Scelta del terapeuta: l'ho individuato, ora devo scoprire se esiste
Salve a tutti,
Ritorno su questo sito dopo esserci passata anni fa per un consulto ginecologico, grazie al quale ho ora un bimbo stupendo, e spero di avere altrettanta fortuna.
Sto cercando uno psicoterapeuta a Roma, possibilmente provincia sud, con cui poter intraprendere un percorso di terapia individuale.
Dopo un trauma dovuto ad un evento di coppia, sul quale ho lavorato assieme al partner in terapia di coppia per qualche mese, mi sono resa conto di voler chiarire degli aspetti in me che ho sempre ritenuto innocui, ma che ora sento come un fardello pesante (insicurezza, paura dell'abbandono, figura paterna poco valorizzata..)
Il terapeuta di coppia seguiva un metodo 'cognitivo-interpersonale' e secondo lui dovrei continuare sullo stesso percorso. Putroppo non ho instaurato un rapporto empatico con questo terapeuta, anche se mi ha aiutato molto ad uscire dal primo momento di rabbia e senso di abbandono che un tradimento mi aveva portato. Per questo motivo vorrei provare a rivolgermi ad un terapeuta che non sia del suo 'entourage'.
Da una mia personale valutazione, ho individuato il MIO psicologo ideale nelle seguenti caratteristiche:
uomo
più grande di me
con un approccio pratico (esercizi sarebbero ben accetti)
empatico
disponibile
necessariamente a ROma o ancora meglio, nella prov sud di Roma.
Avete suggerimenti da darmi?
Vi ringrazio per qualsiasi commento vogliate lasciarmi.
Saluti,
Pincopallina
Ritorno su questo sito dopo esserci passata anni fa per un consulto ginecologico, grazie al quale ho ora un bimbo stupendo, e spero di avere altrettanta fortuna.
Sto cercando uno psicoterapeuta a Roma, possibilmente provincia sud, con cui poter intraprendere un percorso di terapia individuale.
Dopo un trauma dovuto ad un evento di coppia, sul quale ho lavorato assieme al partner in terapia di coppia per qualche mese, mi sono resa conto di voler chiarire degli aspetti in me che ho sempre ritenuto innocui, ma che ora sento come un fardello pesante (insicurezza, paura dell'abbandono, figura paterna poco valorizzata..)
Il terapeuta di coppia seguiva un metodo 'cognitivo-interpersonale' e secondo lui dovrei continuare sullo stesso percorso. Putroppo non ho instaurato un rapporto empatico con questo terapeuta, anche se mi ha aiutato molto ad uscire dal primo momento di rabbia e senso di abbandono che un tradimento mi aveva portato. Per questo motivo vorrei provare a rivolgermi ad un terapeuta che non sia del suo 'entourage'.
Da una mia personale valutazione, ho individuato il MIO psicologo ideale nelle seguenti caratteristiche:
uomo
più grande di me
con un approccio pratico (esercizi sarebbero ben accetti)
empatico
disponibile
necessariamente a ROma o ancora meglio, nella prov sud di Roma.
Avete suggerimenti da darmi?
Vi ringrazio per qualsiasi commento vogliate lasciarmi.
Saluti,
Pincopallina
[#1]
Gentile Signora,
da qui non possiamo suggerire singoli professionisti ai quali rivolgersi, ma può consultare l'elenco degli iscritti al sito per conoscere i nominativi di chi fra noi lavora dalle sue parti.
Personalmente penso che per le tematiche che intende affrontare sia più indicato un approccio di tipo psicodinamico, che fa della relazione paziente-terapeuta uno strumento fondamentale di lavoro e di cambiamento, cosa che invece una terapia cognitivo-comportamentale non valorizza nè considera centrale.
Mentre scegliere un terapeuta di sesso maschile piuttosto che femminile può avere un senso, ne ha meno sceglierlo in base all'età, poichè per il nostro inconscio (in ottica ovviamente psicodinamica) questa non fa alcuna differenza.
Un caro saluto,
da qui non possiamo suggerire singoli professionisti ai quali rivolgersi, ma può consultare l'elenco degli iscritti al sito per conoscere i nominativi di chi fra noi lavora dalle sue parti.
Personalmente penso che per le tematiche che intende affrontare sia più indicato un approccio di tipo psicodinamico, che fa della relazione paziente-terapeuta uno strumento fondamentale di lavoro e di cambiamento, cosa che invece una terapia cognitivo-comportamentale non valorizza nè considera centrale.
Mentre scegliere un terapeuta di sesso maschile piuttosto che femminile può avere un senso, ne ha meno sceglierlo in base all'età, poichè per il nostro inconscio (in ottica ovviamente psicodinamica) questa non fa alcuna differenza.
Un caro saluto,
Dr.ssa Flavia Massaro, psicologa a Milano e Mariano C.se
www.serviziodipsicologia.it
[#2]
Gentile Utente,
concordo con le riflessioni della Collega e vorrei sottolineare il fatto che gli "esercizi pratici" per le problematiche da lei riportate non sono consigliabili.
