Come aiutare il mio ragazzo?

Buongiorno, vi chiedo un consulto giusto per orientarmi innanzitutto perché chiedo non per me, ma per il mio ragazzo, e poi anche perché mi rendo conto di quanto sia difficile spiegarmi e avere delle risposte in questa sede. Però ci provo!

Il mio ragazzo, 35 anni, ha delle crisi ricorrenti, diciamo almeno due al mese, da sempre, in cui "cambia personalità" e dal ragazzo gioioso e attivo che è passa alla depressione più totale, alla chiusura, al mettere in discussione tutto di sé, compresa me. Queste crisi durano un paio di giorni, in cui pensa solo alla morte, al fatto che è inutile vivere, dice di vedere tutto buio e si comporta come se fosse un altro, freddo, mimica facciale completamente assente, sprezzante, diventa cattivo con me e con chi ama. Dice che è come se un altro sé si impadronisse del suo corpo e lui non potesse farci niente. Si rende conto di dire cose cattive, ma a suo dire non riesce a fermarsi. Queste crisi sono innescate a volte da piccoli eventi che gli accadono (come un amico all'ospedale) e fin qui lo capisco, ma a volte vengono fuori dal nulla e anche lui non sa perché gli accada. Poi tutto passa e torna ad essere come sempre.

In tutto questo, mi ha anche confidato di sentire costantemente due voci, nella sua testa, quando chiude gli occhi. Sono le voci di un uomo e di una donna che gli chiedono se è sicuro di fare quello che sta facendo, nella sua vita. Mi ha confidato inoltre che quando è particolarmente giù, soprattutto in passato (negli ultimi anni il fenomeno è molto diminuito) si procura da solo del male, ferite, per alleviare lo stress. Che io sappia non si è mai drogato o assunto alcool in modo spropositato e in generale è una persona di grande successo, buono, determinato, brillante, amato da tutti.

Altri elementi...ha il terrore di essere abbandonato, soprattutto da me. Dice di avere incubi terribili, con fantasmi e diavoli. Ha subito un bruttissimo lutto da piccolo.

Abbiamo già discusso tante volte, all'inizio io non capivo, ora sono molto più tollerante e ho imparato come stargli accanto senza peggiorare le sue crisi e senza al contempo assecondarlo troppo. Certo, devo migliorare e ci sto lavorando. Più volte però gli ho proposto di andare da uno psicologo, senza risultato. A volte è lui a chiedermi consigli, a chi potrebbe rivolgersi, ecc...poi però cambia idea dicendo o che sta benissimo oppure che ha il terrore che un esperto gli dica che è matto. Cosa totalmente infondata, ma ha anche un certo odio verso la psicologia in generale come branca del sapere umano. Quindi vorrei da voi un consiglio: come posso comportarmi con lui per aiutarlo mentre ha le crisi e, con delicatezza e tutto il tempo che occorrerà, convincerlo a sentire qualcuno di qualificato? Grazie per l'attenzione e a chiunque vorrà rispondermi.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Gentile Utente,

ha provato a parlarne con lui NON quando sta male, m quando invece è lucido dell'opportunità di sentire il parere di uno specialista?

Che cosa ha risposto lui?

Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica

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Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Gentile dottoressa Pileci, sì. All'inizio, sbagliando, e mi pento enormemente, gli ho detto che sarebbe stato utile andare da uno psicologo mentre era dentro una crisi, il che ovviamente ha peggiorato le cose, perché ha risposto "chi sei tu per dirmi che devo andare a curarmi?" E lo capisco, ho sbagliato. Poi ho tirato fuori l'argomento nei momenti di serenità, anche portando la mia esperienza positiva con uno psicologo che ho consultato in passato, e allora si riesce a parlare. Ma rimane di fondo, da parte sua una grande paura. Una sfiducia. Ha paura che gli dicano che è matto, ho cercato in tutti i modi di fargli capire che chi va dallo psicologo non è matto, che è normale, che anzi denota una capacità di reagire ai problemi, ma lui chiude il discorso velocemente, in queste occasioni. Tra l'altro cerco di non essere ossessiva o pedante, io vorrei solo che lui riuscisse a fronteggiare meglio queste crisi, che stesse meglio, non per me, ma per se stesso.
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Dr.ssa Angela Pileci Psicologo, Psicoterapeuta, Sessuologo 19.9k 509
Sono d'accordo.
Ma talvolta rifiutare le cure fa parte del problema stesso.
Potrebbe proporre al Suo compagno di andarci insieme perchè questa situazione crea anche dei problemi tra voi, in modo che lui possa sentirsi più a proprio agio.

