Paura e vergogna dell'ospedale
Salve a tutti.
Lunedì dovrò entrare in ospedale per un ricovero (breve, sulla carta) per fare degli accertamenti.
Sto vivendo la cosa malissimo, non faccio altro che piangere e cercare scappatoie (mi sono già informata su come funzionano le dimissioni volontarie).
Fondamentalmente i miei problemi sono due: ho paura di quello che potrei avere, dell'ambiente e delle relazioni con le persone e mi vergogno per come sono.
Mi vergogno perché sono patologicamente obesa e oltre a sentirmi a disagio per me stessa mi dispiace per gli operatori che mi assistono. Mi sento male io per loro perché sono costretti a gestire una come me. Lo so che in ospedale non sono tutte delle miss o dei mister mondo e che è il loro lavoro e che sono abituati, me ne rendo perfettamente conto, ma la cosa non mi aiuta. Ho avuto anche delle esperienze poco carine in passato, diciamo che molto del personale medico e infermieristico che ho incontrato non si è distinto per delicatezza. Insomma per quanto mi riguarda medici gentili e non sgarbati sono un'eccezione, non la regola.
E poi sono una persona fondamentalmente sola e solitaria, ho le mie abitudini, i miei momenti, non amo parlare, relazionarmi, mi piace stare per conto mio, a volte risulto persino maleducata e scostante per questo mio modo di essere. Ho anche difficoltà a capire certi "protocolli sociali". Questo mi spaventa perché sarò costretta (sì, a me sembra proprio di entrare in prigione, anzi peggio della prigione, una prigione coi dottori) a vivere in un ambiente sociale per del tempo, senza avere i miei spazi, obbligata a dormire in una stanza con una persona che non conosco (persona che probabilmente mi troverà disgustosa perché sono obesa).
Tutto questo lasciando a casa un padre anziano con i gatti, giusto per aggiungere ulteriori preoccupazioni.
Volevo chiedervi se esiste una chiave miracolosa per affrontare questa esperienza in modo migliore (io già mi immagino a piangere e urlare mentre mi trascinano dentro con la forza) e per viverla "bene" o comunque meno peggio di come me la sto immaginando ora, perché riesco solo a prefigurarmi scenari orribili, scenari in cui verrò solo derisa e criticata da tutti quanti.
Lo so che queste mie paure richiederebbero ben altro, non una ricetta magica, ma il tempo stringe e, seriamente parlando, il mio timore principale è quello di tirarmi indietro e di non presentarmi proprio, a scapito della mia salute (per non parlare della vergogna e del disagio che proverei con mio padre e con i due medici che si sono interessati a me).
Grazie mille.
Lunedì dovrò entrare in ospedale per un ricovero (breve, sulla carta) per fare degli accertamenti.
Sto vivendo la cosa malissimo, non faccio altro che piangere e cercare scappatoie (mi sono già informata su come funzionano le dimissioni volontarie).
Fondamentalmente i miei problemi sono due: ho paura di quello che potrei avere, dell'ambiente e delle relazioni con le persone e mi vergogno per come sono.
Mi vergogno perché sono patologicamente obesa e oltre a sentirmi a disagio per me stessa mi dispiace per gli operatori che mi assistono. Mi sento male io per loro perché sono costretti a gestire una come me. Lo so che in ospedale non sono tutte delle miss o dei mister mondo e che è il loro lavoro e che sono abituati, me ne rendo perfettamente conto, ma la cosa non mi aiuta. Ho avuto anche delle esperienze poco carine in passato, diciamo che molto del personale medico e infermieristico che ho incontrato non si è distinto per delicatezza. Insomma per quanto mi riguarda medici gentili e non sgarbati sono un'eccezione, non la regola.
E poi sono una persona fondamentalmente sola e solitaria, ho le mie abitudini, i miei momenti, non amo parlare, relazionarmi, mi piace stare per conto mio, a volte risulto persino maleducata e scostante per questo mio modo di essere. Ho anche difficoltà a capire certi "protocolli sociali". Questo mi spaventa perché sarò costretta (sì, a me sembra proprio di entrare in prigione, anzi peggio della prigione, una prigione coi dottori) a vivere in un ambiente sociale per del tempo, senza avere i miei spazi, obbligata a dormire in una stanza con una persona che non conosco (persona che probabilmente mi troverà disgustosa perché sono obesa).
Tutto questo lasciando a casa un padre anziano con i gatti, giusto per aggiungere ulteriori preoccupazioni.
