Agorafobia?
Salve!
Ho avuto il primo,e credo unico,attacco di panico la prima volta a 15 anni su un treno,nel corso di un brevissimo viaggio. In quel periodo prendevo il treno tutti i giorni per andare a scuola,era normale. Da quella volta però ho iniziato ad avere "paura della paura".Andare a scuola era diventato molto difficile,avevo timore ricapitasse. Ero sempre preoccupato quando dovevo salire su un treno o un autobus.
Sono stato in terapia per 4 anni,focalizzata sull'ansia,sempre senza ottenere molto se non limitato nel breve periodo,o nel periodo di assunzione degli ansiolitici.
Nel frattempo mi sono diplomato,ho frequentato l'università,e ho cominciato a fare i primi lavori,sempre prendendo treni. Non ero mai tranquillo,ma bene o male ci riuscivo.
Finchè una sera di 2 anni fa ho mangiato cibo congelato male. Ho avuto una forte diarrea,e una fortissima sensazione di "gonfiore" allo stomaco nelle ore successive al pasto.Era come se avessi ingerito un palloncino che si era poi gonfiato.Preciso che quello era un periodo di forte stress e problemi familiari.
Non so quale meccanismo sia scattato,ma la cosa è ricapitata nei giorni successivi,e mi ha molto scosso.Ricordo che spesso durante il pasto,malgrado avessi ancora appetito,dovevo smettere di mangiare perchè sentivo già la pancia gonfiarsi.Ogni volta che mangiavo avevo il problema del gonfiore e la paura di vomitare(di cui ho il terrore da sempre).Avevo perso quasi 8kg.
Mi sono quindi rivolto al mio medico, che ha diagnosticato stress e prescritto Peridon. Non migliorando mi ha prescritto una visita gastroenterologica,ma lo specialista non ha rilevato nulla,confermando anzi la diagnosi di stress.Ho quindi cominciato a lavorare su questo.
Col tempo sono riuscito a mangiare quantomeno come prima e ad avere meno spesso il problema. Ma oggi sto attento a cosa mangio,quanto e quando. Mai prima di mettermi in auto,o di un evento particolare.Non prendo nessun tipo di mezzo di trasporto, se non la mia auto con me alla guida(Io vivo a Milano!).A volte evito anche se sto io alla guida.Evito l'autostrada.In qualsiasi luogo che frequento sto sempre attento a dove sono le uscite e a come posso fare per uscire in caso dovessi vomitare o avere bisogno di aria. Non vado dal parrucchiere,al cinema o nei supermercati. Non frequento nessun luogo dove io non possa uscire in fretta e con facilità.Il dentista mi terrorizza, pur non avendo io paura di dentisti, aghi o trapani.Non amo le code,in auto come in posta.L'aereo è impensabile,pur non avendo io paura di volare(anzi, l'ho già preso in passato).
Se so che devo rimanere a casa sto bene,ma se sono via mi limito sempre molto.Più di una volta mi è capitato di sentire “timore” per il fatto che fossi lontano da casa. Escludo si tratti di un problema fisico,perchè ho ansia solo in precise circostanze.
Sono giunto al limite,e devo definitivamente risolvere. Potete consigliarmi una strada da percorrere? Quale tipo di specialista? Qualunque consiglio utile? Grazie molte
Ho avuto il primo,e credo unico,attacco di panico la prima volta a 15 anni su un treno,nel corso di un brevissimo viaggio. In quel periodo prendevo il treno tutti i giorni per andare a scuola,era normale. Da quella volta però ho iniziato ad avere "paura della paura".Andare a scuola era diventato molto difficile,avevo timore ricapitasse. Ero sempre preoccupato quando dovevo salire su un treno o un autobus.
Sono stato in terapia per 4 anni,focalizzata sull'ansia,sempre senza ottenere molto se non limitato nel breve periodo,o nel periodo di assunzione degli ansiolitici.
Nel frattempo mi sono diplomato,ho frequentato l'università,e ho cominciato a fare i primi lavori,sempre prendendo treni. Non ero mai tranquillo,ma bene o male ci riuscivo.