La visione psicodinamica potrebbe essere adatta proprio per la creazione, in prima istanza, di una relazione empatica tra psicoterapeuta e paziente sulla cui base costruire insieme una prospettiva di cambiamento.
Come mai ha pensato ad un uomo più grande di lei?
concordo con le riflessioni della Collega e vorrei sottolineare il fatto che gli "esercizi pratici" per le problematiche da lei riportate non sono consigliabili.
La visione psicodinamica potrebbe essere adatta proprio per la creazione, in prima istanza, di una relazione empatica tra psicoterapeuta e paziente sulla cui base costruire insieme una prospettiva di cambiamento.
Come mai ha pensato ad un uomo più grande di lei?
Dott. Giuseppe Del Signore Psicologo, Psicoterapeuta
Specialista in Psicoterapia Psicodinamica
www.psicologoaviterbo.it
[#3]
Utente
Vi ringrazio molto per le risposte così pronte.
Nella mia vita mi sono resa conto di avere avuto attorno figure femminili più forti, magari apparentemente deboli, ma sempre più valevoli degli uomini. La figura maschile è stata per lo più debole e insicura (come poi mio marito, credevo). Inizialmente avevo anche pensato di rivolgermi ad una terapeuta donna, pensando che sarebbe stata più empatica, da pacca sulla spalla - comprensione femminile. Poi ho creduto che 'sforzarmi' e dare fiducia al mondo maschile sarebbe già stato un passo verso l'accettazione dei miei limiti.
Ho pensato ad un uomo più grande perché potrei vedere in lui più autorevolezza.
Ho notato che nella vita tendo a mettere in discussione le figure autorevoli, le ricerco, ma le metto costantemente alla prova.
Quindi un uomo più grande potrebbe 'controllarmi' di più, mi fa credere che avrebbe più esperienza e capacità nell'approcciare un tipo come me. Non so se è un mio problema, cioè se sono io a cercare le credenziali di maturità per sentirmi sicura, o per chissà quale motivo.
Cercherò ora di capire, aiutandomi con internet, cosa sia l'approccio da voi indicato: psicodinamica.
Grazie mille ancora
Pincopallina
Nella mia vita mi sono resa conto di avere avuto attorno figure femminili più forti, magari apparentemente deboli, ma sempre più valevoli degli uomini. La figura maschile è stata per lo più debole e insicura (come poi mio marito, credevo). Inizialmente avevo anche pensato di rivolgermi ad una terapeuta donna, pensando che sarebbe stata più empatica, da pacca sulla spalla - comprensione femminile. Poi ho creduto che 'sforzarmi' e dare fiducia al mondo maschile sarebbe già stato un passo verso l'accettazione dei miei limiti.
Ho pensato ad un uomo più grande perché potrei vedere in lui più autorevolezza.
Ho notato che nella vita tendo a mettere in discussione le figure autorevoli, le ricerco, ma le metto costantemente alla prova.
Quindi un uomo più grande potrebbe 'controllarmi' di più, mi fa credere che avrebbe più esperienza e capacità nell'approcciare un tipo come me. Non so se è un mio problema, cioè se sono io a cercare le credenziali di maturità per sentirmi sicura, o per chissà quale motivo.
Cercherò ora di capire, aiutandomi con internet, cosa sia l'approccio da voi indicato: psicodinamica.
Grazie mille ancora
Pincopallina
[#4]
Gentile Utente,
>>Nella mia vita mi sono resa conto di avere avuto attorno figure femminili più forti, magari apparentemente deboli, ma sempre più valevoli degli uomini.<<
immagino che questa prospettiva le potrebbe complicare la vita, soprattutto nelle relazioni di coppia.
>>La figura maschile è stata per lo più debole e insicura (come poi mio marito, credevo). Inizialmente avevo anche pensato di rivolgermi ad una terapeuta donna, pensando che sarebbe stata più empatica, da pacca sulla spalla - comprensione femminile.<<
probabilmente, date queste premesse, sarebbe meglio uno psicoterapeuta maschio, altrimenti il rischio è quello di riattivare o perpetrare il "mito delle Amazzoni" che sembra aver caratterizzato le dinamiche nella sua famiglia di origine.
>>Quindi un uomo più grande potrebbe 'controllarmi' di più, mi fa credere che avrebbe più esperienza e capacità nell'approcciare un tipo come me.<<
lo psicoterapeuta non "controlla" nessuno e l'autorevolezza non dipende dall'età, ma da come lei percepisce o attribuisce determinate caratteristiche alle persone. Probabilmente questo è un suo conflitto che ha origine dalla relazione che ha (o ha avuto in passato) con suo padre, con la tendenza a sminuire le figure maschili.
>>Non so se è un mio problema, cioè se sono io a cercare le credenziali di maturità per sentirmi sicura, o per chissà quale motivo.<<
potrebbe essere utile affrontare questo tema in psicoterapia.