E' importante comunque che il Suo ragazzo riesca a gestire meglio tali difficoltà: è comprensibile che tale disagio anche in chi vive con lui perchè certi gesti messi in atto come tentativo di lenire il dolore o di sentire il corpo possono portare anche a drammatiche conseguenze. Le soluzioni più funzionali per gestire i problemi esistono, ma devono essere indicate dallo psicoterapeuta di persona.

Cordiali saluti,
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Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Sì, gli avevo proposto di andare insieme, ma nulla. Infatti sarebbe sensato anche solo per cercare di migliorare le ripercussioni che queste crisi hanno sul nostro rapporto. A volte credo che andrebbe solo se io lo mettessi di fronte ad un aut aut, del tipo che se non va a farsi aiutare, con me o senza di me, lo lascio. Ma sarebbe un ricatto ingiusto, e cosa otterrei? Che lui andrebbe di malavoglia solo per accontentarmi, come per timbrare il cartellino...non so davvero come comportarmi!
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Dr. Giuseppe Santonocito Psicologo, Psicoterapeuta 16.3k 372
Non sarebbe necessariamente un ricatto. Potrebbe anche essere un atto di autodifesa. Di tutela verso se stessa. Infatti, se è vero che:

>>> "chi sei tu per dirmi che devo andare a curarmi?"
>>>

è anche vero che: chi è lei per sentirsi obbligata a stare con una persona che sta male, ma non vuole curarsi?

Per assurdo, anche se gli dicessero che è matto - cosa che nessuno specialista farebbe mai, ovviamente - riconoscendo di avere un problema avrebbe almeno fatto il primo passo.

Il primo passo per risolvere un problema, infatti, è riconoscerne l'esistenza.

Lui invece non è disposto ad ammettere che il suo male sta minando il vostro rapporto ed è proprio di fronte a questo, a mio parere, che dovrebbe metterlo.

E anche se alla fine decidesse di curarsi e andarci di malavoglia, è probabile che una cura appropriata possa aiutarlo.

Altrimenti anche lei avrebbe un problema: sta con un uomo malato che non vuole curarsi (possibilmente a causa del problema), ma non riesce ad ammettere che non può lasciarlo.

In questo caso, si tratterebbe solo di amore o di qualcos'altro?

Dr. G. Santonocito, Psicologo | Specialista in Psicoterapia Breve Strategica
Consulti online e in presenza
www.giuseppesantonocito.com

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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Anche io, come il dr Santonicito, le dico che senza " coscienza di malattia" non c' è cura.
L' amore non cura, anche se aiuta e lei, pur desiderandolo, non può sostituirsi a lui nelle scelte.

Provi a farlo riflettere sull' assenza di giudizio di chi svolge il nostro lavoro e sull' opportunità di rivolgersi ad un professionista.

Le cure dell' anima, non possono essere effettuate senza la piena volontà del paziente, le eventuali difficoltà del percorso si affronteranno in corso d' opera, ma non può mai iniziare un percorso di cura per lei e non per se stesso

Cordialmente.
Dr.ssa Valeria Randone,perfezionata in sessuologia clinica.
https://www.valeriarandone.it

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Attivo dal 2013 al 2013
Ex utente
Grazie ancora per avermi risposto. Alla dottoressa Randone: sì, ha ragione, e sono dolorosamente consapevole che l'amore non cura. Infatti sin da subito gli ho consigliato di rivolgersi ad uno psicologo, anche se forse non nei tempi e nei modi più giusti. Il dottor Santonocito ha giustamente sottolineato il rischio che io diventi una sorta di crocerossina paziente e masochista, pronta a sopportare di tutto pur di non perderlo (in questo caso, si tratterebbe solo di amore o di qualcos'altro?), rischio che in linea teorica ci sarebbe, ma io non ho paura di rimanere sola, sono stata tanti anni single e contenta. So che non sopporterei di stare con una persona che mi fa stare male, eppure mi accorgo che il limite tra normalità e anormalità è difficile da capire, soprattutto per me che sono coinvolta: in ogni caso non vorrei diventare io troppo elastica e comprensiva per riequilibrare la sua rigidità. Volevo capire insieme a voi se poteva essere controproducente "ricattarlo", ma se entrambi pensate che sarebbe una mossa forte che alla fine potrebbe portare benefici sia a lui che a me sono più serena.

Quindi. Aspetto un'altra crisi e nella fase di "sereno dopo la tempesta" proverò a parlargli in modo più deciso, pronta a dargli questo piccolo aut aut. Grazie ancora! :)
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Dr.ssa Valeria Randone Psicologo, Sessuologo 17.4k 317
Non credo che gli ultimatum possano aiutare....le motivazioni alla cura devono partire dall' interno e dal paziente interessato, non da altro da lui