Volevo chiedervi se esiste una chiave miracolosa per affrontare questa esperienza in modo migliore (io già mi immagino a piangere e urlare mentre mi trascinano dentro con la forza) e per viverla "bene" o comunque meno peggio di come me la sto immaginando ora, perché riesco solo a prefigurarmi scenari orribili, scenari in cui verrò solo derisa e criticata da tutti quanti.
Lo so che queste mie paure richiederebbero ben altro, non una ricetta magica, ma il tempo stringe e, seriamente parlando, il mio timore principale è quello di tirarmi indietro e di non presentarmi proprio, a scapito della mia salute (per non parlare della vergogna e del disagio che proverei con mio padre e con i due medici che si sono interessati a me).
Grazie mille.
[#1]
Si cara signorina,
La situazione che descrive dovrebbe essere elaborata durante una terapia perche' penso che scaturisca da un suo stato emotivo molto doloroso e trascurato.
Come mai si e' lasciata andare cosi' tanto? Sia fisicamente che emotivamente?
Che rapporto ha con suo papa'?
La situazione che descrive dovrebbe essere elaborata durante una terapia perche' penso che scaturisca da un suo stato emotivo molto doloroso e trascurato.
Come mai si e' lasciata andare cosi' tanto? Sia fisicamente che emotivamente?
Che rapporto ha con suo papa'?
Dott.a FRANCA ESPOSITO, Roma
Psicoterap dinamic Albo Lazio 15132
[#2]
Gentile utente,
concordo con quanto scrive la mia collega, dr.ssa Esposito.
Purtroppo non esiste una formula magica che la possa far entrare in ospedale senza "paure", più o meno razionali che siano.
Sembra che l'evitamento delle situazioni sociali sia la sua strategia principale per fuggire il pericolo. Bene; non c'è niente di male nel fuggire, il problema è quando è l'unica strategia ad essere messa in atto.
Indipendentemente da ciò che sceglie di fare (fuggire o meno il problema dell'ospedale), non è possibile sfuggire per sempre dall'affrontare un disagio.
Che ne pensa di rivolgersi ad un collega?
Restiamo in ascolto
concordo con quanto scrive la mia collega, dr.ssa Esposito.
Purtroppo non esiste una formula magica che la possa far entrare in ospedale senza "paure", più o meno razionali che siano.
Sembra che l'evitamento delle situazioni sociali sia la sua strategia principale per fuggire il pericolo. Bene; non c'è niente di male nel fuggire, il problema è quando è l'unica strategia ad essere messa in atto.
Indipendentemente da ciò che sceglie di fare (fuggire o meno il problema dell'ospedale), non è possibile sfuggire per sempre dall'affrontare un disagio.
Che ne pensa di rivolgersi ad un collega?
Restiamo in ascolto
Dr. Francesco Mori
Psicologo, Psicodiagnosta, Psicoterapeuta
http://spazioinascolto.altervista.org/
[#3]
Utente
Grazie per le risposte.
A un collega mi ci sono già rivolta in passato (a più colleghi, a dire la verità, anche in ambito di terapia dei disturbi alimentari) ma non ho mai risolto niente, non so se per colpa mia o che altro. Forse ho tanti problemi che si sovrappongono e non ho avuto abbastanza pazienza di continuare perché non vedevo risultati.
Con mio padre ho un ottimo rapporto, forse troppo stretto e di dipendenza (quindi magari non tanto ottimo). Ma da quando è morta mia madre siamo rimasti da soli e io ho solo lui (e viceversa) per cui per me è molto importante non solo quello che pensa ma anche se quello che faccio crea a lui ulteriore sofferenza o meno, avendo già sofferto abbastanza (anche a causa mia).
Fisicamente sono il risultato di anni e anni di fallimenti (almeno 15 anni di fallimenti) per cui a furia di fallire ho perso coraggio e voglia di riprovarci. Emotivamente sono il risultato di questi fallimenti più di altre sofferenze in ambito affettivo (amici, relazioni, famiglia).
A un collega mi ci sono già rivolta in passato (a più colleghi, a dire la verità, anche in ambito di terapia dei disturbi alimentari) ma non ho mai risolto niente, non so se per colpa mia o che altro. Forse ho tanti problemi che si sovrappongono e non ho avuto abbastanza pazienza di continuare perché non vedevo risultati.