>>Nella mia vita mi sono resa conto di avere avuto attorno figure femminili più forti, magari apparentemente deboli, ma sempre più valevoli degli uomini.<<
immagino che questa prospettiva le potrebbe complicare la vita, soprattutto nelle relazioni di coppia.
>>La figura maschile è stata per lo più debole e insicura (come poi mio marito, credevo). Inizialmente avevo anche pensato di rivolgermi ad una terapeuta donna, pensando che sarebbe stata più empatica, da pacca sulla spalla - comprensione femminile.<<
probabilmente, date queste premesse, sarebbe meglio uno psicoterapeuta maschio, altrimenti il rischio è quello di riattivare o perpetrare il "mito delle Amazzoni" che sembra aver caratterizzato le dinamiche nella sua famiglia di origine.
>>Quindi un uomo più grande potrebbe 'controllarmi' di più, mi fa credere che avrebbe più esperienza e capacità nell'approcciare un tipo come me.<<
lo psicoterapeuta non "controlla" nessuno e l'autorevolezza non dipende dall'età, ma da come lei percepisce o attribuisce determinate caratteristiche alle persone. Probabilmente questo è un suo conflitto che ha origine dalla relazione che ha (o ha avuto in passato) con suo padre, con la tendenza a sminuire le figure maschili.
>>Non so se è un mio problema, cioè se sono io a cercare le credenziali di maturità per sentirmi sicura, o per chissà quale motivo.<<
potrebbe essere utile affrontare questo tema in psicoterapia.
[#5]
Gentile Utente,
se il professionista con cui è già stata in cura ritiene opportuna per Lei una psicoterapia di un certo tipo, quale quella cognitivo-interpersonale (che è ben diversa da quella cognitivo-comportamentale!), credo dovrebbe seguire il consiglio di chi ha potuto fare una valutazione di persona.
Come Lei stessa asserisce, infatti, ha apprezzato dei miglioramenti e dei cambiamenti.
Se poi non si è creato un clima empatico con questa persona, ritengo avrebbe dovuto farlo presente al professionista: la psicoterapia infatti deve essere utilizzata in questo modo. Bisognerebbe poi capire che cosa intende Lei per clima empatico e in quali termini non si è trovata con questa persona.
Infatti nella psicoterapia la relazione col terapeuta è molto importante.
Nella psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale che utilizza le prescrizioni comportamentali che Lei cerca, ad esempio, non è possibile che il pz. riesca a mettere in pratica le prescrizioni del terapeuta e che la terapia abbia successo se la relazione col terapeuta non è buona e se non si crea quell'alleanza imprescindibile per la riuscita della terapia stessa.
Quindi mi lascia un po' perplessa la Sua dichiarazione a riguardo.
In che senso sentiva poco empatico quel terapeuta?
Inoltre vorrei sottolineare che nelle psicoterapie che utilizzano prescrizioni comportamentali, quali ad esempio la cognitivo-comportamentale, è chiaro che quando il pz. mette in atto un COMPORTAMENTO prescritto dal terapeuta e che è proprio ciò su cui fa fatica, riesce in questa maniera anche a cambiare il proprio modo di vedersi, di percepire la realtà e gli altri, insomma di modificare le proprie credenze e le proprie cognizioni, riuscendo ad intercettare e cambiare gli schemi cognitivi e comportamentali che erano prima disfunzionali e che generavano il problema.
E' comprensibile che per ottenere tutto ciò la relazione col terapeuta è imprescindibile...
Infatti il pz. pensa alle sedute durante la settimana, in terapia cognitivo-comportamentale utilizziamo il "dialogo interiore" col terapeuta, ovvero il pz tra una seduta e l'altra uitlizza chiaramente la relazione col terapeuta per poter mettere in atto gli "esercizi", altrimenti sarebbe sufficiente comprare un libro di semplici tecniche!
Ciò che Lei descrive in termini di autorevolezza verso gli altri e verso il terapeuta mi fanno pensare a test che Lei mette in atto per provare gli altri e la relazione con gli altri. E' probabile che siano qui gli schemi cognitivi e comportamentali disfunzionali cui facevo cenno sopra ed è questo meccanismo che dovrebbe essere intercettato e spezzato, se le cose stanno come stiamo ipotizzando qui.
Vorrei anche ricordarLe anche una cosa fondamentale a beneficio di tutta l'Utenza: è sempre bene verificare su www.psy.it che lo psicologo sia anche specializzato in psicoterapia, perchè la nostra formazione universitaria NON prevede lo studio della psicoterapia, ma solo la formazione post laurea prevede di conoscere che cosa sia la psicoterapia e come possa essere utilizzata.
Cordiali saluti,
se il professionista con cui è già stata in cura ritiene opportuna per Lei una psicoterapia di un certo tipo, quale quella cognitivo-interpersonale (che è ben diversa da quella cognitivo-comportamentale!), credo dovrebbe seguire il consiglio di chi ha potuto fare una valutazione di persona.
Come Lei stessa asserisce, infatti, ha apprezzato dei miglioramenti e dei cambiamenti.