Finchè una sera di 2 anni fa ho mangiato cibo congelato male. Ho avuto una forte diarrea,e una fortissima sensazione di "gonfiore" allo stomaco nelle ore successive al pasto.Era come se avessi ingerito un palloncino che si era poi gonfiato.Preciso che quello era un periodo di forte stress e problemi familiari.
Non so quale meccanismo sia scattato,ma la cosa è ricapitata nei giorni successivi,e mi ha molto scosso.Ricordo che spesso durante il pasto,malgrado avessi ancora appetito,dovevo smettere di mangiare perchè sentivo già la pancia gonfiarsi.Ogni volta che mangiavo avevo il problema del gonfiore e la paura di vomitare(di cui ho il terrore da sempre).Avevo perso quasi 8kg.
Mi sono quindi rivolto al mio medico, che ha diagnosticato stress e prescritto Peridon. Non migliorando mi ha prescritto una visita gastroenterologica,ma lo specialista non ha rilevato nulla,confermando anzi la diagnosi di stress.Ho quindi cominciato a lavorare su questo.
Col tempo sono riuscito a mangiare quantomeno come prima e ad avere meno spesso il problema. Ma oggi sto attento a cosa mangio,quanto e quando. Mai prima di mettermi in auto,o di un evento particolare.Non prendo nessun tipo di mezzo di trasporto, se non la mia auto con me alla guida(Io vivo a Milano!).A volte evito anche se sto io alla guida.Evito l'autostrada.In qualsiasi luogo che frequento sto sempre attento a dove sono le uscite e a come posso fare per uscire in caso dovessi vomitare o avere bisogno di aria. Non vado dal parrucchiere,al cinema o nei supermercati. Non frequento nessun luogo dove io non possa uscire in fretta e con facilità.Il dentista mi terrorizza, pur non avendo io paura di dentisti, aghi o trapani.Non amo le code,in auto come in posta.L'aereo è impensabile,pur non avendo io paura di volare(anzi, l'ho già preso in passato).
Se so che devo rimanere a casa sto bene,ma se sono via mi limito sempre molto.Più di una volta mi è capitato di sentire “timore” per il fatto che fossi lontano da casa. Escludo si tratti di un problema fisico,perchè ho ansia solo in precise circostanze.
Sono giunto al limite,e devo definitivamente risolvere. Potete consigliarmi una strada da percorrere? Quale tipo di specialista? Qualunque consiglio utile? Grazie molte
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Gentile utente, certo che vive male con tutti questi lacci che la condizionano e le impediscono un pò di godere la vita anche nelle cose semplici, c'è molta ansia in tutto questo e sarebbe opportuno sapere che infanzia e che famiglia ha avuto, ad ogni modo evitando tutto non ne esce, provi a cercare a Milano uno psicoterapeuta ad indirizzo strategico che penso possa aiutarla anche abbastanza rapidamente..
Coraggio.. bisogna osare...
Coraggio.. bisogna osare...
MAGDA MUSCARA FREGONESE
Psicologo, Psicoterapeuta psicodinamico per problemi familiari, adolescenza, depressione - magda_fregonese@libero.it
[#2]
Gentile Utente,
da quello che dice, sembrerebbe che in seguito al primo attacco di panico si sia instaurato un meccanismo di evitamento di quello che è il pericolo percepito.
Questo comportamento che ha la finalità -dal punto di vista del pz-di far diminuire l'ansia e di gestire la situazione, non solo è inconsapevole e quindi automatico, ma soprattutto porta all'opposto del risultato che si vuole raggiungere: più si evita e più, col tempo, non si è capaci di gestire l'ansia.
Per questa ragione la cura per problematiche di questo tipo è la psicoterapia. In genere è da preferire la psicoterapia che riesca ad aiutare il pz. ad essere consapevole di tutto ciò e a lavorare sulle credenze disfunzionali che generano e mantengono il problema ma anche che riesca a spezzare il circolo vizioso dell'evitamento. Più evita e più amplifica il problema...
Anche io, come la Collega, Le suggerisco una terapia attiva, ad esempio la cognitivo-comportamentale.
Posso chiederLe che tipo di terapia focalizzata ha fatto in passato?
da quello che dice, sembrerebbe che in seguito al primo attacco di panico si sia instaurato un meccanismo di evitamento di quello che è il pericolo percepito.