Con mio padre ho un ottimo rapporto, forse troppo stretto e di dipendenza (quindi magari non tanto ottimo). Ma da quando è morta mia madre siamo rimasti da soli e io ho solo lui (e viceversa) per cui per me è molto importante non solo quello che pensa ma anche se quello che faccio crea a lui ulteriore sofferenza o meno, avendo già sofferto abbastanza (anche a causa mia).
Fisicamente sono il risultato di anni e anni di fallimenti (almeno 15 anni di fallimenti) per cui a furia di fallire ho perso coraggio e voglia di riprovarci. Emotivamente sono il risultato di questi fallimenti più di altre sofferenze in ambito affettivo (amici, relazioni, famiglia).
[#4]
Cara Signorina,
Quelli che lei chiama "fallimenti" sono sintomi. Il corpo puo' essere una difesa invalicable contro delle debolezze che non si sanno gestire altrimenti , e fare a meno di tale difesa puo' fare davvero paura.
Questa potente emozione e' in grado di fare fallire qualsiasi tentativo di migliorare il proprio aspetto.
Da quel pochissimo che ha detto di se' penso che i nuclei da elaborare siano diversi.
Non so fino a che punto lei lo abbia fatto ma e' talmente giovane da non poterci neanche pensare a gettare la spugna.
Colga l'occasione di questo breve ricovero che le ha mostrato in modo crudele ma necessario che la difesa costituita dal suo corpo puo' farla soffrire, per prendere la decisione di iniziare una vera terapia finalizzata a trovare una dimensione serena di vivere nel suo corpo e nella sua psiche.
Ne parli anche con suo papa', sono certa che l'aiutera' in questa decisione.
Ci faccia avere sue notizie!
Quelli che lei chiama "fallimenti" sono sintomi. Il corpo puo' essere una difesa invalicable contro delle debolezze che non si sanno gestire altrimenti , e fare a meno di tale difesa puo' fare davvero paura.
Questa potente emozione e' in grado di fare fallire qualsiasi tentativo di migliorare il proprio aspetto.
Da quel pochissimo che ha detto di se' penso che i nuclei da elaborare siano diversi.
Non so fino a che punto lei lo abbia fatto ma e' talmente giovane da non poterci neanche pensare a gettare la spugna.
Colga l'occasione di questo breve ricovero che le ha mostrato in modo crudele ma necessario che la difesa costituita dal suo corpo puo' farla soffrire, per prendere la decisione di iniziare una vera terapia finalizzata a trovare una dimensione serena di vivere nel suo corpo e nella sua psiche.
Ne parli anche con suo papa', sono certa che l'aiutera' in questa decisione.
Ci faccia avere sue notizie!
[#5]
Utente
Sono uscita ieri.
In realtà non è stato un ricovero vero e proprio, perché il lunedì pomeriggio ho avuto una specie di attacco di panico per cui non volevo più mettere piede in reparto (ho passato ore a piangere seduta su una sedia in un corridoio pur di non tornarci); così sono tornata a casa per rientrare il giorno dopo per sottopormi agli altri accertamenti. Poi sono stata "ufficialmente" dimessa.
E' stata un'esperienza orribile, sia per l'attacco di panico che per altre umiliazioni subite (e meno male che il reparto si occupa anche di chirurgia bariatrica). Dopo gli accertamenti mi hanno liquidato semplicemente con un'indicazione chirurgica ma non mi sono messa in lista perché mi spaventa molto ritornare in quell'ambiente.
Domani ne parlo con il mio medico.
Grazie mille di nuovo.
In realtà non è stato un ricovero vero e proprio, perché il lunedì pomeriggio ho avuto una specie di attacco di panico per cui non volevo più mettere piede in reparto (ho passato ore a piangere seduta su una sedia in un corridoio pur di non tornarci); così sono tornata a casa per rientrare il giorno dopo per sottopormi agli altri accertamenti. Poi sono stata "ufficialmente" dimessa.
E' stata un'esperienza orribile, sia per l'attacco di panico che per altre umiliazioni subite (e meno male che il reparto si occupa anche di chirurgia bariatrica). Dopo gli accertamenti mi hanno liquidato semplicemente con un'indicazione chirurgica ma non mi sono messa in lista perché mi spaventa molto ritornare in quell'ambiente.
Domani ne parlo con il mio medico.
Grazie mille di nuovo.
Questo consulto ha ricevuto 6 risposte e 7.6k visite dal 30/11/2013.
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