Se poi non si è creato un clima empatico con questa persona, ritengo avrebbe dovuto farlo presente al professionista: la psicoterapia infatti deve essere utilizzata in questo modo. Bisognerebbe poi capire che cosa intende Lei per clima empatico e in quali termini non si è trovata con questa persona.
Infatti nella psicoterapia la relazione col terapeuta è molto importante.
Nella psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale che utilizza le prescrizioni comportamentali che Lei cerca, ad esempio, non è possibile che il pz. riesca a mettere in pratica le prescrizioni del terapeuta e che la terapia abbia successo se la relazione col terapeuta non è buona e se non si crea quell'alleanza imprescindibile per la riuscita della terapia stessa.
Quindi mi lascia un po' perplessa la Sua dichiarazione a riguardo.
In che senso sentiva poco empatico quel terapeuta?
Inoltre vorrei sottolineare che nelle psicoterapie che utilizzano prescrizioni comportamentali, quali ad esempio la cognitivo-comportamentale, è chiaro che quando il pz. mette in atto un COMPORTAMENTO prescritto dal terapeuta e che è proprio ciò su cui fa fatica, riesce in questa maniera anche a cambiare il proprio modo di vedersi, di percepire la realtà e gli altri, insomma di modificare le proprie credenze e le proprie cognizioni, riuscendo ad intercettare e cambiare gli schemi cognitivi e comportamentali che erano prima disfunzionali e che generavano il problema.
E' comprensibile che per ottenere tutto ciò la relazione col terapeuta è imprescindibile...
Infatti il pz. pensa alle sedute durante la settimana, in terapia cognitivo-comportamentale utilizziamo il "dialogo interiore" col terapeuta, ovvero il pz tra una seduta e l'altra uitlizza chiaramente la relazione col terapeuta per poter mettere in atto gli "esercizi", altrimenti sarebbe sufficiente comprare un libro di semplici tecniche!
Ciò che Lei descrive in termini di autorevolezza verso gli altri e verso il terapeuta mi fanno pensare a test che Lei mette in atto per provare gli altri e la relazione con gli altri. E' probabile che siano qui gli schemi cognitivi e comportamentali disfunzionali cui facevo cenno sopra ed è questo meccanismo che dovrebbe essere intercettato e spezzato, se le cose stanno come stiamo ipotizzando qui.
Vorrei anche ricordarLe anche una cosa fondamentale a beneficio di tutta l'Utenza: è sempre bene verificare su www.psy.it che lo psicologo sia anche specializzato in psicoterapia, perchè la nostra formazione universitaria NON prevede lo studio della psicoterapia, ma solo la formazione post laurea prevede di conoscere che cosa sia la psicoterapia e come possa essere utilizzata.
Cordiali saluti,
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#6]
Psicologo, Psicoterapeuta
Gentile utente, pur nel rispetto delle informazioni fornite dai Colleghi vorrei, da terapeuta cognitivo-comportamentale, mettere in chiaro alcuni punti che ritengo utili perchè lei possa scegliere in modo consapevole.
Innanzitutto, la "famiglia" delle terapie cognitive, comportamentali e cognitivo-comportamentali comprende orientamenti anche molto diversi tra di loro. Io vorrei circoscrivere il campo soltanto alle terapie cognitivo-comportamentali (che sono differenti da quelle cognitivo-interpersonali, come le ha correttamente segnalato la dott.ssa Pileci).
Uno dei nuclei centrali di queste terapie è il fatto che noi pensiamo, agiamo, e sentiamo emozioni, in rapporto con un ambiente. E tutti questi aspetti (pensieri, azioni, emozioni) sono strettamente connessi tra di loro.
A titolo di esempio:
- credere nel pensiero "fare una cattiva figura in pubblico è terribile" può avere degli effetti importanti, se stiamo per fare una domanda davanti a tante persone ad un importante relatore
- essere abituati a subire le prepotenze degli altri può convincerci che valiamo poco
- essere profondamente convinti che il giudizio degli altri è fondamentale può indurre in noi sentimenti di imbarazzo e vergogna ogni volta che sbagliamo in pubblico
- quando proviamo una forte ansia potremmo essere tentati di scappare da quella situazione
Modificare anche uno solo di questi aspetti può avere effetti molto importanti sulla nostra intera persona. In terapia cognitivo-comportamentale questo risultato si ottiene e si potenzia con delle esperienze, di solito prescritte tra una seduta e l'altra. E sono proprio questi impegni ad essere il punto di forza di questo approccio, perchè aiutano le persone a comportarsi in modo diverso da come hanno sempre fatto, a pensare in modo più flessibile, ad avere un miglior rapporto con le proprie emozioni, a relazionarsi con gli altri in modo più efficace.
Per cui non mi sento di condividere le indicazioni fornite dai colleghi sulla non -idoneità di un approccio piuttosto che di un altro, o sulla non - indicazione di esercizi, esperienze ed impegni tra le sedute.