Questo comportamento che ha la finalità -dal punto di vista del pz-di far diminuire l'ansia e di gestire la situazione, non solo è inconsapevole e quindi automatico, ma soprattutto porta all'opposto del risultato che si vuole raggiungere: più si evita e più, col tempo, non si è capaci di gestire l'ansia.
Per questa ragione la cura per problematiche di questo tipo è la psicoterapia. In genere è da preferire la psicoterapia che riesca ad aiutare il pz. ad essere consapevole di tutto ciò e a lavorare sulle credenze disfunzionali che generano e mantengono il problema ma anche che riesca a spezzare il circolo vizioso dell'evitamento. Più evita e più amplifica il problema...
Anche io, come la Collega, Le suggerisco una terapia attiva, ad esempio la cognitivo-comportamentale.
Posso chiederLe che tipo di terapia focalizzata ha fatto in passato?
Dott.ssa Angela Pileci
Psicologa,Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale
Perfezionata in Sessuologia Clinica
[#3]
Utente
Gentili Dottoresse,
grazie davvero per la vostra risposta.
Desidero innanzitutto confermare che ho effettivamente attivato quasi inconsapevolmente un meccanismo di evitamento, almeno dove non posso fare altrimenti, e che so bene essere una mossa del tutto sbagliata. Ipotizzo addirittura che possa essere più o meno la soluzione a tutto.
Il problema è che... non è facile. :) Spesso vedendo alcuni miei colleghi che vengono a lavoro su quei mezzi pubblici pieni come uova, mi chiedo come facciano.. ogni giorno! Mi sembra impossibile.. Eppure non stiamo parlando di niente di speciale, anzi... Credetemi, mi sembra davvero impossibile... E purtroppo mi rendo conto anche della gravità di quanto sto per dire: attualmente mi sembra impossibile anche pensarla diversamente. Proprio non so a cosa appigliarmi per cambiare “visione”, non conosco strumenti. Ritenete che una terapia cognitivo-comportamentale possa risolvere anche una situazione così radicata come la mia?
Per rispondere alla Dott.ssa Fregonese, io sono il secondo di 2 figli. I miei genitori sono ancora oggi sposati, e io vivo (da solo, sono single) nell'appartamento sotto il loro.
Ho origini meridionali, ma i miei genitori decisero di emigrare a Milano quando io avevo 18 mesi, quindi ho preso molto poco dal sud, e moltissimo invece da questa città. Tutto sommato la mia è una “famiglia media”, che ha sempre vissuto di stenti e sacrifici, ma sempre in modo genuino e onesto. Questo è esattamente quello che direi, se dovessi sintetizzare il più possibile l'insegnamento che ho ricevuto da loro: onestà, genuinità, disponibilità, ma anche, devo dire, mediocrità. So tuttavia, che hanno sempre fatto il massimo che potevano, e a volte anche molto di più. Ho molta stima di loro.
La mia è stata un'infanzia che definirei tutto sommato felice ma vuota. Non ho mai fatto grandi esperienze, e non sono stato mai davvero eccellente in qualcosa, ma sempre appena sufficiente in tutto.
A riguardo del suo intervento, vorrei chiederle se quando dice “indirizzo strategico”, intende suggerire semplicemente di fare qualcosa di “mirato”. Spero di aver capito bene.
Per rispondere invece alla Dott.ssa Pileci, le terapie che ho fatto in precedenza sono state 2: per la prima, che è durata quasi 3 anni, purtroppo non ricordo esattamente come veniva definita (parliamo di 13 anni fa...). So che era basata sull'ipnosi, ma davvero non riesco a ricordare qualunque beneficio ottenuto. Avevo scelto lo psichiatra sulla base di conoscenze di famiglia, non quindi facendo una scelta mirata al problema.
La seconda, meno duratura, è stata proprio cognitivo-comportamentale, e la ricordo con più felicità, ma anch'essa senza grossi miglioramenti. Col tempo ho capito che avevo sbagliato approccio: avevo segnalato un problema di ansia e panico, ma non era quello su cui dovevo lavorare, perchè come accennavo, ho avuto pochissimi casi di attacchi di panico in tanti anni. Forse uno o due. Infatti la dott.ssa all'epoca mi aveva praticamente imposto di sospendere la terapia perchè a suo dire, ero guarito. Ricordo di esserci rimasto molto male perchè non mi sentivo bene, ma come dicevo, oggi so che dal suo punto di vista probabilmente era davvero così.
