivo con 200 euro al mese, triste realtà della crisi.
[#6]
G.le utente, benissimo!
Lei, da quanto ci dice, è effettivamente un leader, basta scoprirla e poi si svela per quallo che è veramente, mostrando delle qualità preziose e molto importanti.
Purtroppo non si può avere tutto e non è facile coniugare le sue risorse con altre che la farebbero sembrare affabile di primo acchito, sono tra loro in contrasto rispetto agli specifici profili di personalità a cui attengono.
Ciò non toglie tuttavia che determinati attributi personologici si possano apprendere, basta non correre il rischio di apparire ostentatamente "affettati".
Il fatto che abbia riconosciuto i suoi talenti è importante, punti su quelli, perchè, a mio avviso, valgono molto di più dell'apparire simpatico o "piacione" a prima vista.
Per costruire rapporti veramente seri e duraturi, da quanto ci dice, non le manca niente ma, come sempre, si desidera ciò che non si ha...
Lei, da quanto ci dice, è effettivamente un leader, basta scoprirla e poi si svela per quallo che è veramente, mostrando delle qualità preziose e molto importanti.
Purtroppo non si può avere tutto e non è facile coniugare le sue risorse con altre che la farebbero sembrare affabile di primo acchito, sono tra loro in contrasto rispetto agli specifici profili di personalità a cui attengono.
Ciò non toglie tuttavia che determinati attributi personologici si possano apprendere, basta non correre il rischio di apparire ostentatamente "affettati".
Il fatto che abbia riconosciuto i suoi talenti è importante, punti su quelli, perchè, a mio avviso, valgono molto di più dell'apparire simpatico o "piacione" a prima vista.
Per costruire rapporti veramente seri e duraturi, da quanto ci dice, non le manca niente ma, come sempre, si desidera ciò che non si ha...
[#7]
Utente
Quindi dottor Michele, in conclusione, essendo cosciente del fatto che sono la persona adatta a cui appellarsi nel momento di necessità, mi piacerebbe che lo facessero tutti, ma tuttavia non tutti possono sapere come sono realmente, quindi semplicemente devo adattarmi all'idea che posso dialogare/aiutare quei pochi che hanno modo di conoscermi realmente, e gli altri che si fermano all'apparenza non posso farci nulla perchè non è un qualcosa che dipende da me, quindi dovrei limitarmi ad essere come sono, tenermi strette le poche persone che mi conoscono per come sono realmente, e le altre se imparano a conoscermi bene, sennò pazienza. E' questo il succo?
[#8]
Gentile utente,
lei si è descritto quasi come un Giano bifronte; sarebbe, si comporterebbe e si relazionerebbe cioè in modi del tutto diversi a seconda che ci sia o meno una conoscenza di lunga data con chi si rapporta.
E' probabile che uno psicoterapeuta troverebbe delle relazioni con tale sua caratteristica e i vissuti infantili e probabilmente potrebbe anche attenuare la forza di questi ultimi. Le consiglio perciò, se vuole approfondire tale tematica, di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta.
Cordiali saluti
lei si è descritto quasi come un Giano bifronte; sarebbe, si comporterebbe e si relazionerebbe cioè in modi del tutto diversi a seconda che ci sia o meno una conoscenza di lunga data con chi si rapporta.
E' probabile che uno psicoterapeuta troverebbe delle relazioni con tale sua caratteristica e i vissuti infantili e probabilmente potrebbe anche attenuare la forza di questi ultimi. Le consiglio perciò, se vuole approfondire tale tematica, di rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta.
Cordiali saluti
Valentina Sciubba Psicologa
www.valentinasciubba.it Terapia on line
Terapia Breve Strategica e della Gestalt
Disturbi psicologici e mente-corpo
[#10]
Probabilmente mi sono espressa male, della mia prima frase può tenere conto solo delle parole "si relazionerebbe" e comunque la sostanza non mi sembra cambi di molto.
Resta cioè il fatto che il suo rapporto con gli altri cambia radicalmente in funzione della variabile "conoscenza".
Tenga anche presente che qualunque relazione è funzione di almeno i due protagonisti della relazione stessa ciascuno dei quali fornisce un apporto e che se anche uno solo dei due "apporti" cambia, è destinata a cambiare anche la relazione.
Per sua natura ogni relazione prevede l'apporto di almeno due persone e perciò, almeno nei casi in cui i protagonisti siano adulti e non abbiano vincoli costrittivi, resta difficile attribuire la responsabilità della relazione stessa a uno solo dei due.
D'altra parte possiamo comunicare sia con il linguaggio verbale che con quello non verbale.
Cordiali saluti
Resta cioè il fatto che il suo rapporto con gli altri cambia radicalmente in funzione della variabile "conoscenza".
Tenga anche presente che qualunque relazione è funzione di almeno i due protagonisti della relazione stessa ciascuno dei quali fornisce un apporto e che se anche uno solo dei due "apporti" cambia, è destinata a cambiare anche la relazione.
Per sua natura ogni relazione prevede l'apporto di almeno due persone e perciò, almeno nei casi in cui i protagonisti siano adulti e non abbiano vincoli costrittivi, resta difficile attribuire la responsabilità della relazione stessa a uno solo dei due.
D'altra parte possiamo comunicare sia con il linguaggio verbale che con quello non verbale.
Cordiali saluti
Questo consulto ha ricevuto 10 risposte e 14.3k visite dal 01/01/2014.
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