Cordialmente
Innanzitutto, la "famiglia" delle terapie cognitive, comportamentali e cognitivo-comportamentali comprende orientamenti anche molto diversi tra di loro. Io vorrei circoscrivere il campo soltanto alle terapie cognitivo-comportamentali (che sono differenti da quelle cognitivo-interpersonali, come le ha correttamente segnalato la dott.ssa Pileci).
Uno dei nuclei centrali di queste terapie è il fatto che noi pensiamo, agiamo, e sentiamo emozioni, in rapporto con un ambiente. E tutti questi aspetti (pensieri, azioni, emozioni) sono strettamente connessi tra di loro.
A titolo di esempio:
- credere nel pensiero "fare una cattiva figura in pubblico è terribile" può avere degli effetti importanti, se stiamo per fare una domanda davanti a tante persone ad un importante relatore
- essere abituati a subire le prepotenze degli altri può convincerci che valiamo poco
- essere profondamente convinti che il giudizio degli altri è fondamentale può indurre in noi sentimenti di imbarazzo e vergogna ogni volta che sbagliamo in pubblico
- quando proviamo una forte ansia potremmo essere tentati di scappare da quella situazione
Modificare anche uno solo di questi aspetti può avere effetti molto importanti sulla nostra intera persona. In terapia cognitivo-comportamentale questo risultato si ottiene e si potenzia con delle esperienze, di solito prescritte tra una seduta e l'altra. E sono proprio questi impegni ad essere il punto di forza di questo approccio, perchè aiutano le persone a comportarsi in modo diverso da come hanno sempre fatto, a pensare in modo più flessibile, ad avere un miglior rapporto con le proprie emozioni, a relazionarsi con gli altri in modo più efficace.
Per cui non mi sento di condividere le indicazioni fornite dai colleghi sulla non -idoneità di un approccio piuttosto che di un altro, o sulla non - indicazione di esercizi, esperienze ed impegni tra le sedute.
Cordialmente
[#7]
Utente
Grazie per i vostri interventi.
Vorrei rispondere alle vostre domande sperando che questo aiuterà a chiarire me nella scelta del terapeuta che, evidentemente, a dispetto del titolo del mio post, forse non ho ancora capito quale sia meglio per me.
La dott.ssa Pileci mi scrive
<<<Se poi non si è creato un clima empatico con questa persona, ritengo avrebbe dovuto farlo presente al professionista>>>
L'ho fatto molto esplicitamente e più volte, cercando sempre di trovare un modo per capire anche cosa sbagliavo io, magari avevo altre aspettative o non so. Nessuna risposta, nessuna parola sul tema da parte sua. L'unico commento era che "se solleviamo altre tematiche è per non seguire i temi che ci siamo prefissati, per sviarli" (questo anche quando denunciavo, ad esempio, il problema di risvolti rabbiosi di mio marito accaduti il giorno davanti a mio figlio e che mi facevano paura e per i quali chiedevo un consulto, un aiuto per arginarli. Per lui era una scusa per perdere tempo e non parlare del tema che avevamo stabilito quel giorno).
All'inizio, quando cioè ero nel pieno del mio dramma - l'aver scoperto che mio marito non era felice e aveva tradito me e la nostra coppia - quando tutto sembrava essermi crollato addosso, la terapia ha fatto da tampone alla mia rabbia.
Sono io che ho voluto rivolgermi ad un terapeuta di coppia, non per recuperare il matrimonio, lungi da me allora e adesso - semmai entrambi vogliamo costruire qualcosa di nuovo, nostro possibilmente.
In quel momento avevo bisogno di controllare il mio dolore, non andare fuori di testa, specialmente perché abbiamo un bambino che finora era cresciuto in modo molto sano ed equilibrato.
In questo la terapia ha aiutato abbastanza, perché ha posato subito l'accento sulle cause che avevano innescato la nostra crisi e ha cominciato a far lavorare il mio cervello non sul perdono o sulla giustificazione in sé, ma sulla comprensione.
<<<<In che senso sentiva poco empatico quel terapeuta?>>>
PURTROPPO il terapeuta ha puntato molto, e secondo me troppo in fretta, sulla mia crescita individuale, non ha rispettato i miei tempi di lutto e di destabilizzazione.Era come se seguisse un copione e non le due persone che aveva di fronte.
In due mesi era per me difficile passare dalla 'visione' di una coppia affiatata ad un marito bugiardo e traditore e subito focalizzare SOLO su di me. Inoltre, mio marito, che faceva nel frattempo una terapia individuale con un altro terapeuta dello stesso studio, aveva spessissimo momenti di rabbia manifesta, anche più forti di prima, dovuti anche al panico suo di veder crollare il nostro matrimonio.
Questo mi destabilizzava ancora di più e non mi permetteva di 'lavorare' su me stessa.
Le violenze verbali a me e di fronte a mio figlio erano devastanti.
Nel secondo periodo la terapia di coppia sembrava farci allontanare e litigare più di prima.
Ad interrompere e a chiedere un po' di respiro dalla terapia di coppia sono stata io ma ancora di più mio marito, che preferiva risolvere dei conflitti suoi interni di rabbia prima di riprendere.