Io ritengo infatti, che il mio problema a questo punto sia diverso. Il mio stato d'animo quando sono a casa, è completamente diverso da quello che ho quando sono fuori casa. Non credo sia qualcosa a cui non dare peso.
Nel ringraziarvi ancora per il tempo che mi avete dedicato, vi saluto cordialmente. :)
grazie davvero per la vostra risposta.
Desidero innanzitutto confermare che ho effettivamente attivato quasi inconsapevolmente un meccanismo di evitamento, almeno dove non posso fare altrimenti, e che so bene essere una mossa del tutto sbagliata. Ipotizzo addirittura che possa essere più o meno la soluzione a tutto.
Il problema è che... non è facile. :) Spesso vedendo alcuni miei colleghi che vengono a lavoro su quei mezzi pubblici pieni come uova, mi chiedo come facciano.. ogni giorno! Mi sembra impossibile.. Eppure non stiamo parlando di niente di speciale, anzi... Credetemi, mi sembra davvero impossibile... E purtroppo mi rendo conto anche della gravità di quanto sto per dire: attualmente mi sembra impossibile anche pensarla diversamente. Proprio non so a cosa appigliarmi per cambiare “visione”, non conosco strumenti. Ritenete che una terapia cognitivo-comportamentale possa risolvere anche una situazione così radicata come la mia?
Per rispondere alla Dott.ssa Fregonese, io sono il secondo di 2 figli. I miei genitori sono ancora oggi sposati, e io vivo (da solo, sono single) nell'appartamento sotto il loro.
Ho origini meridionali, ma i miei genitori decisero di emigrare a Milano quando io avevo 18 mesi, quindi ho preso molto poco dal sud, e moltissimo invece da questa città. Tutto sommato la mia è una “famiglia media”, che ha sempre vissuto di stenti e sacrifici, ma sempre in modo genuino e onesto. Questo è esattamente quello che direi, se dovessi sintetizzare il più possibile l'insegnamento che ho ricevuto da loro: onestà, genuinità, disponibilità, ma anche, devo dire, mediocrità. So tuttavia, che hanno sempre fatto il massimo che potevano, e a volte anche molto di più. Ho molta stima di loro.
La mia è stata un'infanzia che definirei tutto sommato felice ma vuota. Non ho mai fatto grandi esperienze, e non sono stato mai davvero eccellente in qualcosa, ma sempre appena sufficiente in tutto.
A riguardo del suo intervento, vorrei chiederle se quando dice “indirizzo strategico”, intende suggerire semplicemente di fare qualcosa di “mirato”. Spero di aver capito bene.
Per rispondere invece alla Dott.ssa Pileci, le terapie che ho fatto in precedenza sono state 2: per la prima, che è durata quasi 3 anni, purtroppo non ricordo esattamente come veniva definita (parliamo di 13 anni fa...). So che era basata sull'ipnosi, ma davvero non riesco a ricordare qualunque beneficio ottenuto. Avevo scelto lo psichiatra sulla base di conoscenze di famiglia, non quindi facendo una scelta mirata al problema.
La seconda, meno duratura, è stata proprio cognitivo-comportamentale, e la ricordo con più felicità, ma anch'essa senza grossi miglioramenti. Col tempo ho capito che avevo sbagliato approccio: avevo segnalato un problema di ansia e panico, ma non era quello su cui dovevo lavorare, perchè come accennavo, ho avuto pochissimi casi di attacchi di panico in tanti anni. Forse uno o due. Infatti la dott.ssa all'epoca mi aveva praticamente imposto di sospendere la terapia perchè a suo dire, ero guarito. Ricordo di esserci rimasto molto male perchè non mi sentivo bene, ma come dicevo, oggi so che dal suo punto di vista probabilmente era davvero così.
Io ritengo infatti, che il mio problema a questo punto sia diverso. Il mio stato d'animo quando sono a casa, è completamente diverso da quello che ho quando sono fuori casa. Non credo sia qualcosa a cui non dare peso.