Da quando non siamo più andati in terapia di coppia, siamo entrambi maturati moltissimo come INDIVIDUI. Mio marito aiutato dalla terapia individuale, io grazie un lavoro personale scatenato dalla brutta crisi, ma che ora vorrei proseguire e mettere alla prova con un esperto.
Siamo tornati recentemente dal terapeuta di coppia dopo 2 mesi che non andavamo, e ci ha trovati, secondo lui, molto meglio di coem ci aveva lasciati. Eppure fu lui a dirci che se avessimo interrotto la terapia anche solo una seduta avremmo rishciato di brutto e che solo IO mi sarei dovuta assumere la reposnsabilità del fallimento (perché? visto che era più mio marito a chiedere una pausa? forse perché io sono quella più forte e che controlla tutto?)
Comunque, il giorno dopo aver incontrato il terapeuta, gli ho mandato un messaggio sul cellluare chiedendogli se potevo chiamarlo per chiedergli dei riferimenti per uno psicologo per me. Dopo tutto il percorso fatto assieme (anche i soldi spesi con lui), mi sarei aspettata un 2 min di telefonata, invece mi ha mandato un n di cellulare con un nominativo. Una donna psicologa della mia età.
Gli ho risposto "grazie, sto pensando ad un terapeuta uomo, ma terrò in considerazione".Lui non ha commentato, nessuna rispota.
nel frattempo su internet ho trovato uno psicologo cognitivo-interpersonale (COME SUGGERIVA LUI), l'ho contattato, ma poi mi sono resa conto che è un suo collega, forse anche superiore, e direi che devo evitarlo. Sembrerebbe una mia sfida verso di lui, il terapeuta di coppia.
<<<<Ciò che Lei descrive in termini di autorevolezza verso gli altri e verso il terapeuta mi fanno pensare a test che Lei mette in atto per provare gli altri e la relazione con gli altri.>>>
Ha ragione, l'ho pensato anche io. Ecco perché mi sono 'forzata' di pensare ad un terapeuta uomo, e più grande, mentre inizialmente avevo pensato ad una donna. Così come ho pensato che forse ho voluto provocare il terapeuta di coppia, ma alla luce di diversi fatti sono convinta, per ora, di aver fatto il possibile per seguire la 'schedule' sua e i suoi consigli e rimango dell'idea che abbia seguito più un itinerario 'preconfigurato', uno schema fisso, più che le persone e i nostri tempi.
ORA STO CERCANDO UN TERAPEUTA CHE MI AIUTI A FAR PACE CON ME STESSA E GLI ALTRI, CON LA MIA FIGURA PATERNA, CON QUELLA FEMMINILE (così carente in me), CON LA MIA AUTOSTIMA...
QUALUNQUE CONSIGLIO, ANCHE SUL TIPO DI TERAPIA, è MOLTO BEN ACCETTO (sto cercando anche piscologo in 'psicodinamica', come qualcuno consigliava prima, anche se mi hanno appena cosnigliato due psicologi uomini: uno junghiano e uno psicoterapeuta che è anche uno psicomotricista. Entrambi professori universitari)
Grazie ancora di cuore per i vostri commenti.
Pincopallina
Vorrei rispondere alle vostre domande sperando che questo aiuterà a chiarire me nella scelta del terapeuta che, evidentemente, a dispetto del titolo del mio post, forse non ho ancora capito quale sia meglio per me.
La dott.ssa Pileci mi scrive
<<<Se poi non si è creato un clima empatico con questa persona, ritengo avrebbe dovuto farlo presente al professionista>>>
L'ho fatto molto esplicitamente e più volte, cercando sempre di trovare un modo per capire anche cosa sbagliavo io, magari avevo altre aspettative o non so. Nessuna risposta, nessuna parola sul tema da parte sua. L'unico commento era che "se solleviamo altre tematiche è per non seguire i temi che ci siamo prefissati, per sviarli" (questo anche quando denunciavo, ad esempio, il problema di risvolti rabbiosi di mio marito accaduti il giorno davanti a mio figlio e che mi facevano paura e per i quali chiedevo un consulto, un aiuto per arginarli. Per lui era una scusa per perdere tempo e non parlare del tema che avevamo stabilito quel giorno).
All'inizio, quando cioè ero nel pieno del mio dramma - l'aver scoperto che mio marito non era felice e aveva tradito me e la nostra coppia - quando tutto sembrava essermi crollato addosso, la terapia ha fatto da tampone alla mia rabbia.
Sono io che ho voluto rivolgermi ad un terapeuta di coppia, non per recuperare il matrimonio, lungi da me allora e adesso - semmai entrambi vogliamo costruire qualcosa di nuovo, nostro possibilmente.
In quel momento avevo bisogno di controllare il mio dolore, non andare fuori di testa, specialmente perché abbiamo un bambino che finora era cresciuto in modo molto sano ed equilibrato.
In questo la terapia ha aiutato abbastanza, perché ha posato subito l'accento sulle cause che avevano innescato la nostra crisi e ha cominciato a far lavorare il mio cervello non sul perdono o sulla giustificazione in sé, ma sulla comprensione.
<<<<In che senso sentiva poco empatico quel terapeuta?>>>
PURTROPPO il terapeuta ha puntato molto, e secondo me troppo in fretta, sulla mia crescita individuale, non ha rispettato i miei tempi di lutto e di destabilizzazione.Era come se seguisse un copione e non le due persone che aveva di fronte.
In due mesi era per me difficile passare dalla 'visione' di una coppia affiatata ad un marito bugiardo e traditore e subito focalizzare SOLO su di me. Inoltre, mio marito, che faceva nel frattempo una terapia individuale con un altro terapeuta dello stesso studio, aveva spessissimo momenti di rabbia manifesta, anche più forti di prima, dovuti anche al panico suo di veder crollare il nostro matrimonio.
Questo mi destabilizzava ancora di più e non mi permetteva di 'lavorare' su me stessa.
Le violenze verbali a me e di fronte a mio figlio erano devastanti.
Nel secondo periodo la terapia di coppia sembrava farci allontanare e litigare più di prima.
Ad interrompere e a chiedere un po' di respiro dalla terapia di coppia sono stata io ma ancora di più mio marito, che preferiva risolvere dei conflitti suoi interni di rabbia prima di riprendere.
Da quando non siamo più andati in terapia di coppia, siamo entrambi maturati moltissimo come INDIVIDUI. Mio marito aiutato dalla terapia individuale, io grazie un lavoro personale scatenato dalla brutta crisi, ma che ora vorrei proseguire e mettere alla prova con un esperto.
Siamo tornati recentemente dal terapeuta di coppia dopo 2 mesi che non andavamo, e ci ha trovati, secondo lui, molto meglio di coem ci aveva lasciati. Eppure fu lui a dirci che se avessimo interrotto la terapia anche solo una seduta avremmo rishciato di brutto e che solo IO mi sarei dovuta assumere la reposnsabilità del fallimento (perché? visto che era più mio marito a chiedere una pausa? forse perché io sono quella più forte e che controlla tutto?)
Comunque, il giorno dopo aver incontrato il terapeuta, gli ho mandato un messaggio sul cellluare chiedendogli se potevo chiamarlo per chiedergli dei riferimenti per uno psicologo per me. Dopo tutto il percorso fatto assieme (anche i soldi spesi con lui), mi sarei aspettata un 2 min di telefonata, invece mi ha mandato un n di cellulare con un nominativo. Una donna psicologa della mia età.
Gli ho risposto "grazie, sto pensando ad un terapeuta uomo, ma terrò in considerazione".Lui non ha commentato, nessuna rispota.
nel frattempo su internet ho trovato uno psicologo cognitivo-interpersonale (COME SUGGERIVA LUI), l'ho contattato, ma poi mi sono resa conto che è un suo collega, forse anche superiore, e direi che devo evitarlo. Sembrerebbe una mia sfida verso di lui, il terapeuta di coppia.
<<<<Ciò che Lei descrive in termini di autorevolezza verso gli altri e verso il terapeuta mi fanno pensare a test che Lei mette in atto per provare gli altri e la relazione con gli altri.>>>
Ha ragione, l'ho pensato anche io. Ecco perché mi sono 'forzata' di pensare ad un terapeuta uomo, e più grande, mentre inizialmente avevo pensato ad una donna. Così come ho pensato che forse ho voluto provocare il terapeuta di coppia, ma alla luce di diversi fatti sono convinta, per ora, di aver fatto il possibile per seguire la 'schedule' sua e i suoi consigli e rimango dell'idea che abbia seguito più un itinerario 'preconfigurato', uno schema fisso, più che le persone e i nostri tempi.
ORA STO CERCANDO UN TERAPEUTA CHE MI AIUTI A FAR PACE CON ME STESSA E GLI ALTRI, CON LA MIA FIGURA PATERNA, CON QUELLA FEMMINILE (così carente in me), CON LA MIA AUTOSTIMA...
QUALUNQUE CONSIGLIO, ANCHE SUL TIPO DI TERAPIA, è MOLTO BEN ACCETTO (sto cercando anche piscologo in 'psicodinamica', come qualcuno consigliava prima, anche se mi hanno appena cosnigliato due psicologi uomini: uno junghiano e uno psicoterapeuta che è anche uno psicomotricista. Entrambi professori universitari)
Grazie ancora di cuore per i vostri commenti.
Pincopallina
[#8]
Utente
Ringrazio molto il dott. Calì che non ho citato nella mia risposta, ma che ha chiarto molto bene il concetto dell'indirizzo cognitivo- comportamentale in psicologia. I suoi esempi sembrano proprio combaciare con l'idea che mi ero fatta di questo tipo di terapia e penso ancora di preferirla, anche se sono pronta a seguire altri percorsi.