Nel ringraziarvi ancora per il tempo che mi avete dedicato, vi saluto cordialmente. :)
[#4]
" attualmente mi sembra impossibile anche pensarla diversamente. Proprio non so a cosa appigliarmi per cambiare “visione”, non conosco strumenti."
In realtà non è questione di pensarla diversamente, ma di iniziare ad agire diversamente. In tal senso sono un po' perplessa sulla terapia cognitivo-comportamentale che ha già fatto, almeno da come la descrive non sembrerebbe una TCC...
Nella TCC il pz. riceve precise prescrizioni comportamentali e/o compiti di auto-osservazione per diventare più consapevole del proprio funzionamento e per sperimentare, poco per volta, che in realtà è davvero in grado di fare ciò che all'inizio della terapia sembra difficilissimo o addirittura impossibile.
In disturbi come quello che Lei sta lamentando è necessario esporsi per abituarsi a gestire il problema in un'altra maniera, più funzionale e per abbandonare le vecchie abitudini disfunzionali, quali l'evitamento.
Cordiali saluti,
In realtà non è questione di pensarla diversamente, ma di iniziare ad agire diversamente. In tal senso sono un po' perplessa sulla terapia cognitivo-comportamentale che ha già fatto, almeno da come la descrive non sembrerebbe una TCC...
Nella TCC il pz. riceve precise prescrizioni comportamentali e/o compiti di auto-osservazione per diventare più consapevole del proprio funzionamento e per sperimentare, poco per volta, che in realtà è davvero in grado di fare ciò che all'inizio della terapia sembra difficilissimo o addirittura impossibile.
In disturbi come quello che Lei sta lamentando è necessario esporsi per abituarsi a gestire il problema in un'altra maniera, più funzionale e per abbandonare le vecchie abitudini disfunzionali, quali l'evitamento.
Cordiali saluti,
[#5]
Utente
Dott.ssa Pileci,
La ringrazio molto per il suo intervento, chiaro e preciso.
Ammetto che col tempo, e forse un po' di delusione, ho abbandonato la strada della psicoterapia, proprio a causa delle fallimentari esperienze precedenti.
Questo però non significa che allora non ci si debba più riprovare. Magari sono stato solo un po' sfortunato. :)
Mi muoverò in tal senso.
La ringrazio ancora!
La ringrazio molto per il suo intervento, chiaro e preciso.
Ammetto che col tempo, e forse un po' di delusione, ho abbandonato la strada della psicoterapia, proprio a causa delle fallimentari esperienze precedenti.
Questo però non significa che allora non ci si debba più riprovare. Magari sono stato solo un po' sfortunato. :)
Mi muoverò in tal senso.
La ringrazio ancora!
[#6]
Mi dispiace, a volte si tratta davvero di sfortuna...
Spero che Lei possa risolvere il Suo problema molto presto.
Tenga presente che il tempo è una variabile che incide molto nei disturbi d'ansia in quanto, insieme all'evitamento, rafforza le condotte disfunzionali e le paure.
Un cordiale saluto,
Spero che Lei possa risolvere il Suo problema molto presto.
Tenga presente che il tempo è una variabile che incide molto nei disturbi d'ansia in quanto, insieme all'evitamento, rafforza le condotte disfunzionali e le paure.
Un cordiale saluto,
[#7]
Utente
Penso di averlo imparato anche troppo bene! Parliamo di un lasso di tempo che dura da una quindicina d'anni, tra una cosa e l'altra...
Questo onestamente mi spaventa.
Ma allo stesso tempo, so di essere una persona fiduciosa e di ampie vedute, e so che dove c'è un problema, c'è senz'altro una soluzione, non facile magari, ma nessuno mi aveva detto che lo sarebbe stato..
Un caro saluto.
Questo onestamente mi spaventa.
Ma allo stesso tempo, so di essere una persona fiduciosa e di ampie vedute, e so che dove c'è un problema, c'è senz'altro una soluzione, non facile magari, ma nessuno mi aveva detto che lo sarebbe stato..
Un caro saluto.
Questo consulto ha ricevuto 7 risposte e 2.8k visite dal 14/11/2013.
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Approfondimento su Ansia
Cos'è l'ansia? Tipologie dei disturbi d'ansia, sintomi fisici, cognitivi e comportamentali, prevenzione, diagnosi e cure possibili con psicoterapia o farmaci.