Grazie
Grazie
[#9]
Gentile Utente,
>>l'ho contattato, ma poi mi sono resa conto che è un suo collega, forse anche superiore, e direi che devo evitarlo. Sembrerebbe una mia sfida verso di lui, il terapeuta di coppia.<<
se non vuole assecondare il suggerimento del Collega, non è obbligata a farlo. Le faccio notare però che il fatto che lei si sia informata bene potrebbe essere un tentativo di controllo della situazione, oppure il riflesso di quella mancanza di empatia di cui sopra si parlava.
Nella sua scelta eviterei lo "psicomotricista" perché molto spesso non è uno psicologo e non si occupa di psicoterapia, ma prevalentemente di "motricità" nell'età evolutiva (esercizi per bambini con difficoltà di movimento).
Al di là dell'orientamento, ce ne sono un'infinità ed molto difficile districarsi al loro interno, credo sia utile mantenere dei punti fermi primo fra tutti che sia effettivamente di uno/a psicologo/a specializzato/a in psicoterapia e questo può verificarlo nel link: https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi
Il secondo punto altrettanto importante è quello relativo alla possibilità di costruire un legame empatico e una buona alleanza terapeutica. Questo dipende dalla risonanza emotiva che percepisce nella relazione con il Collega. Ad es. dalla sua capacità di saper ascoltare e accogliere il vissuto dell'altro, di dare spiegazioni chiare su modalità e finalità del trattamento ecc.
Il titolo di "professore universitario" non discrimina una maggiore competenza nella pratica psicoterapica.
>>l'ho contattato, ma poi mi sono resa conto che è un suo collega, forse anche superiore, e direi che devo evitarlo. Sembrerebbe una mia sfida verso di lui, il terapeuta di coppia.<<
se non vuole assecondare il suggerimento del Collega, non è obbligata a farlo. Le faccio notare però che il fatto che lei si sia informata bene potrebbe essere un tentativo di controllo della situazione, oppure il riflesso di quella mancanza di empatia di cui sopra si parlava.
Nella sua scelta eviterei lo "psicomotricista" perché molto spesso non è uno psicologo e non si occupa di psicoterapia, ma prevalentemente di "motricità" nell'età evolutiva (esercizi per bambini con difficoltà di movimento).
Al di là dell'orientamento, ce ne sono un'infinità ed molto difficile districarsi al loro interno, credo sia utile mantenere dei punti fermi primo fra tutti che sia effettivamente di uno/a psicologo/a specializzato/a in psicoterapia e questo può verificarlo nel link: https://areariservata.psy.it/cgi-bin/areariservata/albo_nazionale.cgi
Il secondo punto altrettanto importante è quello relativo alla possibilità di costruire un legame empatico e una buona alleanza terapeutica. Questo dipende dalla risonanza emotiva che percepisce nella relazione con il Collega. Ad es. dalla sua capacità di saper ascoltare e accogliere il vissuto dell'altro, di dare spiegazioni chiare su modalità e finalità del trattamento ecc.
Il titolo di "professore universitario" non discrimina una maggiore competenza nella pratica psicoterapica.
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Utente
Lo 'psicomotricista' è anche psicologo e psicoterapeuta, nonché anche lui docente di psicologia all'università. Pensavo che, visto il brutto rapporto che ho col mio corpo, nella mancanza di attenzione e di conoscenza dello stesso, forse un'attenzione alla psicomotricità non facesse male. Ma è secondario.
Proverò, al massimo cosa può accadere?
Secondo lo psicoterapeuta di coppia tentativi 'sbagliati' portano a delusioni fino alla poca stima in se stessi, ma sono fiduciosa. In fin dei conti è la mia prima volta.
Proverò, al massimo cosa può accadere?
Secondo lo psicoterapeuta di coppia tentativi 'sbagliati' portano a delusioni fino alla poca stima in se stessi, ma sono fiduciosa. In fin dei conti è la mia prima volta.
[#11]
gentile utente queste letture sui vari orientamenti le troverà sicuramente utili
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
saluti
https://www.medicitalia.it/minforma/psicoterapia/533-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico.html
https://www.medicitalia.it/minforma/psicologia/1333-mini-guida-per-la-scelta-dell-orientamento-psicoterapeutico-parte-ii.html
saluti
Dr. Armando De Vincentiis
Psicologo-Psicoterapeuta
www.psicoterapiataranto.it
https://www.facebook.com/groups/316311005059257/?ref=bookmarks
[#12]
Gentile Utente,
>>Pensavo che, visto il brutto rapporto che ho col mio corpo, nella mancanza di attenzione e di conoscenza dello stesso, forse un'attenzione alla psicomotricità non facesse male. Ma è secondario.<<
è secondario quanto inutile al suo scopo. La psicoterapia già racchiude l'intervento utile per migliorare la percezione di se e del suo corpo.
>>Pensavo che, visto il brutto rapporto che ho col mio corpo, nella mancanza di attenzione e di conoscenza dello stesso, forse un'attenzione alla psicomotricità non facesse male. Ma è secondario.<<
è secondario quanto inutile al suo scopo. La psicoterapia già racchiude l'intervento utile per migliorare la percezione di se e del suo corpo.
Questo consulto ha ricevuto 12 risposte e 2.5k visite dal 13/12/2013.
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